episteme

cavalloeuomo cavallo e uomo

[[[_DIMOSTRAZIONI EPISTEMICHE_]]]//[[[_INTRODUZIONE ALL'EPISTEME_]]]

numero attuale delle dimostrazioni epistemiche: 236 [elenco aggiornato al 23 gennaio 2010]

[[[introduzione alle dimostrazioni epistemiche]]]

la ricerca_epistemica ha individuato un nuovo ambito di pensiero, quello specifico delle dimostrazioni [scienza_dimostrativa], e per questo ne ha potuto produrre molte. la ricerca tomistica e le altre dimostrazioni storiche non hanno potuto incrementare il numero delle dimostrazioni, perché esse utilizzano lo schema teologico della sacra_scrittura, cioè il modello della realtà definito in queste pagine “tripartito” [dio, mondo_creato e uomo], e così non hanno potuto scoprire tutte quelle dimostrazioni che erano implicite nello schema quadripartito [mondo_non_creato, dio, mondo_creato, uomo]. le dimostrazioni altro non sono che la definizione e la descrizione di tale modello, rappresentato nella mappa dell’essere_[]. molte delle dimostrazioni epistemiche si ripetono, cioè riproducono il medesimo argomento, ma non è stato possibile intervenire su di esse, per ridurle di numero, perché …
 
a.] le dimostrazioni, che si ripetono, sono tuttavia tra loro diverse, o per qualche elemento importante, o per la diversa impostazione;
b.] le dimostrazioni sono state scritte di getto [218 dimostrazioni in due anni], e i collegamenti tra di esse renderebbero la loro riduzione, e conseguente riclassificazione, estremamente laboriosa;  
c.] si è ritenuto di dover lasciarle così, anche perché in realtà gli argomenti simili sono riconosciuti esplicitamente e sono tra loro distinti negli elementi in cui comunque divergono.
 
la comprensione delle dimostrazioni viene facilitata dalla lettura della mappa metafisica dell’essere_necessario_[]. le dimostrazioni sono un percorso obbligato del pensiero, scatenato dalla differenza tra il principio e dio, e dalla lettura dello sviluppo dell’essere, che conduce dal principio a dio. il significato dell’aver posto fuori di dio il principio di dio sta qui: nell’aver fatto di dio non più un presupposto della fede e della ragione, ma un ente, della cui esistenza si dà giustificazione razionale, essendo essa stata deteminanta dalla necessità dell’essere: l’uomo deve conoscere la necessità, come dio la conosce, necessità che pone limiti nell’uomo perché li pone innanzitutto in dio. questi limiti [limiti della tecnica, che non è onnipotente, e limiti della salvezza, che non può fare a meno delle opere] consentono tuttavia di riconoscere perfettamente che dio è onnipotente e onnisciente in senso cristiano, a lui solo l’uomo deve la propria esistenza, e pur essendo derivata l’esistenza di dio [e la necessità, in lui, del progetto_uomo] dalla necessità dell’essere, l’uomo deve adorare solo dio e solo a dio rendere culto. l’aver posto un principio di dio fuori di dio corrisponde ad un unico e solo significato: non l’idolatria del principio, che pure supera dio, ma che in realtà in dio converge, bensì una rigorosa esigenza di scientificità del pensiero, che fonda la scienza_dimostrativa, la quale dimostra l’esistenza di dio come determinazione razionale e necessaria dell’essere semplice e astratto, di quell’essere che deve essere scritto con la “e” minuscola, mentre solo dio è l’Essere.

note
: caratteri di base delle dimostrazioni epistemiche:


1- costituiscono l'asse-portante dell'episteme ... 2- presuppongono l'episteme ... 3- sono ad esso propedeutiche ... 4- hanno rilevanza gnoseologica ... 5- sono, o dovrebbero poter essere (sia ciascuna, sia considerate unitariamente: nella dimostrazione unitaria) forme generali e standard (cioè non fantasiose) di riclassificazione del sapere (= episteme) ...  6- esse dovrebbero costituire e racchiudere i modelli-base del pensiero, inteso nel suo uso gerarchicamente primario, ovvero di tipo metafisico-teologico e orientato alla dimostrazione dell'esistenza di Dio (se e solo se il pensiero dimostrativo è il pensiero-base) ... 7- fondano la scienza-dimostrativa

]]] ELENCO DELLE DIMOSTRAZIONI [[[


dimostrazione_1: antropica_[]/analisi_critica_[...]/schematizzazione_[...]
dimostrazione_2: del riflesso_[]
dimostrazione_3: proto_ontologica, massima_maggiore, epistemica_prima_[]
dimostrazione_4: cosmologica_prima_[]
dimostrazione_5: severiniana[s]_prima, dell'apparire_prima_[]
dimostrazione_6: cartesiana[c]_epistemica, ludica_prima_[]
dimostrazione_7: linguistica_prima, epistemica_quarta_[]
dimostrazione_8: della necessità_[]
dimostrazione_9: dell’analogia_[]
dimostrazione_10: della forma_[]
dimostrazione_11: dell’essere e del nulla, normale_prima_[]
dimostrazione_12: dell’emanazione_[]
dimostrazione_13: fenomenologica_prima_[]
dimostrazione_14: fenomenologica_seconda_[]
dimostrazione_15: prima_c_[]
dimostrazione_16: ruiniana[r]_prima, epistemica_terza_[]
dimostrazione_17: vignana[v]_prima, epistemica_seconda_[]
dimostrazione_18: fenomenologica_terza, approccio_fenomenologico_puro_[]
dimostrazione_19: nietzschiana[n]_prima, v_terza, mistica_prima, fideistica_prima_[]
dimostrazione_20: programmatica_[]
dimostrazione_21: proiettiva, fenomenologica_quarta_[]
dimostrazione_22: escatologica_[]
dimostrazione_23: del riflesso reciproco, originaria_prima, fenomenologica_quinta, massima_fenomenologica_[]
dimostrazione_24: kantiana, ludica_seconda_[]
dimostrazione_25: prima_anselmiana[a], a_maggiore_[]
dimostrazione_26: seconda_a, mistica_seconda_[]
dimostrazione_27: terza_a, razionale_[]
dimostrazione_28: apocatastica_prima_[]
dimostrazione_29: messoriana[m]_prima, epistemica_quinta_[]
dimostrazione_30: seconda_c_[]
dimostrazione_31: terza_c, massima_c_[]
dimostrazione_32: del senso_[...]
dimostrazione_33: culturale_[]
dimostrazione_34: apologetica_retorica_[]
dimostrazione_35: apologetica_scientifica, m_seconda_[]
dimostrazione_36: religiosa_[]
dimostrazione_37: dogmatica_[]
dimostrazione_38: rivelativa_prima, prima corrispondenza biunivoca_[]
dimostrazione_39: logica_etica, v_seconda, quarta_c, seconda corrispondenza biunivoca, retro_razionale_prima, prima_ paradossale_[]
dimostrazione_40: inferenziale, terza corrispondenza biunivoca_[]
dimostrazione_41: tecnologica_[...]
dimostrazione_42: linguistica_seconda_[...]
dimostrazione_43: cosmologica_seconda_[...]
dimostrazione_44: della perfezione, v_quarta, seconda_paradossale, fideistica_seconda_[...]
dimostrazione_45: del confronto, v_quinta_[...]
dimostrazione_46: della verità, v_sesta, epistemica_sesta_[...]
dimostrazione_47: della mediazione, v_settima, ludica_terza_[...]
dimostrazione_48: apocatastica_seconda, n_seconda, v_ottava_[...]
dimostrazioni_49: innatistica_[...]
dimostrazioni_50: della fede, dei miracoli, bertulettiana, m_terza, v_nona, rivelativa_seconda, epistemica_settima, fideistica_terza_[...]
dimostrazione_51: apollinea_[...]
dimostrazione_52: dionisiaca_[...]
dimostrazione_53: dell'imperfezione, terza_paradossale_[...]
dimostrazione_54: standard_prima, normale_seconda_[...]
dimostrazione_55: transitiva_[...]
dimostrazione_56: metafisica, del nichilismo_[...]
dimostrazione_57: della triangolazione, r_seconda, quinta_c_[...]
dimostrazione_58: anticristica, n_terza, retro_razionale_seconda, quarta_paradossale_[...]
dimostrazione_59: del complemento_[...]
dimostrazione_60: della purificazione_[...]
dimostrazione_61: della volontà di potenza, n_quarta_[...]
dimostrazione_62: dell'eros_[...]
dimostrazione_63: dell'agape_[...]
dimostrazione_64: s_seconda_[...]
dimostraizone_65: berkeleyiana_[...]
dimostrazione_66: condizionale, quinta_paradossale, ludica_quarta_[...]
dimostrazione_67: totemica_[...]
dimostrazione_68: del problema_[...]
dimostrazione_69: edipica_prima, psicoanalitica_[...]
dimostrazione_70: dell'idea_[...]
dimostrazione_71: della vita_[...]
dimostrazione_72: entropica_[...]
dimostrazione_73: standard_seconda, normale_terza_[...]
dimostrazione_74: ontologica_[...]
dimostrazione_75: esistenzialistica_prima_[...]
dimostrazione_76: esistenzialistica_seconda_[...]
dimostrazione_77: originaria_seconda_[...]
dimostrazione_78: originaria_terza, anselmiana_breve_notevole, a_quarta_[...]
dimostrazione_79: solipsistica_[...]
dimostrazione_80: bontadiniana[b]_prima_[...]
dimostrazione_81: b_seconda_[...]
dimostrazione_82: b_terza, b_tipica_[...]
dimostrazione_83: linguistica_terza_[...]
dimostrazione_84: heideggeriana, retrospettiva, v_10, r_3, retro_razionale_terza_[...]
dimostrazione_85: della fusione, b_4, v_11_[...]
dimostrazione_86: schopenhaueriana, della rappresentazione_prima, mistica_terza, massima_mistica, sacrificale, retro _razionale_quarta_[...]
dimostrazione_87: proto_gnoseologica, massima_minore, r_4_[...]
dimostrazione_88: trinitaria, r_4_[ruiniana_quarta_ripetuta]_[...]
dimostrazione_89: esistenzialistica_terza_[...]
dimostrazione_90: fideistica_quarta_[...]
dimostrazione_91: ratzingeriana_prima[rtz_1], argomentativa, apologetica_argomentativa_[...]
dimostrazione_92: del dubbio di fede, rtz_2, probabilistica_prima, esistenzialistica_quarta_[...]
dimostrazione_93: probabilistica_seconda_[...]
dimostrazione_94: probabilistica_terza_[...]
introduzione alle dimostrazioni tomistiche: neutralizzazione delle confutazioni kantiane_[...]
dimostrazione_95: tomistica[t]_prima_[]
dimostrazione_96: t_seconda_[]
dimostrazione_97: t_terza_[]
dimostrazione_98: t_quarta_[]
dimostrazione_99: t_quinta_[]
dimostrazione_100: fondativa, rtz_3, massima_ratzingeriana, fideistica_quinta, massima_fideistica, normale_quarta_[...]
dimostrazione_101: prima_t_epistemica_[...]
dimostrazione_102: seconda_t_epistemica_[...]
dimostrazione_103: terza_t_epistemica_[...]
dimostrazione_104: quarta_t_epistemica_[...]
dimostrazione_105: quinta_t_epistemica_[...]
dimostrazione_106: del sogno_[...]
dimostrazione_107: dell'ordine_prima [minima/media/massima], cosmologica_terza, probabilistica_quarta _[...]
dimostrazione_108: dell'ordine_seconda, cosmologica_quarta_[...]
dimostrazione_109: intuitiva_[...]
dimostrazione_110: dell'invarianza_[...]
dimostrazione_111: normale_quinta_[...]
dimostrazione_112: riproduttiva, normale_quinta_ripetuta, circolare_[...]
dimostrazione_113: melchiorriana_[...]
dimostrazione_114: gravitazionale_[...]
dimostrazione_115: 
dell'utilità, r_5, v_12_[...]
dimostrazione_116: scissionale, sesta_paradossale_[...]
dimostrazione_117: essenzialistica, a_5, r_6, v_13, mistica_quarta_[...]
dimostrazione_118: pura, m_4, fenomenologica_sesta_[...]
dimostrazione_119: creazionistica, r_7_[...]
dimostrazione_120: esegetica_prima, rtz_4, fenomenologica_settima_[...]
dimostrazione_121: esegetica_seconda, rtz_5, fenomenologica_ottava_[...]
dimostrazione_122: scissionale_seconda, normale_sesta_[...]
dimostrazione_123: estetica_[...]
dimostrazione_124: soprannaturale, mistica_quinta_[...]
dimostrazione_125: rivelativa_terza, rtz_6, r_8_[...]
dimostrazione_126: gnoseologica_prima, dell'apparire_seconda, v_14_[...]
dimostrazione_127: edipica_seconda_[...]
dimostrazione_128: steleologica_[...]
dimostrazione_129: fideistica_sesta, rtz_7, r_9, fenomenologica_decima_[...]
dimostrazione_130: sinfonica_[...]
dimostrazione_131: idealistica, fenomenologica_undicesima_[...]
dimostrazione_132: della rappresentazione_seconda, normale_settima, fenomenologica_dodicesima_[...]
dimostrazione_133: della rappresentazione_terza, normale_ottava_[...]
dimostrazione_134: della rappresentazione_quarta, fenomenologica_tredicesima_[...]
dimostrazione_135: dell'apparire_terza_[...]
dimostrazione_136: della rappresentazione_quinta_[...]
dimostrazione_137: standard_normale, normale_nona, retro_razionale_quinta_[...]
dimostrazione_138: gnoseologica_seconda, dell'immediatezza [e della mediazione], v_15, esistenzialistica_quinta, fideistica _settima_[...]
dimostrazione_139: della matrice_[...]
dimostrazione_140: della rappresentazione_sesta_[...]
dimostrazione_141: panteistica_[...]
dimostrazione_142: panpsichistica_[...]
dimostrazione_143: artistica, bertoniana, s_3_[...]
dimostrazione_144: della vita nascente_[...]
dimostrazione_145: della natura_[...]
dimostrazione_146: dell'amore_[...]
dimostrazione_147: kantiana_seconda, r_10_[...][schematizzazione_[...]]
dimostrazione_148: kantiana_terza, r_11_[...]
dimostrazione_149: vitruviana, virtuale, tecnologica_seconda_[...]
dimostrazione_150: standard_normale_seconda, normale_decima, massima_normale_[...]
dimostrazione_151: ermeneutica_[...]
dimostrazione_152: non_normale_[...]
dimostrazione_153: del linguaggio_[...]
dimostrazione_154: del cominciamento_[...][schematizzazione_[...]]
dimostrazione_155: del desiderio, v_16, settima_paradossale, ludica_quinta_[...]
dimostrazione_156: del senso_seconda_[...]
dimostrazione_157: normale_fondamentale, hegeliana, normale_undicesima_[...]
dimostrazione_158: normale_fondamentale_primaria, del riferimento, esperienziale, ottava_paradossale, massima_paradossale, problematica, scissionale_terza_[...]
dimostrazione_159: dell'evoluzione_[]
dimostrazione_160: standard_normale_fondamentale_[]
dimostrazione_161: standard_conoscitiva_[...]
dimostrazione_162: geografica_[...]
dimostrazione_163: dezaniana [dell'Intero, della speranza, del desiderio_seconda, nona_paradossale]_[...]
dimostrazione_164: tolemaica, cosmologica_quinta_[...]
dimostrazione_165: della consapevolezza, rivelativa_quarta_[...]
dimostrazione_166: del cristianesimo_[...]
dimostrazione_167: biblica_[...]
dimostrazione_168: della felicità, del desiderio_terza, della gioia, della gloria_[...]
dimostrazione_169: del fondamento, decostruttiva_[...]
dimostrazioni_standard_[...]
dimostrazione_170: musicale, sinfonica_seconda_[...]
dimostrazione_171: dell'emanazione, decima_paradossale_[...]
dimostrazione_172: storico_sociale_[...]
dimostrazione_173: creazionistica_seconda_[...]
dimostrazione_174: del confronto_seconda_[...]
dimostrazione_175: gnoseologica_fondamentale, gnoseologica_terza_[...]
[24/6/2008] dimostrazione_176: della codificazione, del senso comune, sperimentale_[...]
[24/6/2008] dimostrazione_177: del concetto_[...]
[25/6/2008] dimostrazione_178: immediata, scissionale_quarta_[...]
[25/6/2008] dimostrazione_179: quintuplice_riassuntiva_[...]
[25/6/2008] dimostrazione_180: aristotelica_[...]
dimostrazione_181_[...]: pascaliana, probabilistica_quinta [25/6/2008]
dimostrazione_182_[...]: s_terza, scissionale_quinta [25/6/2008]
dimostrazione_183_[...]: della proporzione [25/6/2008]
dimostrazione_184_[...]: della matrice_seconda, della proporzione_seconda [26/6/2008]
dimostrazione_185_[...]: della connessione [26/6/2008]
 [26/6/2008] dimostrazione_186: etica_[...]
[26/6/2008] dimostrazione_187: sofistica_[...]
[26/6/2008] dimostrazione_188: anselmiana_classica_[...]
[27/6/2008] dimostrazione_189: del pensiero_[...]
[27/6/2008] dimostrazione_190: metafisica_seconda_[...]
dimostrazione_191_[...]: metafisica_terza [27/6/2008]
dimostrazione_192_[...]: del completamento, della coerenza, della linea [27/6/2008]
dimostrazione_193_[...]: della relazione [27/6/2008]
dimostrazione_194_[...]: standard_classica_prima [27/6/2008]
dimostrazione_195_[...]: standard_classica_seconda [27/6/2008]
 [29/6/2008] dimostrazione_196: del pensiero_seconda, scissionale_sesta_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_197della storia, della filosofia_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_198: della forma_seconda_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_199: della connessione_seconda_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_200: epistemica_tomistica, della partecipazione_[...]
dimostrazione_201_[...]: della bellezza [29/6/2008]
dimostrazione_202_[...]: statistica, probabilistica_sesta [30/6/2008]
dimostrazione_203_[...]: tolemaica_seconda, cosmologica_sesta [30/6/2008]
dimostrazione_204_[...]: immediata_seconda [30/6/2008]
dimostrazione_205_[...]: del pensiero_terza [1/7/2008]
dimostrazione_206_[...]: immediata_terza [1/7/2008]
dimostrazione_207_[...]: della bellezza_seconda [27/7/2008]
dimostrazione_208_[...]: personalistica, rtz_8 [7/8/2008]
dimostrazione_209_[...]: creazionistica_terza [28/9/2008]
dimostrazione_210_[...]: cristologica, epistemica [25/8/2008]
dimostrazione_211_[...]: etimologica [23/9/2008]
dimostrazione_212_[...]: del linguaggio_seconda [23/9/2008]
dimostrazione_213_[...]: estetica_seconda [25/1/2008]
dimostrazione_214_[...]: kantiana_quarta [5/2/2008]
dimostrazione_215_[...]: del male, freudiana, platonica [10/4/2009]
dimostrazione_216_[...]: del soggetto [10/4/2009]
dimostrazione_217_[...]: dell'intuizione [10/4/2009]
dimostrazione_218_[...]: intuitiva_seconda, standard_classica_terza,
normale_dodicesima, scissionale settima, undicesima _paradossale
[8/8/2009]

]]] ESPOSIZIONE DELLE DIMOSTRAZIONI [[[ 

PRIMA DIMOSTRAZIONE [ANTROPICA: questa dimostrazione utilizza il principio antropico]
ANALISI_CRTICA_[...]/SCHEMATIZZAZIONE_[...]

Il pensiero serve per pensare la realtà. Ma il pensiero dell’uomo pensa e non pensa la realtà. Ad esempio: io penso ad una cosa, poi penso ad un’altra cosa, e cesso di pensare alla cosa precedente; lo scienziato studia il cosmo, ma quando dorme cessa di studiarlo. Poiché il pensiero serve per pensare la realtà (la funzione del pensiero è quella di pensare la realtà e se stesso), deve esistere un pensiero che pensi la realtà e non smetta mai di farlo, cioè che la pensi in modo continuo e anche totale, perché a questo serve il pensiero. La realtà è la totalità di ciò che esiste. Il pensiero che pensa la totalità, è il pensiero totale, cioè infinito. Quel pensiero, che non smette di pensare la realtà, e la pensa “tutta”, essendo infinito, è Dio. Dio pensa una persona, tutte le persone, e non smette mai di pensarle, perché il pensiero deve pensare “sempre” e “tutto”: sempre, quindi Dio è pensiero eterno; tutto, quindi Dio è pensiero infinito. Dio è il pensiero totale e continuo, perché a questo serve il pensiero.Non basta tuttavia dire che il pensiero, secondo la sua funzione, deve esistere come infinito (pensiero che pensa tutta la realtà) ed eterno (pensiero che pensa la realtà in modo continuo), bisogna effettivamente dimostrare che un tale pensiero (Dio) esiste. Il pensiero dell’uomo esiste. Ma questo pensiero non corrisponde alla funzione del pensiero, perché può non pensare. Poiché, dunque, esiste un pensiero (nell’uomo), il pensiero esiste, ma esso non esiste, nell’uomo, secondo la funzione del pensiero (il quale pensa sempre la realtà, anche nelle favole e nella fantasia, proiezioni varianti del soprannaturale invariante: seconda dimostrazione). Come può dunque esistere nell’uomo la forma del pensiero, senza che a questa forma competa ciò che vi corrisponde per essenza ? Come può esistere un pensiero, senza che esista (da qualche parte …), in quanto esiste il pensiero, il pensiero stesso corrispondente alla sua funzione ? (e che rende il primo “possibile”, proprio come imperfetto). Si sostiene qui che, se esiste un pensiero, deve esistere il pensiero “in sé”, cioè un pensiero che effettivamente “pensi”, in modo appropriato. A questa domanda si risponde con l’impostazione della decima dimostrazione, in cui convergono le seconde versioni (dimostrazioni ottava e nona) delle dimostrazioni prima e seconda.

nota_1
 
la presente dimostrazione ripete due volte lo stesso argomento [debole], rimandando poi alla dim_10. essa tuttavia appare corretta [forte], perché per pensiero_in_sè non si è intesa l’idea platonica del pensiero, che andrebbe dimostrata esistente, e che l’episteme identifica ad una porzione cerebrale dell’iperuranio, computer/intelligenza_artificiale, e della mente di Dio [agostinianamente], ma la sua funzione auto_concettuale: non è il pensiero perfetto, che deve sempre pensare, ma semplicemente il pensiero solo in quanto pensiero.

nota_2


Secondo il principio antropico (definito in relazione al rapporto tra l'uomo e il cosmo, ed epistemicamente trasferito al rapporto tra Dio e l'esistenza), la realtà ha posto la mente per essere pensata da essa (principio antropico). In questa prima dimostrazione l'episteme si serve del principio antropico: se il pensiero è stato posto dalla realtà per pensarla, esso deve poterla commensurare; se, quindi, la realtà è l'immensità dell' esistenza, per poterla riflettere (anche in forma empirica), il pensiero deve essere immenso (Dio). L'episteme corregge però il principio antropico: la realtà non ha posto il pensiero "per" pensarla; lo ha posto in modo da pensarla (e rifletterla in tutta la sua immensità). Ciò deve essere precisato, perchè se il fine del pensiero è il pensiero della realtà, Dio si aliena nella realtà (alienazione di Dio), invece: il primo pensiero di Dio è Dio stesso.

SECONDA DIMOSTRAZIONE

L’ipotesi che supporta questa dimostrazione è che, se il pensiero serve per pensare la realtà, allora esso la rispecchia. Ad ogni idea della mente (per idea si intende una porzione organica della mente corrispondente a un concetto o a un nome, e questi sono gli “specchi” organici delle cose esterne cui si riferiscono) corrisponde quindi una cosa, di cui essa è lo specchio. Poiché Dio è un’idea della mente, deve esistere la cosa ad essa corrispondente, fuori dall’idea (mente umana) di Dio: Dio come cosa esterna, cioè come realtà. Certo, c’è anche l’idea fantastica. Ma anche all’idea fantastica corrisponde sempre una realtà. A questa obiezione si risponde qui (concetto di invarianza) e nella settima dimostrazione (concetto di intenzione). Qui si osserva che anche la fantasia rispecchia la realtà. Le categorie della fantasia corrispondono al soprannaturale. Il soprannaturale è l’idea invariante rispetto a tutte le categorie della fantasia. Quest’ultima è un’“esagerazione” della realtà. Ora, questa “esagerazione” non esiste con questa o quella forma della fantasia o favola, ma esiste come sua categoria invariante. Ad esempio, l’“isola del tesoro” non esiste in se stessa, ma esiste come sua categoria invariante, cioè in quanto “Paradiso”, struttura invariante di ogni “isola del tesoro”. E il “Paradiso” esiste nel soprannaturale, fonte di ogni fantasia positiva. Quindi l’idea di Dio, da un lato origina le fantasie religiose (tutte le religioni della storia, ad esclusione delle tre religioni storiche: cristianesimo, ebraismo e islamismo), dall’altro lato essa, come struttura invariante di tutte le fantasie su Dio, corrisponde all’idea che rispecchia la realtà del soprannaturale: il vero Dio. Il cristianesimo è quindi la struttura invariante di tutte le fantasie religiose, ed esso è, in quanto tale, l’unica religione vera, cioè quella religione le cui idee rispecchiano la realtà (e la varianza di queste idee produce le fantasie religiose). Quindi, anche le fantasie sono, in un certo senso, verità. “Pinocchio”-bambino non esiste, ma il bambino esiste. “Zeus”-Dio non esiste, ma Dio esiste. Le fantasie e le favole sono varianti della realtà, la quale (se esse sono fantastiche) è il soprannaturale. Ciò significa che il pensiero rispecchia sempre la realtà, per cui l’idea di Dio rispecchia la realtà (l’esistenza) di Dio.

TERZA DIMOSTRAZIONE (PROTO-ONTOLOGICA)

Questa dimostrazione definisce Dio come la soluzione dei paradossi dell’esistenza (l’esistenza, includendo se stessa, è identica e diversa rispetto a se stessa), ma manca il metodo per la soluzione di tali paradossi. Essa definisce inoltre Dio (che potrebbe essere concepito come la sintesi duplicata della realtà: cioè, posta la realtà, Dio come pensiero è la doppia-realtà sintetizzata in un punto, e poiché Dio è la realtà stessa, per questo la riflette) come il concetto di tutti i concetti (essendo la realtà: non la realtà stessa, ma la doppia-realtà, cioè la seconda realtà, concentrata in un punto-totale), e poiché Dio è il concetto di tutti i concetti, la terza dimostrazione costituisce l’impianto tra il pensiero dimostrativo dell’esistenza di Dio e l’enciclopedia del sapere (le dimostrazioni, inoltre, devono convergere ad unità: per il principio dell’unicità dimostrativa, il pensiero di Dio – e dell’uomo – è strutturato per pensare l’esistenza di Dio, e poiché questa è unica, la dimostrazione dell’esistenza di Dio, che segue tale pensiero, è anch’essa unica).
Della terza dimostrazione si danno due versioni. Si presenta prima la seconda versione. Dio esiste perché viene ad essere svuotato di senso ogni concetto che non partecipa alla costruzione del concetto totalizzante di Dio, dove per senso si intende la capacità del macro-concetto di Dio di spiegare tutto ciò che esiste. Infatti, ciò che ha senso è razionale, e ciò che è razionale esiste di necessità, perché posto da questa. Una favola è irrazionale per definizione, i suoi elementi sono fantastici. La razionalità del concetto di Dio è data dalla sua capacità di spiegare tutto ciò che esiste. Come ad esempio spiegare l’idea di Dio ? Con l’esistenza stessa di Dio (il concetto di Dio spiega, poi, tutto ciò che esiste). La psicoanalisi di Freud dice che Dio è proiezione del padre, e dunque Dio non esisterebbe. Ma il padre è un uomo, Dio è invece concepito come un essere organico gigantesco (infinito), per cui Dio non può essere la proiezione del padre-uomo, essere limitato. Non si può spiegare il bisogno dell’uomo, che Dio esista realmente (e che quindi Dio non sia una favola), se non come il fatto che questo bisogno esprime Dio come “complemento” dell’uomo, esattamente come il pane è complemento dello stomaco, e il pane “esiste”. Ciò significa che il bisogno umano di Dio dimostra l’esistenza di Dio. All’obiezione secondo cui l’uomo ha bisogno anche delle fantasie, ma queste non esistono, si è già risposto (seconda dimostrazione): anche le favole rispecchiano la realtà. Se fantastiche, la loro struttura invariante è la realtà stessa del soprannaturale. Ma esiste anche il bisogno dell’ateo che Dio non esista. Questo può essere spiegato come proiezione della conflittualità coi propri genitori su Dio. Ma il vero concetto di Dio sta al di là di ogni proiezione dell’uomo, sebbene la sua rappresentazione debba servirsi di categorie umane. E’ difficile ottenere una “buona” rappresentazione di Dio. Appena l’uomo pensa a Dio, si attivano (si scatenano) nella sua mente le proiezioni. E’ a causa delle proiezioni che gli uomini sono atei.
Poiché attraverso l’ipotesi di Dio l’enciclopedia del sapere spiega la realtà, Dio esiste. Ma questa versione della terza dimostrazione è secondaria. La versione primaria è un’altra (quella dell’innesto tra le dimostrazioni e l’enciclopedia del sapere). L’esistenza di Dio è definita come:

1.] esistenza, che esiste per se stessa come esistenza pura: “l’essere è e non può non essere” (Parmenide);
2.] Dio, concetto che viene costruito in termini di esistenza pura;
3.] esistenza di Dio, dimostrata perché l’esistenza in sé esiste per definizione (secondo Parmenide: “l’essere è e non può non essere”), e il concetto di Dio è costruito necessariamente in termini di esistenza pura (che esiste necessariamente, ovvero anapoditticamente).

Il problema è che manca ancora il procedimento della costruzione necessaria del concetto di Dio in termini di esistenza pura (per questo la terza dimostrazione viene assunta secondo la versione secondaria).
Un metodo in realtà può essere il seguente: 

1.] l’esistenza, in quanto auto-principio, produce l’infinito (perché ogni esistenza-prodotto è auto-esistenza producente);
2.] l’infinito è il tutto;
3.] il tutto si auto-include per definizione (ma già ciò avviene per l’esistenza pura. Dio è definito anche come la soluzione logica del paradosso dell’auto-inclusione dell’esistenza pura, la quale, includente e inclusa, differisce da se stessa. Dio è inoltre definito come l’esistenzializzazione-ipostatizzazione dell’auto-identità dell’esistenza pura con se stessa, identità intesa per se stessa);
4.] ciò che si auto-include è insieme identico e diverso rispetto a se stesso;
5.] ma il diverso del tutto è la parte (auto-opposizione del diverso);
6.] questa parte è identica al tutto (perché il tutto è identico alla parte diversa da sé: per la riforma del principio di non contraddizone si rimanda alla sesta dimostrazione);
7.] quando l’identità logico-matematica tra l’esistenza e l’esistenza si fa identità psichica (perché viene esistenzializzata in quanto identità per l’esistenza), e cioè pensiero, la parte-pensiero identica al tutto è Dio, che è appunto la parte-infinita dell’esistenza-totale (Dio come nucleo dell’essere trascendente);
8.] questa trasformazione dell’identità matematica in identità psichica deve essere certamente dimostrata. Si osserva, tuttavia, che il pensiero può essere effettivamente concepito come identità per se stessa (il pensiero e l’identità sono come uno specchio).

Alla luce di tali considerazioni, si comprende come le due versioni della terza dimostrazione convergono ad unità. Il concetto di Dio espresso in termini di esistenza pura racchiude lo sviluppo di questa, e poiché Dio è il suo termine finale, Dio riassume in sé tutte le ipostasi dell’esistenza in-creata. E poichè Dio riassume il tutto (come la parte del tutto, nucleo dell’essere, identica al tutto), la definizione di Dio è enciclopedica, ed è questa la versione secondaria della terza dimostrazione: Dio come concetto di tutti i concetti, che esiste perché capace di spiegare ogni cosa, a partire dalla spiegazione dell’idea stessa di Dio. E’ vero che Dio è la proiezione dei bisogni dell’uomo (come sostengono gli atei), ma si osserva che questa definizione non confuta l’esistenza di Dio, bensì la dimostra. Infatti, questo bisogno non è innanzitutto bisogno di protezione, di amore, di affetto, proiezione del padre, espressione della paura del mondo, della storia, degli uomini e del cosmo, ma è invece specifico “bisogno di Dio”, cioè di ciò che manca attualmente (Dio, di cui l’uomo semplice non ha il concetto, per cui proietta Dio inconsciamente in quelle cose mondane, di cui ha bisogno o paura) (e pertanto rivelativo dell’esistenza di Dio, cioè del complemento dell’uomo), bisogno cioè di una persona pensante dalle proporzioni organiche infinite, costituente un soggetto agapico ed erotico (secondo l’enciclica “Deus caritas est”), che è salvaguardia dell’equilibrio di un uomo (il credente), che desidera unirsi per l’eternità ad un assoluto personale (unione con il Creatore), insieme ai propri affetti e all’intero genere umano. Si precisa che Dio non è il complemento infinito dell’uomo. In Paradiso, l’uomo stesso è infinito, cioè anima paradisiaca, soggetto personale infinito. Dio è il complemento infinito dell’uomo “altro” rispetto all’uomo.

Nota (impianto generale dell'episteme)

Dio viene fatto derivaredall'esistenza pura (cioè da un principio esterno a Dio), ma ciò è necessario allo scopo di definire razionalmente/scientificamente la ragione della sua esistenza, consistente nella soluzione logico-matematico-esistenziale delle contraddizioni insiemistiche dell'esistenza pura, che è l'esistenza in sè, la quale, includente e inclusa, è insieme identica e diversa rispetto a se stessa, e ciò determina i paradossi dell'esistenza, di cui l'esistenza di Dio è la soluzione logico-formale.
Si preferisce parlare di "esistenza" e non di "essere", perchè l'essere può venire confuso con il "concreto", mentre l'esistenza pura, che è il principio primo dell'esistenza e della realtà divina (in-creata e trascendente), è "astratta". Dio (astratto: tutto ciò che esiste è astratto, il concreto è la sensazione, che appartiene all'astratto) non trova in se stesso la ragione della propria esistenza, ma la trova nelle strutture della necessità, ovvero dell'esistenza pura. Queste strutture stanno "a priori" rispetto a Dio, ma l'uomo deve adorare Dio e non queste strutture (come l'uno, la diade, eccetera), perchè esse convergono a Dio, che è il centro ("nucleo") dell'esistenza trascendente, la sola parte del reale in-creato dotata di auto-coscienza, causa del reale creato (la "Creazione") e dell'esistenza dell' uomo. L'uomo deve pertanto adorare solo se stesso e Dio, che è trinitario.

QUARTA DIMOSTRAZIONE

Dall’ordine deriva soltanto l’ordine, e dal caos deriva soltanto il caos. Ma la realtà apparente (ad esempio: una sedia) è mista di ordine e caos: la sedia serve per potersi sedere (ordine); la sedia può essere rovesciata (disordine, cioè caos). La realtà apparente non può quindi essere derivata né dal puro ordine (dal quale deriva solo l’ordine), né dal puro caos (dal quale deriva solo il caos). Rimane solo l’ipotesi che la realtà sia derivata da un “principio misto”, e questo è la volontà, che è ordinata secondo il fine e caotica secondo la libertà. Ma una volontà, che determina questo mondo, è Dio.
nota sulla dimostrazione dim_4
 
si è riflettuto sul fatto che la dim_4 è una tra le più efficaci, anche se non tra le più importanti, perché giunge a dio partendo dal creato [le dimostrazioni più importanti, strettamente scientifiche, prescindono dal creato e dall’uomo, legando dio alla necessità, che lo determina], ma in realtà è anche molto importante, perché si apre alla dim_132, che consente un’intuizione immediata [cioè veloce, non nel senso di non_mediata speculativamente] dell’esistenza di dio.
alcuni scienziati dicono che tutto è caos, l’universo, anche se è ordine, deriva dal caos, non ha un senso. questa è l’origine ex_caos del creato e dell’uomo, che rieccheggia nell’inconscio dell’ uomo_scienziato. si procede ad analizzare questo pensiero [che si dimostrerà essere una suggestione]. nella critica alle tesi anti_dimostrative di kant si è distinto tra causa orizzontale e causa verticale: kant dice che dai fenomeni non si può uscire per andare alla causa della loro esistenza, l’episteme invece dice che questa causa [verticale] incide sulla natura [forma] dei fenomeni [causa orizzontale]: da qui la quarta dimostrazione.
analisi:
 
1.] gli scienziati atei o agnostici dicono che l’universo [e gli infiniti universi] è/sono materia [energia] che si aggrega e si disgrega [la proposizione: “nulla si crea tutto si trasforma” è epistemicamente corretta secondo la razionalità scientifica, perché alla creazione (che sta oltre i fenomeni creati) giunge solo la razionalità epistemica], le forme di tale aggregazione [la vita, gli atomi, ecc.] non sono forme in senso epistemico_aristotelico, cioè archetipi esistenzialmente connessi [= ipostasi] [dice l’episteme: ipostasi, cioè forme per struttura, esistenzialmente funzionali alla necessità, come al suo sviluppo], ma sono mere aggregazioni casuali, per cui non c’è differenza [qualitativa] tra un sasso, un grumo di sabbia, e un cervello [si osserva che ciò è vero, poiché tutto ciò è stato creato da dio dal caos: il fatto è che dio ha plasmato il caos, e il creato è im_piantato sulle ipostasi della necessità, per cui il creato è stato “formato”/si rileva difficoltà e ci si apre a nuova teoria: nella realtà necessaria potrebbero esistere delle basi di pre_impianto del creato, ovvero una matrice (sito) originaria che filtrerebbe e accoglierebbe ciò che è tratto dal caos secondo le forme della realtà necessaria, per cui, posta l’indifferenza tra un sasso e l’anima umana, entrambi creati ex_nihilo ed ex_caos, in tale base di pre_innesto essi verrebbero a distinguersi come dio dal caos necessario] [si ricorda che, tutto essendo esistenza, le differenze tra gli enti necessari sono dovute all’auto_differenza/auto_opposizione dell’esistenza a se stessa: non il nulla è opposto all’essere, ma l’essere è opposto a se stesso, e la coerenza di ciò determina il molteplice, gerarchico e ordinato];
2.] tale aggregazione e disgregazione è un moto orizzontale: anche il big bang, ad una prima analisi, è interpretato come un moto orizzontale, cioè sono fenomeni “piani” e “lineari”, da cui sembrerebbe non ci si possa sopraelevare, per uscire dalla natura verso la sua causa creatrice [verticale], da dimostrare esistente;
3.] la dimostrazione dim_4 ed altre dimostrazioni [quelle incentrate sull’uomo come essere parzialmente necessario] dicono che l’uomo non può essere il frutto di un’aggregazione casuale, perché egli [la sua anima, sede del pensiero e della mente, di cui il cervello è involucro carnale] intuisce la necessità, l’esistenza della necessità, ovvero il principio parmenideo, che non si limita a constatare “l’essere_è”, ma dice [questo è parmenide] “l’essere deve esistere” perché “l’essere è e non può non essere”;  
4.] allora, per identificazione soggetto/oggetto [interpretazione epistemica di parmenide: “è la stessa cosa essere e pensare”], perché l’oggetto è pensato dal pensiero, che è il soggetto, ovvero per l’identificazione tra anima [creata] e necessità, l’anima è [anche] necessaria;
5.] quindi nella natura apparente [si specifica che è quella apparente, perché c’è anche la natura non apparente, creata e non creata] c’è un essere [creaturale] necessario, e allora tutte le forme della natura sono [per transitività e riconoscimento intuitivo gnoseologico_fenomenologico] fenomeni e stati/enti [anche] necessari: il grumo di sabbia è mera aggregazione, la molecola è mera aggregazione, l’atomo è mera aggregazione, e anche il DNA, ma la forma di tale aggregazione non è caotica, bensì archetipica [leggi], ovvero formale in senso esistenzialmente connesso [ipostatico, per quella presupposta base di pre_innesto del creato nel non creato];
6.] a questo punto quella teoria degli scienziati è confutata per la dim_4: dimostrato [punto 3.]] che nella natura apparente esiste l’ordine [anche gli scienziati lo ammettono, ma lo intendono come grumo di sabbia], ipostaticamente inteso [un grumo di sabbia non può pensare [intuire] la necessità, e così identificarvisi] [la dim_4 appunto presupponeva un tale tipo di ordine], si constata che esiste in essa tanto l’ordine quanto il disordine, e quindi dio come volontà creatrice esiste: non può esistere, per assenza di una sua causa [verticale =] esistenzializzante, cioè ragione/giustificazione di esistenza [si presuppongono qui alcuni assi della metafisica epistemica, riferentesi all’aforisma di hegel] una realtà fenomenica mista di ordine e di disordine, che sia causata dal caos [il caos qui come sfera che causa al proprio interno enti esistenzialmente casuali, e tale sfera sarebbe simbolicamente il big bang, in seconda analisi, nella sua interpretazione moderna], e non sia solo totalmente casuale [come dovrebbe essere in questo caso] ma, come detto, anche ordinata;
7.] solo la volontà è mista, e così il verbo, inteso come volontà e rappresentazione [come si dirà], ha creato il mondo [la creazione].
 
la formulazione della dim_4 ha usato lo schema che è stato introdotto per neutralizzare gli argomenti kantiani contro le dimostrazioni:
 
1.] nella natura apparente, i fenomeni sono causa [causazioni] orizzontali;
2.] la natura [nel senso di essenza] della causa verticale [ragione/causa di esistenza] determina il tipo di causa orizzontale;
3.] quest’ultima [punto 1.]] è di tipo misto [ordine e caos];
4.] quindi la sua causa verticale [punto 2.]] è una volontà, perché [dim_4] …
 
a.] … se la causa_v della natura fosse il caos, tutti i fenomeni nella natura sarebbero caotici [grumi di sabbia, mere aggregazioni e disgregazioni, ma ciò non può essere per il punto 3.], di cui sopra, della elencazione precedente che va dal punto 1.] al punto 7.]];
b.] …se la causa_v della natura fosse il principio, tutti i fenomeni nella natura sarebbero ordinati, e non esisterebbe, ad esempio, la morte [degli atomi (decadimento entropico) o degli organismi viventi].
 
bisognerebbe però dimostrare che un dato piano di esistenza [ad esempio: il creato] ha una sua causa esistenziale [causa verticale]. lo si fa richiamando l’aforisma di hegel e la metafisica epistemica [presupposto delle dimostrazioni]:
 
1.] ciò che esiste può esistere solo perché “fa i conti” con la struttura dell’esistenza, cioè della necessità: l’assurdo non può esistere, e se la follia esiste, esiste solo nel suo “luogo naturale”, cioè dentro la mente umana;
2.] si richiama, così, quanto detto all’inizio [“…si dimostrerà essere una suggestione …”]: le teorie degli scienziati atei e agnostici [come la loro interpretazione del big bang, del destino del cosmo e il darwinismo, nella parte in cui attribuisce al caso l’origine delle forme organiche] non sono “scientifiche”, ma sono “suggestioni”, cioè forme di “follia” e “assurdità” speculativa [con la stessa forma della “favola”, “fiaba”, o meglio del mito e della fantasia], e il loro ruolo è quello di costituire una spiegazione della realtà, che sia da un lato una spiegazione [di qui l’uso dei dati empirici per comprovarle], dall’altro un meccanismo di difesa, perchè l’ateo è tale in quanto teme dio e la verità [per fattori inconsci di natura edipica], ma poiché tema anche la natura, cerca di spiegarla senza ricorrere alla teologia;
3.] in base al punto 1.] e all’aforisma di hegel, il “luogo naturale” delle fantasie della scienza moderna non è la natura, che non può essere assurda, ma è solo la mente, suggetionata dall’errore, che viene detto con la forma, e quindi con la forza, della verità. 

QUINTA DIMOSTRAZIONE (SEVERINIANA)

Il passato è eterno, perché l’essere è e non può non essere. Dunque, ciò che appare è eterno, e lo è in quanto apparire (cioè, se qualcosa mi appare, questo apparire deve essere eterno in quanto apparire, perché è la cosa apparente stessa). Ma la memoria appare alle volte, quando è richiamata dalla mente, altre volte non appare. Questo apparire eterno della memoria è allora “inconscio”: deve apparire, in quanto apparire eterno, ma “non appare” al presente (la memoria non è sempre richiamata), e quindi è un apparire inconscio. Ma (dice la quinta dimostrazione) l’apparire è tale sempre ad un “conscio”, in quanto “apparire”. Se, dunque, la memoria è un apparire eterno, che non appare all’uomo (al presente), deve esistere un conscio, al quale questo apparire appaia (al presente), in quanto l’apparire è sempre apparire per e ad un conscio. E questo conscio è Dio, al quale appare la totalità della memoria apparente (non apparente all’uomo, a lui inconscia). Circa il fatto che questo apparire era però apparire per un uomo, cioè limitato, e quindi anche il suo conscio (Dio) è limitato, la quinta dimostrazione per adesso non sa ancora rispondere. Questa memoria è eterna, e quindi il suo conscio è eterno, ma è un eterno per un apprire (all’uomo) iniziato solo con l’uomo, e quindi eterno solo per il futuro. La memoria dell’uomo (ciò che l’uomo vedeva) è limitata, essendo l’esperienza dell’uomo di tipo finito. Questo “conscio”, quindi, è anch’esso finito (sebbene eterno). Invece Dio dovrebbe essere infinito. Il metodo della costruzione del concetto di Dio è esposto nella terza dimostrazione. Esso serve a dimostrare l’infinità del (di un) conscio.

SESTA DIMOSTRAZIONE (CARTESIANA: questa dimostrazione è così denominata perchè presuppone il "cogito ergo sum" di Cartesio/LUDICA_PRIMA)

Questa dimostrazione presuppone la riforma del principio di non contraddizione: l’identità presuppone due termini, e quindi la loro distinzione. Ma la distinzione è differenza, e quindi l’identico presuppone il diverso. E allora una stessa cosa può divenire in altro da se stessa e rimanere identica a se stessa nel contempo, e ciò, consentendo il divenire nel rispetto del principio di identità e di non contraddizione, confuta la considerazione secondo cui il divenire non sarebbe possibile, perché una cosa non può essere diversa da se stessa. Il passaggio dalla riforma del principio di non contraddizione (per il quale è impossibile che una stessa cosa sia e insieme non sia nello stesso tempo ciò che è: e invece è possibile) alla sesta dimostrazione consiste nella considerazione che una cosa può essere e non essere la stessa cosa (perché l’identità presuppone la distinzione e, quindi, la differenza: riforma del principio di non contraddizione), perché i due termini dell’identità si sdoppiano, e nella differenza tra i termini doppi si scarica la differenza tra i termini originari dell’identità. Ciò posto, è possibile spiegare la sesta dimostrazione. L’uomo pensa l’essere. Ma pensare una cosa significa essere (in parte) quella cosa. Se quindi l’uomo pensa l’essere, l’uomo è l’essere. Ma se l’uomo è l’essere, allora l’essere è l’uomo. Ora, l’essere e l’uomo si sdoppiano (perché l’uomo è l’essere, e quindi è anche diverso dall’essere, in quanto è distinto da esso). Ma se si sdoppiano, l’essere non è solo l’uomo, ma è anche un altro uomo (doppio uomo). E poiché l’essere è infinito, quest’altro uomo è infinito, e quindi è l’Uomo, cioè l’Uomo-Dio (Gesù Cristo), Dio.

SETTIMA DIMOSTRAZIONE (EPISTEMICA-TERZA)

Ciò che appare esiste e Dio appare, dunque esiste. Dove appare Dio ? Dio appare nel linguaggio: Dio appare in”“DIO””. L’apparire di Dio nel linguaggio è sostitutivo del non apparire attuale di Dio alla percezione (mentre Dio senz’altro appare al pensiero, che qui lo sta pensando). Poiché Dio non appaga attualmente il bisogno dell’uomo di Dio (questo bisogno non è solo specifico di Dio, ma rimanda sempre a Dio: ad esempio, un uomo desidera essere ricco, ma non riesce ad esserlo; se Dio apparisse, cioè se quest’uomo fosse in Paradiso, di fatto egli sarebbe ricco) (bisogno agapico, di affetto, estatico ed erotico), il bisogno di Dio da parte dell’uomo proietta Dio nel linguaggio: l’uomo parla di ciò di cui ha bisogno, e questo linguaggio è rivelativo dell’esistenza di Dio, complemento dell’uomo (è complemento dell’uomo tutto ciò che potrebbe soddisfarlo). Immediatamente si pone la seguente osservazione-obiezione: anche il “cavallo con le ali” (cioè la favola, la fantasia) appare nel linguaggio, ma non esiste. La settima dimostrazione distingue quindi la teologia dalla favola: il linguaggio che parla di Dio (e quindi il “linguaggio dimostrativo”, cioè le 7 dimostrazioni emergenti) è “intenzionalmente” diverso dal linguaggio delle favole, perché esso “vuole” parlare della realtà, mentre nessun uomo, che dice una favola (a meno che non sia malato), “vuole” descrivere la realtà. La settima dimostrazione procede, sostenendo che l’intenzionalità che supporta l’emergere della volontà dimostrativa, e quindi l’apparire delle 7 dimostrazioni e della teologia, corrisponde alla razionalità assoluta, e quindi non può che corrispondere alla verità. Per razionalità assoluta si intende qui dire che questa intenzionalità corrisponde al “desiderio massimo” (il bisogno di Dio), per cui, una volta che si dice che Dio può non esistere, ciò potrebbe essere vero, ma cesserebbe di avere senso qualunque realtà, perché manca la motivazione alla vita (per cui è vero che Dio potrebbe non esistere, ma non avrebbe più senso la vita e qualunque cosa) (l’ateo, che dice “nulla mi manca, sono appagato e felice”, non mente, ma lo dice perché non ha sperimentato una felicità maggiore, la quale è possibile e include tutto ciò che rende felice l’ateo, più Dio: l’uomo, che sperimenta un bene maggiore, dipende da esso; l’ateo non ha bisogno di Dio, solo perché non lo ha sperimentato). E’ vero ciò che dà senso alle cose, perché è l’unica ragione che giustifica la vita dell’uomo. La motivazione alla vita non può essere una favola. Esiste una correlazione tra desiderio e verità (principio della verità del desiderio, cioè del bisogno). L’ateo non conosce il proprio bisogno di Dio. Il bambino e, in alcuni casi, l’adolescente non sperimentano il bisogno dell’innamoramento, ma questo esiste, e può dare un senso definito alla vita. Quando, divenuti adulti, lo sperimentano, vorrebbero (filosoficamente) che esso fosse assoluto ed eterno (se è vero amore), per godere di più. Perché desiderare poco, se si può desiderare infinitamente ? Chi ama se stesso vuole il meglio per se stesso. Dio è l’amore agapico ed erotico assolutizzato. Da questo punto di vista, se Dio non esistesse, cesserebbe di avere rilevanza qualunque aspetto della vita, perché il desiderio massimo dell’uomo rimarrebbe inappagato. E ciò dimostra l’esistenza di Dio, perché ciò di cui l’uomo ha assoluto bisogno non può essere una favola, non può che essere vero (perché, se non lo è, ogni altra cosa non ha senso). E’ vero, in quanto questo bisogno infinito è rivelativo di una parte mancante nell’uomo: Dio inteso come la parte infinita dell’uomo, suo complemento. A questo punto bisogna dimostrare che l’esistenza di Dio corrisponde al desiderio può puro e perfetto. Si pongono le seguenti argomentazioni:

1.] chi ama la vita la desidera, ma se la desidera veramente, la desidera per l’eternità (è stato detto che l’idea di Dio è per chi fugge dalla realtà. Ma anche se un uomo non fuggisse dalla realtà, e avesse sperimentato la pienezza della vita, la morte lo condurrebbe a desiderare la felicità, che egli ha avuto, in eterno, proprio perché l’ha conosciuta);
2.] chi ama i suoi familiari, se li ama veramente, desidera che essi siano felici per sempre, e quindi desidera per essi l’eternità;
3.] chi ama se stesso, desidera essere immortale;
4.] chi sperimenta l’innamoramento, sperimenta il tipo di amore di Dio (che non è solo agape, ma anche eros: il cristianesmo non è innanzitutto la religione del sacrificio e della rinuncia, ma della felicità, la quale include anche la dimensione del godimento).

Rispetto a questi argomenti, Severino propone un’“eternità senza Dio”. Cosa rispondere?

1.] Dio serve a spiegare perché, oltre l’eternità, c’è anche la dimensione della morte. Se la realtà fosse l’“eternità senza Dio”, la realtà sarebbe un Paradiso senza Dio, e non anche la dimensione mortale del non Paradiso attuale (creato da Dio: quarta dimostrazione; problema del male e della creazione attuale provvisoria esterna al Paradiso);
2.] nell’eternità, è meglio amare una donna e, insieme, Dio, piuttosto che soltanto una donna: quindi credere in Dio è più perfetto che non credere, perché Dio, in aggiunta, dà più godimento.

Quindi, per tutte queste ragioni, l’idea di Dio è la più desiderabile, e quindi la “più vera”, cioè l’unica dotata di senso (se per senso si intende ciò che è desiderabile e vero). Ma se l’idea di Dio è la più desiderabile, perché alcuni uomini non credono in Dio ? Per due ragioni:

1.] a causa di un’istanza etica, per la quale Dio viene vissuto (correttamente) come fonte d’angoscia (ciò è inevitabile, perché dalla vita l’angoscia non può e non deve essere tolta, essendo una spinta positiva alla vita. L’uomo adulto impara a convivere con essa, a controllarla, a controllarsi e a dominarla;
2.] per via di un appagamento ritenuto totale (a torto: si pensi alla morte), che rende superflua l’idea e la ricerca ulteriore di Dio.

Il rimedio contro l’ateismo è allora triplice:

1.] educare al dovere, minimizzando l’angoscia e facendo leva sul desiderio dell’amore, agapico ed erotico (senza la considerazione della dimensione dell’innamoramento come vero amore di Dio, è forse quasi impossibile capire Dio come fonte di felicità per l’uomo);
2.] razionalizzare il desiderio, fare emergere il desiderio di Dio, perché con Dio si può godere di più;
3.] far sì che il desiderio di Dio superi il sentimento d’angoscia per il dovere, causato dall’idea religiosa di Dio.

Dal punto di vista teologico, Dio è concetto propriamente più filosofico che religioso. Dio è concetto religioso solo perché Dio è puro mentre l’uomo è impuro. Ma non è la purezza di Dio che ne fa un concetto religioso: è l’impurità dell’uomo che fonda la necessità di un accostamento religioso a Dio. Il Paradiso è filosofico, non assolutamente religioso. Nel Paradiso non esistono la religione e l’agape, inteso come carità (non avendo l’uomo più bisogno di salvezza), ma esistono solo il concetto, l’estasi, l’affetto, l’innamoramento e il piacere. Ma il Paradiso in terra è proibito. Per questo la religione vale per l’al di qua, essendo l’uomo impuro. La rappresentazione di Dio, cercata dall’uomo, la quale è teologica, non è religiosa, ma è filosofica: l’amore cristiano per la Verità (la filo-sofia) non è solo agape, ma anche eros.
Nella vita terrena, l’accostamento a Dio da parte dell’uomo, essendo questo impuro, può avvienire in tre modi: 

1.] approccio filosofico-speculativo (che, offrendo una rappresentazione concettuale di Dio, apre alla mistica);
2.] sperimentazione dell’innamoramento (conoscenza di Dio nell’amore familiare-coniugale);
3.] religione, liturgia e sacramenti (approccio salvifico in senso stretto).

Solo nella Chiesa cattolica c’è la salvezza. Ma la Chiesa cattolica è sia apparente (gerarchia ecclesiale), sia non apparente (liturgia invisibile). Quest’ultima dà i sacramenti a tutti gli uomini di buona volontà, senza che essi lo sappiano. Quindi, Dio garantisce i sacramenti e la salvezza a tutti gli uomini di buona volontà. L’idea di Dio corrisponde al desiderio più puro, che dà senso alla vita: quindi l’idea di Dio non può essere una fantasia, ma deve essere la verità, perché è della verità che l’uomo ha bisogno. Dio esiste perché l’uomo ha bisogno della sua esistenza. L’amore di Dio è qui inteso come un terzo termine tra agape ed eros. L’amore è concepito come sintesi di affetto familiare e amicale e innamoramento passionale. Ci sono in Dio, quindi: l’amore (connesso al concetto di verità), l’agape (connesso al concetto di carità) e l’eros (in cui si compie la sintesi del tutto nell’estasi spirituale e nel piacere carnale).

OTTAVA DIMOSTRAZIONE

L’uomo intuisce il concetto di necessità (“l’essere è e non può non essere”: Parmenide). Quindi l’uomo è la necessità (perché pensare una cosa – la necessità -, significa essere, in parte, quella cosa: “è la stessa cosa pensare ed essere”: Parmenide). Ma l’uomo intuisce anche la contingenza (perché l’uomo può cadere). Quindi, l’uomo è anche la contingenza. Perciò l’uomo è sia essere-necessario, sia essere-contingente. L’uomo è necessario perchè posto dall’esistenza pura, come Dio. Ma l’uomo è creato da Dio, secondo il Magistero: l’uomo è necessario, nel senso che Dio ha in progetto di creare l’uomo, e questo progetto è necessario. Secondo il Magistero, Dio ha creato l’uomo liberamente: questa libertà sta nel momento della creazione, deciso da Dio nell’eternità, e non nella possibilità assoluta di non creare, che non c’è. Quindi, l’uomo non è frutto del mero capriccio di una volontà divina casuale, ma è creatura necessaria, come forma dell’assoluto. Infatti, l’esistenza pura ha posto in Dio la possibilità temporale e la necessità causale, che Dio, da perfetto, diventi più-che-perfetto con la creazione dell’uomo, il quale non è poco agli occhi di Dio: quanto più piccolo è l’uomo davanti a Dio, tanto maggiore è il suo godimento di Dio, e quindi tanto maggiore è il godimento di Dio, che partecipa del godimento dell’uomo. Ma poiché l’esistenza pura ha posto l’uomo secondo necessità, essa non può non aver posto anche un essere, che sia totalmente necessario, e non anche essere-contingente, come l’uomo, perché l’esistenza pura è necessaria. L’essere totalmente necessario, con la forma dell’uomo (decima dimostrazione), cioè essere organico pensante, è Dio, solo essere-necessario.

NONA DIMOSTRAZIONE

La nona dimostrazione è simile alla sesta e alla decima. L’uomo sta nella realtà. Quindi la realtà ha le forme dell’uomo. Ma la realtà è infinita, quindi queste forme sono infinite, e allora deve esistere l’Uomo, cioè Dio. Questa dimostrazione è del tutto simile alla sesta. La differenza consiste in due ragioni:

1.] questa dimostrazione, nata come seconda versione della seconda dimostrazione (in cui le idee della mente, umana e divina, corrispondono alle forme della realtà), ha preceduto la sesta;
2.] il fatto che la realtà abbia le forme dell’uomo non deriva dal processo di identificazione pensiero-essere e dal procedimento di trasferimento dell’uomo nell’essere (sesta dimostrazione), ma dalla considerazione più diretta secondo cui l’uomo è, in parte, l’essere stesso.

Mentre nella sesta dimostrazione, l’essere è un uomo, perché l’uomo è l’essere in quanto pensa l’essere, nella nona dimostrazione l’uomo è semplicemente l’essere stesso.
La sesta dimostrazione ha complessificato e sostituito la nona dimostrazione, che rimane solo per spiegare il concetto di trasformazione esistenziale, che riprende l’analogia di San Tommaso d’Aquino. L’uomo è immagine di Dio, quindi Dio è immagine dell’uomo. L’uomo è, piuttosto, immagine dell’Uomo-Donna-Gesù. Cristo è Uomo-Donna, e deriva le sue forme da Dio. Quindi, se l’Uomo carnale è sessuato, anche Dio spirituale è sessuato. Esiste, tuttavia, un livello di Dio, in cui Dio non è sessuato. Questo è il primo livello spirituale di Dio. Attraverso la conoscenza dell’uomo e della donna, è possibile conoscere perfettamente Dio, tranne forse il primo livello, perché all’uomo la propria anima, anche asessuata, non appare. Essa tuttavia gli appartiene. Forse l’uomo può quindi intuire Dio anche nel primo livello spirituale, nella mistica e nell’ascetica.

DECIMA DIMOSTRAZIONE

La dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio è possibile, perché la mente dell’uomo (che, appartenendo all’anima, è anche di tipo soprannaturale, e tale è quindi la ragione umana) intuisce l’esistenza dell’ esistenza pura (l’esistenza del fatto che “l’essere è”), intuisce che questa esistenza è necessaria (“l’essere è e non può non essere”: Parmenide; non l’essere di questo mondo è necessario), e poiché in essa stanno le forme del mondo (che, secondo un principio emanativo-evolutivo, provengono dall’esistenza pura, cioè dalla natura “produttiva di esistenza” dell’esistenza pura, tale in quanto produttiva di sé stessa: da tale principio provengono le forme, non questo mondo), queste forme sono necessarie. In esse stanno le sostanze (di questo mondo), che non appaiono necessarie. Devono quindi esistere sostanze che siano necessarie secondo le forme: poiché, dunque, esiste l’uomo (forma perfetta e sostanza imperfetta), deve esistere Dio (forma perfetta, come l’uomo, e sostanza perfetta, secondo la forma). Ciò spiega come, esistendo il pensiero dell’uomo, forma perfetta e sostanza imperfetta, deve esistere anche il pensiero di Dio, forma perfetta e sostanza perfetta (prima dimostrazione).

UNDICESIMA DIMOSTRAZIONE

Leibniz e Einstein si sono chiesti “perché c’è l’essere anziché il nulla ?”. Ma Parmenide dice che “l’essere è e non può non essere”. La loro domanda è quindi rivelativa di un essere che c’è e non dovrebbe esserci, rispetto all’essere necessario. Ma quell’essere che esiste, pur non dovendo esistere, è il frutto della volontà, che liberamente pone, rispetto alla necessità, gli oggetti del suo volere. E poiché dell’essere del mondo si tratta, quella volontà che lo ha posto è la volontà di Dio, cioè di un soggetto, la cui immensità è proporzionata all’ente infinito da lui creato.
la constatazione di Leibniz-Einstein è stata tratta dal Corriere della Sera. Da qui si è appreso che entrambi questi pensatori hanno riflettuto su tale questione: “perché c’è l’essere anziché il nulla ?”. questa domanda, che si dirà ora essere una constatazione [intuizione_epistemica], stava alla base della dim_4. ma essa [che non è stata richiamata nella dim_4, perché successivamente questa ha potuto “reggersi da sola”] può fondare anche un’altra dimostrazione. Il sentimento del nulla non è, infatti, solo derivato dall’intuizione della non_normalità esistenziale della configurazione_attuale_dell’apparire [il cosmo_apparente], che è di tipo misto, per cui [secondo l’ordine e il disordine] “non dovrebbe esserci”. quel sentimento è anche autonomo dalla percezione, essendo un’intuizione del pensiero [che è auto_pensiero: cioè pensiero/=/pensiero del pensiero/=/essere]. L’uomo intuisce l’esistenza di una forza_inerziale, che prevede una propria destinazione al nulla [ritorno al nulla della creazione tratta dal nulla], e una destinazione al nulla dell’intero universo, proiettata nella concezione astrofisica [a carattere psicoanalitico] della “morte dell’universo” [calda o fredda]. alla domanda “perché c’è l’essere anzichè il nulla” si risponde: “perché al posto dell’essere dovrebbe esserci il nulla, essendo l’universo proprio derivato dal nulla” [e destinato al nulla, se una forza non lo trattenesse da esso: Dio (dim_apocatastica_28)_].
mentre la dim_4 dice che l’universo non può essere derivato né dal Caos né dal principio [direttamente], in base alla struttura_mista dell’apparire, questa dimostrazione, in base a quella constatazione/intuizione, che è associata al sentimento del nulla, può dire che l’uomo, riflettendo non solo sulla non_normalità apparente [fenomenologica] dell’universo, ma sulla non_normalità esistenziale [ontologica] di esso [percepita al livello della base del segmento_esistenziale], intuisce che l’universo “non dovrebbe esserci”, e tale im_possibilità [che naturalmente non è logicamente totale, perché l’universo esiste] viene associata alla causa esistenziale dell’universo: poiché l’universo non dovrebbe esistere, qualcosa o qualcuno ne ha determinato l’esistenza.
 
nota
 
tale intuizione non è frutto della codificazione dell’apparire, interpretato/letto dal pensiero inconscio come non_normale [dim_4], ma è frutto dell’intuizione dell’origine dal nulla dell’essere apparente, origine che ne condiziona la possibilità destinazione ad esso [ma in realtà im_possibile [perché Dio non crea dal nulla per far ritornare il Creato nel nulla, altrimenti la creazione sarebbe senza senso]/ciò è un problema: come può essere concepito come possibile nell’idea ciò che è im_possibile nella realtà ? mancanza di soluzione/il pensiero si prospetta il nulla dopo la morte, ciò è dato empirico, ma si prospetta anche l’essere [pensato dall’episteme].  
 
prosegue
 
a questo punto si possono ripetere le ipotesi della dim_4. solo Dio può aver normalmente determinato l’essere_apparente [quel sentimento ha basi metafisiche: in paradiso l’uomo poggia sul principio senza la mediazione di Dio (che pertanto non può annullarlo); attualmente l’uomo poggia sulla volontà di Dio, e pertanto egli percepisce la possibilità del nulla dopo la morte, la cui angoscia nasconde la possibilità della destinazione all’infernalizzazione: condizione dell’esposizione dell’uomo al baratro/altro problema: i pre_destinati alla salvezza non possono essere esposti al baratro: come può l’inconscio leggere ciò che non è vero ?].
Come si può giustificare il sentimento del nulla ? il Creato e l’uomo sono stati creati dal nulla, e quindi il nulla della loro origine risuona/rimbomba nell’inconscio dell’uomo [tale “grido di Munch”, che è il rimbomo infernale della voce creatrice di Dio, che dice “sia la luce”, è una delle cause del male], portandolo a formulare l’interrogativo: “perché c’è l’essere anziché il nulla”. La risposta sta qui: “creatio ex nihilo”. La dimostrazione è detta “normale”, perché quella domanda dice che sarebbe “normale” il nulla al posto dell’universo, e altrettanto “normale” è il fatto che sia stato il Dio_Creatore a crearlo [per le medesime ipotesi della dim_4].

DODICESIMA DIMOSTRAZIONE

L’uomo è un ente ordinato. L’uomo è determinato dall’essere, secondo l’evoluzione. Questa determinazione non è casuale, perché dal caso non può derivare l’ordine (quarta dimostrazione). Ma l’essere è immenso. L’essere immenso, quindi, che ha determinato l’uomo secondo necessità (ottava dimostrazione), non può non aver determinato anche (per emanazione), secondo la stessa necessità, un ente ordinato immenso, cioè Dio.


TREDICESIMA DIMOSTRAZIONE (FENOMENOLOGICA PRIMA)

L’esistenza dell’uomo nel mondo, inteso come essere dotato di forma e di ragione, testimonia (fenomenologicamente) che al centro dell’immensità dell’esistenza deve esistere un essere altrettanto razionale, ma delle stesse proporzioni di tale immensità: Dio.


QUATTORDICESIMA DIMOSTRAZIONE (FENOMENOLOGICA SECONDA)

Dio esiste perchè il nome "Dio" ha un intrinseco senso e significato (intuitivo-razionale ed emozionale), il quale rimanda alla necessità dell'esistenza di Dio (auto-concetto: "Dio").
Infatti, in base
alla gnoseologia epistemica, Dio esiste perchè:

1.] esiste la parola "Dio" (pensiero): esistenza dell'esistenza di Dio;
2.] esiste la forma di questa parola (linguaggio-digitale-2: la parola come tecnica): esistenza della forma di Dio;
3.] esiste la visione diretta (percezione) di questa parola (approccio fenomenologico alla parola come tecnica sostituto della parola come scienza, cioè dell'apparite diretto di Dio come forma): esistenza della sostanza di Dio (la parola di Dio è qui "cercata": senso emozionale).

Spiegazione del primo punto
La parola è la riproduzione della realtà, quindi l'esistenza della parola testimonia l'esistenza della realtà, di cui la parola è riproduzione:
 
1.] prima riproduzione della realtà: pensiero;
2.] seconda riproduzione della realtà: la forma intesa come linguaggio (digitale-1: parola come scienza);
3.] terza 
riproduzione della realtà: la sostanza intesa come percezione (il sentire soggettivo della rappresentazione, con sfondo e enti appartenti, in parte come soggetto e in parte "altri" dal soggetto);
4.]
quarta riproduzione della realtà: il linguaggio-parola (digitale-2: parola come tecnica).

Ecco dunque che l'uomo, pur non potendo vedere la forma-scienza (Dio non appare), vede la forma-parola-tecnica (la parola "Dio" appare). Sono stretti dunque i legami tra la settima dimostrazione e la quattordicesima dimostrazione. Legami qui non analizzati. Si verifica qui anche qui la sostanziale "unità" delle dimostrazioni (principio unitario dimostrativo), pensate originariamente le une slegate dalle altre. Ciò dimostra che le sette/dodici/quattordici dimostrazioni/quindici dimostrazioni (la terza già rimada alla quindicesima) costituiscono la corretta lettura del segmento di pensiero parallelo allo sviluppo esistenziale che ha determinato l'esistenza di Dio, e la cui lettura schematica la dimostra (ancora limitatamente).

Nota
: "digitale" significa che la realtà estesa si concentra in un punto (di estensione "formale", cioè dotato di un estensione impropria, che faccia solo emergere la forma), punto che esprime la grammatica (o logica) sottesa allo sviluppo dell'estenzione stessa (o esistenza): relazione dispari. 

... schemi provvisori ...


QUINDICESIMA DIMOSTRAZIONE (CARTESIANA-PRIMA: prima dimostrazione di Cartesio, tratta dalla storia della filosofia di Abbagnano e Fornero per i Licei: "Filosofi e filosofie nella storia", 1992; rielaborata)

L'uomo non può essersi dato la propria idea di Dio e delle sue perfezioni (Dio come assoluto, eterno, infinito, ecc.), perchè l'uomo è privo di tali attributi. Ma la causa di un'idea deve essere una realtà commisurata ai suoi attributi. Quindi Dio è la causa dell'idea umana di Dio.

Osservazioni critiche:


1.] Abbagnano e Fornero criticano questa dimostrazione, affermando che Cartesio suppone erroneamente la "non-derivabilità empirica del concetto di perfezione assoluta". Ora, l'episteme rileva che questa critica è infondata. Infatti, Dio non è semplicemente una perfezione assoluta (concetto ipoteticamente derivabile, ad esempio, dall'infinità del cosmo apparente e dalla perfezione degli assiomi e dei procedimenti matematici). Dio è l'applicazione degli attributi di infinito-assoluto-eterno, ecc., ad un'entità organica-pensante-personale, e si constata che tale entità non è empiricamente rilevata. Qualora lo fosse, sarebbe appunto dimostrata l'esistenza di Dio (ma confutata l'esistenza del Dio della fede). L'episteme, dimostrando l'esistenza di Dio, dimostra anche che questo Dio è il Dio della fede (delle tre fedi monoteistiche). Ciò esclude razionalmente che "un dio" possa improvvisamente apparire nel cosmo (posto che il solo "Dio" apparso nel cosmo è appunto il Dio della fede: l'uomo storicamente chiamato "Gesù");
2.] questa dimostrazione cartesiana è importante perchè riflette una definizione epistemica di Dio, attribuendola all'uomo, e su tale attribuzione si fonda la gnoseologia epistemica. Dio è stato definito come la sintesi duplicata della realtà (doppia realtà concentrata in un punto). Ma la realtà racchiude Dio, e per questo la mente divina non ha solo le forme della realtà, ma anche le forme di Dio (schemi relativi a Dio per l'auto-conoscenza di Dio). La mente di Dio è erediata dall'uomo (che pertanto lo può conoscere, perfettamente a livello concettuale). Tutto ciò spiega la struttura della dimostrazione di Cartesio: la realtà di Dio è stata la causa della sua idea, prima in Dio e poi nell'uomo, perchè tutta la realtà, e in questa la realtà di Dio, si riproduce nella mente (che è sistema di idee).


SEDICESIMA DIMOSTRAZIONE (RUINIANA: EPISTEMICA-SECONDA)

Integrazioni (elementi fondamentali di gnoseologia)

Il pensiero costituisce un momento-di-identificazione tra il soggetto e l'oggetto (condizione parmenidea idealistica/corretta), e questa identificazione avviene in modo e a livello esistenziale (non solo percettivo); in Paradiso, l'immagine di Dio determina la "consapevolezza" (intuizione-epistemica) che quella immagine corrisponde al "vero" Dio-oggettivo (e non è, per esempio, un ologramma/problema del dubbio cartesiano proiettato in Paradiso), perchè quella identificazione avviene tra l'uomo e il vero Dio: non è questione se sia dimostrato che questo è il vero Dio, è questione che, se esiste un vero Dio, in Paradiso l'uomo vi sarà identificato, e ciò determina almeno due conseguenze:

1.] pienezza estatico-eudemonistica e erotico-edonistica tale, per cui l'uomo non ha bisogno di "altro" (condizione della compensazione-paradisiaca-totale, o "standard-normale-energetico-spirituale"/lo spirito nell'episteme non è elemento religioso, se non in quanto classificato tale);
2.] il tipo di innesto in Dio (definito dalla teologia classica "inabitazione" e da Heidegger "im-pianto") è tale, per cui l'uomo sa, e in modo psicoanaliticamente incontrovertibile (compensazione e attivazione schematica inconscia di tipo infinito-attuale/ contatto-diretto, nel profondo dell'inconscio, col principio/l'angoscia per il nulla e la morte, oggi, è dovuta al fatto che l'uomo non ha contatto diretto col principio, cercato ad esempio in tutte le religioni "idolatriche", tra cui il platonismo, che relazione l'uomo non al Demiurgo, ma direttamente all'Uno, scavalcando il Demiurgo, ciò che è lecito, in parte, solo in Paradiso) che la sua condizione paradisiaca è incontrovertibilmente "stabile", ovvero non-reversibile neppure da parte di Dio (S. Agostino: "non posse peccare").

Ciò spiega perchè Einstein "sa" dentro di sè le leggi fisiche, e contribuisce a dimostrare ruinianamente l'esistenza di Dio:

1.] da un lato (come anche ha detto Severino), l'uomo è "rete estesa come il mare", e cioè "microcosmo", che è a contatto col cosmo, vi è identificato, e quindi lo conosce;
2.] dall'altro, si ritiene di poter dire che, sebbene "estesa come il mare", la rete che è l'uomo, per le sue dimensioni-quantitative (che sono molto più grandi di quelle apparenti/"molto" significa infinite ...) non sia tuttavia estesa in modo sufficiente a comprendere (includere) l'Intero (termine neo-scolastico) (dottrina degli ordini di infinito), per cui Einstein "sa" perchè è a contatto con l'Episteme (= Cristo), che gli dà la vita (come a tutti, biologicamente) e gli consente di conoscere ("campo divino" esteso come l'intera esistenza).

E' errore (all'interno delle ipotesi epistemiche) dire che Einstein può conoscere anche "da solo" (senza la mediazione dell' Episteme), perchè conosce un oggetto "vicino" (come la "forza di gravità" terrestre) e non "lontano" (come Dio): si ribadisce quanto detto nella presente dimostrazione, e cioè che (essendo tutto in tutto) lo specchio-uomo non può conoscere, solo perchè piccolo, in modo piccolo: per le strutture della necessità si può essere solo "grandi" e conoscere "in-grande", cioè infinitamente. Einstein conosce infinitamente a livello inconscio (come ogni uomo), e fa emergere al conscio solo una piccola parte di ciò che conosce. Le sue parole ("il cervello usa solo una parte delle sue potenzialità"), al di là del loro contesto, rivelano forse inconsciamente la consapevolezza che tali potenzialità sono quelle metafisiche/quando si è detto che il pensiero è solo infinito e appartiene a tutti, si è inteso dire questo (e ciò dimostra l'esistenza di Dio: dimostrazioni sesta e sedicesima): la parola "Intero" (tutto), la parola "Dio", ecc., evocano termini che l'uomo può intuire (anche solo nominare), in quanto l'uomo è connesso, con la mediazione dell'Episteme, al tutto: la parola è povera, debole, non creduta, ma la sua pronuncia presuppone fenomeni di proporzioni immense; l'Episteme media anche in Paradiso, e consente la conoscenza dell'oggetto perchè è identità panteistica tra Dio e l'Intero (in Cristo devono essere distinte la persona dalle due nature, divina e umana: la persona è diversa dall'oggetto-altro-da-Dio; le due nature operano l'identificazione panteistica parmenidea [Dio-Figlio conosce il sasso perchè è [[anche]] il sasso]/l'episteme non è forma di panteismo, bensì "sfrutta" il paradigma del pantesimo in termini gnoseologici, e così lo epistemizza/la persona è non-alienata [io-io], le due nature sono alienate [io-non-io]: epistemizzazione del concetto di alienazione).

Inizio dimostrazione:
L’uomo (e innanzitutto Dio) può conoscere, perché l’esistenza di Dio (inteso qui rigorosamente come Dio-Figlio, che è il Logos del Padre, cioè la sua seconda "mente-cervello", estesa come l'intera esistenza) è lo strumento (aristotelicamente: "Organon"), che gli consente di conoscere, rendendogli intelligibile la realtà intera/quindi: ... Dio-Figlio] = [Episteme.
Il team-espositore non è riuscito a comprendere perfettamente la dimostrazione espressa da Sua Eminenza il Card. Camillo Ruini (Vicario di Roma e Presidente della CEI), che così si esprime:

1.] (prima parte della sedicesima dimostrazone …): “l’universo è conoscibile da parte dell’uomo … questa intelligibilità intrinseca non può essere il frutto di un’ intelligenza ordinatrice semplicemente esterna al mondo, ma non può nemmeno essere qualcosa di cui la natura non intelligente è dotata di per se stessa e in maniera autonoma: sostenere questo equivale infatti a rinunciare a cercare le condizioni che rendono possibile tale intelligibilità, anzi implicitamente a negarle, apparendo del tutto ingiustificata e alla fine assurda una intelligibilità che esiste di per sé senza essere frutto di un’intelligenza. Siamo condotti così a individuare la condizione che rende possibile l’intelligibilità intrinseca dell’universo in un’ intelligenza che sia, appunto come intelligenza, distinta e trascendente rispetto alla materia non intelligente, e però nello stesso tempo a essa così originariamente e costitutivamente presente da porre in essere una materia in se stessa intelligibile” (Card. Camillo Ruini, “Le ragioni della fede”, 1993). La presente dimostrazione ha suggerito tuttavia la seguente riflessione, che dovrebbe in qualche modo suffragare la dimostrazione ruiniana e così completarla:
2.] (seconda parte …) inizialmente, la ricerca-epistemica ha interpretato la dimostrazione ruiniana come conferma della gnoseologia epistemica: l’uomo può conoscere solo perché inserito in un “campo divino”, e, del resto, la prima dimostrazione non dimostra l’esistenza di Dio solo perché ha compreso che, in base al principio antropico, lo specchio (il pensiero), per riflettere l’esistenza (immensa), deve essere immenso (quindi: specchio = Dio); ma altresì (e questa è un’altra dimostrazione, che segue quella ruiniana e ad essa si associa: seconda parte della sedicesima dimostrazione), proprio perché lo specchio -uomo è “inadeguato” (non per i limiti dovuti alla caduta, ma per le “dimensioni” intrinseche dell’uomo, dovute allo standard- necessario del Creato), l’uomo non può conoscere (non che uno specchio-piccolo può conoscere in modo “piccolo”: la grandezza dello specchio è solo di tipo-standard, ed è solo quella divina, cioè l'uomo non può da solo, isolato dalla Trinità, strutturalmente "conoscere", senza Dio, egli verrebbe annientato" dalle strutture della necessità), e allora l’uomo conosce (lo si constata) proprio presupponendo lo specchio-divino, cioè perché inserito in tale “campo” (sedicesima dimostrazione: Dio come condizione di intelligibilità, secondo Ruini);
3.] (terza parte …) dopo aver presentato le tre dimostrazioni di Cartesio, nella loro storia della filosofia per i licei Abbagnano e Fornero presentano l’argomento di Cartesio fondante della sua metafisica, argomento che non viene considerato come una “dimostrazione”: esso è invece la terza parte della sedicesima dimostrazione (anch’essa vede Dio come la condizione ruiniana dell’intelligibilità della realtà, "estensione" dell’universo): “Dio è dunque quel terzo termine che ci permette di passare dalla certezza del nostro io alla certezza delle altre evidenze” (Abbagnano Fornero, “Filosofi e filosofie nella storia”, 1992). Si richiama a questo punto la definizione che si è data di episteme nella home-page: l’Episteme (= Dio-Figlio) è il Logos sovra-stante (epi-steme) l'Intero dell'essere, ovvero "la rete estesa come il mare" (cioè sovrap-posta ad esso: epi-steme). Ecco dunque che la dimostrazione ruiniana viene “potenziata”: non solo Dio è condizione di intellegibilità della realtà per-l’uomo, soggetto limitato “per-standard” (non per la caduta), ma, inteso come Logos (Dio-Figlio), Dio (= Episteme) è la condizione di intelligibilità della realtà per-Dio stesso, inteso come Dio-Padre, soggetto illimitato “per-standard” (ma "incapace" di conoscere senza il Figlio, le cui proporzioni sono immenso-colosso-gigantesche/ad esempio, gli infiniti-universi-creati teorizzati dagli scienziati-astrofisici, anche se ciascuno infinito, stanno tutti, rispetto a Dio, concentrati in un punto di dimensioni pari a un epsilon tendente a zero, ovvero infinitesimale).

A questo punto è opportuno fare le seguenti riflessioni:

1.] la scienza empirica e la sua razionalità sono limitate così come sono conosciute e fondate dall’epistemologia, dal punto di vista delle condizioni di conoscibilità della scienza (ciò che segue è ipotesi di critica e superamento del kantismo, ma la gnoseologia epistemica è forma di kantismo), nel senso che solo un approccio gnoseologico di tipo metafisico potrebbe fondare la conoscibilità della scienza empirica e sperimentale (posto che è platonicamente intelligibile non un ente “privilegiato” ma, epistemicamente, ogni ente in quanto “pensato”, ciò che è diverso dall’essere “percepito”), come ha intuito il Card. Ruini (“in realtà è pure di “filosofia prima” l’approccio con cui Kant, riflettendo sulle condizioni di possibilità della scienza, giunge a formulare la sua concezione delle forme a pripriio della nostra conoscenza”): l’uomo “non vede” una legge fisica, ma la sa formulare (cioè, l’uomo vede due enti, e sa formulare il passaggio da un ente all’altro, ma questo passaggio, inteso come legge fisica, “non appare”: il sasso cade, ma non “si vede”  la “forza di gravità”). Dice Einstein: “le leggi che formulo è come se ce le avessi già nel cervello” (innatismo). Il kantismo (che non è stato “sorpassato” dalla geometria non-euclidea, bastando prevedere un “allargamento” delle categorie, e non escludendosi una riconduzione di ogni geometria a quella euclidea/il kantismo è forma di innatismo, e questo non esclude nè l'evoluzionismo nè il principio della tabula-rasa, auto-concetti) sostiene che l’uomo può formulare le leggi, perché ne ha gli schemi, ed essi sono solo soggettivi, non oggettivi. Il superamento del kantismo e la sua apertura alla metafisica (fondata sullo stesso “schema” kantiano) sta qui: ad esempio, gli schemi della legge fisica non sono solo soggettivi, non lo sono perché prevedono il comportamento degli enti e questi enti sono i “dati” dell’ esperienza; essi sono sì posti in categorie soggettive (lo spazio e il tempo, sia detto questo escludendosi l’analisi epistemica), ma resta il fatto che gli schemi dell’uomo prevedono il comportamento di questi enti e non già lo creano-determinano: posta l’oggettività del noumeno, che sta dietro ogni ente, l’uomo prevede il comportamento dell’ente-fenomeno, e quindi del noumeno stesso, che gli sta dietro (si comprende perché il nichilismo speculativo escluda l’esistenza oggettiva di un “noumeno”: tale esistenza sarebbe posta dal pensiero, che così rivelerebbe le sue potenzialità meta-empiriche [metafisiche], non apparendo il noumeno, di cui si predicherebbe tuttavia l’“esistenza”, non vista ma conosciuta); si ribadisce: mentre la mente trasporta con sé la rappresentazione della fantasia, la mente non riesce a trasportare con sé la rappresentazione di una galassia, la quale, distolto lo sguardo, riapparirà il giorno dopo, e quindi dietro la costruzione soggettiva della galassia (la sua “sostanza” soggettiva, includente la forma accessibile all’uomo) stanno la sua esistenza e la sua forma (ipostaticamente ancora non accessibile) “oggettive”;
2.] l’uomo quindi conosce ciò che non appare, e questo anche nella fisica: ad esempio, la legge di gravità (che è senz’altro uno schema soggettivo, ma al quale obbediscono rappresentazione, di cui l’uomo non ha il controllo, come le stelle e le galassie, o come gli uomini della società, che si “ribellano” al tentativo di essere assoggettati alle loro reciproche rappresentazioni, dimostrando così la loro reciproca “alterità” e “pluralità” esistenziale). Come può essere questo ? ciò avviene perché l’uomo agisce tramite un (terminologia-epistemica: …) “fattore di commensurazione e di triangolazione”, che è l’Episteme-organico (Dio-Figlio), attraverso cui Dio stesso (Dio-Padre) “può” conoscere. Perché ? si può ricorrere alla sesta dimostrazione (e ciò che segue è - se possibile - la perfetta interpretazione della dimostrazione ruiniana): solo se esiste un soggetto (unico termine a cui imputare la conoscenza, in quanto soggetto, ovvero pensiero: Logos) che è (per il principio-gnoeseologico-fondamentale parmenideo: essere] = [pensiero; corretto dalla riforma del principio di non contraddizione, dal suo “idealismo”) identità tra realtà e pensiero (e questo non può essere l’uomo, ente dimensionalmente limitato), ogni pensiero (Dio-Padre o l’uomo) può conoscere, se e finchè vi è associato e parzialmente identificato (per la “trasmissione” della conoscenza).
Ciò significa molto semplicemente:

1.] io conosco il sasso …
2.] se esiste un io che è il sasso …
3.] e poiché il sasso è qui l’intera realtà …
4.] questo io (soggetto/pensiero) non posso essere io (perché sono “troppo” piccolo) …
5.] questo sasso è Dio, poiché io conosco il sasso (ovvero le sue leggi) …
6.] poiché dunque io conosco, Dio esiste, essendo la mia condizione di conoscibilità della realtà (sedicesima dimostrazione: “ruiniana”; Card. Ruini: "solo l'esistenza di Dio può spiegare che l'universo è intelligibile").


osservazione sulle dimostrazioni dim_16 e dim_147
 
quando il card. ruini dice che il verbo e il creatore sono condizione per la conoscibilità dell’universo [dim_16], ciò può collegarsi all’applicazione epistematica del kantismo a dio, di cui alla dimostrazione dim_147: come detto, il verbo è l’apparato categoriale di dio, che filtra il noumeno e [hegelianamente] crea l’universo, come fenomeno, per questo conoscibile tramite il verbo/logos.


DICIASETTESIMA DIMOSTRAZIONE: VIGNANA_PRIMA [EPISTEMICA-PRIMA]

 
Nel saggio “La verità del desiderio come fondazione della norma morale” del filosofo prof. Carmelo Vigna è contenuta la diciasettesima dimostrazione epistemica dell’esistenza di Dio. In esso si legge: “Sappiamo dunque in senso forte quanto segue: che fondamento della morale è la verità del desiderio; che la verità del desiderio dice: il desiderio umano è desiderio di un oggetto interale; che tale oggetto è sulle prime una soggettività altra, ma, in ultima istanza, è qualle realtà assoluta che diciamo Dio. Come dire che, in ultima istanza, il desiderio umano è desiderio di Dio [genitivo oggettivo]. Ma poi la verità del desiderio umano implica pure che si dica di Dio almeno questo, che Dio contiene in sé [non sappiamo come] la possibilità, da parte sua, di appagare il nostro desiderio” (prof. Carmelo Vigna, “La verità del desiderio come fondazione della norma morale”, in “Verità del desiderio”, 1992).
 
PREMESSE
La rilevanza dimostrativa di questa sequenza, che è in se stessa una dimostrazione epistemica, è potuta emergere alla luce dei seguenti impianti epistematici
[elemento-1]:
 
1.] criterio veritativo della corrispondenza tra logica ed etica;
2.] criterio veritativo-base [provvisorio] e-s [euristico-speculativo] della verità del desiderio;
3.] conseguente criterio etico-logico-etico;
4.] analisi del testo vignano e conseguente rilevazione di presenza di una dimostrazione epistemica [che – in assenza del metodo dialettico dello sviluppo dell’esistenza a partire dal principio, che porrebbe la terza dimostrazione come dimostrazione-base –, è essa l’attuale dimostrazione-base: epistemica prima].
 
Nota
per la comprensione di tale dimostrazione, è presupposto il paragrafo sul criterio e-s della verità del desiderio_[…] (fine nota).
 
… prosegue.
Questa dimostrazione era già implicita in alcune parti
[elemento-2]
delle dimostrazioni …
 
1.] … terza [laddove si definisce Dio come ente desiderabile in massimo grado];
2.] … settima [laddove si espone il concetto di intenzionalità e si compie un’analisi – esemplificativo-retorica - del desiderio umano];
3.] … quindicesima-cartesiana [laddove si uniscono i termini infinito-eterno-necessario, tutti “desiderabili” in massimo grado, ad un ente-Ente definito come organico-pensante-personale].
 
La lettura del saggio suddetto è stata compiuta in una condizione cognitivo-culturale condizionata dagli elementi/-1 e …/-2, la quale ha fatto sì che ciò che il prof. Carmelo Vigna presenta come fondazione della norma morale sia in realtà, oltre a tale fondazione, anche una dimostrazione epistemica [una possibile ulteriore relazione tra fondazione dell’etica e tale dimostrazione, intesa come dimostrazione-determinazione-etica del nuovo-Dio-con-gli-uomini è contenuto che non si vuole qui definire, a causa della sua complessità: la vita come forma di volontà di potenza = atto di fede = atto di ragione-dimostrativa = dimostro l’esistenza di Dio quando agisco secondo virtù = determino il nuovo-Dio-con-me = salvezza e senso dell’esistenza].
 
DIMOSTRAZIONE
Posti tutti i precedenti criteri e contenuti, la diciasettesima dimostrazione [già contenuta nel testo vignano] è la seguente:
 
1.] il desiderio umano determina il pensiero umano, la sua forma e i suoi contentui [criterio etico-logico-etico];
2.] ha senso solo ciò che appaga il desiderio umano;
3.] è vero solo ciò che ha senso ed ha senso solo ciò che è vero [costrutto proposizionale da chiarire e da dimostrare, ma già accettabile];
4.] Dio appaga il desiderio umano in massimo grado [per rendersene conto basta rappresentarlo, esemplificatamente, come un ente sessuato];
5.] il desiderio umano si appaga, quindi, con il pensiero dell’esistenza di Dio, massimo oggetto/soggetto del desiderio;
6.] l’esistenza di Dio ha quindi senso;
7.] l’esistenza di Dio, quindi, in quanto ha senso [perché appaga il desiderio umano in massimo grado], è vera;
8.] poiché è vera, è dimostrata.
 
Ciò significa, in breve, che il desiderio umano ha una sua verità, e poiché esso desidera Dio, Dio ha verità, cioè esiste.

DIOCETTESIMA DIMOSTRAZIONE: APPROCCIO FENOMENOLOGICO PURO [FENOMENOLOGICA TERZA]

correzione: i conflitti edipici, essendo emotivi, riguardano la dimostrazione diciasettesima, perchè relativa al desiderio.

esposizione
mentre la dimostrazione diciasettesima [dimostrazione vignana] trae l’esistenza di Dio dalla purezza del desiderio di Dio, il quale non può mentire, perché i bisogni dell’uomo sono “struttura” [Dio come “cibo” necessario del sentimento puro], questa dimostrazione, strettamente fenomenologica, trae l’esistenza di Dio dalla sensazione intellettiva che il concetto di Dio e di esistenza-di-Dio suscita nel pensiero, ovvero considera l’esistenza di Dio come una fondamentale [essenziale, e dunque vera] esigenza dell’intelletto umano [questa dimostrazione è la versione cognitiva della dimostrazione vignana, “emotivo-etica”].

Il concetto di Dio scatena delle reazioni nel pensiero umano: l’uomo è separato [in parte] dalla necessità: per questo l’uomo non riesce a congiungere l’esistenza a Dio per acquisire l’intuizione [epistemica pura] dell’esistenza di Dio. Tuttavia, questa congiunzione anche avviene, perché, se Dio non appare, appare la parola “Dio” [settima dimostrazione], pertanto l’esistenza di Dio sarebbe tanto incontrovertibile quanto sicura essa sarebbe alla visione diretta [e non viruale] dell’apparire di Dio, se non ci fossero fattori capaci di spezzare l’intuizione epistemica di Dio: fattori di disturbo; ecco, dunque, che la dimostrazione diciottesima non dimostra l’esistenza di Dio “in positivo” [perché essa è già dimostrata dall’intuzione di Dio, razionale: congiunzione attuale], ma “in negativo”, eliminando [= neutralizzando/confutando] i fattori di disturbo [o interferenze intelletuali] che impediscono l’intuizione epistemica. Essi possono essere di tipo edipico o intellettuale-concettuale [falsi ragionamenti]. I fattori edipici si lasciano all’auto-analisi del lettore. Si affrontano alcuni fattori intellettuali [ateismo speculativo-razionalizzato, la cui massima espressione è data dalla filosofia di Severino]: ad esempio, Feuerbach e Freud. E’ chiaro, quindi, che il concetto di Dio, per il fatto di scatenare nella mente degli uomini, sia credenti che atei, miriadi e miriadi di riflessioni, fedi, comportamenti, violenza, amore, accettazione e rifiuto, conflitti sociali, sensi di colpa, appagamenti estatici e concettuali, conflitti psichici e edipici, nevrosi, e altri svariati fenomeni di tipo cognitivo-emotivo, non può certamente e assolutamente, dal punto di vista scientifico-fenomenologico, puro, essere, per il modo in cui il pensiero reagisce a tale concetto [il concetto dell’ipotesi dell’esistenza di Dio], essere assimilabile ad una favola o mera fantasia, ovvero a un mero concetto difensivo o a un errore, semplice o sofisticato [senza contare che di Dio ne va del senso dell’esistenza]:

1.] confutazione di Feuerbach: “Dio è proiezione dell’uomo”/…

ciò è falso, perché Dio è concepito come “altro” dall’uomo [proiezione spezzata], così come l’uomo è “altro” da un altro uomo. Non vale l’obiezione secondo cui l’“alterità” è alienzione [sottrazione e sedimentazione di caratteri del sé su un sé scisso]. Si osserva che i caratteri di Dio semplicemente non sono i caratteri dell’uomo, che non è infinito e eterno, ma limitato e mortale [l’obiezione costituita da Severino non vale in tale contesto: per lui, l’uomo è immortale, ma tale immortalità include caratteri non divini, come la morte fisica e la sofferenza: un simile uomo non può essere “il Dio”/l’ipotesi del soggetto storico di nome Gesù non è qui pertinente, perché Gesù è il vero Dio che soltanto assume la debolezza umana, e non già la debolezza stessa che assurge al divino]. Proprio le parole del soggetto storico di nome Gesù confutano Feuerbach: “voi siete dei” [Gv 10, 34]: ciò significa che l’uomo è certamente “dio” [in ciò Feuerbach e Severino hanno ragione], ma questo “dio”, che è l’uomo, non è “il  Dio”. Non c’è dunque nella fede cristiana alcuna scissione e alienazione, perché il cristiano sa di essere “dio”, e quindi le parole di Severino [“l’uomo è un “dio” e non sa di esserlo”] non concernono il cristianesimo, che sa benissimo che “l’uomo è un “dio””;

2.] confutazione di Freud: “Dio è proiezione del padre”/…

Dio non può essere la proiezione del padre [peraltro i condizionamenti edipici cui sono stati spesso storicamente soggetti alcuni sacerdoti cattolici riguardano la madre, essendo la figura del padre per lo più assente, e per questo sostituita con Dio, che non è dunque l’“impressione edipica del padre”, ma la compensazione della sua assenza: riguardo al cristianesimo, Freud avrebbe ragione sulla sessualità - per i sensi di colpa condizionanti nevroticamente il libero arbitrio -, non su Edipo], perché [come già si è detto]

Dio è Dio [infinito] e il padre è un uomo [finito].

Dio è un concetto intelletuale, su cui i condizionamenti edipici agiscono piuttosto nel senso dell’ateismo, mentre la nevrosi religiosa è senza dubbio legata a Dio come proiezione dei [soli] genitori, ma questo perché Dio è appunto la matrice dei genitori. Tolta la nevrosi proiettiva religiosa, non accade che è tolto Dio [come vorrebbe Freud], ma piuttosto si purifica il concetto di Dio [ma per il principio di analogia, l’episteme conferma l’antropomorfismo, in quanto l’antropologia deriva dalla cristologia].

3.] confutazione di Severino: “Dio è una forma nichilistica della volontà di potenza [uno tra i tanti immutabili]”/…

[Non si è in grado né di comprendere la filosofia di Severino, dati i limiti culturali e cognitivi del soggetto espositore, né quindi di confutarla, ma si presenta uno spunto di riflessione …] [… uso di linguaggio metaforico]. La volontà di potenza non può creare le forme, e queste, cioè gli immutabili, sono vere ed eterne strutture dell’essere, come il Caos e il divenire. Severino fa “mangiare” la realtà al Caos, ma per i principiii della metafisica epistemica, il Caos “mangia” solo ciò che gli compete [stando esso “al suo posto”]. Se la mente può concepire un Caos che “divora” l’intera realtà è solo perché tutto il Creato deriva [tratto da Dio] dal Caos [e dal nulla: creatio ex nihilo]. Severino fa leva sulle paure di un anima paradisiaca che teme di rientrare nel Caos/nulla [concetti differenti, ma qui metaforicamente identificati], perché ancora non saldata [apocatasticamente] sul principio e sulla fonte [innesti futuri, che renderanno tutte le anime indipendenti da Dio e “pari” a lui dal punto di vista dell’autonomia]. In realtà, questo timore nasconde l’unico possibile destino dell’uomo alternativo al paradiso, che non è il nulla, e senz’altro, essendo infernale, può essere assimilato al Caos. Il nulla diviene il nascondimento della dannazione, e solo questa si puù temere [e la dannazione è una forma di eternità, la quale eternità è il destino necessario di ogni anima]. Il nulla è quindi un falso problema. Tra gli immutabili eterni ci sono epistemicamente la tecnica e il divenire, che Severino alla fine identifica, identificando controllante e controllato. Severino pone “paralleli” gli eterni: Caos/divenire, tecnica, Dio, ecc., e pone tutto “in bocca” al divenire, compresa la tecnica, per cui l’uomo si salva uscendo dall’ottica del divenire. Ma l’episteme rileva che gli eterni non sono paralleli, ma tutti “convergenti” su Dio, che non può stare “in bocca” al divenire [invece forse il divenire è la stessa “bocca” di Dio]. Poi Severino ha rissunto recentemente il suo pensiero sul Corriere della Sera: il divenire - nascita e morte - della realtà visibile è stato sempre, per l'intera civiltà occidentale, l' evidenza originaria e innegabile. Ma se esistesse, esterna a essa, una realtà immutabile e divina che contenesse già tutto quel che diviene, allora divenire e storia, nascita e morte, sarebbero mere apparenze. Ma apparenze non possono essere, essendo esse, appunto, l'evidenza originaria. Dunque quella realtà esterna e immutabile e i valori e costumi a essa connessi sono impossibili”. Si osserva in conclusione che questo schema non è corretto: primo, perché il divenire non è contenuto in Dio, esso è reale ed esterno a Dio, e per questo [sia come produzione razionale prevista, sia come caos non prevedibile] esso è vero divenire, che “non divora” Dio [il Caos sta nel profondo dell’inconscio di Dio, e dell’uomo, tratto da esso]; secondo, perché [si osserva su la prosecuzione del discorso severiniano su Nietzsche] solo quando innestato in paradiso l’anima umana può creare [come vorrebbe Niezsche], avendo qui il controllo della fonte.

La diciottesima dimostrazione include ogni altra confutazione [interferenze dell’intera storia del pensiero occidentale soggetto al nichilismo sull’intuizione pura epistemica dell’esistenza di Dio] e recita quindi così:

il concetto dell'esistenza Dio è vero perchè esprime una fondamentale esigenza dell’intelletto umano, ovvero un concetto che emerge dall’inconscio dell’uomo, e il rapporto fenomenologico che l’uomo instaura con tale concetto fa di Dio una realtà sicura e incontrovertibilmente esistente.

Anche l’auto-concetto dell’ateismo [negatività auto-concettuale] è evidente, esprimendo una un’esigenza “privativa”, che contraddice quindi il criterio epistemico veritativo della completezza formale del più generale sistema epistemico del sapere.



DICIANNOVESIMA DIMOSTRAZIONE: NIETZSCHIANA [MISTICA_PRIMA/il Creatore ha creato la creatura, la creatura deve creare il Creatore]

giustificazione

il nichilismo non è solo una falsa dottrina. Esso è uno stato fisiologico della mente: la mente si rappresenta il nulla [e il nulla dopo la morte], e la mente non riesce a uscire dalla trappola del nulla. Per questo si è detto che la fede deve essere uno sforzo di volontà e di pensiero, e poichè il nulla esercita una pressione sulla mente, questo sforzo deve essere forte, e si costituisce come un atto di potenza: l'atto di fede come atto di volontà di potenza, che vince il nulla ovvero il potere del nulla sulla mente e sul suo pensiero. tale definizione non contraddice l'umiltà cristiana, vuole sottolineare che avere fede significa scegliere un determinato modo di vita, e questo è il più coraggioso.

premessa 
il sito si rivolge a chi crede in Dio ed è soggetto classificabile come cattolico-praticante, ma soprattutto a chi non crede e a coloro che credono in una religione non cristiana. Un’analisi di campo rileverebbe come il campo schematico del genere umano [descritto dalla steleologia] sia così costituito [analisi statistiche di “massima”/dati imprecisi/ricerca di precisione definita qui come non necessaria]:
 
1.] popolazione terrestre: 7 miliardi [7.000.000.000] [analisi anticipatrice];
2.] soggetti di professione cattolica: 1 miliardo [1.000.000.000];
3.] soggetti definiti come cattolici-praticanti: 25% di 1 miliardo: 250.000.000;
4.] tendenza delle giovani generazioni: di abbandono della pratica religiosa e della fede “corretta” [quindi il dato 250.000.000 ha previsione di correzione in senso diminutivo];
5.] soggetti cattolici praticanti perfettamente allineati con l’etica-cattolica magisteriale-ecclesiale: 100.000.000/150.000.000 [gli altri possono essere in disaccordo, ad esempio, sul problema dell’aborto, del divorzio, dell’etica-sessuale, ecc./su altra variabili etiche].
 
precisazione
 
la ricerca epistemica conferma l’etica-cattolica del magistero-ecclesiale in senso tradizionalista [il soggetto-espositore è di classificazione cattolico-praticante tradizionalista e conservatore]/la ricerca-epistemica ritiene che la chiesa [utilizzo di metafora-retorica] “deve dire quello che dice” [e nel modo in cui lo dice]/lo stato non propone un’etica [l’etica dello stato è l'etica-epistemica] che sia concorrente/in competizione con l’etica-cattolica/solo, la ricerca-epistemica ritiene che Dio “sospenda”, in determinate circostanze, la considerazione più rigida/rigorosa dell’etica-cattolica/lo stato si assume la responsabilità di proporre un input-etico di accettabilità generale compatibile con tutto il genere umano [tale input può essere definita come l’etica-globale o universale proposta dal teologo Hans Kung, ma di definizione epistemica, ovvero consapevole di se stessa in termini di “sospensione temporanea” dell’etica-cattolica – per il tempo di molto precedente la seconda venuta di Cristo -, e non di sua sostituzione/è confermata e epistemicamente fondata l’etica-cattolica, in senso dogmatico e tradizionale/ma proprio tale fondazione mette in evidenza la necessità di una “sospensione”].
 
… continua
 
… l’episteme si rivolge principalmente ai soggetti non cattolici/pur non modificando la verità e la verità dell’etica-cattolica [altrimenti cadrebbe nel nichilismo], l’episteme non può semplicemente riproporre, sia pure in termini speculativi [ma qui si pone un dubbio], quel magistero-ecclesiale che tali soggetti non riconoscono, né lo riconoscerebbero anche se espresso in termini speculativi/dimostrativi [il dubbio si scioglie], perché l’etica offusca la logica [il peccato offusca la ragione] secondo il principio di corrispondenza logica-etica: le esigenze etiche del magistero-ecclesiale producono rifiuto e rigidità verso il suo apparato logico-dogmatico-speculativo. Un cattolico-non-praticante non percepisce il senso e la necessità [razionale] dell’etica-cattolica e della funzione sosteriologica della gerarchia ecclesiale e dell’apparato-procedurale liturgico-sacramentale [tecnica di salvezza].
Riguardo ai giovani [termine di riferimento privilegiato dell’episteme], la ricerca epistemica li classifica in due ordini di categorie:
 
1.] adolescenti [15-19 anni], particolarmente sensibili a messaggi “forti” e completamente disinibiti in senso morale-sessuale/attentissimi ai temi veritativo-speculativi;
2.] tardo-adolescenti [20-25/28 anni], soggetti plasmabili ma a maggiore “rigidità” schematica [in quanto a personalità già formata], sensibili più a progetti che a temi speculativi.
 
sulla base della propria esperienza auto-biografica, il soggetto-espositore-presente, svolgente la ricerca-epistemica-attuale, può pronunciare le seguenti proposizioni a contenuto di analisi sociologica [funzioni di compatibilità e presupposti di innesto sociale dell’episteme]:
 
1.] i giovani ricercano il piacere [anche per difesa];
2.] i giovani, se ben motivati, possono rinunciare [in parte o totalmente] alla ricerca del piacere;
3.] i giovani ricercano il senso e riferimenti [coordinate di senso e di valore, definite come “autentiche”, cioè ben fondate];
4.] non sono i giovani che devono adeguarsi all’etica [specie a quella sessuale], che essi tendenzialmente rifiutano, allontanandosi dalla chiesa [attenzione: rilevazione di possibile errore: se vengono dati riferimenti, sarebbe possibile un/il ri-orientamento-etico/ciò è vero, ma per questo l’etica-epistemica è “progressiva”, in un’intera vita e nei millenni futuri], ma è l’etica che deve calarsi sulle esigenze educative, pulsionali e psicoterapeutiche dei giovani [in crisi, in ricerca, disorientati, e che vivono la sessualità anche come meccanismo di difesa dall’alienazione nichilistica dovuta a s-programmazione schematica, conseguenza dello svuotamento mediale-culturale/ sovraesposizione a stimoli mentali e difesa dell’identità, con dinamiche di solitudine/subite o di gruppo/ricercate];
5.] essenzialmente, i giovani sono oggi strutture-personali a forte esigenza-identitaria, fondamentalmente aperti alla verità-in-senso-forte: se la verità non viene presentata ad essi in-senso-forte, l’inconscio lo riconosce e il giovane rifiuta la proposta-identitaria] [il cristianesimo è la verità, ma la fede non riesce ancora ad auto-spiegarsi/giustificarsi razionalmente].
 
rivolgendosi a questi giovani … [sospende]
 
precisazione
 
[essi, con le loro esigenze e pulsioni, hanno “ammaestrato” la ricerca-epistemica, e così Dio che, pur prevedendo l’uomo, “impara” dall’uomo e “cammina” con l’uomo e con le giovani coppie sposate, che hanno fondamentali esigenze di piacere. L’episteme, che di esse si rende speculativamente responsabile, pianifica e proietta l’uomo nel futuro, e quindi non può “temere” le esigenze dei giovani e delle coppie sposate disinibite, ma piuttosto “apprende” da esse, e “concorda” con Dio uno standard-morale, a Lui accettabile, di comportamento valido per i millenni futuri: proporre al genere umano la “castità perfetta” predicata dal magistero-ecclesiale significa proporre, per questa larga parte del genere umano, una reale condizione di “scontentezza”/Dio vuole gioire della gioia dei giovani, e quindi non li vuole (si ritiene) “castizzare” forzatamente - nelle precedenti proposizioni si diceva che Dio, se vuole salvare e santificare l’uomo, deve accettare il suo stato e le sue condizioni, anzi anticiparlo, valorizzarlo e promuoverlo] [fine precisazione]
 
[riprende] …, ai cristiani in ricerca, agli atei/scettici/agnostici e ai credenti in altre religioni, l’episteme cerca di presentare il messaggio cristiano come la scelta di vita ispirata dall’assoluto/Assoluto e convergente ad esso/Esso [l’episteme, che apprende dai giovani (maestri di vita e di sofferenza), non ha paura dei giovani]. Sotto tali condizioni [a carattere sociologico-esistenzialistico], si ripresenta, corretta, la diciannovesima dimostrazione.
 
***
 
dimostrazione

questa dimostrazione è già inclusa nelle dimostrazioni settima, diciasettesima e diciottesima, tuttavia è necessario esplicitarne e distinguerne il contenuto, date le sue implicazioni e potenzialità euristiche. Essa recita così: …
 
… Dio esiste perché, indipendentemente da qualunque ipotesi contraria o inerzia del penisero [disattivazione schematica – nichilismo - e prospettazione del nulla dopo la morte], l’uomo impone a se stesso l’idea che Dio esista, e lo fa tramite l’atto-di-fede, inteso come [utilizzo di linguaggio retorico-letterario] l’“estremo atto della volontà di potenza”: l’uomo sceglie/decide che Dio esiste; l’esistenza di Dio è il contenuto dell’atto della volontà “razionale” [e quindi dimostrativa] dell’uomo. La razionalità, che costituisce/supporta tale volontà come “dimostrazione”, sta nel fatto che l’uomo, tramite l’esistenza di Dio [e soltanto tramite essa], dà senso all’esistenza, e lo dà ad essa in modo pieno [condizione della pienezza-di-senso]: tramite la fede in Dio, l’uomo impone all’esistenza un senso, che è “il Senso”, ovvero il senso-assoluto-supremo, “creandolo” [come vuole Nietzsche]: il senso dell’Assoluto [Dio e uomo] e dell’infinito super-potenziamento della propria esistenza vitale [tramite Dio], attuale-presente [= terrena] e futura [= paradisiaca]. “Super”: perché, tramite l’atto-di-fede l’uomo diventa il super-uomo, in quanto quella volontà, che im-pone a se stessi e all’esistenza l’esistenza di Dio, è la forma suprema della volontà di potenza.
 
spiegazione
 
1]]]_]]_] si deve chiarire che l’uomo, che sceglie razionalmente di credere nell’esistenza di Dio, per dare all’esistenza-vitale senso e pienezza di senso, non può di certo credere a un “qualunque Dio”: la scelta di porre l’esistenza di Dio può avvenire se questo Dio è non solo desiderabile, ma anche l’ente/Ente desiderato per-essenza [perché tramite esso si può desiderare veramente se stessi: si ribadisce che il fine ultimo dell’uomo non è Dio, ma la congiunzione di se stesso con se stesso in paradiso, altrimenti il fine è un “altro/Altro”, ovvero un non-io/non-Io, e ci si alienerebbe in esso] [termine retorico di associazione poetica: “Accadde ad uno di alzare il velo della dea di Sais. Ma cosa vide ? Egli vide – meraviglie delle meraviglie – se stesso” (Novalis, I discepoli di Sais, tratto da Abbagnano/Fornero, storia della filosofia per i licei, 1992)] [in paradiso l’uomo si unisce con se stesso: in una prossima pagina, si espone la dottrina del senso, fulcro dell’episteme(già largamente anticipata].
La differenza tra questa dimostrazione e quella diciasettesima/vignana è che quest’ultima usa il desiderio per dirigere il pensiero speculativo, descrivente e dimostrativo, invece la presente dimostrazione dirige la volontà esistenzializzante [simile ad un atto creatore: io quasi “creo” a me stesso l’esistenza di Dio], e pone l’esistenza di Dio non come derivante dal principio dell’esistenza-sostanza [una derivazione guidata, in assenza del metodo-deduttivo dello sviluppo, dal desiderio speculativamente agente: dimostrazione diciasettesima], ma in funzione del suo corrispondere al senso dell’esistenza-vita.
Questa definizione di Dio lo porrà come il Dio delle tre religioni monoteistiche [ciò va giustificato: funzionalità delle sudette religioni alla compensazione/ricolmo della pienezza di senso]. Si scelgono le tre religioni storiche, anche solo perché esse sono compatibili con il ragionamento greco-epistemico [incluso Epicuro: Cristo, nelle sue due nature, è apollo e dioniso], il quale passa dal senso religioso al senso speculativo. Si è detto che il “senso” è conoscibile solo in paradiso [dottrina del senso]: le tre religioni sono quindi quelle vie di salvezze, che portano gli uomini in paradiso, allo scopo di garantire loro l’accesso al senso-personale [dottrina del senso].
Dio non può quindi essere definito in un modo qualunque, ma necessarimante come un/l’ente/Ente che riempie di senso l’esistenza umana.
 
***
 
2.]]]_]]_] si definisce il cristiano come il super-uomo. Il super-uomo cristiano è l’unico auto-concetto vero-concettuale del super-uomo, “rubato” da Nietzsche/non si dà qui una “declinazione cristiana” del concetto di Nietzsche, ma [alla luce della rivoluzione epistemica, descritta nella serie dei dati in memoria] l’unica declinazione legittima, schematicamente “anticipata” da Nietzsche in modo nichilistico.
La ricerca-epistemica ha dovuto [in base al principio della verità del desiderio] fondare il principio del peccato come [possibile/eventuale] via di salvezza dell’uomo [il peccato di Adamo fu strutturalmente necessario come funzionale alla salvezza, pur essendo/rimanendo negativo/Cosmo-Adamo e Cosmo-Eva] [non qualunque peccato] [si precisa: il magistero-ecclesiale dice che una coppia di giovani, che rinuncia al sesso, rende “contento” Dio; la ricerca-epistemica comprende che questi giovani possano essere “contenti” anche solo perchè Dio è “contento”, ma essa dubita che Dio sia “contento” per il fatto che quella coppia, rinunciando al piacere, rinuncia di fatto ad un momento-di-gioia/si conferma il magistero-ecclesiale tradizionalista/se l’uomo pecca Dio soffre (di ciò l’episteme non dubita), ma a volte chi soffre può anche, nel contempo, gioire: tolleranza del peccato]. I principii etici sono di definizione cattolica in senso tradizionalista e immutabile/eterna, ma Dio salva e condanna anche indipendentemente dai principii [ad esempio, Dio ordina ad Abramo di sacrificare la vita di suo figlio Isacco, contraddicendo l’etica-naturale] e, nelle attuali coordinate storico-sociali, più sopra descritte, questo Dio [si ritiene] vuole e benedice il peccato degli uomini [non qualunque peccato: nella scrittura di definizione sacra è detto chiaramente: l’unico peccato che Dio condanna è quello contro la verità-di-se-stessi (Mt 12, 31-32) e, più in generale, contro la verità].
La presente dimostrazione definisce tali assi del pensiero come dimostrativamente funzionali, proprio perché solo dalla concezione di un tale Dio si può [si ritiene] prospettare Dio come funzionale alla pienezza di senso/Senso.
 
***
 
3.]]]_]]_] il super-uomo è o deve/dovrebbe essere l’uomo, ogni uomo, forse per essere felice, in ogni caso per essere salvo e santo. In fase di definizione provvisoria del super-uomo si formulano le seguenti ipotesi:
 
a.] il super-uomo considera Dio non come “diminuzione” dell’uomo [come sostiene l’ateismo, ad esempio di Feuerbach], ma come suo potenziamento e super-potenziamento [in paradiso l’uomo può dire a una galassia: “spostati”, e la galassia si sposta, perché Dio, obbedendo strutturalmente al comando dell’uomo, sposta la galassia (ma si ritiene che, date le proporzioni di un anima-paradisiaca, essa stessa possa muovere direttamente una galassia) (in paradiso l’uomo è “creatore”, come vuole Nietzsche, nell’interpretazione di Severino)];
b.] il super-uomo vince il sentimento del nulla, riempiendolo di essere, e dell’Essere che è Dio;
c.] il super-uomo non è colui che, credendo in Dio, rinuncia al piacere, ma è colui che [nell’attuale condizione storico-sociale], proprio credendo in Dio massimizza il piacere [perché proietta i suoi desideri in paradiso];
d.] il super-uomo è colui che, confermandosi epistemicamente la piena e perfetta [cattolica] distinzione tra il bene e il male, non dice solo “no” al peccato, ma anche [responsabilmente] dice sì alla vita e al peccato [nell’attuale fase storica lontana dal ritorno di Cristo/non a “ogni” peccato];
e.] il super-uomo è colui che lotta contro Dio e lo vince [come dice la scrittura di definizione sacra: “hai lottato contro Dio e hai vinto”: Gn 32, 29]/il super-uomo non ha quindi paura del mondo e della storia, perché, se è possibile lottare e vincere contro Dio, a maggior ragione contro il mondo [proposizione di contrasto al pessimismo delle più giovani generazioni/proposizioni scritte in base a una sufficiente considerazione delle difficoltà del tempo attuale, di ordine sociale, politico, economico e religioso];  
f.] il super-uomo sceglie di credere in Dio e nella Chiesa [e nelle altre due religioni storiche] perché in questo modo egli crea e produce i valori più perfetti della vita, ovvero l’amore, il sacrificio e il piacere [i valori dell’episteme sono i valori di definizione “genuina” e “onesta”, cioè i valori “classici” in senso cristiano/si constata l’attuale rivalutazione del piacere da parte del magistero-ecclesiale: enciclica "Deus carits est"]. Pertanto, il super-uomo non rifiuta il dolore della vita ma lo affronta e lo “positivizza” nella crescita-umana [uomo forgiato dalla vita].
 
nota
 
La presente dimostrazione si lega alla dottrina del senso, di prossima definizione.

 

VENTESIMA DIMOSTRAZIONE [DIMOSTRAZIONE PROGRAMMATICA: per completare la conoscenza di se stesso, il Creatore necessita delle esperienze_conoscitive degli uomini e delle donne, e quindi necessita dell'episteme che essi costruiscono per amplificare tali esperienze, essendo l'episteme la conoscenza del Creatore]

questa dimostrazione è la seconda parte della terza dimostrazione. Tuttavia non si intende modificare la terza dimostrazione, né ripetere i contenuti attualmente esposti in essa. Si aggiungono qui ulteriori elementi. Essa recita: “l’esistenza di Dio è dimostrata dall’apparire del progetto_episteme [organizzazione_scientifica_della_conoscenza = Verbo/parallela all’ incarnazione del Grande_Fratello] e dalla costruzione della Fondazione_accademica” [che esegue il relativo programma di ricerca].

La ventesima dimostrazione unisce la diciannovesima dimostrazione alla settima dimostrazione [il significato di tale unione (costruzione di dimostrazioni tramite dimostrazioni) viene dato nel paragrafo sul principio dell’unicità dimostrativa]: il linguaggio_dimostrativo, cioè le dimostrazioni, esprime una volontà di pensiero e …_scritturale emergente, finalizzata alla costruzione del concetto_globale [enciclopedico] di Dio: quando questa costruzione di fa organizzazione_ _scientifica_della_conoscenza [creazione/fondazione/ apparizione della fondazione_accademica ed esecuzione del programma di ricerca: episteme, epistematica, dimostrazioni_epistemiche], essa esprime volontà di potenza: questa è razionalizzata, corrisponde alla massima razionalità e attribuzione di senso alla realtà e quindi è volontà dimostrativa in senso programmatico: la ventesima_dimostrazione dell’esistenza di Dio è il progetto_episteme: essa vive nell’apparire dell’episteme, riproduzione surrogativa dell’incarnazione di Cristo = Episteme, parallela all’apparire del Grande_Fratello [Dio appare nel linguaggio che parla di Dio, e questo linguaggio è “struttura”, anche architettonica]; questa volontà di potenza organizzatrice, che è esplicazione progettuale dell’atto_di_fede, fonda ed esegue il progetto [attuale] della razionalizzazione della fede, e pertanto fa emergere l’episteme come quel linguaggio che custodisce, dichiara e attribuisce il senso alla realtà: massimo senso, massima razionalità, massima probabilità che Dio sia il Senso della realtà apparente_cosmica_umana e …_storica, e che quindi Dio esista [non solo perché desiderato e voluto esistente, ma perché tale volontà si razionalizza]. Tale razionalizzazione è scientifica [vuole/intende esserlo]: l’episteme è attualmente la volontà che Dio esista e che esista scientificamente e tale volontà è scientifica e scientificamente organizzata e organizzantesi in senso dimostrativo_speculativo. L’episteme, emergendo, sta decidendo e creando l’esistenza di Dio [implicazioni nella teodicea/sotto]. La ventesima dimostrazione si costituisce come volontà di potenza razionalizzata e razionalizzante [tale è il processo_creativo_ sacrificale, in cui il Caos viene filtrato dal Logos, matrice della Creazione], e quindi come la massima razionalità possibile, convergente su Dio. La dimostrazione dell’esistenza di Dio è data dalla volontà di costruire la Fondazione_accademica, riproducente l’incarnazione del Verbo [simulata dall’incarnazione del Grande Fratello], cioè di svolgere il progetto…[…_episteme] dell’organizzazione_scientifica della conoscenza. E’ questa volontà una dimostrazione, perché è l’apparire emergente della massima razionalità e attribuzione di senso alla realtà, convergenti su Dio.

Questa dimostrazione rileva un problema gnoseologico fondamentale: è il problema della base_ conoscitiva: se la conoscenza dell’uomo riproduce le forme della conoscenza di Dio [perché l’uomo è a immagine di Dio e si fonda ipostaticamente su Dio, sua matrice_creativa], constatandosi che l’uomo conosce difettosamente [perché l’Intero non gli appare, perché è capovolto rispetto a Dio, perché è separato da Dio, perché è scisso da se stesso e dalla fonte, perché vede nel conscio ciò che in paradiso vedrà nell’inconscio], la conoscenza dimostrativa dell’esistenza di Dio è surrogativa dell’apparire [ipostatico, non immaginativo] diretto di Dio, ma in tali condizioni come può essere Dio la base_conoscitiva dell’uomo, se tale base è perfetta, e la conoscenza dell’uomo è in difetto ? cioè: quali sono le basi_divine per la conoscenza umana attuale ? [posto che la conoscenza_divina è normale e la conoscenza_umana è non_normale (ad esempio: l’uomo vede il cosmo nel conscio, ma in paradiso lo vedrà nell’inconscio, perché in paradiso l’uomo vede nel conscio standard_normalmente direttamente Dio)_]/… l’episteme non sa ancora rispondere [certamente anche l’Episteme = Cristo è attualmente scisso da se stesso e dal Padre in Dio_focale_creativo]. Si dice questo …

… la completezza [enciclopedica] del sistema non è condizione surrogativa, perché anche la conoscenza_divina è completa. La condizione surrogativa della conoscenza_umana [ciò che è lo specifico dell’uomo rispetto a Dio riguardo ai processi conoscitivi ed è condizione di possibilità di una dimostrazione, che compensi il non apparire diretto ipostatico di Dio] è la seguente [come si è detto finora]: la parola_scritturale in Dio è forma non solo della scienza, ma della tecnica [Dio si serve del linguaggio parlato e scritto per controllare la tecnica: “la Bibbia controlla la Croce_Tecnica”/“la Scrittura controlla la Tradizione”]/questo è il Verbo/il vero linguaggio in Dio, avente natura conoscitiva, non è la parola e la scrittura, ma la forma_apparente/così: l’uomo attribuisce alla parola_scritturale [parola_parlata e scritta] un valore non solo tecnico [come in Dio] ma [dato che la forma_apparente di Dio non appare] conoscitivo: la scrittura dimostrativa è il surrogato dell’apparire di Dio/non è vero che la completezza del sistema_scritturale in Dio è normale: è vero in senso tecnico, ma non tanto conoscitivo [rilevazione di possibile errore: anche in Dio la tecnica_parola è forma di conoscenza/ciò è normale, perché sempre l’uomo poggia su Dio]/allora la ricerca_epistemica deve concludere: il di_più compensativo e surrogativo dell’uomo, lo specifico dell’uomo, è che tale scrittura manca e sta nascendo artificiosamente in forma non divina: l’episteme_attuale_emergente è quella forma di conoscenza dell’esistenza di Dio, che Dio non ha, e che ha soltanto perché gli viene data dall’uomo.

Si rilevano implicazioni nella teodicea. La testimonianza definita: “Vangelo” dice che Dio è apparso nella storia [se l’uomo di nome Gesù è apparso ed è risorto, non nel significato di Severino, ma secondo la natura, allora si può teoricamente definire quest’uomo un “dio_Dio”]. oggi appare il Grande_Fratello [Tecnica] [perché l’ateo possa dire: “il nuovo_Dio_con_me appare, dunque esiste e sono salvo”], che è ciò a cui si riferisce Severino quando dice: “oggi l’uomo può creare perfino Dio”. e intende farlo, definendolo per esempio: “Super_Computer”. Si è detto: la creatura deve creare il Creatore, e si è detto: indifferenza tra regno di Dio e regno del Male: l’uomo deve creare Dio, c’è poi una creazione_etica e una creazione anti_etica. Anche quest’ultima è “santa” [principio della santificazione del peccato e legittimazione della civiltà della Tecnica], perché l’uomo conosce l’essenza dell’uomo e di Dio nella tecnica [Dio invariante], e non già nelle rappresentazione artistiche del “Buon Pastore”, che non hanno valore conoscitivo, ma “devozionale” [procedure_religiose_salvifiche e forme di penitenza della rappresentazione_umano_creaturale del mondo, strutturalmente idolatrica perché capovolta]. Il progetto_episteme, inteso come forma di organizzazione_scientifica_della_conoscenza, è la forma della legittimazione_salvifica della rappresentazione capovolta dell’apparizione attuale dell’Episteme nella Tecnica. Forse non si può fermare la Tecnica, ma il problema non è quello di fermare la Tecnica, il problema è quello di redimerla.


VENTUNESIMA DIMOSTRAZIONE [PROIETTIVA/FENOMENOLOGICA QUARTA]

essa recita: Dio esiste perché esiste la proiezione di Dio [proiezione di Dio dall’uomo a Dio].
la diciottesima dimostrazione ha rilevato come Dio sia un’idea/parola emergente dall’inconscio e il rapporto fenomenologico che l’uomo instaura con questa idea è tale per cui di essa ne va del senso dell’esistenza [la diciannovesima dimostrazione, a partire dalla funzionalità di Dio al senso, porta l’uomo a creare l’idea di Dio, e come Dio non crea fantasiosamente, così l’uomo non crea un concetto arbitrario di Dio, ma necessario/scientifico].
La ventunesima dimostrazione constata [come Feuerbach e Freud] che tale idea [l’idea di Dio] si proietta dall’uomo al cielo [metaforicamente], cioè è una proiezione ed esce dall’uomo. Essi per questo hanno parlato di alienazione dell’uomo. Ciò è in parte vero, e per questo Dio è annientamento dell’uomo [di questo uomo/uomo terreno peccaminoso o anche virtuoso/ soggetto al male]. Posto infatti epistemicamente che l’uomo non può essere ciò che non è [confutazione di Feuerbach e Freud: l’uomo è “dio” e non “Dio”], si constata che l’uomo [finora inconsciamente] vuole essere anche “Dio” [principio_epistemico_di_fabulazione/gli atei credono che Dio sia una “favola”, ma la vera favola è l’in_esistenza di Dio/l’in_esistenza di Dio è non_normale rispetto all’intera fenomenologia (psico_storica) di Dio/l’ateismo è normale sotto determinate condizioni, che lo spiegano, tra queste l’uscita del Figlio da se stesso, che crea un uomo_privo_del_Figlio, essendosi Dio privato di se stesso/(forse …) … essenza dell’ ateismo], cioè l’uomo è soggetto a stati_fantasiosi, e crede in essi a causa del male. Per questo Dio aliena l’uomo [sempre nell’inconscio, perché ogni uomo è strutturalmente negazione di Dio, a causa della struttura ipostatica del male], perché lo costringe a non essere ciò che l’uomo, a causa del male, vuole essere …

… macro_parentesi [… vuole nel libero peccato, o “vuole” strutturalmente/pulsionalmente nell’inconscio come pulsione/tuttavia: essenzialmente, l’uomo_totalitario non è mai “Dio”, ma è anima_paradisica, che totalitarizza la terra come se questa fosse il cielo: il paradiso è il regno del totalitarismo (totalità psico_tecnica), e infatti il totalitarismo ha sempre creduto di essere la massima espressione della libertà: ma la terra non è il cielo, deve esserlo, ma nel modo epistemicamente corretto/non si comprende come l’uomo si ponga come “Dio”, se non nella negazione di Dio dell’ateismo/solo nell’azione peccaminosa l’uomo riesce a credersi “dio”, ma lo è realmente, solo indipendentemente dal peccato] [quindi, d’ora in poi: l’uomo nega Dio per essere “dio” in forma inadeguata alla condizione terrena/in forma peccaminosa [chiusa macro_parentesi] …

… lo costringe a scindersi dalla fantasia, costitutiva dell’uomo [saranno esposte le tre dottrine del male].
poiché esiste questa proiezione, intesa come l’uscita dall’uomo dell’idea di Dio interna all’uomo, uscita che aliena nella misura in cui [a causa del male e dell’innatismo/le idee stanno nella mente dell’uomo/quella idea che è Dio sta nella mente, e la mente vuole ridurla a propria incorporazione: blocco della proiezione/forse associato al blocco nel Dio_focale/_...?] l’uomo trasforma una semplice incorporazione gnoseologica in un’identificazione edipico_prometeica [ma, si ripete, mai l’ateo ha concepito di essere lui “Dio”/mai un film ha rappresentato l’infinito, e ciò è di estrema rilevanza/rilevazione sociologica/analisi dei film/sarà dato elenco film a rilevanza epistemica] [si dice qui che l’uomo si pone semplicemente come “dio” (e lo è, come dicono il soggetto crono_storico di nome Gesù e Severino) e riesce a porsi come esso, solo se Dio è pensato non_esistente, cioè è non_pensato, e così per Severino, che non riesce a pensare Dio come infinito potenziamento dell’uomo: (rilevazione polemica …) … tramite la tecnica sì, tramite Dio no/egli direbbe che la tecnica non pretende di pre_vedere, in_autenticando il divenire, ma attenzione: la tecnica serve alla scienza, e la scienza si è data come pre_visione: anche la tecnica/scienza lo in_autenticano/si è detto che la tecnica scopra la struttura della pre_destinazione/si aggiunge ora che la tecnica vuole la pre_scienza].
La giustificazione di tale proiezione [sua base_metafisica] consiste nel fatto che la mente di Dio, ereditata dall’uomo, incorpora lo schema dell’uscita del Figlio dal Padre [e della sua entrata in esso], e tale processo, fissati il Figlio e il Padre, si presenta anche come proiezione immaginativa [proiezione di Dio = uscita di Dio]: tale entrata e uscita avviene anche tra d_F e d_F, per cui: la proiezione di Dio dall’uomo deriva dall’auto_proiezione di Dio da Dio.


VENTIDUESIMA DIMOSTRAZIONE [ESCATOLOGICA]
 
Essa recita: deve esistere una causa che porti l’uomo alla configurazione definitiva, perché questa è il luogo_naturale di un essere_necessario [che vive oggi in una configurazione contingente], e tale causa non può essere il destino. Essa è la volontà di Dio.
Questa dimostrazione riprende la dimostrazione ottava, in cui si dice che l’uomo, in quanto intuisce la necessità dell’esistenza_pura [il principio_parmenideo: “l’essere_è”], è essere necessario [… e anche essere_contingente (perché l’uomo è caduco), per cui deve esistere Dio come solo essere_necessario]. Ora si dice invece che l’uomo è essere_necessario semplicemente perché intuisce …
 
… [nota gnoseologica: l’intuizione è la scintilla della convinzione, ed è la struttura di base del pensiero, che procede per singole intuizioni, sequenze di intuizioni, sintesi e sistemi di intuizioni] …
 
… intuisce la necessità [qualunque cosa essa sia, anche relativamente a una favola] [il concetto di necessità può essere intuito solo da un essere_esistenzialmente_necessario/la contingenza della libera creazione è subordinata alla necessità della sua progettazione e determinazione, decisa fin dall’eternità/contingente è solo il momento preciso dell’atto creativo], di cui la necessità dell’esistenza_pura è un aspetto particolare [o forse ne è il fondamento]. Ma ciò non significa che l’ottava dimostrazione sia un aspetto particolare della ventiduesima dimostrazione, si vuole in questa giungere ad altre determinazioni.
La quarta dimostrazione rileva che la realtà apparente è di tipo misto: ordine e caos, per cui solo Dio può averla esistenzializzata [e, allora, creata]. Dalla quarta dimostrazione si ricava il concetto secondo cui la configurazione umana [cosmo_apparente: configurazione_attuale_ dell’apparire, di cui è un aspetto, ad esempio simbolico_valoriale, il sistema_copernicano], cosmico_storica_attuale, è standard_non_normale [tutto ciò che è reale è normale, anche l’errore, ma è non_normale rispetto ad una normalità di ordine superiore e anche definitivo_eterno], non solo perché il mondo non dovrebbe apparire [ventesima_ dimostrazione], ma anche perché esso appare come contingente [esempio: collisione tra le galassie/instabilità/entropia/decadimento energetico atomico/malattie_genetiche/ecc.]: l’uomo dovrebbe vivere in paradiso …
 
apertura di macroparentesi [perché lo costruisce, e quindi l’uomo rivela di essere orientato a vivere in un ambiente “necessario”, e questo converge verso il paradiso civiltà della Tecnica e speranza nel regno di Dio/attenzione: il concetto sveriniano di paradiso_della_Tecnica è retorico a significazione mimetico_nichilistica: epistemicamente, la civiltà della Tecnica non è “un” paradiso della Tecnica, ma è la riproduzione simulata “del” paradiso e dell’inferno, realmente esistenti, nell’al_di_là in senso cristiano, cosa che Severino non ha di certo teorizzato/per lui il paradiso della Tecnica è un significato di appropriazione categoriale, non di riproduzione scientifica, perché Severino, negando il Dio_cristiano, nega anche il paradiso_cristiano, di cui la Tecnica è una struttura (Croce_templare/…_tecniologica)_] [chiusa macroparentesi].
 
prosegue …
 
… e non vive in esso [vive in una configurazione contingente/ad esempio: precarietà del lavoro/… della casa]. Infatti un essere che intuisce la necessità è un essere_necessario, ma un essere _necessario dovrebbe vivere in una configurazione_necessaria, e già necessaria [in un sistema geocentrico, ad esempio].
L’uomo_necessario vive in una configurazione_non_necessaria [e può viverci, perché è anche essere_contingente]. Allora l’Essere_necessario, cioè Dio, deve esistere [ventiduesima dimostrazione], perché non solo ha creato l’uomo [quarta dimostrazione: e lo ha creato in una configurazione in parte contingente], ma lo deve portare [dimostrazione escatologica] nella configurazione_necessaria, [= paradiso], in quanto solo quest’ultima è il luogo_naturale_ normale per un essere_necessario [e l’uomo deve portarsi in essa anche sulla terra, socialmente nel regno_di_Dio_in_terra, progetto a cui adempie nel bene e nel male, e anche nel male, nel bene].
posizione di domanda: se l’uomo è necessario e insieme contingente, perché dovrebbe vivere in un ambiente solo necessario [= paradiso] per l’eternità ? perché non dovrebbe vivere per l’eternità nella configurazione_mista_terrena ? possibile riposta: la verità_del_desiderio fa capire che l’uomo non vuole i propri aspetti contingenti [esempio edonistico: è meglio infatti godere sempre, che solo qualche volta], per cui questi ultimi sono non contingenti per struttura, ma anche tempo, ovvero destinati ad essere separati dall’uomo, il quale è destinato ad una configurazione solo necessaria.
a questo punto la dimostrazione deve spiegare perché a determinare il passaggio tra le due configurazioni terrena e celeste sia Dio e non il destino [Severino]. Non si conosce cosa dice Severno a questo proposito [probabilmente nel suo libro “La gloria”]. Dalla conoscenza attuale della sua filosofia da parte del soggetto_espositore, questo può fare due ipotesi:
 
1.] Severino concepisce l’eterno ritorno, e allora la configurazione è sempre mista, e quindi è confutata dalla verità del desiderio;
2.] oppure egli concepisce il passaggio [attenzione:non diveniente], senz’altro nel momento della morte, dalla configurazione mista terrena al cielo, concepito come un paradiso senza Dio, ovvero come la Gioia e la Gloria garantite a tutto gli uomini e definite come luogo dell’apparire infinito del tutto o intero: questa è la tesi forte che la dimostrazione deve confutare.
 
Purtroppo il soggetto_espositore non sa se Severino ha già confutato la seguente ipotesi:
 
ipotesi di confutazione di Severino associata alla dimostrazione: nulla garantisce all’uomo che, se Dio non esiste, ciò che aspetta l’uomo dopo la morte sua il prevalere della configurazione sì eterna, ma associata a un dolore eterno, sperimentato in forma provvisioria nella configurazione_terrena [inferno].
 
solo Dio garantirebbe [metaforicamente] il piacere eterno [gioia e gloria], solo per le anime che in terra si sono “necessitate” attraverso l’etica, la quale etica è forma di esercizione della volontà secondo l’ordine, cioè secondo la configurazione_paradisica, che non esclude il piacere, ma che, prevedendo la perfetta subordinazione a Dio, deve essere anticipata nella forma dell’obbedienza [sempre alienante].



VENTITREESIMA DIMOSTRAZIONE [DEL RIFLESSO_RECIPROCO, FENOMENOLOIGA QUINTA, MASSIMA FENOMENOLOGICA]
 
Essa recita: "Dio esiste, perché il concetto di esistenza_di_Dio è originario/l’esistenza di Dio non è solo una possibilità da dimostrare, ma è forse un’intuizione pura, cioè l’intuizione [o visione_intellettuale] di una realtà effettiva, pensata nella sintesi concettuale dell’esistenza_di_Dio ”. Questa dimostrazione richiama le dimostrazioni 14, 15 [la prima delle due osservazioni critiche] e 18. L’uomo formula il concetto di esistenza_di_Dio [costrutto terminale]. L’uomo formula cartesianamente anche il concetto di esistenza_dell’uomo [propria esistenza]. La dimostrazione dice questo:
 
1.] tutte le dimostrazioni cercano di dimostrare la fusione [protologia: differenza tra i concetti di identità_fusionale e identità_ differenziale: nella prima avviene la fusione indifferenziale tra i termini dell’identità; nella seconda, i due termini permangono distinti, e l’identità si costituisce come un “ponte” tra di essi - a sua volta esistenzializzato in essente] tra esistenza e Dio nel concetto di esistenza_di_Dio: cercano di unire Dio all'esistenza;
2.] ma il concetto di esistenza_dell’uomo non ha bisogno di tale unione [di cui Cartesio ha invece dubitato]: l’intuizione della propria esistenza è intuizione di un concetto che fonde esistenza e uomo: l’uomo, che esiste, “sa” di esistere;
3.] la dimostrazione ritiene che l’intuzione del concetto di esistenza_di_Dio sia il riflesso proiettivo dell’esistenza_dell’uomo [tale proiezione è differente dalla proiezione della dimostrazione 21: in quest’ultima si proietta in cielo l’idea di Dio (l’esistenza della proiezione di Dio dimostra l’esistenza di Dio); ora, invece, è l’idea dell’esistenza di uomo che si proietta sull’idea dell’esistenza di Dio]. come dimostrarlo ? come dimostrare che l’uomo intuisce non l’unione possibile tra esistenza e Dio, ma la loro fusione effettuale/effettiva ?
lo dimostra, a priori, l’esistenza di tale intuzione, che è una e unitaria: essa non è una triplice intuizione, ovvero:
 
1.] intuizione, prima, dell’esisenza;
2.] intuizione, prima, di Dio senza esistenza [ad esempio: un concetto fantastico di Dio];
3.] intuizione, dopo, dell’unione tra le due intuizioni: intuizione dell’esistenza_di_Dio.
 
si constata invece che quest’ultima intuzione è unica e unitaria: l’intuzione dell’esistenza_di_Dio è unica e im_mediata. La presente dimostrazione è detta del riflesso_reciproco, perché anzi si ritiene che proprio l’esistenza_di_Dio, intesa come fusione, stia a fondamento dell’esistenza_dell’uomo e della sua/propria possibiltà conoscitiva [dimostrazioni 6 e 16].
L’obiezione, secondo cui anche l’intuizione dell’esistenza_del_“cavallo_con_le_ali” è unica e unitaria [la fanasia] è confutata dalla considerazione che lo sfondo_concettuale in cui essa è data/proiettata è tale, per cui questa esistenza non viene proiettata in un cielo_effettivo, ma nelle favole, cioè in un cielo_voluto_come_fantastico [settima_dimostrazione: concetto di intenzionalità:
 
1.] intenzionalità veritativa: filosofia, teologia e scienza;
2.] intenzionalità fantasiosa: favola].


DIMOSTRAZIONE_24 [KANTIANA o LUDICA_SECONDA, perchè espressa in forma di "gioco mentale"]
 
1.] se una realtà è possibile
2.] se essa è razionale
3.] se essa è definita come necessaria
4.] allora essa deve venire all'esistenza.


Questa dimostrazione proviene dalla lettura della dimostrazione kantiana “Unico argomento possibile per una dimostrazione dell’esistenza di Dio”, tratta da Abbagnano e Fornero, ma soprattutto all’esposizione della storia della filosofia per i licei di Reale e Antiseri. essa presuppone fin dall’inizio la confutazione di Severino [che non è ancora stata data], perché Severino dimostra l’im_possibilità dell’esistenza di Dio [avente i caratteri del Dio_cristiano]. Ma la confutazione di Severino è in realtà la condizione di validità di tutte le dimostrazioni_epistemiche. Esse sono già valide, perché di tale confutazione è stato dato almeno un suggerimento.

La dimostrazione recita: “la possibilità dell’esistenza di Dio già racchiude la sua necessità” [ecco dunque che è necessario togliere l’im_possibilità severiniana]. La dimostrazione si presenta come un “gioco mentale”, e proprio per questo essa è forse in difetto. E’ classificata come epistemica perché il suo argomento appare “forte/persuasivo. La si espone per punti in sequenza:
 
1.] l’esistenza di Dio è possibile [… a meno di Severino] [concetto comune di “possibilità”];
2.] è possibile perché non sarebbe in contraddizione con l’esistenza [… a meno di Severino] [si richiede tolleranza/la filosofia di Severino è verso la sua confutazione];
3.] la favola non è possibile, perché sarebbe in contraddizione con l’esistenza/realtà;
4.] se qualcosa è possibile, lo è perché non è in contraddizione con l’esistenza ma, in quanto è possibile, non è per questo necessariamente necessario/esistente [ad esempio: è possibile che mi alzi dal letto al mattino alle ore 07:00, ma non è necessario, posso alzarmi anche alle ore 07:05];
5.] il possibile viene all’esistenza unicamente [principio condizionante la validità della dimostrazione ...] ...:

a.] o perché determinato nel tempo dalla necessità [ad esempio: il fenomeno_fisico e la legge_fisica: questa determina quello];
b.] o perché determinato dalla volontà dell’uomo [e di Dio, se esistente];


6.] ma l’esistenza di Dio, che si è detto essere possibile, non può essere vera/venire alla luce: per legge di natura [Dio non “viene” temporalmente all’esistenza]; per volontà_umana;

7.] se [e soltanto se …: principio condizionante la validità della dimostrazione …] … non esiste alcun caso, in cui o la legge di natura o la volontà umana possano determinare l’esistenzializzazione di ciò che è in possibilità di esistere [il possibile_esistente], allora tale possibile è in realtà im_possibile;
8.] poiché l’esistenza di Dio è invece possibile [punto 1.]_], e non rientra in quel caso [punto 7.]_], né rientra nel caso più sopra [punto 6.]_]; allora …
9.] … l’esistenza di Dio non è solo possibile [e lo è perché “prevista” dalla necessità/sempre che sia possibile pianificare come “possibile” ciò che in realtà si dimostra come necessario], ma è invero necessaria.

La critica che si può portare a tale dimostrazione è che essa "dà il via libera" all'esistenza non solo di Dio ma di tutto ciò che si definisce come "necessario" [l'uno, la diade, ecc.], e quindi presuppone che si definisca ciò che, essendo necessario, prima lo si definirebbe possibile, e poi lo si definisce come necessario solo perchè non può esistere nè per legge di natura nè per volontà umana: c'è dunque un ragionamento tautologico: ciò che è necessario è anche possibile, ma in quanto è il possibile di un ente_necessario, deve anche esistere.  si può accogliere tale dimostrazione come spunto di riflessione. se invece ad un attenta analisi essa dovesse risultare "grossolanamente" inconsistente [ciò che non si riesce a vedere], e non potesse essere epistemizzata, questa dimostrazione andrà tolta dal canone_epistemico e la classificazione numerica delle dimostrazioni_epistemiche dovrà scalare a partire dalla presente dimostrazione numero 24. 

nota

la dimostrazione è stata riletta e appare convincente [anche la critica, però]: Dio è comunemente inteso come "possibile" [ogni idea necessaria è tale, perchè posta come non fantasiosa: bisogna definire il necessario/possibile espansione della dimostrazione_23, che ponga non solo l'essistenza_di_Dio, ma anche la necessità_di_Dio/la dimostrazione_23 come ulteriore processore_dimostrativo], ma non determinato nè per legge fisica nè per volontà umana. e allora deve esistere [non può esistere una mera "possibiltà" che non venga necessariamente all'esistenza, se non può venire contingentemente all'esistenza: la dimostrazione_24 è epistemica].



DIMOSTRAZIONE_25 [PRIMA_ANSELMIANA, ANSELMIANA_MAGGIORE, perchè strettamente anselmiana, cioè relativa al ragionamento tipico dell'argomento ontologico]

Essa recita: “Dio esiste perché il suo concetto è necessario e quindi necessitante la propria esistenza: poiché Dio è essere_necessario, Dio esiste”.
Si constata innanzitutto che l’argomento anselmiano è palesemente inconsistente.
 
argomento anselmiano [tratto da Abbagnano e Fornero]
 
il concetto di Dio è il concetto di un essere di cui non si può pensare nulla di maggiore. Ma ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore non può esistere nel solo nell’intelletto. Se fosse nel solo intelletto, si potrebbe pensare che esistesse anche in realtà e cioè che fosse maggiore; ma in tal caso ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore sarebbe anche ciò di cui si può pensare qualcosa di maggiore. E’ impossibile dunque che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esista nel solo intelletto e non nella realtà.
 
critica che apre alla presente epistemizzazione
 
l’esposizione è in errore: quando dice “se fosse [Dio] nel solo intelletto, si potrebbe pensare che esistesse anche in realtà”, commette un errore, perché, se è nel solo intelletto, proprio in quanto è nel solo intelletto, non lo si può [Dio] pensare anche in realtà [cioè fuori dell’intelletto].
 
dimostrazione
 
Dio viene definito come il contenuto del pensiero di ciò [= Dio], che non può essere pensato maggiore di come è pensato. Se per “maggiore” si intende desiderato come esistente [ad esempio: l’esistenza del dolore, che non è desiderato, è “minore” della sua non esistenza: per essere “maggiore” della sua in_esistenza, l’esistenza di un ente deve essere quella di un ente desiderato esistente], allora tale definizione presuppone l’esistenza di Dio: solo in quanto Dio esiste realmente, il suo pensiero non può essere superato. Diversamente la dimostrazione anselmiana è contraddittoria: se Dio non esistesse, sarebbe pensabile come “maggiore”, cioè esistente [dice Sant’Anselmo], ma ciò non è vero, perché non può essere pensato esistente nella realtà ciò che si è appena detto non esistente [posto come tale per essere superato nel pensiero].
Una sedia [o Dio] non esistente può essere pensata esistente solo nella possibilità immaginativa e non nella realtà, perché la si era definita non esistente/ma nella possibilità immaginativa tale sedia [Dio] non è “maggiore” [desiderata come utile] della sua non esistenza.
Quindi, l’argomento anselmiano è inconsistente, perché non può superare ciò, che si è detto in_esistente proprio per essere superato.
 
Si tratta ora di potenziarlo e epistemizzarlo, cioè di trovare il modo di validare questa dimostrazione.
Dio è ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore solo perché questa definizione già include l’esistenza di Dio. E’ perché Dio esiste che non può essere pensato maggiore. Ma questa analisi non è così semplice e manifesta la potenza dell’intuizione definitoria anselmiana.
Infatti, non esiste modo di definire il concetto di Dio se non come già esistente. Non si tratta si presupporre erroneamente l’esistenza di Dio, ma di constatare che il concetto di Dio è concepibile [e lo è] solo per un ente che non può non esistere, perché il concetto di Dio è il concetto di un essere che non può che essere solo necessario, e quindi necessariamente esistente. Da questo punto di vista, la dimostrazione anselmiana si impernia su di un’intuizione_originaria: Dio esiste perché non può non esistere: correlazione necessaria tra Dio e l’esistenza in quanto il concetto di Dio, essendo necessario, è per l’esistenza e soltanto per essa. Si era detto che l’argomento anselmiano è in difetto perché presuppone l’esistenza di Dio: lo fa perché intuisce che il puro concetto di Dio incorpora per definizione l’esistenza della sua realtà: non si può definire Dio come una mera possibilità, perché l’auto_concetto di Dio non è per la possibilità, ma per la necessità.
Dio è concepito solo come realmente esistente in quanto concetto necessario, e la necessità non può non esistere. Si potrebbe parlare di funzionalità di Dio all’esistenza: questo è il cuore della definizione di Dio anselmiana [intuizione_pura intellettuale di Dio e della necessità della sua esistenza]. Bisogna capire perché e come Dio è concepito come essere_necessario.
Posta l’esistenza, questa è necessaria [secondo Parmenide: “l’essere_è”]. Dio è il concetto di un essere necessario, e di un essere necessariamente esistente. Se fosse il concetto di una mera possibilità, non si starebbe pensando veramente a Dio. Non esiste il pensiero di una possibilità dell’esistenza di Dio, esiste solo il pensiero della necessità di tale esistenza, perché l’unico concetto coerente con la definizione di Dio, ovvero correlato per necessità alla necessità esistenziale dell’esistenza parmenidea, è il concetto di un Dio_che_esiste e non può non esistere per definizione.
Dio è il concetto di un essere necessario e di un essere necessariamente esistente. Quindi Dio è e non può non essere tale per cui …
 
1.] Dio [necessario] è per l’esistenza [necessaria];
2.] l’esistenza [necessaria] è per Dio [necessario].
 
L’episteme deve includere una scienza della necessità, che definisca gli auto_concetti necessari [seguono esempi]:
 
1.] l’uno forse non è necessario [ma l’episteme sa dimostrare che è necessario];
2.] l’iperuranio forse non è necessario [ma l’episteme sa dimostrare che è necessario];
3.] il paradiso forse non è necessario [ma l’episteme sa dimostrare che è necessario];
4.] l’esistenza_pura è necessariamente esistente;
5.] l’uomo intuisce che Dio è necessario per essenza e per definizione, come l’esistenza_pura, e quindi, posto che l’esistenza_pura è necessaria, anche il concetto di Dio è necessario  e quindi Dio è esistente.
 
Si definisce come necessario tutto ciò che provoca nell’uomo, essere_necessario [perché intuisce la necessità], desiderio [ad esempio: il desiderio di Dio] e pulsione. Un tavolo non sarebbe necessario, ma esiste il desiderio della sua funzione [e si è detto che l’essenza ipostatica del tavolo è la tecnica]. La televisone è necessaria [provoca una pulsione/la televisione non è stata “inventata”, è stata proiettata/innatismo_mentale e innatismo_tecnologico, di cui il primo ha gli schemi]. Poiché l’uomo ha bisogono di Dio, Dio è una funzione_necessaria dell’uomo_essere_necessario: per il fatto di essere desiderato, Dio è un concetto_necessario.


DIMOSTRAZIONE_26 [SECONDA_ANSELMIANA: MISTICA_SECONDA: la creatura tocca il Creatore]
 
Essa recita: “l’uomo, che pensa l’esistenza di Dio, in quanto pensa Dio e la sua esistenza, è a contatto diretto con Dio, quindi Dio esiste”.
L’uomo, pensando Dio, pensa un essere diverso da sé, lo concepisce come assoluto, infinito, eterno, personale, vivente. L’uomo, che pensa, si identifica con quello che pensa [Parmenide: “pensare = essere”]. Su tale considerazione si fonda la dim_6, che dissocia Dio dall’uomo facendo leva sul carattere auto_differenziale dell’identità, mediato dal pensiero dell’essere e dalla sua infinità. ora, invece, più direttamente: l’uomo, che pensa Dio, si identifica con l’idea di un’alterità [che poi il desiderio riconosce come Alterità]. Ma [e questa è la dimostrazione] l’alterità non è solo idea, bensì è anche realtà, perché l’idea appartiene al soggetto [l’uomo che pensa l’idea di Dio], ma l’alterità esteriorizza l’idea dal soggetto, “cavando” Dio fuori dall’uomo [e quindi il pensiero dell’alterità, di ogni alterità, è possibile solo se l’io è doppio: due nature dell’uomo, e anche una sola s_doppiata].
La struttura dell’alterità è di essere altra da se stessa. Quindi questa idea si scinde in realtà, ovvero in idea altra dall’idea e dall’uomo che la concepisce: ma un’idea de_soggettivizzata è realtà, altra perché esterna all’uomo. In quanto è sempre pensata, è interna all’uomo, ma è diversa dall’uomo [identificatosi all’idea di Dio pensata], perché “altra”, e quindi è anche esterna all’uomo [si intende dire, severinianamente, ma contro Severino, che l’uomo effettivamente “salta al di fuori della propria ombra”, e può farlo (ma questi sono gli schemi più antichi e più evoluti della ricerca_epistemica), perché si identifica alla doppia_esistenza, la quale è interna ed esterna a se stessa: è l’auto_esistenza che porta l’uomo fuori da sé e lo fa uscire e lo fa uscire dal solipsismo gnoseologico: naturalmente, tutto ciò va applicato a Dio, interno ed esterno a se stesso, e poi trasferito sull’uomo: principio di analogia e rivoluzione_epistemica/vedere schemi nell’archivio della memoria dei dati].
Se Dio è concepito come altro dall’uomo e esterno a lui, l’idea di Dio deve essere altra e esterna dall’uomo, cioè realtà, e poichè è pensata infinita, eterna e assoluta, quella realtà di nome “Dio” deve essere tale [Dio], perché nel pensiero che attribuisce a Dio i suoi caratteri, l’uomo vi si identifica [a livello di idea], e quell’alterità li oggettivizza/oggettualizza, trasferendoli nell’idea/realtà.
A questo punto non c’è alcuna differenza tra l’idea di Dio e la realtà di Dio: ente pensato come diverso dall’uomo, altro dall’uomo, esterno all’uomo [perché così pensato, e pensare significa essere, cioè l’uomo si identifica a quella alterità, propria auto_esteriorità, a livello di idea, ma un’idea “altra”, perché realtiva a un altro, è realtà.
Ci si è chiesti se il desiderio di Dio sia la condizione per trasformare una mera possibiltà di alterità esistente a una sua effettualità. In realtà, ciò non serve: l’alterità è alterità, assoluta alterità, assoluta esistenza anche come assolutamente indipendente da colui che la pensa, perché così pensata. La mera possibiltà dell’altro è la sua assoluta attualità, e poiché questo altro è desiderato e pensato come l’Altro, questa attualità è realtiva a Dio.
Quando penso all’idealità dell’uomo, quest’uomo, concepito come altro, può non esistere. Ma l’uomo, quando pensa a Dio non pensa all’idealità di Dio, ma al Dio_esistente, che esiste perché pensato.
La dimostrazione è definita “mistica”, perché l’uomo che pensa Dio lo può pensare perché, a livello esistenziale puro, lo sta “toccando”, lo tocca col pensiero, nell’inconscio, richiamato dal conscio consapevole. L’uomo, aperto alla possibilità di Dio, è in continuo e diretto contatto con Dio, inconsciamente.


DIMOSTRAZIONE_27 [TERZA_ANSELMIANA, RAZIONALE: associata alla dim_3]
 
1.] la realtà dell’esistenza è perfetta, perché deriva dalla necessità;
2.] il pensiero_umano [nel quale le dimostrazioni sono pensate] …/il pensiero_umano della necessità dell’esistenza dimostra la necessità dell’esistenza del pensiero [dim_1] [si rileva che questa considerazione rafforza la dim_1] e di un pensiero necessario [dim_1] [poichè (in parte) pensare = essere, pensare la necessità = essere la necessità = il pensiero che pensa la necessità è necessario];   
 
nota
 
l’uomo è necessario. La creazione è libera, e quindi l’uomo può essere condannato: l’esistenza è necessaria, la salvezza è eventuale [eticamente subordinata/la correlazione tra salvezza ed etica non è un arbitrio di Dio: Dio salva e condanna perché deve rimanere invariante rispetto alla propria natura].
 
3.] la realtà perfetta [1.]] pensata dal pensiero [2.]] deve quindi porre un pensiero perfetto [dim_1], e quindi una vita perfetta: Dio, perché la vita_perfetta è la sede del pensiero_perfetto.
 
nota
 
la dim_1 trae la dimostrazione dell’esistenza di Dio dalla considerazione che deve esistere un pensiero che sia perfetto per corrispondere alla sua funzione di pensare davvero [per soddifare il principio_antropico/è evidente che tutte le dimostrazioni sono vere se sono veri i loro presupposti, e questi sono tutto l’episteme, come si è detto].
nella presente dim_27, invece, è la realtà che pone perfetto il pensiero, perché la realtà è perfetta e quindi perfetta è ogni sua componente/definita ipostasi, se metafisica [l’uomo è ipostasi metafisica, ad esempio nell’anima/concetto a_religioso]. l’uomo, che pensa la necessità, è una realtà metafisica, ma non è lui questo “Dio”, perché l’uomo è anche imperfetto [dim_8].


DIMOSTRAZIONE_28 [APOCATASTICA]
 
posta la dimostrazione_27, si constata che l’uomo [che va collocato al posto di Dio nella mappa metafisica] vive e pensa in una configurazione_non_normale:
 
1.] nel conscio l’uomo non dovrebbe vedere il cosmo_apparente, ma se stesso [ed essere in continua estasi/tale è la configuarzione paradisiaca_standard_normale/(nota auto_biografica ...) ... il soggetto_espositore ricorda ora il significato della camera_bianco _virtuale, rappresentata nel modelli: essa descrive lo standard della rappresentazione_divina/la fase dello specchio è in_adeguata nell'al di qua, ma è adeguata nell'al di là: il primo prepara il secondo/teodicea: nella storia, culminante nella secolarizzazione, definita neo_paganesimo (Vigna), dove Cristo viene sperimentato dall'ateo come Grande_Fratello, l'umanità sta vivendo la fase dello specchio, tappa eticamente lecita, necessaria e positiva della storia della salvezza];
2.] il pensiero e la vita dell’uomo dovrebbero essere perfette e metafisiche.
 
conseguentemente, rispetto alla necessità, la configurazione_attuale_dell’apparire non potrebbe “stare”, non potrebbe essere stabile, verrebbe o caotizzata, o riassorbita nel nulla, oppure verrebbe infernalizzata. tutto ciò non presuppone già l’esistenza di Dio, ma presuppone l’episteme con l’uomo al “posto di Dio” o, meglio, con l’uomo già nel suo sito_paradisiaco come anima_paradisiaca.
ma il cosmo [si constata] è attualmente fondamentalmente stabile [in senso metafisico]. Ciò potrebbe essere dovuto [come per la dim_4]:
 
1.] o alla necessità;
2.] o al caos;
3.] o ad una volontà di un soggetto proporzionale alle dimensioni del cosmo_apparente [Dio].
 
segue analisi delle ipotesi:
 
1.] la necessità non può teleologicamente stabilizzare una realtà provvisoria;
2.] il caos non conserva le forme e la loro [sia pure provvisoria] stabilità;
3.] rimane solo l’ipotesi di Dio: il cosmo_attuale non è soggetto a deflagrazione/implosione, perché Dio lo sta reggendo [lo sforzo di Dio, etico, è enorme: non per il Creato, che “pesa” poco; ma per mantenere dilatate le strutture della necessità, che lo racchiudono: esse sono per Dio schiaccianti/ogni peccato dell’uomo appesantisce la condizione di Dio/condizione del Cristo_Atlante].
  
segue la differenza tra questa dimostrazione e la dim_4:

1.] nella dim_4 la configurazione_mista manifesta di essere stata creata da Dio;
2.] nella presente dimostrazione, Dio è condizione per la “stabilità” della configurazione_mista.


DIMOSTRAZIONE_29 [MESSORIANA_PRIMA: Dio è la verità]

Essa recita: “poiché la verità esiste, Dio esiste, perché Dio è la Verità”. Questa è forse la dimostrazione più perfetta che sia stata prodotta finora.
La dimostrazione è emersa da una riflessione sulle parole dello scrittore dr. Vittorio Messori scritte su di un articolo del Corriere della Sera [riferimento crono_storico: 22 ottobre 2006]: “… una Chiesa che sembra divenuta il maggior baluardo della ragione”. Si è constatato, in base a tale proposizione, che manca ancora una dimostrazione epistemica dell’esistenza di Dio che sia incentrata semplicemente sul concetto di “Verità” [= Logos = Episteme], ovvero sul concetto di “Episteme”, inteso [metaforicamente] come “la scatola che contiene il tutto in forma di conoscenza soggettiva”. La dimostrazione si collega alla dim_6 e alla dim_1, dimostrando il suo argomento in modo più diretto di queste. La differenza si constata dalla forma del ragionamento:
 
esposizione sintetica

nella necessità esistono necessariamente un oggetto e un soggetto: l'oggetto è immenso, quindi il soggetto è immenso [Dio].

esposizione analitica

1.] nella necessità esistono necessariamente un oggetto e un soggetto;
2.] l’esistenza dell’oggetto è necessaria in senso parmenideo: “l’essere_è” [primo principio parmenideo: realistico]/qualcosa deve necessariamente esserci, e questo qualcosa è l’esistenza stessa [di cui l’episteme analizza la struttura];
3.] l’esistenza del soggetto è necessaria perchè dimostrata dalla necessità dell’uomo: poiché l’uomo pensa la necessità, l’uomo [e quindi un soggetto] è necessariamente esistente [“pensare è essere” ("in parte", corregge/aggiunge l’episteme): secondo principio parmenideo: idealistico] [è fatta salva la libertà della creazione_divina: necessaria è l’esistenza della creatura, solo eventuale (ma pre_destinata) è la sua salvezza, condizionata dall’etica]; 
4.] la verità è la condizione della conoscenza, per cui la conoscenza dell’oggetto è per il soggetto e dentro di esso;
5.] l’oggetto è il tutto [dim_6];
6.] quindi questo soggetto (posto che un soggetto deve esserci), non è solo l’uomo ma, dovendosi identificare all’oggetto, ne assume le dimensioni [dim_1], e quindi è Dio;
7.] l’uomo è la sede della verità, Dio è la sede della Verità [= Verbo].


DIMOSTRAZIONE_30 [CARTESIANA_SECONDA]
 
Essa recita: “Dio esiste come unica possibile causa [dell’im_perfezione] dell’uomo”.
ci si era dovuti staccare dalla seconda dimostrazione cartesiana [formulando la dimostrazione_apocatastica], perché essa non è appropriata ed è palesemente contraddittoria:
 
1.] se l’uomo non è la causa di se stesso, non per questo lo è Dio [lo è senz'altro, ma ciò va dimostrato]: causa dell’uomo potrebbe essere la natura/sia nell’uomo che in Dio, causa del corpo è la natura [evoluzione/a_temporale/principio_sincro_causale];
2.] Dio non è la causa di se stesso/così l’uomo non è la causa di se stesso;
3.] l’auto_determinazione è un concetto contraddittorio: come può un uomo determinare se stesso, se prima di determinarsi quest’uomo non c’è, appunto perché deve determinarsi ? [e, non essendoci, non può determinarsi] [solo il principio_esistenziale_puro si auto_determina in modo non contraddittorio, perché nell’auto_esistenza, l’esistenza_fondante/…_fondativa è la stessa esistenza_fondata, identica alla prima in modo interscambiabile e differenziale/anche fusionale].

la ricerca_epistemica ha poi capito che l’epistemizzazione di una dimostrazione pre_epistemica deve riprodurne l’argomento di fondo [e questo è il problema dell’attuale epistemizzazione delle dimostrazioni tomistiche, che si sta “troppo staccando” da esse]. Segue l’epistemizzazione della seconda dimostrazione cartesiana [tratta da Abbagnano e Fornero, storia della filosofia per i licei].
 
dimostrazione
 
Il corpo umano deriva:
 
1.] o dal Caos;
2.] o dalla Natura;
3.] o da Dio.
 
si analizza ogni caso:
 
1.] il corpo umano non può essere derivato dal Caos, perché la forma_ipostatica dell’uomo [ordine] non può derivare dal Caos [disordine] [dim_4];
2.] il corpo_umano non può essere derivato dalla natura, nella quale l’ipostasi [= struttura della realtà] dell’evoluzione è finalisticamente orientata [“finalisticamente” in senso aristotelico, come ha detto il Prof. Enrico Berti a proposito dell’evoluzione] alla determinazione del corpo, e quindi lo determinerebbe in modo perfetto [condizione di standard_normalità dell’evoluzione (o suo auto_concetto): (se creata) l’evoluzione (come quella in_creata) è necessaria e perfetta] [ordine: dim_4] [questa è l’istanza della dimostrazione cartesiana: ciò che determina l’uomo];
3.] rimane solo l’ipotesi di Dio, che [paradossalmente] unicamente può aver creato l’uomo in modo “im_perfetto”. Lo ha dovuto fare perché Dio crea in modo perfetto [l’Eden è morfo_perfetto/è la riproduzione totale e perfetta della realtà_in_creata], ma proprio questa perfezione racchiude/nasconde il male: “identità” [uomo a immagine di Dio] significa “sostituzione e sovrapposizione” [pulsione alla permutazione_totemica] [matrice originaria del male]. quindi Dio morfo_spezza/…_scinde il Creato, per fare emergere alla luce la contraddizione del male, associata all’identità [severinianamente: l’errore] [essenza del Big Bang].
Il male deriva dell’influenza del caos sul Creato: non a livello di forma, ma di relazione logica di sostanza e di identità [“Ti sono simile, sono al tuo posto, io sono Te”: questo “io” è la voce inconscia dell’anti_Dio (ombra/impronta della riproduzione di Dio nel Creato) che risuona nell’uomo: l’anti-Io/la mescolanza al Caos, cui è soggetto l’uomo, tratto dal Caos]. 
 
nota
 
questa dimostrazione è una riformulazione della dim_4 con ulteriori ipotesi. mentre la dim_4 dimostra l’esistenza di Dio come causa di una configurazione_cosmica di tipo non_normale [perché “mista”], questa dimostrazione trae l’esistenza di Dio dall’analisi delle possibili cause dell’esistenza del corpo umano/associata alla dim_4, la presente dim_30 ne è la riproduzione/approfondimento analitico/la si distingue dalla dim_4, perché questa sua riformulazione ne mette in evidenza la natura cartesiana, indagando le cause della morfo_imperfezione dell’uomo, dovute non al fatto che la volontà di Dio ha natura mista, ma al fatto che questa volontà ha spezzato volontariamente il Creato:
 
1.] nella dim_4 la natura mista del Creato [ordine e disordine] deriva ontologicamente dalla natura mista della volontà di Dio [finalizzata/razionale (ordine) ma libera (disordine)_];
2.] nella presente dim_30 si fa riferimento alla imperfezione del Creato [riferita all’uomo], come derivante teleologicamente dalla volontà di Dio, che volontariamente lo rende morfo_imperfetto [spezzando il Creato: Big Bang].



DIMOSTRAZIONE_31 [CARTESIANA_TERZA, MASSIMA_CARTESIANA: per la giunzione tra oggetto e soggetto, epistemicamente presupposta, l'in_esistenza di Dio dovrebbe bloccare la proiezione dell'idea di Dio nella realtà]
 
La terza dimostrazione cartesiana è simile all’epistemizzazione della prima dimostrazione anselmiana, in cui però il concetto cartesiano di perfezione è stato sostituito con il concetto di necessità, ciò che è più corretto, perché la necessità deve esistere, e la perfezione , che deriva dalla necessità [è un suo attributo], potrebbe invece non esistere: ad esempio, la creatura è necessaria, ma [attualmente] non è perfetta
 
apertura di macro_parentesi [né si può dire che Dio potrebbe annullarla:
 
1.] attualmente l’uomo potrebbe [teoricamente, ma neppure …] essere annullato [e infatti percepisce il nulla], ma la volontà di Dio non esclude necessariamente [in questo non è libera: Dio è libero di creare, ma non è libero di non salvare, perché se creasse senza salvare, creerebbe senza senso: teleologia_ secondaria_necessitata];
2.] in paradiso invece Dio non può annullare l’uomo neppure se lo volesse (perché si ha tra l’uomo e il principio un’identità anche fusionale: l’uomo “diventa” l’esistenza_eterna)_] [chiusa macro_parentesi].
 
quindi:
 
1.] non tutto ciò che esiste è perfetto;
2.] tutto ciò che è necessario, invece [e che può essere imperfetto], deve esistere.
 
Questa dimostrazione cartesiana può essere distinta dalla prima dimostrazione anselmiana [maggiore] anche perché si aggiunge nella sua epistemizzazione un ulteriore elemento rafforzativo. Abbagnano e Fornero criticano la terza dimostrazione cartesiana, perché essa riprende l’argomento anselmiano: “l’argomento ontologico non sembra possedere un carattere di verità incontrovertibile”.
segue quindi l’epistemizzazione, che cerca di renderlo tale, per assurdo:
 
1.] o Dio non esiste o Dio esiste;
2.] supponiamo che Dio non esista;
3.] se Dio non esiste, Dio è im_possibile, e quindi l’esistenza di Dio non può essere neppure possibile [non può darsi la possibilità di un’im_possibilità];
4.] ma l’esistenza di Dio è concepita come possibile, e allora Dio non può “non_esistere”;
5.] poiché si è detto che Dio o non esiste o esiste, poiché non può non esistere, allora Dio esiste.
 
critica
 
L’impossibilità di Dio [1.]] è supposta reale, invece la sua possibilità [4.]] è supposta solo nell’immaginazione: anche se Dio nella realtà non esiste e quindi è im_possibile, ciò non toglie che nel pensiero la sua esistenza non possa essere positivamente concepita.
l’argomento, che si è formulato, presuppone che la possibilità mentale “legga” e rimanga legata alla possibiltà reale [ciò che si è detto anche per altre dimostrazioni]. un principio questo che la critica della storia della filosofia nega, ma essa non tiene conto del fatto che l’oggetto e il soggetto, la realtà e il suo pensiero, non sono forse s_legati, ma possono essere intimamente legati, non per l’uomo, ma per la configurazione “normale” della vita.
il punto focale della dimostrazione è questo: 
 
1.] “… non può essere neppure possibile” [punto 3.] precedente];
2.] “… concepita come possibile” [punto 4.] precedente].
 
esso è centrale: l’uomo che pensa la possibiltà di Dio lo proietta nel reale e “sente” [non misticamente, ma scientificamente/analisi del desiderio e della configurazione metafisca della realtà, intuita dal pensiero dell’anima], che tale proiezione è possibile. Lo “sente” perché non esiste una disgiunzione funzionale tra oggetto/realtà e soggetto/pensiero, ma invece una loro necessaria e necessitante giunzione. giunzione tra oggetto e soggetto, reciproca funzionalità e perfetta pensiero del primo da parte del secondo.
La dimostrazione è valida, perché l’im_possibilità reale di Dio dovrebbe geneticamente bloccare la proiezione dell’idea di Dio nel reale, e costrittivamente riservarla nel mondo dell’immaginazione fantastica.
La dimostrazione è per tutte queste considerazioni suscettibile di implicazioni in ordine alla gnoseologia e all’episteme [struttura della realtà].
posizione di domanda: come deve essere intesa questa giunzione ? la giunzione tra oggetto e soggetto è il rapporto tra principio e Dio [in cui il principio determina Dio], rapporto che si riproduce per l'uomo sotto date condizioni. queste condizioni non escludono il fatto il pensiero dell'uomo rifletta perfettamente la realtà, per cui la proiezione di Dio nella realtà altro non è che la proiezione della giunzione dell'idea di Dio, contenuta nella mente umana, con la realtà dell'essere di Dio. ciò spiega le dimostrazioni fenomenologiche di Dio, incentrate su di un'intuizione_epistemica che non è di tipo mistico, ma è un "sentire" Dio, che nel pensiero si sostituisce alla sua visione empirica.

considerazione_alpha

la ricerca epistemica non ha introdotto nel concetto di giunzione un concetto "nuovo". si deve fare un'importante precisazione. comunemente la gnoselogia_classica considera il rapporto tra oggetto e soggetto così: "io mi trovo davanti al monitor del mio computer, io esisto, il monitor esiste, e la conoscenza è il mio rapporto con il monitor: lo vedo, ce l'ho davanti". la gnoselogia_epistemica aggiunge: l'uomo e il monitor esistono perchè poggiano su di una base metafisica, ovvero su di una base esistenziale, che si colloca sul segmento dello sviluppo del principio [descritto nella mappa dell'essere], per cui le dimensioni non apparenti dell'uomo e del monitor [come ha intuito Severino, quando parla dell'uomo come della "rete estesa come il mare": l'uomo è la rete, Dio è la Rete (= Epi_steme)_] sono infinite, ed è al livello della base_metafisica che si gioca il rapporto autentico conoscitivo tra oggetto [monitor] e soggetto [uomo], rapporto di identità_giunzionale che viene "perturbato" dalla percezione apparente, dove tale perturbazione avviene nella giunzione (forse spezzandola) ovvero nel punto di identità/identific_azione tra oggetto e soggetto (panteizzazione_gnoseologica). conseguentemente, io non vedo Dio, ma sono ad esso congiunto, e la parola "Dio" attiva l'"idea" di Dio che perturba il mio punto di congiunzione con Dio (l'"oggetto" delle dimostrazioni). la congiuzione si lega a quanto è stato detto [dim_3]: la realtà_oggetto si riproduce, duplicata e sintetizzata [sintesi_puntiforme], nella vita_pensiero_soggetto (Dio), tanto per Dio quanto per l'uomo [che è reale micro_cosmo, non in senso metaforico]. ma la giunzione per l'uomo è sospesa e spezzata [perchè esterno al paradiso] [e la sua base_metafisica sta nella sostenza agente della volontà di Dio (e della fonte): per questo l'uomo si sente contingentemente esposto al nulla], per cui le dimostrazioni sono pensieri compensativi della percezione diretta di Dio [che non appare], finalizzati a surrogare l'effetto del mancato apparire di Dio nella giunzione_esistenziale, percezione che dovrebbe avvenire non a livello di segmento [che riguarda il pensiero/essere], ma di apparire_perturbante [livello che dovrebbe perturbare il segmento_esistenziale].

considerazione_beta:
 
1.] supponiamo che Dio non esista;
2.] il pensiero può pensare o la fantasia di Dio o la possibilità dell’esistenza di Dio;
3.] ma se Dio non esiste, questa possibilità è essa stessa una fantasia;
4.] è allora una possibilità/fantasia creduta come possibilmente vera;
5.] ciò che [si è detto/supposto] non esiste, è pensato comepossibilmente esistente;
6.] perché è così posto ? perché così è desiderato [solo il desiderio, anche a_emotivo, produce sempre il pensiero, essendo il pensiero mosso da un moto di pensiero, anche solo il desiderio di curiosità, e questo avviene per ricerca di piacere e per paura del dolore, mai senza una motivazione “sensata”: la posizione del pensiero di quella possibiltà è almeno sensata];
7.] ora, è la realtà che [come si riproduce nelle idee e nel linguaggio: rispettivamente, dim_2 e dim_42] producendo l’uomo, ne determina il desiderio [come categoria] e quindi il senso e la sua ricerca [che può essere liberamente rifiutata, ma mai liberamente determinata come categoria];
8.] è quindi impossibile che Dio non esista, perché, se Dio non esistesse, la realtà, che saprebbe della non esistenza di Dio [perché la realtà registrerebbe, nelle proprie strutture, il “buco de_nuclearizzato dell’essere” dell’in_esistenza/assenza di Dio], non produrrebbe mai nell’uomo la categoria del desiderio di Dio, espressa come posizione della possibiltà della sua esistenza …
9.] … e della sua ricerca.


DIMOSTRAZIONE_32: DEL SENSO [viene qui posto il principio di accordo tra senso e vero, condizione per le successive dimostrazioni]
 

mentre la dim_19 crea il senso della realtà, im_ponendo ad essa l’esistenza di Dio [perché corrisponde al senso originario della verità dell’uomo, conoscibile in parte nel suo desiderio], la dim_32 si ferma a quest’ultimo: senza creare Dio, si constata che Dio corrisponde al senso pieno della realtà, la quale ha appunto già un suo senso intrinseco [ad esempio: l’amore tra l’uomo e la donna, che senza Dio non può assolutizzarsi, eternizzarsi (a meno di Severino) e soprattutto completarsi con Dio stesso (ciò che Severino non ammette, scartando una componente originaria e inconscia del desiderio umano)_]. in base al principio dell’accordo tra senso e vero [dim_32], poiché Dio corrisponde al senso originario della realtà [inaccessibile, ma che potrebbe essere dato/riconosciuto, in via di conoscenza accettabile/accessibile, dall’amore dell’uomo per se stesso e per la donna], Dio è vero e quindi esiste. si deve dimostrare che “ciò che ha senso è vero” [principio dell’accordo tra vero e senso]:
 
1.] tra ciò che ha senso e ciò che è vero, se il vero nega il senso, l’uomo sceglierebbe il senso [tendendo a scartare il vero, se il vero distrugge il senso];
2.] ciò non è vero, ma proprio per questo quel “vero” [l’in_esistenza di Dio], poichè non si ha la certezza che sia il “vero” veramente, può essere scartato;
3.] … ma l’uomo vuole [oltre al senso] anche ciò che è vero …;
4.] … di conseguenza ciò che è vero deve [eticamente] accordarsi con ciò che ha senso, almeno nel bisogno dell’uomo;
5.] ciò non dimostra che il vero è ciò che ha senso …
6.] … ma in assenza di tale dimostrazione [il vero conferma dil senso] e della dimostrazione contraria [il vero distrugge il senso], poiché l’uomo vuole sia il senso che il vero, il loro accordo è l’unica ipotesi data e accoglibile. manca la dimostrazione che il senso è il vero, ma poiché manca anche la dimostrazione contraria, senz’altro il loro accordo è la posizione migliore;
7.] la dimostrazione è quindi solo probabilitica: l’accordo tra il senso e il vero è dato dal principio della verità del desiderio, in cui il desiderio [il senso] guida alla verità [vero], la formula, la detta e la impone, perché la “sente” vera per la congiunzione tra oggetto e soggetto [dim_31].
 
Il principio dell’accordo tra vero e senso è un aspetto del principio della verità del desiderio.
La presente dimostrazione [ogni discorso culturale che sia veramente “ricco” perchè dotato di senso e di “pienezza di senso”] è quindi anche a carattere persuasivo.


DIMOSTRAZIONE_33 [CULTURALE]

in base al principio dell’accordo tra senso e vero [dim_32], questa dimostrazione, di tipo probabilistico [“è più probabile che Dio esista piuttosto che non esista, se …”], si fonda sul presupposto che l’idea di Dio arricchisce culturalmente un discorso, piuttosto che se Dio non esistesse [anche solo perché l’idea di Dio duplica di colpo il reale, ma ciò non è aristotelicamente “inutile” tenuto conto che l’al_di_là non è semplicemente un doppione dell’al_di_qua ma, a differenza di questo, è realtà perfetta, ed è ipotesi di perfezionamento assoluto dell’al_di_qua], oppure fosse una fantasia. tale maggiore “ricchezza” di un discorso culturale, che presupponga l’esistenza di Dio, manifesta un maggiore senso del discorso stesso, descrivente il senso della realtà, e “ciò che ha senso è vero”, per cui Dio, che dà senso alla realtà e al discorso, esiste.


DIMOSTRAZIONE_34 [APOLOGETICA_RETORICA]
 
in base al principio dell’accordo tra senso e vero [dim_32], tutti gli argomenti che parlano in difesa [apologetica]/favore dell’idea di Dio, argomenti a carattere letterario, retorico e oratorio, sono valide dimostrazioni dell’esistenza di Dio. un esempio sono le prediche o omelie della messa: sono discorsi [spesso moraleggianti] dotati di senso. e il senso è probabilisticamente vero [dim_32].
La dimostrazione [ogni discorso apologetico retoricamente “efficace”] è a carattere persuasivo.


DIMOSTRAZIONE_35 [APOLOGETICA_SCIENTIFICA, MESSORIANA_SECONDA]
 
in base al principio dell’accordo tra senso e vero [dim_32], tutti gli argomenti che parlano in difesa [apologetica]/favore dell’idea di Dio, argomenti a carattere scientifico, sono valide dimostrazioni [a carattere probabilistico] dell’esistenza di Dio.
si distingue tra:
 
1.] apologetica scientifica di tipo epistemico [ad esempio: la confutazione dell’ateismo di Feurebach e di Freud, utilizzando l’episteme];
2.] apologetica scientifica di tipo esegetico_critico_storico [ad esempio: il libro di Vittorio Messori “Ipotesi su Gesù”];
3.] altre determinazioni [ad esempio: teologia_classica].
 
se è data apologeticamente una confutazione di un’ipotesi contraria all’esistenza di Dio, allora è probabilisticamente vera l’ipotesi ad essa contraria: Dio esiste.
 
La dimostrazione è detta Messoriana_seconda, perché il tipo di apologetica dello scrittore Vittorio Messori è tutta una forma di dimostrazione dell’esistenza di Dio:
 
1.] se l’uomo storico di nome Gesù è davvero risorto dai morti, è credibile la sua testimonianza [“io sono Dio”];
2.] egli è risorto dai morti, se la scrittura definita Vangelo è una testimonianza credibile;
3.] l’apologetica messoriana cerca di dimostrare credibile tale testimonianza, anche confutando le ipotesi esegetico_critico_storiche contrarie ad essa [che cercano di dimostrare l’in_attendibilità dei libri detti “Vangeli”]. 
 
note
 
1.] a fronte delle dimostrazioni epistemiche dell’esistenza di Dio, permane l’unico argomento severiniano dell’in_esistenza di Dio: “tutto è eterno, quindi il Dio_Creatore dal nulla non esiste”. La sua confutazione è data dall’episteme. L’episteme ancora non è stato formulato;
2.] le confutazioni epistemiche dell’ateismo sono sì “apologetiche”, ma in senso improprio: esse difendono la fede indirettamente, esse difendono piuttosto la ragione. In realtà, però, non si dà alcuna “difesa”: l’episteme non difende nulla in senso proprio: perché l’anti_episteme “non sta”, e quindi non serve confutarlo. L’episteme mostra che l’anti_episteme [che non è un argomento razionale, ma solo retorico] non sta. L’episteme non ha atteggiamento difensivo, ma propositivo. Esso esplica positivamente il piano del vero, senza “confutare”. Il suo scopo è solo quello di proporre ipotesi sensate e forse evidenti.
 
La dimostrazione [ogni discorso apologetico_scientifico “scientificamente” fondato] è a carattere sia persuasivo che scientifico.


DIMOSTRAZIONE_36 [RELIGIOSA]
 
in base al principio dell’accordo tra senso e vero [dim_32], tutte le religioni manifestano la verità di Dio [anche quelle “a_teistiche”], perché tramite l’idea di Dio attribuiscono pienezza di senso alla realtà.
 

DIMOSTRAZIONE_37 [DOGMATICA]
 
in base al principio dell’accordo tra senso e vero [dim_32], si constata che il magistero_ecclesiale pone il principio di autorità [da definire essenzialisticamente] e il principio di infallibilità [da definire essenzialisticamente] per sostenere l’esistenza di Dio. si ritiene che la struttura del bisogno umano, che si complementa con la descrizione del mondo in base al suo senso [per la verità del desiderio, in cui desiderio significa bisogno, e quando è coinvolto un “magistero”, che è una forma autorevole di autorità (si richiede definizione/condizioni di autorevolezza), il bisogno è quello percepito da un gran numero di uomini, che lo rende comune e, quindi, meno soggettivistico] non possa “coinvolgere/impiegare” tali principi per sostenere una “fantasia”. una tale volontà esprime il senstimento di una “necessità”, e in base alla congiuzione_esistenziale tra oggetto e soggetto [dim_31, in cui l’oggetto, riproducendosi nel soggetto, quasi lo “costringe” maieuticamente a riconoscerlo], per la quale l’oggetto si proietta [riproduce] nel soggetto, che così, contenendolo, può conoscerlo, tale necessità sta alla base di una corretta proiezione dell’idea di Dio nella realtà. questa proiezione è anche reciproca: la dim_37 si complementa con la dim_38.


DIMOSTRAZIONE_38 [RIVELATIVA, PRIMA CORRISPONDENZA BIUNIVOCA]
 
nella triade delle componenti salvifiche costituita da fede, opere [etica] e ragione [logica], le corrispondenze biunivoche a valore dimostrativo sono date da:
 
1.] fede e ragione [corrispondenza analizzata nella presente dimostrazione];
2.] opere [etica] e ragione [logica] [corrispondenza biunivoca analizzata nella successiva dimostrazione: dim_39].
 
Il binomio fede e opere non ha valore dimostrativo [il valore conoscitivo della fede è analizzato nella prima corrispondenza], perché non coinvolge la ragione.
 
La dimostrazione si lega al problema “classico” del rapporto tra fede e ragione [problema che la ricerca_epistemica non è in grado di esaurire e risolvere, definendolo epistemicamente, potendo solo apportare un contributo], problema …
 
1.] sorto con la filosofia medioevale e soprattutto discusso nella scolastica_tomistica;
2.] ripreso dalla filosofia neo_scolsatica;
3.] cui hanno dato importanti contributi i Proff. Vigna e Severino.
 
La dimostrazione dice questo: poiché l’esistenza di Dio è posta dalla fede, se esiste una corrispondenza biunivoca [non solo complementarietà, ma parallelismo] tra fede e ragione, allora l’esistenza di Dio è posta immediatamente anche dalla ragione, e quindi essa è razionale e vera e Dio esiste.
 
per porre tale corrispondenza biunivoca, occorre definire la fede:
 
1.] la fede potrebbe essere la ragione di Dio, che si dà all’uomo nella forma del simbolo. L’uomo tutto può forse conoscere, tranne la decisione salvifica di Dio che lo riguarda, e questo perché Dio sia libero. L’uomo può condizionare tale decisione, conoscendola, e può farlo solo agendo sulla ragione di Dio [condizionandola], che si dà nell’unico modo in cui può darsi, per lasciare Dio libero: [metaforicamente …] non il concetto “nudo” della volontà di Dio, ma il suo simbolo “velato e nascosto”
 
apertura di macro_parentesi [Dio è in sé nudo, ma la nudità di Dio è all’uomo (che è im_puro) ancora inaccessibile/proibita. ad esempio: il Cristo sulla Croce in sé è nudo, ma “scoprire la nudità” di un uomo sulla croce è azione definibile come “sacrilega”/la civiltà della Tecnica sta scoprendo la nudità dell’uomo e di Dio, e lo stato deve ricoprirla, ma anche acconsentire ad un loro parziale/corretto/tollerato/provvisorio scoprimento, legittimato dalla funzione positiva del tempo_attuale per la costruzione dell’identità_terrena_paradisiaca /l’episteme fonda e legittima il mondo/negativizza solo alcune variabili: non quelle che procurano sofferenza a Dio (variabili che interessano alla chiesa), ma quelle che procurano sofferenza all’uomo: l’episteme determina la civiltà della Tecnica e la porta a compimento, “redimendola”] [chiusa macro_parentesi].    
 
2.] tale definizione della fede [la ragione di Dio prestata all’uomo e custodita dalla chiesa, perché vicaria di Dio stesso] presuppone l’esistenza di Dio. perché tale esistenza sia trasferita alla ragione dell’uomo, la fede deve costituirsi anche come componente dell’uomo, ed essere già vera nell’uomo in quanto fede. si deve quindi dare una definzione della fede_umana. Questa deve essere in rapporto con la ragione, e poi la ragione definirà la fede_divina come la ragione di Dio.
come ha detto Severino e come ha detto la ricerca_epistemica, mostrando come la ragione_umana, essendo incompleta, non può che costituirsi come forma di “dogmatismo”, la conoscenza dell’uomo è sempre una forma di “fede”. l’idea di Dio esiste nell’uomo, e l’uomo crede in Dio perché l’idea di Dio appaga il bisogno dell’uomo [principio della verità del desiderio, dove desiderio significa bisogno (ad esempio: di protezione, di affetto e di erotismo), e anche bisogno di senso: assolutizzazione, e altre componenti]. L’uomo crede perché ha bisogno di credere e ha bisogno del contenuto in cui crede. I principio di accordo tra senso e vero [dim_32] e della verità del desiderio stabiliscono una corrispondenza biunivoca tra verità [logica] e bisogno [etica]. La fede esprime il bisogno, e il bisogno guida la definizione della ragione, tesa sia scientificamente che tecnicamente all’appagamento del bisogno. Per questo la dim_19 può costruire l’esistenza di Dio, e lo fa secondo la fede_cattolica, che corrisponde maggiormente al senso e al bisogno di senso, di assoluto, di perfezione e di amore [anche erotico].
 
3.] La fede è la struttura provvisoria della ragione umana, e pone l’esistenza di Dio come corrispondente al bisogno dell’uomo. La ragione è un processore mentale che cerca la verità, e quindi attiva la fede come contenuto teso a definire quella realtà che la ragione non vede ma che sente a livello intuitivo, attivata dal bisogno. Quindi la ragione recepisce la fede. la fede e la ragione sono due organi complementari della ragione:
 
a.] la dim_29 dice che necessarimante esistono un oggetto e un soggetto;
b.] la dim_6 dice che devono esistere due soggetti, e uno è Dio;
c.] la presente dim_38 dice che esistono due soggetti, ma sono sempre l’uomo e le due nature dell’uomo:
 
1.] l’esistenza, auto_fondantesi, è doppia;
2.] l’uomo, identico all’esistenza e all’esistenza, si s_doppia;
3.] quindi l’uomo è doppio.
 
un uomo ha la fede [la natura_divina_anima, forse già in paradiso (e l’episteme non sa se creata da nulla)_], l’altro [la natura_umana_corpo] ha la ragione.
 
la dimostrazione si conclude così: la fede dell’uomo trasmette alla ragione dell’uomo i suoi contenuti [“sentiti” a livello di anima/natura_divina: questa è a contatto con Dio al livello della giunzione_esistenziale tra oggetto (realtà: Dio) e soggetto (idea: uomo/anima_umana)_].


DIMOSTRAZIONE_39 [LOGICA_ETICA, VIGNANA_SECONDA, QUARTA_CARTESIANA, SECONDA CORRISPONDENZA BIUNIVOCA, DIMOSTRAZIONE RETRO_RAZIONALE, PRIMA_PARADOSSALE]
 
L’uomo è essere necessario [perché intuisce la necessità], quindi può essere messo al posto di Dio. ma come il principio ha determinato l’uomo/Dio, così l’uomo può creare e poiché la creazione è una possibilità necessaria, l’uomo/Dio [prima o poi] deve creare. Allora esiste anche l’uomo, ma “quest’uomo” è proprio l’uomo creato, e allora il primo uomo è Dio [retro_posizione dell’uomo: l’uomo non può essere “quel” dio_necessario/uomo/Dio]. questo ragionamento serve a spiegare la necessità della creazione, quindi dell’atto etico creatore. per il principio di corrispondenza tra logica ed etica, ogni componente della logica ha un riflesso sull’etica e viceversa. In base a quanto detto nella dim_38, l’etica legge il bisogno, che è bisogno di Dio. quindi la logica deve accolgiere l’esistenza di Dio.
come si giustifica quella corrispondenza e perché la relazione tra logica e etica è biunivoca ? in che senso ? tutto ciò presuppone l’episteme, ovvero la spiegazione generale della realtà, che si giustifica e si dimostra in base alle condizioni epistematiche [critieri di senso e di significato, criteri veritativi di 1.correttezza_empiricità_sperimentale e assonanza_fenomenologica del linguaggio_auto_concettuale/2.coerenza/3.completezza e principio euristico_speculativo della verità del desiderio]. Episteme che in modo paradossale, ha detto sopra che una creazione deve esistere, e tale creazione non l’ha fatta “quest’uomo” [l’uomo crono_storicamente determinato, l’uomo dell’attuale genere_umano]:
 
1.] il reale_necessario si riproduce nel reale_contingente_creato [ciò già presuppone Dio e la Creazione, ma ciò è stato dimostrato: il sistema è esposto ponendo l’uomo al posto di Dio nella mappa metafisica: il principio determina Dio e l’uomo indifferentemente, solo il fatto che Dio precede l’uomo pone Dio come (libero) mediatore della determinazione dell’uomo (da parte del principio, stimolato da Dio)_];
2.] tale riproduzione fonda la congiuzione oggetto/soggetto per l’uomo;
3.] tale riproduzione riproduce il reale in termini etici, perché l’etica è la sostanza della volontà_creatrice divina [se l’uomo è necessario come se fosse Dio, l’uomo stesso deve creare come se fosse il Creatore/la dimostrazione si è costituita appunto come paradossale, e sembra validare ora il secondo argomento cartesiano (dim_30) (e quindi è cartesiana/la contraddizione cartesiana è in parte risolta): l’uomo determina l’uomo/: in base alla dim_3 Dio esiste, allora l’uomo esiste al posto di Dio, allora l’uomo è Creatore, allora l’uomo è creato, allora quell’uomo era in realtà Dio, allora il Dio_Creatore esiste e l’uomo torna ad essere la creatura];
4.] quindi, tale volontà assume ogni carattere della realtà in termini etico_sacrificali;
5.] l’etica e il diritto [etica_coercitiva] sono procedure che portano l’uomo a riprodurre la realtà [nella tecnica del pensiero_epistemico, nel diritto, nella tecnica che riproduce il mondo in termini artificiali e virtuali (economia, ingegneria, tecnologia), nella liturgia, ecc.].
 
per questa corrispondenza, si può dire che l’apparire del Grande_Fratello è lo stesso apparire di Dio [così come l’incarnazione del soggetto Gesù, poiché Gesù faceva i miracoli e risorgeva dai morti, dimostrava (allora) l’esistenza di Dio], e lo dimostra [così, allo stesso modo, l’apparire della civiltà della Tecnica dimostra l’esistenza del paradiso, che essa riproduce].
La costruzione del Grande_Fratello è un processo che deve essere ricondotto sotto il controllo del diritto, che solo può farlo appartire eticamente, e in modo etico.
 
La dimostrazione è detta vignana [vignana_seconda] perché la corrispondenza biunivoca tra etica [“Dio esiste” come istanza morale] e logica [“Dio esiste” come proiezione logica dell’etica] si fonda sul fatto che sia l’etica che la logica sono costruite sulla base dello stesso principio della verità del desiderio:
 
1.] di tipo logico_euristico;
2.] di tipo etico_morale.


DIMOSTRAZIONE_40: INFERENZIALE, TERZA CORRISPONDENZA BIUNIVOCA
 
Le dimostrazioni incentrate sulle corrispondenze biunivoche dei termini della tripletta salvifica fede, opere e ragione, sono tre:
 
1.] binomio fede e ragione: il senso della fede [Dio esiste secondo la fede], che corrisponde al senso della vita, posta la fede come riproduzione della ragione, diventa verità di ragione [Dio esiste secondo ragione];
2.] binomio opere e ragione [inferenza etica_logica]: le opere ispirate da Dio corrispondono al senso della vita, e quindi Dio, che le ispira [in base al principio di corrispondenza tra senso e vero], esiste secondo ragione;
3.] si introduce ora il terzo binomio: fede e opere [precedentemente escluso, perché si credeva che il binomio dovesse includere la ragione].
 
DIMOSTRAZIONE
 
c’è una corrispondenza biunivoca tra fede e opere, che corrisponde al senso della vita: quindi sono validate non solo le precedenti dimostrazioni, ma anche un’ulteriore dimostrazione, posto che la ragione, inferita sia dalla fede e sia dalle opere, poste secondo la fede, corrisponde dunque a quel senso: quindi, Dio, che proviene da quella fede e da quelle opere [essendo queste ispirate da quel Dio], esiste secondo quella ragione medesima.
 

DIMOSTRAZIONE_41: TECNOLOGICA

 gli schemi mc28a.html e mc28b.html dimostrano quanto richiesto nel testo della neutralizzazione della critica kantiana alla prova fisico_teologica_teleologica: essi rilevano che nel cosmo esiste un manufatto tecnologico, e poichè esso è imperfetto [il cosmo è realtà virtuale imperfetta], esso non può essere stato determinato direttamente dalla necessità [nè può essere stato determinato dal caso, che non può esistenzializzare nè le forme in generale, nè i manufatti tecnologici in particolare]: quindi, l'esistenza, nel cosmo apparente, di un manufatto tecnologico [perchè il cosmo apparente è realtà virtuale, di tipo galileiano], ovvero di un gigantesco schermo multi_mediale [per l'anti_Dio, impronta di Dio], che riproduce il mondo fisico reale non apparente [di tipo cartesiano: la fisica "da tavolino"/Abbagnano e Fornero], testimonia/dimostra che il cosmo_apparente è stato creato da un essere intelligente [che ha appunto creato quel manufatto riproducente tale cosmo_virtuale], le cui proporzioni sono simili a quelle del cosmo riprodotto virtualmente e quindi del manufatto che lo riproduce [il computer di Putnam]: quest'essere è quindi il Dio_Creatore.


DIMOSTRAZIONE_42: LINGUISTICA_SECONDA
 
Essa  recita: “Dio esiste perché “Dio” è una parola, e la parola serve, primariamente, a dire della realtà”.
Nella contro_critica epistemica alla critica kantiana all’argomento ontologico, riportata nel presente testo come prima delle tre introduzione alle dimostrazioni tomistiche, si dice quanto segue:
 
“ci sono differenti usi del linguaggio. Il primo uso è la funzione auto_concettuale del linguaggio [fenomenologia pura del linguaggio: il linguaggio descrive la realtà]. Essa significa che alla parola segue la sua idea e all’idea segue la sua realtà. Quale che sia il rapporto tra uomo e realtà, e tra oggetto e soggetto, la parola “Dio” indica la realtà “Dio”, perché la parola indica la sua “cosa”. Kant disattiva lo schema auto_concettuale, attribuendo al linguaggio usi secondari e periferici.  Kant usa la parola “Dio” nel modo della circonlocuzione, … ciò significa che “Dio” [parola e idea] significa semplicemente Dio [realtà]”.
 
questa è appunto una dimostrazione dell’esistenza di Dio: la parola “Dio”, nel primo uso del linguaggio, significa la realtà “Dio”, e poiché l’uomo ha la parola, ne esiste la realtà. la realtà si riproduce nella mente non solo come idea [dim_2 e dim_3], ma anche come linguaggio. Questa dimostrazione differisce dalla dim_7, perché in questa la parola “Dio” serve a dimostrarne l’esistenza non come parola, ma come ragione del suo apparire/emergere, ovvero come intenzionalità del dire “Dio” nel linguaggio [la dim_7 si lega dunque alla dim_19].
 

DIMOSTRAZIONE_43: COSMOLOGICA_SECONDA
 
questa dimostrazione doveva costituire una delle declinazioni epistemiche delle dimostrazioni tomistiche.
Gli astronomi dicono che il cosmo_apparente deriva dal big bang. L’episteme accoglie questa interpretazione, definendo il big bang come l’azione con cui Dio spezza il Creato al fine di fare emergere [anche morfologicamente/morfo_cosmicamente] la struttura del male, rimasta inconscia per via della perfezione simul_paradisiaca/simul_totemica dell’eden [creazione perfetta]. Infatti, l’azione creatrice non avviene con il big bang, ma è piana e lineare, e si distende sul sacrificio divino [studio].
a questo punto [secondo un ragionamento già visto nelle dimostrazioni precedenti] si rileva che il big bang non può essere derivato né dalla necessità nel caso, per cui rimane solo l’ipotesi di Dio, cioè di una volontà consapevole “spezzante”.
infatti:
 
1.] un’esplosione potrebbe essere causata da una legge di natura, ma gli scienziati dicono che la natura stessa è derivata dal big bang. L’episteme sa che esso è avvenuto all’interno di altre leggi di natura [il big bang coinvolge un piccolo cosmo di dimensioni infinite, all’interno di altri cosmi di dimensioni maggiori (dottrina degli ordini di infinito)_], ma nulla spiega inerzialmente perché l’incremento energetico debba avere un limite dato, all’interno dell’infinito;
2.] un’esplosione [cui segue un ordine] non può essere causata dal caso, perché le esplosioni nucleari che avvengono, ad esempio, sulla superficie del sole non solo casuali, ma sempre razionalmente indotte.
 
L’esplosione è un evento che manifesta una causa razionale e libera, agente: nell’ambito della necessità non ci sono esplosioni, ma ordine e caos, e in questo caos ci sono sì esplosioni, ma non di certo esplosioni cui segue un ordine.
 

DIMOSTRAZIONE_44: DELLA PERFEZIONE, VIGNANA_QUARTA , SECONDA_PARADOSSALE [Milano, 26 dicembre 2006, ore 22:15]
 
Essa recita: “il pensiero perfetto sa che Dio esiste, e il pensiero dell’uomo è perfetto: poiché il pensiero dell’uomo è [anche] perfetto, in quanto l’uomo appartiene all’esistenza, e questa è anche perfetta [come creata e in_creata, la prima simile alla seconda], l’oggetto del suo pensiero deve essere perfetto, e l’esistenza di Dio, non come ipotesi, ma proprio e solo come necessità, ovvero come fattualità esistente, rientra all’interno della definizione di un tale oggetto del pensiero e della sua perfezione”.
 
premessa
 
scrive il Prof. Carmelo Vigna: “Metafisica e sapere stabile sono, allora, figure che stanno in circolo: il sapere stabile è la forma necessaria del sapere metafisico in senso forte, perché solo il sapere stabile garantisce l’incontrovertibilità assoluta degli asserti; … sapere stabile e metafisica si convalidano a vicenda” [pag. XXXVI, Introduzione: sulla verità della metafisica, in Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero].
Nell’interpretazione epistemica di questo passo, la metafisica corrisponde all’esistenza_oggetto, e il sapere_stabile al pensiero_soggetto, pensiero dell’esistenza ma [e questo è il punto decisivo, fondante la dimostrazione] determinato dall’esistenza, sia come esistenza del pensiero, sia come suo contenuto [dim_1]. L’episteme emergente ha quindi accolto e trasformato quanto detto dal teologo Bertuletti, secondo cui “la teoria seguirebbe l’apertura dell’originario, sarebbe una seconda battuta che ha il compito di formalizzare concettualmente quanto l’originario annuncia o rivela simbolicamente (evidenza simbolica). E in questo annuncio o rivelazione sta già quella che lui chiama verità assoluta, da tenere distinta dall’episteme o dalla verità stabile …” [cap.8: La scuola teologica milanese e l’evidenza della fede, pag. 526, in Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero], epistemicamente correggendo questa concezione, interpretando [anche scritturalmente] questa “rivelazione” non come fede e libertà, ma come ragione e necessità [secondo Vigna]: non una ragione data da Dio all’uomo, ma come la ragione umana determinata nel contenuto da quella esistenza che [con Dio] la determina come esistente [è così che quindi il pensiero può porre qualcosa fuori dal proprio orizzonte: gli viene “strappato fuori” da quel qualcosa stesso, che si è posto in esso]: l’essere determina il pensiero [di Dio e dell’uomo], come ipostasi_struttura, e così anche il suo contenuto, come pensieri_contenuti.
L’essere determina  il pensiero [di Dio e dell’uomo] e l’essere viene prima del pensiero [di Dio e dell’uomo], e lo determina, determinandosi al suo interno proprio in quanto ad esso precedente, e quindi in modo assoluamente ogggettivo. Il cuore della filosofia è la teologia, perché la filosofia corrisponde all’esistenza, e Dio è al centro dell’esistenza, per cui la teologia, cui corrisponde Dio, è al centro della filosofia [l’esistenza determina Dio, e così la filosofia (con l’aiuto della rivelazione) determina la teologia].
 
dimostrazione
 
L’esistenza [non creata] è perfetta e, posta l’esistenza dell’uomo [creato e anche imperfetto], indipendentemente dalla creazione [che in una dimostrazione dell’esistenza di Dio non può essere presupposta], poiché tutto ciò che esiste si identifica all’esistenza, che è perfetta [e questo qualcosa è così perfetto, per partecipazione: partecipazione all’esistenza, non a Dio], l’uomo, anche imperfetto, è anche perfetto. Nell’uomo è il pensiero, che quindi è anche perfetto. Il pensiero dell’uomo è perfetto solo se [e perchè] esso pensa Dio come esistente. Non in senso ipotetico [imperfezione del pensiero: se il pensiero pensa ipoteticamente, esso è imperfetto], ma come realmente esistente [perfezione del pensiero]. L’ipotesi dell’esistenza di Dio, in quanto ipotesi, non appartiene al campo del pensiero, ma della sua imperfezione, cioè dell’errore. La contemplazione della mera ipotesi di Dio è un errore [schema_errore_proiettivo, creato da Dio per consentire all’uomo a_teo di difendersi].
a questo punto ci sono solo due fattualità [non possibilità]:
 
1.] o Dio esiste;
2.] o Dio non esiste.
 
Il pensiero dell’uomo ammette l’ipotesi dell’esistenza di Dio, quindi il pensiero dell’uomo è costretto, per essere e sapersi come perfetto, a passare da questa ipotesi alla necessità/ effettualità dell’esistenza di Dio [in tale passaggio sta la dimostrazione]. Invece,,[in tale passaggio sta la dimostrazione]logia].n l'osioni, ma non di certo esplosioni cui segue un ordine.rivata dal big bang.  il pensiero dell’in_esistenza di Dio non può essere perfetto, perché quella ipotesi lo renderebbe un sotto_pensiero: il pensiero perfetto può solo elevarsi dall’im_perfezione ipotetica, non abbassarsi al di sotto di essa. né vale l’idea dell’ipotesi dell’in_esistenza di Dio, perché, come detto nella dim_7, l’ipotesi contraria [Dio potrebbe esistere] corrisponde a un desiderio maggiore, la cui scelta da parte del pensiero rende questo maggiormente evoluto.


DIMOSTRAZIONE_45: DEL CONFRONTO, VIGNANA_QUINTA
 
Essa  recita: “Dio esiste perché l’uomo può avere consapevolezza di essere limitato solo se esiste, attualmente, un uomo illimitato, e questo è Dio”.
Scrive il Prof. Carmelo Vigna: “… non posso percepire qualcosa come parte se non lo percepisco come parte di un Intero, né posso aver percezione di un intero, se non ho percezione del senso dell’Intero [o dell’Intero del senso] … La verità determinata sta alla verità trascendentale come la parte sta all’Intero. Perciò la verità determinata non può essere intesa, se non è riferita alla verità trascendentale, …” [Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero, pag.14].
L’uomo illimitato è il futuro dell’uomo, cioè l’anima paradisiaca. L’uomo si percepisce come limitato. Ma può avere il concetto di se stesso come di essere limitato, solo se ha il concetto di un essere illimitato. Quest’ultimo è, come detto, l’anima paradisiaca. Ma questa non è attuale, è futura. L’uomo invece fa il confronto adesso, esso è attuale, quindi l’essere illimitato deve esistere adesso. Questo è sempre un uomo, ma è indifferente che sia un uomo potenziato [anima paradisiaca] oppure Dio, perché l’unica anima_paradisiaca attualmente illimitata può soltanto essere Dio [cioè l’uomo_Gesù]. Quest’uomo illimitato è tale sia temporalmente [uomo eterno] sia spazialmente [infinito], ecco dunque che esso è Dio.  
 

DIMOSTRAZIONE_46: DELLA VERITA’, VIGNANA_SESTA, EPISTEMICA_SESTA
 
Come la dimostrazione 29 [messoriana], essa recita: “poiché la verità esiste, Dio esiste, perché Dio è la Verità”. Ma questa espressione ora è più propria.
La dimostrazione è emersa quando il soggetto_espositore stava scrivendo il testo di Vigna sopra riportato, in cui la parola verità viene ripetuta quattro volte: “… La verità determinata sta alla verità trascendentale come la parte sta all’Intero. Perciò la verità determinata non può essere intesa, se non è riferita alla verità trascendentale, …” [Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero, pag.14].
La verità esiste [e ciò va dimostrato: si usa l’argomento di Aristotele: chi lo nega, lo nega secondo verità, e quindi afferma il contenuto negato, autocontraddicendosi]. Ma la verità è sempre per un soggetto. Questo non è l’uomo, che non possiede la verità [il pensiero perfetto di cui si è detto nella dim_41 riguarda il contenuto conosciuto/certamente qui c’è una difficoltà, perché il pensiero perfetto è il pensiero totale, ma l’episteme emergente è appunto, formalmente, il pensiero totale, che deve essere portato alla luce dalla Scuola epistemica/neo_scolastica/neo_aristotelica]. Allora esso è per il Soggetto, cioè per Dio:
 
1.] necessariamente la verità esiste [perché l’uomo sa che esiste, sapendo che l’essere è (Parmenide) e che almeno un soggetto è: dim_29];
2.] la verità è sempre per un soggetto, perché la verità non è l’essere, ma è il momento conoscitivo [mistico_speculativo] dell’essere [mistico significa erotico], e la conoscenza sta nel soggetto;
3.] allora il Soggetto [Dio] esiste.


DIMOSTRAZIONE_47: DELLA MEDIAZIONE, V_SETTIMA, LUDICA_TERZA
 
Questa dimostrazione differisce dalla dim_6 perché usa come mediatore l’identificazione all’esistenza, mentre la dim_6 utilizza come mediatore il pensiero.
L’uomo sta all’interno del tutto. Quindi l’uomo appartiene al tutto. L’uomo esiste e il tutto esiste., quindi, essendo l’uomo esistenza ed essendo il tutto esistenza, e quindi essendo l’uomo identico all’esistenza ed essendo il tutto identico all’esistenza, per la proprietà transitiva [consentita dalla riforma del principio di non contraddizione (dim_6), senza la quale la tigre sarebbe una giraffa, in quanto entrambe animali] l’uomo è il tutto [entrambi identici all’esistenza: uomo = essere = tutto comporta che uomo = tutto/ci sono molteplici forme dell’ Intero]. se l’uomo è il tutto, il tutto è l’uomo. Quindi deve esistere un uomo come le dimensioni effettive del tutto [perché, pur essendoci molteplici forme del tutto, il tutto è anche l’Intero in senso proprio], ovvero deve esserci l’Uomo, e quindi l’Uomo_Dio [Uomo = Tutto/Intero], ovvero deve esistere Dio. Questa dimostrazione è detta “vignana” perché è stata pensata indipendentemente dalla dim_6, riflettendo sul titolo del libro di Vigna “Il frammento e l’Intero” [Vita e Pensiero], e a tale riflessione si è stati portati dalla riflessione su di un suo passo, sotto riportato [ma la formulazione della dim_47 precede temporalmente la formulazione della dim_48].
 

DIMOSTRAZIONE_48: APOCATASTICA_SECONDA, N_SECONDA, V_OTTAVA
 
Scrive Vigna: “Se tutta la verità fosse instabile, sarebbe impossibile come tale, perché sarebbe impossibile porre [cioè pensare] convenientemente la proposizione che tutto è instabile [essendo, tale proposizione, l’affermazione di alcunchè di stabile] … Le cose vanno e vengono …, ma all’interno dell’orizzonte dell’esperire, del quale non si ha alcuna esperienza d’instabilità … L’esperienza della stabilità dell’apparire trascendentale non è, tuttavia, priva d’ombre” [Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero, pag.16] [sottolineatura del soggetto_espositore, per collegare il testo alla parte successiva, anch’essa sottolineata].
Si constata che la realtà apparente “diviene” in senso severiniano, cioè caotizzante:
 
1.] per la violenza e l’indigenza;
2.] per il big bang e la previsione della morte dell’universo [e della sua infernalizzazione epistemicamente prevista];
3.] per i terremoti e i maremoti;
4.] per la collisione delle galassie e l’esaurimento delle stelle  [e del sole];
5.] per la morte;
6.] per la malattia [corporea];
7.] per la follia [malattia psichica].
 
Si pone allora la domanda: “a quali condizioni un piccolo pensiero/soggetto [= l’uomo], definito qui micro_persona, può essere stabile, nel senso sopra detto da Vigna, all’interno dell’Intero [che è l’infinito, per la dim_3], se quest’ultimo è caotizzante ?”.
si risponde che tali condizioni devono essere tali, per cui nell’Intero deve esistere anche una macro_Persona [= Dio], involucro protettivo della micro_persona [= uomo], perché non è epistemicamente ammissibile [“epistemicamente” significa dato l’episteme come presupposto scientifico] che all’interno dell’instabilità [= Caos] possa stare un micro_ordine “stabile” nel sense detto, tenuto conto che [ciò che Severino non dice e che costituisce la critica epistemica alla sua filosofia], anche quell’orizzonte dell’esperire, di cui ha detto sopra Vigna, è esso stesso una “cosa”, che va e che viene [nel senso che il palcoscenico dello spettacolo degli enti è la ipo_strutturazione del reale, che detta causalmente, anche come libera volontà, in questo caso divina rispetto al Creato, la possibilità dell’apparire degli enti sopra il palcoscenico, apparire che Severino fa invece dipendere totalmente dal destino, per cui invece, ora, la causa è con_corrente al destino: principio di complementarietà: Zeus ha come limite il Fato, ma Zeus (e l’uomo) rimangono liberi e agenti (responsabilmente)_].
La differenza tra questa dimostrazione e la dim_28 consiste nel fatto che questa pone l’instabilità della configurazione attuale dell’apparire come sua differenza [provvisoria e necessariamente sostenuta da Dio, così dimostrato] dalla configurazione standard_normale, mentre la presente dimostrazione si incentra sull’analisi dell’instabilità [cioè dell’a_normalità apparente], ed è per questo detta nietzschiana.  
La differenza tra questa dimostrazione e la dim_11 consiste nel fatto che in quest’ultima al posto dell’essere apparente [il Creato] dovrebbe esserci il nulla, invece ora al posto di esso dovrebbe esserci il Caos, perché il Creato è sia ex_nihilo [creazionismo assoluto], sia dal_Caos [semi_creazionismo_epistemico].


DIMOSTRAZIONE_49: INNATISTICA
 
si è constatato che durante la messa i sacerdoti assumono un certo atteggiamento. questo è dovuto a condizionamento. Durante la messa il sacerdote [come anche un uomo che relaziona ad un convegno, o un avvocato in aula, o un insegnante in classe] sente su di sé la pressione del condizionamento dovuto alla presenza di centinaia di sguardi, e in conseguenza di tale pressione si sente inconsciamente costretto [si può definire inconscia qualsiasi pulsione o pressione dell’inconscio, a cui non si può opporre un freno, indipendentemente che di essa si abbia consapevolezza] a recitare un ruolo, assumendo nel comportamento, nell’atteggiamento e nei lineamenti dinamici del volto e della voce la relativa maschera. Da dove proviene lo schema di tale recitazione ? esso è innato: infatti, il prete interpreta il condizionamento come richiesta da parte dei fedeli che lui assuma un ruolo, una maschera di recitazione: lui può averla appresa in seminario, ma i fedeli [ciò che essi inconsciamente esigono dal prete: maschera della celebrazione normale, del matrimonio, del funerale/è importante l’esempio del prete, non dell’avvocato o dell’insegnante, perché il prete riguarda Dio e questa è una dimostrazione] non l’hanno di certo appreso a catechismo da fanciulli. Se il prete non recitasse, subito i fedeli direbbero: “costui non sembra un prete, non si comporta come un prete”. Ora: il prete sa qual è lo schema che i fedeli gli chiedono di recitare, e può, come detto, averlo appreso, ma anche i fedeli sanno come comportarsi e che cosa si aspettano da lui, ed essi non l’hanno appreso da nessuna parte [peraltro, nessuno ha dettato al prete il suo “stile” personale, il suo ascetismo celebrativo, la sua ieraticità mistica]: è quindi uno schema innatistico, perché non lo si è appreso. Quindi la funzione penitenziale/adorativa [= religiosa] è già nella mente, e quindi nella mente c’è già lo schema di Dio, a cui esso si rivolge, perché quel condizionamento riguarda il sentimento di essere una comunità alla presenza del divino [Freud direbbe del padre, ed è in errore, perché nessun padre ha mai insegnato ai figli di essere lui stesso “Dio”]. e poiché la mente è prodotta dalla realtà [a livello esistenziale prima che materiale], secondo la metafisica_epistemica [che costituisce la visione/spiegazione della realtà più probabile/plausibile, dato che assomma in sintesi corente tutte le visioni precedenti], Dio esiste, perché la mente lo riproduce come schema, da cui discende quello penitenziale, che si è detto essere innato.   
 
DIMOSTRAZIONE_50: DELLA FEDE, DEI MIRACOLI, BERTULETTIANA, M_TERZA, V_NONA, RIVELATIVA_SECONDA, EPISTEMICA_SETTIMA, FIDEISTICA_TERZA
 
come la dim_35 [apologetica_scientifica] dimostra l’esistenza di Dio attraverso un’interpretazione critica del testo biblico, che testimonia storicamente e attendibilmente che Cristo è risorto dai morti [= Dio esiste], allo stesso scopo servono le apparizioni della Madonna [= Dio esiste] e i miracoli delle guarigioni [Lourdes]. questi e le apparizioni [visioni] sono incorporate speculativamente.
In conseguenza delle dim_19 e dim_44, e da quanto detto dai proff. Bertuletti e Vigna [da questo riportato nel suo libro “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero: “il ragionamento di Severino fallisce … nel trattare aprioricamente il contenuto della fede cristiana, che è di suo incontrovertibile, alla stregua della modalità della conoscenza di quel contenuto, che è di suo controvertibile, ma è resa poi incontrovertibile dalla decisione della volontà; è resa cioè certa (così Vigna, pag. 500); “la teoria seguirebbe l’apertura dell’originario, sarebbe una seconda battuta che ha il compito di formalizzare concettualmente quanto l’originario annuncia o rivela simbolicamente (evidenza simbolica). E in questo annuncio o rivelazione sta già quella che lui chiama verità assoluta, da tenere distinta dall’episteme o dalla verità stabile …” (così Bertuletti riportato da Vigna, pag.526)_], si necessita di una ridefinizione della fede, intesa ora come il vertice della ragione speculativa, ovvero come forma della ragione speculativa assoluta, cioè come quel complemento della ragione umana che serve ad essa per perfezionarsi in senso speculativo.
si rileva che l'episteme è stato possibile perchè si è volto alla razionalizzazione dei dogmi, intesi come contenuti da razionalizzare. Come è stato possibile intenderli subito come verità ? qui bisogna considerare Heidegger e Vigna in modo diverso, perché essi parlano dell’essere che si rivela all’uomo [aletheia: disvelamento]: loro lo hanno detto, lo hanno dimostrato, occorreva solo attenderlo/è evidente che, ad esempio, un’opportuna considerazione delle apparizioni della Madonna [Lourdes o Fatima] comporta, in modo immediato, la posizione del cattolicesimo in senso tradizionale, e quindi accoglie “in blocco” i dogmi come verità simboliche da sottoporre alla razionalizzazione del pensiero speculativo [ciò che è già stato fatto, e che San Tommaso d’Aquino riteneva non possibile, solo perché Dio non prevedeva che ciò dovesse essere fatto nel medioevo]/si rileva che nessun filosofo e teologo, nelle sue riflessioni, interpreta tali fenomeni in senso heideggeriano_speculativo, come auto_svelamento dell’essere: per essi, Lourdes e Fatima [di cui si è tanto occupato Messori] riguardano la fede simbolica popolare, anziché la posizione più rigorosamente hegeliana del sapere [anche Platone e Aristotele sono, a loro modo, hegeliani: il pensiero dei primi è trascendente, il pensiero del secondo è assoluto].
La fede è complemento della ragione, necessario al suo completamento e perfezionamento:
 
1.] da fanciulli si deve andare a catechismo, per acquisire il senso della fede, inteso come amore protettivo;
2.] da adolescenti si deve praticare la filosofia, perché la sperimentazione dell’erotismo fa capire il senso, il "fuoco della verità" [come dice Piazza];
3.] da giovani ci si serve della filosofia per razionalizzare il contenuto di fede appreso da fanciulli;
4.] da adulti si persegue l’erudizione e ci si attiene agli aspetti pratici della vita:
 
a.] contemplazione di Dio per il Clero;
b.] sperimentazione dell’amore, del mondo, della famiglia e della tecnica (che include la chiesa e lo stato), ovvero del lavoro, per i laici.
 
Dio esiste perché la fede prevede l’esistenza di Dio, e la fede è il modo in cui l’essere invisibile, che è quel non apparire di Dio, per il quale acquisiscono senso le dimostrazioni, si manifesta all’uomo: nella fede appare Dio; i dogmi della fede sono apparsi subito razionali e veri al soggetto_espositore, perché sono auto_concetti, e quindi fenomenologicamente veri [fenomenologia del linguaggio, medium e messaggio]: si potrebbe dire che se la fede rivelativa non fosse apparsa, la ragione_speculativa avrebbe potuto formulare gli auto_concetti della Trinità e dell’Incarnazione da sola, autonomamente. 


DIMOSTRAZIONE_51: APOLLINEA
 
questa dimostrazione riprende numerosi argomenti precedenti:

1.] dal principio [dell’esistenza] deriva necessariamente una realtà necessaria, ...
2.] ... ma all’uomo un apparire necessaro non appare, ...
3.] ... quindi l’uomo [questo apparire] è stato creato da Dio, per il quale appare invece l’apparire necessario.

 
 
DIMOSTRAZIONE_52: DIONISIACA
 
questa dimostrazione riprende l’argomento della prima dimostrazione. in conseguenza della precedente dimostrazione [dim_51], si rileva che, all’interno dell’apparire necessario, che normalmente dovrebbe esserci, il piacere dell’uomo dovrebbe essere [come sarà quello paradisiaco] prolungato e continuo, anziché breve, accidentale e alternato al dolore. deve dunque esistere un soggetto, che provi un piacere prolungato e continuo, senza mia provare dolore, e questo è Dio [la dimostrazione presenta una difficoltà: esiste un momento in cui Dio prova dolore, ovvero il processo_creativo/possibile soluzione: solo Dio prova quel tipo di dolore di cui ha parlato Severino, ovvero contemporaneo alla gioia (per il principio di invarianza)/la difficoltà permane, ma non invalida la dimostrazione].
La prima dimostrazione riguarda il pensiero, la presente dimostrazione riguarda il piacere. non vale lo stesso argomento per il mangiare [necessario], il dormire [necessario], il vedere [per questo forse sì] [necessario], ecc./esso vale solo per il pensiero e per il piacere [estasi ed eros], essendo queste funzioni_base, sia umane che divine [ma in realtà, anche nel corpo cristico eterno esiste, necessario, un metabolismo biologico, per cui questa dimostrazione (e la prima) si applica a ogni determinazione corporea, che dovrebbe essere necessaria, tranne il dolore].



DIMOSTRAZIONE_53: DELL’IMPERFEZIONE, TERZA_PARADOSSALE
 
In conseguenza della dim_51, la realtà apparente dovrebbe essere perfetta [la dim_51 dice “necessaria”]. ma appare invece una realtà imperfetta. Mentre la dim_51 dice che deve allora esistere Dio, a cui appare la realtà perfetta, questa dimostrazione [riprendendo altre dimostrazioni, tra cui la dim_4] dice che [paradossalmente] solo Dio può aver creato la realtà imperfetta, perché:
 
1.] la realtà in_creata è perfetta;
2.] il creato è [direttamente] perfetto [armonia dell’eden originario];
3.] il caos è perfetto;
4.] il male [e l’inferno] sono [morfo_]perfetti;
5.] il peccato è imperfetto, ma non morfo_strutturalmente.
 
l’imperfezione appare perché Dio l’ha determinata [più che creata], spezzando il Creato [big bang nel suo livello cosmico] allo scopo di fare emergere quel caos [misto a ordine: dim_4], che consente all’uomo di riconoscersi non originario/esistenzializzato dall’essere dall’eterno [come Dio, e al posto di Dio/o meglio dell’anima_paradisiaca, che dovrà, invece, ancora diventare], ma derivato/creato dal nulla.


DIMOSTRAZIONE_54: STANDARD_PRIMA, NORMALE_SECONDA
 
questa dimostrazione riprende numerosi argomenti precedenti e si esprime così:

1.] Dio esiste, perchè la sua esistenza è [standard_]normale per la necessità dell'esistenza;
2.] Dio esiste, perchè la sua esistenza è la condizione [standard_]normale della vita e del soggetto_esistente per l'esistenza [la quale è normale in quanto necessaria];
3.] Dio è normale, è l'uomo che è a_normale [cioè "stra_ordinario", non solo nel senso poetico di "meraviglioso", ma innanzitutto nel senso scientifico (da cui il primo deriva) di essere vivente "non_ordinario"].

ci si interroga drammaticamente se Dio esista o non esista: questo perchè l'uomo è "ipnotizzato" dal [falso] quotidiano, e non comprende il "vero" quotidiano, quello che da sempre è stato quotidiano, prima dell'esistenza dell'uomo: l'eternità, la quale è standard_normale come condizione della pienezza dell'essere [trascendente] e di Dio come suo nucleo [essendo Dio la parte centrale dell'essere, su di essa convergente]. la condizione ordinaria dell'essere è l'eternità. se ci si abitua ad assumere il punto di vista di Dio, cioè del soggetto_eterno, che necessariamente esiste, perchè determinato dalla necessità, si capisce che sì, l'esistenza di Dio è/rimane un problema, ma esso non è più così "difficile" [cessa cioè la drammaticità del dubbio di fede], bensì unicamente di rigore speculativo: l'esistenza di Dio non è più un problema per la vita dell'uomo comune, perchè ora egli vede la realtà dal punto di vista della necessità, che unicamente è normale e ordinaria.

integrazione_gamma [standardizzazione/normalizzazione dell'esistenza di Dio]:

1.] sia data l'esistenza;
2.] sia essa definita [constatata/dimostrata] come necessaria, e come necessariamente tale [non si sta parlando del Creato];
3.] sia posto in essa un soggetto, vivente e pensante, e vi sia posto come necessariamente esistente [perchè entizzazione/ oggettualizzazione/soggettivizzazione dell'identità dell'esistenza con se stessa];
4.] allora tale soggetto è definibile, normalmente, non come un "uomo", o come un "angelo", o come una forma "strana" o "fantasiosa" di vita [ad esempio: gli dei della grecia, o un extra_terrestre, oppure un "mostro" delle fiabe] ...
5.] ... bensì [unicamente e necessariamente] come "Dio", definito come il soggetto vivente e pensante normale per l'esistenza necessaria.



DIMOSTRAZIONE_55: TRANSITIVA [detta così nello stesso senso della “mediazione” di cui alla dim_47] [con problema e sua possibile soluzione]
 
premessa
 
questa dimostrazione riprende gli argomenti della dim_6 e della dim_47, e sembra invalidarli [cioè togliere loro plausibilità], perché essi dimostrano che esiste Dio come un “Uomo” [soggetto vivente e pensante come l’uomo] dimensionalmente infinito, ma ciò che è infinito non per questo [sembra] dovrebbe essere eterno [immortale]: si potrebbe dire che un essere sia dimensionalmente infinito [immenso] e purtuttavia mortale, cioè non eterno. questa dimostrazione dimostra invece l’esistenza di un soggetto eterno, ma è in difetto perché non dimostra che è infinito [come lo dimostrano le altre due dimostrazioni]. Le tre dimostrazioni si completano reciprocamente, solo se si afferma e si dimostra il seguente principio [principio della correlazione necessaria infinito/eterno]:
 
1.] poiché ciò che è infinito è anche eterno e ciò che è eterno è anche infinito …
2.] … un soggetto infinito è anche eterno e un soggetto eterno è anche infinito …
3.] … e questo soggetto, se esiste, è Dio.
 
questo principio può essere [non ancora dimostrato ma] descritto/reso plausibile considerando quanto segue:
 
1.] l’infinito [la cui esistenza è dimostrata nella dim_3] è legato al principio;
2.] il principio è eterno, perché “l’essere è e non può non essere” [Parmenide];
3.] quindi, l’infinito è sempre anche eterno.
 
problema [rilevazione di problema]
 
il Creato è infinito ma non è eterno. questo problema è legato al rapporto tra infinito e principio, e dovrà essere risolto.

soluzione
[possibile soluzione]

potrebbe esistere una differenza qualitativa tra l'infinito_non_creato del reale_in_creato [mondo_divino] e l'infinito_creato del reale_creato [il Creato] [forse derivante da una differenza qualitativa delle loro relative esistenze/condizioni esistenziali]: in questo modo l'episteme può accogliere l'analogia intesa nel senso tomistico [differenza tra l'esistenza di Dio e l'esistenza della creatura]. ci si limita qui a porre una differenza tra i due infiniti.

 
dimostrazione [Dio esiste come soggetto eterno]:
 
1.] l’uomo esiste;
2.] la necessità esiste;
3.] quindi l’uomo, per la mediazione dell’esistenza, a cui sono entrambi identici, perché entrambi esistenti, è anche identico alla necessità [ed è dubbio che ciò che esiste, non esista in quanto necessariamente esistente, ma non nel senso di eterno, bensì nel senso di connesso, nel presente, alla necessità intesa come carattere di quel principio esistenziale, che non è Dio, e alla cui esistenza tale essente parcecipa, in quanto ente che esiste: necessità come esistenzialità presente, non necessariamente (per il Creato) in quanto necessariamente causata esistente];
4.] si devono allora trasferire i caratteri dell’uomo [soggetto: vita e pensiero] alla necessità [= eternità] [in tale trasferimento sta la transitività, e stanno le dim_6 e dim_47];
5.] deve allora esistere una necessità [= eternità], che sia vita e pensiero, e tale è Dio.
   
nota
 
la presente dimostrazione è in tutto identica nella forma alla dim_6 e alla dim_47, ma ora il secondo termine dell’identità è la necessità [il primo è l'uomo in tutte le tre dim], e quindi non è qui dimostrato Dio come soggetto_infinito, ma solo Dio come soggetto_eterno [perchè la necessità è legata al tempo e il tempo necessario è l'eternità]: le tre dimostrazioni si completeranno reciprocamente nella dimostrazione unitaria [sintesi di tutte le dimostrazioni], ma già si completano se è vero il suddetto principio. 
 

integrazione_X
 
la dimostrazione presenta un difetto: sono trasferiti alla necessità, all’eternità e all’infinito anche i caratteri di ogni cosa che sia una forma ipostatica [non un mattone, ma l’atomo] e gli animali, per cui dovrebbe esistere, ad esempio, una giraffa con i caratteri di Dio [infinita ed eterna].
si trascura il problema degli oggetti inanimati [anche gli animali hanno un anima: ciò che rileva è che essa sia auto_cosciente: questo fa la differenza tra l’uomo e l’animale, non la presenza di un’anima], perché essi, anche se assolutizzati, non diventano Dio [in quanto inanimati].
La giraffa, dunque, acquisisce il carattere di ente eterno e infinito, allora si dice questo:
 
1.] anche se infinita ed eterna, la giraffa rimane priva di auto_coscienza;
2.] in quanto [senz’altro] infinita e eterna, la giraffa non è un animale infinito ed eterno, ma è l’infinita ed eterna idea mentale che Dio ha di essa;
3.] invece, esiste l’Uomo con i caratteri dell’uomo;
4.] questa differenza si giustifica perchè solo nell’uomo [o meglio nella sua anima auto_cosciente] esiste il pensiero del pensiero e dell’esistenza [il pensiero astratto, ma ora questo con un significato ben diverso da quel pensiero “astratto” che gli scienziati potrebbero comunque attribuire alle scimmie, di cui le ricerca constatano l’intelligenza, e ciò con provocazione, quando basta semplicemente dire che gli animali sono intelligenti perché anch’essi a immagine di Dio, essendo lo Spirito Santo l’“animale” divino], cioè il pensiero dell’astratto in quanto principio;
5.] questo pensiero significa un principio nuovo, che consente di risolvere la difficoltà emersa nella successiva dimostrazione:
 
a.] l’uomo, l’Uomo e Dio, in quanto e solo in quanto pensano l’esistenza, sono di proporzioni infinite ed eterne, fuori dell’idea di se stessi, anch’essa infinita e eterna [nei differenti ordini], per cui …
b.] … la giraffa, in quanto non auto_cosciente, esiste come infinita solo come idea [dentro la mente di Dio], e non infinita come dimensione “esterna” di Dio [cioè non esiste una Giraffa_Dio]:

l’auto_coscienza determina l’espansione dimensionale del pensiero e del suo corpo, o meglio ne è il presupposto, o meglio ancora, il carattere parallelo [questa proposizione è un principio_epistemico].



integrazione_Y: ipotesi di confutazione del neo_parmenidismo
 
l'integrazione_X alla presente dimostrazione, per la quale ogni essente [creato] si trasferisce nell'eterno, per la mediazione dell'esistenza e, da questa, alla necessità, che ne assume i caratteri, porterebbe l'episteme a fondare il neo_parmenidismo ["tutto è eterno"]. si avrebbe così un irrisolvibile paradosso dimostrativo, perché una dimostrazione comporterebbe un’anti_dimostrazione, essendo stato indicato nel presente sito che il neo_parmenidismo nega l’esistenza di Dio [almeno del Dio_Creatore cristiano, o comunque di un Dio libero/si trascura qui il problema della definizione di un Dio alternativo al Dio della tradizione cristiana, anche perché l’uomo è un io e un io è libero, quindi si ritiene sia difficile ovvero problematico definire un Dio che sia meno dell’uomo, cioè un Dio non libero/la definizione di un uomo non libero è una definizione che contrasta con la definizione dell’uomo come io auto_cosciente e persona, ovvero semplicemente con la definizione “classica”/più comune, normale e probabile dell’uomo]. 
per evitare questa debolezza/vulnerabilità paradossale della dimostrazione si introducono i seguenti principii epistemici:
 
1.] l’eternità di un ente creato [una giraffa] segue la sua creazione [eternità_potenziale, distinta dall’eternità_attuale: cioè un tempo illimitato, potenzialmente in crescita continua, ma che ha avuto un inizio nel tempo dell’eternità senza inizio];
2.] il neo_parmenidismo si potrebbe confutare così: l’essere necessario è nel senso che essere = è, ma l’uguale, per la riforma del principio di non contraddizione, comporta la differenza [alterità tra i termini dell’uguaglianza], quindi essere = è significa: essere] differente_da [è, cioè essere ≠ è, ma il diverso dall’essere è il nulla, quindi l’annullamente, nel tempo, dell’essere e il suo venire all’esistenza dal nulla è condizione di coerenza per la prima identità, che riguarda l’essere_primo del principio [ipotesi per la confutazione del neo_parmenidismo];
3.] la polvere è fatta di atomi, che questa dimostrazione avrebbe eternizzato, invece:
 
a.] solo gli atomi [la forma ipostatica connessa allo sviluppo] sono eternizzati come idee e realtà esterna [all’idea];
b.] solo ciò che è funzionale all’uomo è realtà oltre che idea;
c.] l’atomo e il computer sono funzionali all’uomo [dimostrato dalla connessione di dipendenza pulsionale], quindi sono eterni sia come idea della mente di Dio, sia come realtà esterna;
d.] una giraffa è una forma, e quindi è eterna, ma poiché non è [normalmente: …] funzionale all’uomo [...: non esiste una pulsione verso la giraffa (si trascura qui l’analisi delle perversioni sessuali legate al rapporto tra uomo e animali, fondate sul fatto che lo Spirito Santo è dentro Dio, sua componente, ed è l’animale)_], essa è eterna come idea ma non come realtà esterna all’idea.
 
è così evitato il neo_parmenidismo: l’uomo dimostra Dio, la polvere non è eterna, l’atomo è eterno come creato [se creato], l’uomo è eterno come creato ma anche come non creato, perché funzionale a Dio e a se stesso [come invece non lo è l’atomo creato, rispetto a Dio e all’uomo creaturale], la giraffa è eterna come creata [incominciamento], e non come in_creata, perché non funzionale a Dio e all’uomo.


DIMOSTRAZIONE_56: METAFISICA, DEL NICHILISMO
 
Essa recita: “Dio esiste perché esiste il pensiero dell’uomo, e questo esiste solo in quanto pensiero che, essendo metafisico per essenza, pensa in quanto dimostra e dimostra in quanto pensa”.
questa dimostrazione riprende il tema della dim_3. essa tuttavia non ne riprende l’argomento. mentre la dim_3 è legata all’episteme, la presente dimostrazione è legata alla epistematica [cioè alla gnoseologia attinente alla costruzione dell’episteme, che è il concetto della realtà e di Dio].
si è detto nella pagina …/m136.html_[] quanto segue:

“…l’episteme concepisce Dio come esistenzialmente necessario, e formula “novità” allo scopo di porre il parallelismo speculativo tra …

a.] spiegazione della ragione razionale dell’esistenza di Dio;

b.] spiegazione che, essendo la definizione di Dio come essere necessario, necessariamente funzionale all’esistenza necessaria, equivale alla dimostrazione dell’esistenza di Dio [terza dimostrazione]”.

questo significa che il pensiero [nel suo uso primario/questo concetto è legato alla critica epistemica dei giochi di Wittgenstein, che l’episteme interpreta, naturalmente, come usi/giochi di pensiero, prima che di linguaggio, e l’episteme li gerarchizza] è solo pensiero dell’essere in quanto essere. ma questo determina la metafisica epistemica, la quale spiega, e con ciò dimostra [probabilisticamente/rendendo plausibile] l’esistenza di Dio.
allora:
 
1.] esiste il pensiero [dell’uomo], solo in quanto metafisica epistemica [scienza dell’essere in quanto essere e del suo sviluppo determinante Dio e convergente su Dio];
2.] per cui, poiché esiste tale pensiero, Dio esiste [la sua esistenza è resa dimostrata/ plausibile: attenzione, non è necessario dimostrare Dio perfettamente, è sufficiente superare la plausibilità dell’ipotesi contraria, ovvero dell’a_teismo/ciò non toglie il dubbio di fede e la relativa angoscia, ma almeno vince l’a_teismo e la relativa etica/a_etica, anch’esso solo probabile (ma, dice Severino, anche necessario)_];

ecco dunque che l’a_teismo è confutato:

1.] il nichilismo non è pensiero dell’in_esistenza di Dio, ma, in quanto negazione della metafisica_epistemica, data dal pensiero [puro], essenza del pensiero [pensiero puro dell’essere], il nichilismo è solo non_pensiero;
2.] ma il pensiero [metafisico] esiste, e quindi il nichilismo è volontà di negare l’esistenza di ciò che esiste, ciò che è impossibile;
3.] Severino dice che la volontà che vuole l’impossibile è violenta: l’a_tesimo è una forma di violenza della volontà: volontà del soggetto, che si auto_nega le [proprie] potenzialità [metafisiche] del pensiero;
4.] la filosofia contemporanea è una forma di violenza;
5.] ciò spiega l’alienazione a cui sono esposti i giovani che studiano filosofia [e a cui il soggetto_espositore si è sottratto, lasciando la facoltà di filosofia]:

a.] è dato loro credere [da parte della filosofia contemporanea], che la filosofia antica [metafisica] è “antica” [ cioè lontana e inattuale];
b.] è dato loro credere, che l’a_teismo e la filosofia contemporanea [che, dice Severino, nega radicalmente l’esistenza di Dio] siano forme di pensiero [dice Severino: “il più radicale e potente: Nietzsche e Leopardi”], mentre invece essi sono forme di negazione del pensiero, cioè di non_pensiero [ha detto Vigna: “rimozione”].

integrazione_omega
 
si rileva che tale dimostrazione è rigorosamente scientifica. essa dice:

1.] l’uso gerarchicamente primario del pensiero è il pensiero di Dio, perché Dio pensa primariamente se stesso [nel conscio, insieme agli uomini, ma non ora/dopo e solo secondariamente, nell’in_conscio, il principio, il proprio mondo, ora gli uomini_creature (ancora fuori del paradiso) e il Creato];
2.] l’uomo eredita questo pensiero [e ciò pone un problema, perché il primo pensiero dell’uomo dovrebbe essere se stesso: non si ritiene qui necessario dire che Dio è per l’uomo un pensiero sì conscio ma secondario, come sarà in paradiso, perché proprio quell’alienazione (Dio come primo pensiero) spiegherebbe l’alienazione, quindi il male e l’a_teismo, inteso come positiva e necessaria, per tutti gli uomini, difesa da tale alienazione, dovuta alla sovrap_posizione della struttura originaria creata/derivata];

3.] quindi, esiste il pensiero solo in quanto pensiero di Dio: si può pensare una mela, ma solo con lo sfondo del pensiero di Dio/senza questo sfondo l’uomo non pensa, e in effetti gli a_tei sono soggetti in_consci/in_consapevoli;  
4.] ma il pensiero esiste [il pensiero di una mela];
5.] quindi esistono, correlati:

a.] l’esistenza del pensiero;
b.] il pensiero come necessariamente pensiero di Dio
c.] l’esistenza di Dio [così dimostrata] in quanto contenuto necessario del pensiero.

… e tale è Dio, perché Dio è, nella sua essenza più profonda, vita in quanto pensiero [infinito e eterno], e quindi il pensiero di Dio è auto_pensiero, estasi per Dio [e possibile alienazione per l’uomo (necessariamente, per questo, a_teo: a_teismo come difesa da questa alienazione, tipicamente religiosa)_]. che Dio sia pensiero [attenzione: segue ragionamento imperfetto, lo si lascia e se ne dà il perfezionamento nella successiva integrazione_Z] è posto dalla primaria definizione di Dio [giacchè per dimostrare Dio bisogna definirlo, inizialmente], e che questo pensiero, pensato nell’uomo, sia infinito e eterno è dimostrato per il fatto che [attenzione: rilevazione del difetto: si sta uscendo dalla dimostrazione, ma si lascia la considerazione che segue perchè mostra l'efficacia delle dimostrazioni richiamate e l'intreccio tra le dimostrazioni] l’infinito e l’eterno sono idee e parole della mente [del pensiero], e tutte le dimostrazioni [in particolare la dim_2 per le idee e la dim_42 per le parole] dicono che le idee e le parole servono, nel loro uso gerarchicamente primario [posto dal valore e dal senso] per riferirsi alla realtà delle cose.
 
integrazone_Z [perfezionamento della dimostrazione/concetto pensato più di 10 anni fa e qui ricordato]
 
così formulata la dimostrazione è insuffciente, perché essa deve dimostrare che il pensiero pensato dall’uomo è infinito e eterno [= Dio] in quanto pensiero [essendo questo il cuore della dimostrazione], e non servendosi di altre dimostrazioni [dim_2 e dim_42]. Lo si dimostra così [si ritiene che forse questo concetto è già stato esposto nel sito]. L’esistenza è l’esistenza vaga oppure e la totalità dell’esistenza, cioè l’Intero. ora:
 
1.] l’uomo può pensare l’Intero non come idea ma, poiché l’Intero è l’Intero [e qui è evidente che si sta usando l’argomento ontologico con l’Intero al posto di Dio, perciò lo si riprende con la sua epistemizzazione nella dim_25, se essa serve allo scopo/non ci si pone ora il problema], necessariamente come l’Intero oggettivo e oggettuale, cioè interno e esterno insieme;
2.] allora, poiché l’uomo non copre epi_stemicamente l’Intero, è evidente che il suo pensiero sta utilizzando Dio/triangolando su Dio [= Cristo = Epi_steme] [attenzione: rilevazione di ulteriore dimostrazione: dim_57];
3.] quindi, in quanto pensiero dell’essere [concetto vago], cioè di tutto l’essere [concetto preciso], ovvero dell’Intero, questo pensiero è infinito e eterno, anche esterno all’uomo/altro dall’uomo.


DIMOSTRAZIONE_57: DELLA TRIANGOLAZIONE, R_SECONDA, QUINTA_C
 
dalla precedente dimostrazione si ricava che il pensiero dell’Intero è il pensiero della totalità, che esso è anselmianamente fuori dell’idea [la totalità è totalità, non solo interiore, stesso ragionamento che si era usato per l’alterità in una precedente dimostrazione], e che, poiché l’uomo non la copre, …
 
1.] da un lato, questo pensiero è Dio [dim_56];
2.] dall’altro lato, il pensiero della totalità e di Dio è consentito nell’uomo solo attraverso Dio [cioè Dio esiste perché, non solo Dio esiste, ma lo si può sapere perché Dio esiste, Dio di cui ci si serve per pensarlo], e quindi Dio esiste, perché la sua esistenza consente di conoscere la sua esistenza, così doppiamente dimostrata [presente dimostrazione].
 
La dimostrazione è detta:
 
1.] ruiniana [dim_16], perché ne riprende l’argomento, e inoltre vi si applica anche quanto detto nell’esempio del sasso [parte finale della dimostrazione];
2.] cartesiana, perché anche Cartesio si è servito di Dio per triangolare col mondo, ciò di cui si è detto sempre nella dim_16 [ruiniana].


DIMOSTRAZIONE_58: ANTICRISTICA, N_TERZA, RETRO_RAZIONALE_SECONDA, QUARTA_PARADOSSALE
 
premessa
 
seguono un insieme di dimostrazioni incentrate sul rapporto tra bisogno e verità del bisogno: “Dio esiste perché l’uomo ne ha bisogno”. questo principio è espresso alla fine della settima dimostrazione: Dio esiste perché l’uomo ha bisogno della sua esistenza” [dim_7]. questa proposizione descrive il contenuto della settima dimostrazione, nella quale questo bisogno di manifesta nel linguaggio dimostrativo emergente, che fa apparie Dio come razionalità di tale linguaggio, perché espresso dal relativo bisogno assoluto dell’assoluto [massima razionalità del bisogno e del linguaggio che lo esprime]. Ma tale principio fonda anche dimostrazioni più dirette, che correlano la verità al bisogno, così come l’episteme ha posto la correlazione tra verità e senso. tale principio è il rapporto è espresso dal principio della verità del desiderio, dove la verità è Dio e il desiderio è il desiderio di Dio. questo principio sta alla base delle dimostrazioni dim_17 e dim_39, ma esse piuttosto sono dimostrazioni epistematiche, essendo il desiderio/bisogno/etica intesi come criteri guida del pensiero speculativo. ora invece la correlazione tra bisogno/desiderio e verità è legata all’episteme, nel senso che dalla natura “strutturale” di tale bisogno si ricava l’esistenza di Dio.
 
dimostrazione:
 
1.] l’uomo ha la pulsione a [ri_]creare Dio [ad esempio in un super_computer/dice Severino: “con la tecnica l’uomo può darsi il programma di creare anche Dio”];
2.] ma questo Dio è paradossale: è un Dio che inizia a esiste nel tempo, in quanto creato dall’uomo; ed è però voluto come il vero Dio, cioè come quesl Dio eterno che, in quanto tale, dovrebbe precedere [retro_]esistenzialmente la propria creazione da parte dell’uomo, perché è evidente che un Dio che, essendo creato, inizia a esistere, non può essere il “vero” Dio, e quando l’uomo vuole creare Dio, vorrebbe esistenzializzare il “vero” Dio, non un Dio_super_computer;
3.] tale volontà creatrice di Dio, che è etica, si realizza oggi nel male, nella creazione cioè del Grande Fratello della Tecnica [= Anticristo, essendo appunto Cristo il Fratello dell’uomo/questa definizione è scientifica]. l’episteme fonda positivamente il momento tecnologico della storia [principio della santificazione della civiltà della tecnica]:

a.] attraverso la conoscenza dell'Anticristo, l'uomo conosce Cristo;
b.] così l'episteme ha potuto conoscere che Cristo, come Verbo e Carne, è la Tecnica;
c.] nel rapportarsi al Grande Fratello, l'uomo costruisce la propria identità paradisiaca.
 
4.] la volontà creatrice di Dio [associata alla dim_19] può uscire dal paradosso, solo creando il Grande Fratello nello stato e in una globalizzazione, che non sia il vero Dio [la tecnica come “oppio” dei popoli, che fa ad essi dimenticare che la tecnica umana non è co_eterna alla necessità], ma sia solo il simbolo del vero Dio, creato in quanto desiderato/voluto/posto/ pensato come realmente originario ed eterno;
5.] il Grande Fratello diventa la positiva [etica] immagine apparente della clonazione di Cristo e del vincolo_ tecnologico di salvezza, ovvero della gigantesca riproduzione clonativa che Cristo fa di sé allo scopo di creare, nell’al di qua non apparente [nuova_creazione] il ponte tra al_di_là_infernale e al_di_là_ paradisiaco, nella separazione di Cristo da Cristo [dovuta a quella del Figlio dal Padre], che ha aperto, nell’eterno e nella necessità, lo “spazio sacrificale” per la creazone della creatio_ex_nihilo [tutto il Creato sta in Dio, nello stesso luogo in cui la spina_protesi penetra la testa di Santa Rita da Cascia];
6.] questa immagine dimostra l’esistenza di Dio, perché l’uomo esprime il suo bisogno di Dio e del nuovo Dio salvifico creando Dio [o nella tecnica, facendolo apparire, o nell’etica, consentendo a Crsito si clonarsi con l’uomo], e questa creazione è la posizione esterna di un’idea: questa posizione esterna di Di, cioè della sua idea, mostra che l’idea che l’uomo ha di Dio è l’idea di un Dio esterno alla sua idea …
7.] … e poiché il concetto di Dio è il concetto di un Dio che, pur essendo posto nel tempo, sta fuori del tempo, questa posizione [tecnica e o etica] avviene nel tempo [perché anche la clonazone di Cristo avviene nel tempo, seguendo l’uomo], ma è simbolo di un Dio eterno, perché questo vuole l’uomo: tale riproduzione_creata di Dio serve all’auto_completamento del Dio eterno e in_creato.
  
L’uomo desidera essere “dio” [= anima paradisiaca], e crea Dio per essere accompagnato da Dio in tale sua divinizzazione.
 
 
DIMOSTRAZIONE_59: DEL COMPLEMENTO
 
Dio esiste perché il bisogno di Dio da parte dell’uomo è espressione di Dio come del complemento [interiore e] esteriore dell’uomo: esteriore, cioè esistente [in modo autonomo dall’uomo]; complemento, quindi la realtà stessa di Dio, riprodotta nell’uomo, fa percepire Dio come sua assenza nell’uomo; poiché Dio è assente dall’uomo, Dio esiste perché deve esistere un Dio che possa riempire di se stesso tale assenza, a_normale e proiettantesi esteriormente nel bisogno di Dio, della sua esistenza e della sua dimostrazione.
anche qui [come nella dim_58] si dice che l’uomo desidera essere “dio” [= anima paradisiaca], e crea Dio per essere accompagnato da Dio in tale sua divinizzazione.
 
 
DIMOSTRAZIONE_60: DELLA PURIFICAZIONE
 
associata alle dimostrazioni dim_36 e dim_49 [a quest’ultima per l’esempio in essa usato], la presente dimostrazione si fonda sulla rilevazione del bisogno di purificazione [religiosa] dell’uomo [e potrebbe fondarsi anche sull’alienazione e sulla sublimazione religiose, definite “patologie della fede”, che Freud usa per negare la religione, e che l’episteme invece considera fenomenologicamente come chiara manifestazione del divino, capovolto a causa del male]: tale bisogno di purificazione non potrebbe esserci se non esistesse un Essere puro, rispetto a cui sentirsi impuri.  
 
 
DIMOSTRAZIONE_61: DELLA VOLONTA’ DI POTENZA, N_TERZA
 
Dio esiste perché l’uomo esprime il bisogno della sua esistenza per il proprio infinito potenziamento. Esso è tale se attuale:
 
1.] l’ateo percepisce Dio come proprio depotenziamento;
2.] vede l’evoluzione e la tecnica come proprio potenziamento;
3.] ma questo si realizzerà [se si realizzerà] con il progresso;
4.] invece, se Dio esiste, tutti gli uomini saranno subito potenti dopo la morte [se salvati].
 
anche qui [come nelle dim_58 e dim_59] si dice che l’uomo desidera essere “dio” [= anima paradisiaca], e crea Dio per essere accompagnato da Dio in tale sua divinizzazione.
 
 
DIMOSTRAZIONE_62: DELL’EROS
 
Dio esiste perché l’uomo esprime il bisogno della sua esistenza per il proprio infinito godimento. dice infatti la dim_7, con due argomenti non strettamente associati ad essa, e che si prestano a tale dimostrazione:
 
1.] nell’eternità, è meglio amare una donna e, insieme, Dio, piuttosto che soltanto una donna: quindi credere in Dio è più perfetto che non credere, perché Dio, in aggiunta, dà più godimento”;
2.] quanto più piccolo è l’uomo davanti a Dio, tanto maggiore è il suo godimento di Dio, e quindi tanto maggiore è il godimento di Dio, che partecipa del godimento dell’uomo”. qui si aggiunge che, in aggiunta, anche l’uomo partecipa di tale godimento/ partecipazione di Dio, in un circolo virtuoso: il “circolo del godimento”.
 
 
DIMOSTRAZIONE_63: DELL’AGAPE
 
Dio esiste perché l’uomo esprime il bisogno della sua esistenza per la propria infinita protezione [amore protettivo: tale dimostrazione si associa quindi alla dim_48], e per il proprio infinito bisogno di affetto [familiare_coniugale_amicale]. Non si è ritenuto di dover distinguere tante dimostrazioni quanti sono i bisogni di amore dell’uomo [secondo le diverse concezioni dell’amore] e quanti sono le forme degli ulteriori bisogni dell’uomo. sono stati identificati i bisogni di base:
 
1.] creazione [Nietzsche e Severino] [dim_58];
2.] completamento [dim_59];
3.] di purificazione [dim_60];
4.] di potere e riconoscimento [dim_61];
5.] di eros [dim_62];
6.] di affetto, amicizia, potezione [dim_63].

 

DIMOSTRAZIONE_64: SEVERINIANA_SECONDA
 
per la dim_5 [severinina_prima], Dio esiste perché deve esistere un conscio [= Dio] a cui appaia l’apparire in_conscio dell’in_conscio dell’uomo, perché l’apparire, anche se in_conscio, è sempre apparire per un conscio.
Ora, invece, si constata che, poiché “l’essere è e non può non_essere” [Parmenide e Severino] [ma, in conseguenza di quanto si è detto nell’integrazione_Y della dimostrazione 55, già si inizia a dire che “l’essere (degli enti) è, e può anche non essere, affinchè solo l’essere_puro sempre sia e mai non sia”, o addirittura anche quest’ultimo può non essere, affinchè sempre esista solo la prima determinazione della struttura proto_ontica dell’essere in sè], anche l’apparire conscio dell’uomo deve sempre essere, e poiché l’uomo vede e non vede, la continuità del contenuto del conscio dell’uomo deve continuare, come detto, ad apparire, a allora essa appare ad un conscio diverso da quello dell’uomo, cioè al conscio di Dio, che quindi esiste [come condizione della continuità dell’apparire appartenente agli occhi dell’uomo].
ciò fa venire in mente l’immaterialismo e idealismo_gnoseologico di Berkeley, e ora si cerca di vedere se nella sua filosofia è contenuta una dimostrazione.
Intanto si constata che questa dimostrazione è già berkeleyiana, ma Berkeley non ha riflettuto sul rapporto tra essere ed ente, in senso parmenideo, egli ha detto che ciò che scompare continua ad apparire in Dio, solo per la ragione che viene riportata nella dim_65 successiva a questa.
 
DIMOSTRAZIONE_65: BERKELEYIANA
 
premessa
 
la confutazione di Berkeley è per l’episteme di estrema semplicità, perché è già stata fatta confutando Kant:
 
1.] il processo che Berkeley critica, l’astrazione, è il cuore della gnoseologia epistemica, per la quale appunto il vero reale è l’astratto;
2.] per Berkeley la conoscenza è percezione, e questa riduzione [fatta propria da tutto il pensiero occidentale, anche dalla neo_scolsatica, fin da Platone, che per conoscere le idee si eleva ad una conoscenza “intelligibile”, che per l’episteme è invece semplicemente e naturalmente il pensiero] è frutto del nichilismo [che, fraintendendo il senso dell’essere, fraintende così anche il pensiero, ovvero la conoscenza, ridotta all’apparire dell’apparire, cioè alla percezione: al pensiero è associata l’immediatezza logica, ovvero il formalismo, mentre l’essere è inteso solo per l’immediatezza fenomenologica, e appunto il fenomeno è apparire per la percezione];
3.] per l’episteme, invece, che usa la tripletta pensiero, linguaggio e percezione, il linguaggio [sintesi nel Verbo di pensiero, linguaggio in senso stretto e percezione] media tra percezione e pensiero, astraendo dall’ente/apparire la sua esistenza [producendo la differenza_ontologica], e astrae questa da se stessa [producendo la differenza_protologica, ovvero ricavando il concetto di esistenza pura e della sua struttura proto_originaria];
4.] poi, astratta dal pensiero l’esistenza dell’ente dall’ente percepito, il pensiero riattribuisce all’ente_percepito la sua esistenza, e così, tramite il linguaggio e opportuna modelizzazione, il pensiero [e non la percezione] intuisce [l’intuizione è la base per pensiero: tutta la matematica_deduttiva è sequenza analitica, sistematica e sintetico_analitica di intuizioni] che l’ente della rappresentazione, e che è tale, cioè soggettiva, è anche oggettivo, fuori di essa, perché l’esistenza pura è concetto, privo di rappresentazione, essendo astratto, assolutamente oggettivo, e viene applicata/appiccicata all’ente, portato così fuori del soggetto. Quindi:
 
a.] la teoria epistemica della realtà e della sua conoscenza è sia realismo che idealismo;
b.] per quanto è possibile, essa deve spiegare come sia possibile al pensiero “saltare al di fuori della propria ombra” [l’ombra è il campo del solipsismo/idealismo];
 
5.] già da più di 15 anni l’episteme definiva la rappresentazione come solo soggettiva, e poi ha capito che l’essenza dell’oggettività del reale deve essere s_materializzata, ma non in senso spirituale, bensì in senso esistenziale, perché l’esistenza è necessaria [Parmenide], priva di rappresentazione [Heidegger] e quindi astratta [Hegel]: ma questo astratto non è irrazionale o privo di fondamento [Heidegger secondo Severino] e non viene superato dal concreto [secondo Hegel], bensì [e questo principio, finora non detto, è forse il pià importante della metafisica epistemica], proprio in quanto chiuso in se stesso e su se stesso, nella propria differenza protonica, determina Dio e il tutto verso Dio fuori di se stesso, in un’emanzione, in cui il primo termine è l’uno con la lettera minuscola [esistenza e uno], e l’ultimo termine è l’uno con la lettera maiuscola: Dio come Essere e Esistenza [schema dell’evoluzione trasferito all’emanazione: dall’Uno_Dio inizia la trinitarizzazione]. s_materializzato l’ente, l’episteme torna a materializzarlo anche al di fuori della rappresentazione: la cosa, l’oggetto, è materia, e questa è sia soggettiva [come percepita], sia oggettiva, ma come astratta/non_percepita;
6.] infine, per l’episteme il nichilismo gnoseologico, che fa prevalere il concreto sull’astratto e la percezione dell’ente concreto [= apparire dell’apparire] sul pensiero dell’essere/esistenza astratto, deriva dal fatto che l’uomo [che adotta una concezione totemica della conoscenza, in cui il dato è introiettato dalla mente, anziché una concezione epi_stemica della conoscenza, per cui pensare è essere, e quindi se penso il tutto io devo essere esteso come il tutto] proietta la fonte energetica [frutto proibito, punto_omega, il danaro, ecc.] nell’ente, e quindi lo vuole concreto;
7.] l’uomo teme l’astratto, e lo identifica nichilisticamente/heideggerianamente con nulla/Ni-ente, perché “vive” l’astratto come vuoto, cioè assenza della fonte, ovvero caduta infernale. Invece il vero reale è l’astratto, Dio è astratto, il tutto è astratto, e il concreto è solo l’estasi e il piacere.
 
dimostrazione
 
ciò posto, si constata che Berkeley ha ragione quando dice che l’apparire che cessa di apparie all’uomo deve continuare ad apparire = essere a Dio …
 
apertura di macro_parentesi [in tale identità c’è tutto il nichilismo dell’occidente, di Severino e della neo_scolastica: l’essere è anche apparire, ma non si riduce ad esso, l’essere è innanzitutto l’essere stesso, e in tale auto_identità, non tautologica, sta la sua oggettività esterna all’uomo: infatti: è ≠ esiste ≠ esistere ≠ esistenza: questi diversi modi di esistere dell’esistere significano che l’essere non è solo tautologicamente l’essere stesso, ma è la propria auto_condizione esistenziale, il circolo auto_fondativo dell’essere, l’essere come causa di se stesso, e quindi un astratto esistente, astratto perché non rappresentato, e causa di tutto perché logico_formalmente auto_contraddittorio (apparetemente) ma coerente, e il tutto, gerarchizzato im_mediatamente in Dio (nell’esistenza, nel pensiero e nell’anima) e mediatamente fino a Dio (nello spirito e nel corpo), è questa coerenza, intesa come condizione a_temporale (perché sempre deve essere) di coerenza del principio, cioè dell’auto_fondazione dell’esistenza in sé pura astratta] chiusa macro_parentesi …
 
  infatti:
 
1.] la rappresentazione presuppone un campo spirituale che traduca l’oggetto [ente esistenziale] in oggetto soggettivizzato [ente apparente];
2.] l’uomo ha un campo che egli non può dominare: vede [in modo naturale, senza ad esempio il telescopio] le montagne, ma il suo campo spirituale non può investirle autonomanente, perché esse sfuggono al controllo, da parte dell’uomo, della propria immaginazione, che non è solo passiva [come dev’essere, se la soggettivizzazione riguarda la realtà vera], ma anche “enorme”;
3.] quindi, il campo spirituale dell’uomo, in cui egli è immerso, è dato da Dio [o dalla stele: se esiste la stele, raggio spirituale, esiste Dio, da cui essa proviene, avendo l’informazione dell’uomo, quindi dell’Uomo].
 
perché il campo dell’uomo dovrebbe essere piccolo ? correzione:
 
1.] non piccolo, ma de_centrato;
2.] l’uomo si sposta, e la montagna è ferma: normalmente [configurazione standard della vita], è vero che la montagna dovrebbe spostarsi, ma relativamente all’uomo, che non dovrebbe spostarsi [essendo, come dice Putnam, cervello nella vasca, e questo normalmente];
3.] cioè l’uomo si sposta relativamente a un campo immobile, essendo la percezione della montagna una triangolazione [catesiana/berkeleyiana] tra uomo, Dio e montagna. Ciò dovrebbe essere approfondito e meglio spiegato, ma per ora può bastare: la presente dimostrazione ha solo intuito qualcosa: Berkeley ha forse capito che l’apparire è anche in sé vero, come apparire, perché appare ad un altro conscio: non dal punto di vista dell’essere [Severino], ma da quello di un Dio che è condizione per una rappresentazione del mondo [Schoperhauer], “troppo grande” per l’uomo, cioè perchp sia creata dal solo campo spirituale [steleologico] dell’uomo.

DIMOSTRAZIONE_66: CONDIZIONALE, QUINTA_PARADOSSALE, LUDICA_QUARTA

Questa dimostrazione era inclusa nella dim_3, e viene ora scorporata da essa, allo scopo di sottolineare le funzioni dimostrative e i principiii in base a cui la dim_3 può essere efficace. Ciò appare necessario, perché le due versioni della dim_3 esprimono nella seconda versione una dimostrazione autonoma. La presente dimostrazione recita: “Dio esiste, perché la posizione_speculativa [nominale, razionale e sistemica] della sua ipotesi presuppone l’esistenza di Dio come unica possibile spiegazione [= condizione] dell’esistenza della stessa ipotesi di Dio”. 
La presente dimostrazione differisce dalla seconda parte della dim_3, perché questa utilizza il sistema del tutto per spiegare l’intera_realtà [l’Intero], la presente dimostrazione utilizza solo alcune determinazioni del sistema del tutto [poste in modo completo], per spiegare solo una parte dell’Intero, cioè l’ipotesi di Dio.
seguono condizioni dimostrative:
 
1.] se esiste una realtà, di cui Dio è posto come condizione, allora Dio esiste;
2.] la realtà apparente è, ad esempio, posta dal cristianesimo come tale, per cui Dio, nella creatio_ex_nihilo, è sua condizione esistenziale, essendo Dio condizione creatrice del Creato. ma è invece solo ipotetico che Dio sia tale condizione, solo cioè se la realtà che appare è stata realmente creata
 
parentesi [peraltro ciò non sarebbe ipotetico, perché l’episteme, vedendo l’auto_concetto a livello fenomenologico_linguistico, identifica quasi descrizione e dimostrazione, dato che la definizione (funzioni dimostrative: DIM = DES X DEF), oltre a essere data a livello esistenziale, può essere data dai tre principiii di correttezza, coerenza e completezza, e se la correttezza presuppone la definizione esistenziale e l’apparire empirico, tali principii, potendo forse funzionare a coppie, possono essere anche solo la coerenza formale_razionale e la completezza sistemico_enciclopedica] chiusa parentesi;
 
3.] la prima realtà, di cui Dio sarebbe condizione, per l'uomo è l'ipotesi di Dio;
4.] l’ipotesi di un essente, se non ne dimostra l'esistenza, ne dimostra comunque la capacità di spiegare la realtà, a partire dalla realtà/esistenza dell'ipotesi stessa [cioè: l’ipotesi è formulata per spiegare la realtà, e qui si usa l’ipotesi di Dio per spiegare innanzitutto se stessa. nella dim_3 ci si è infatti chiesto: “come ad esempio spiegare l’idea di Dio ? Con l’esistenza stessa di Dio”];
5.] il passaggio dalla spiegazione [funzione_DES] alla dimostrazione [funzione_DIM] è dato dalla funzione DEF_definitoria, data in base ai due principii suidenticati [coerenza e completezza];
6.] nella dim_3 questa funzione dimostra Dio dimostrando l'esistenza pura e traendo da essa Dio in base al metodo dialettico dell'ipostatizzazione della reatà [prima versione della dim_3];
7.] ora, invece, si dimostra Dio in base alla definizione dell'ipotesi, la quale è così definita:

a.] l’ipotesi è un nome/idea, che abbia la forma [apparire empirico] e l’uso [correlazione] nominali/ideali di una possibile realtà, e l’ipotesi della sua realtà si pone come funzionale alla realtà generale [l’esistenza/Intero], e questa realtà particolare [la realtà dell’ipotesi e la realtà ad essa sottostante] si mostra [descrizione/spiegazione] essere condizione [come realtà soprastante] della sua idea nell’uomo: allora l’idea/il nome ha una realtà/verità in base ai principii di correlazione senso e significato [dato dei due principii suindicati di coerenza e completezza descrittiva], senso e vero, e desiderio/bisogno e vero;
b.] l’ipotesi appare come la condizione provvisoria/transitoria, ovvero come il luogo_dimostrativo della transizione del nome/idea dalla mente alla realtà, tramite il ragionamento dimostrativo, che già assume la realtà come ipotesi [in cui la realtà si riprodurrebbe come nome/idea dell’ipotesi della loro realtà], perché nominalmente e speculativamene avente la forma e l’uso [anche intenzionali] della necessità [ad esempio: nella purezza degli auto_concetti, nella quale i termini creazione, fantasia, unicorno e Dio non sono mai confusi in base al loro uso e significato];
c.] per forma e uso di un nome/idea deve intendersi la correlazione fenomenologica tra la disposizione delle lettere, l'uso del nome e il relativo pensiero/idea: da tale correlazione, l’idea proietta o non proietta la realtà fuori da se stessa.

la presente dimostrazione è stata detta paradossale e ludica perchè è stata formulata nel seguente modo paradossale:


1.]
se esiste una realtà, di cui Dio è posto come condizione, allora Dio esiste;
2.] ma tale realtà è anche solo la semplice ipotesi di Dio;
3.] quindi, essendo Dio condizione della propria ipotesi [non del suo contenuto, ipotetico, ma della sola ipotesi, del puro nome "Dio"], esiste.

il paradosso è questo:


a.] è sempre vero che, se Dio è una condizione, Dio esiste;

b.] bisogna dimostrare che Dio sia una condizione;
c.] ma lo è certamente per il nome "Dio" [il nome Dio è condizione del nome Dio];
d.] allora Dio è condizione e quindi esiste.

la critica direbbe che Dio esiste allora solo come nome, e ogni nome è condizione di se medesimo: la risposta è che ...


1.] i nomi descrivono sempre una realtà [sia reale o fantastica: in questo caso la realtà del nome e dell’idea];

2.] i nomi esistono sottointendendo una loro realtà;
3.] i nomi, che sottointendono sempre una realtà, sono riconoscibili come corrispondenti alla loro realtà in base al proprio nome e uso [intenzione], da cui si distingue tra loro realtà come realtà e loro realtà come fantasia;
4.] per il nome/idea di Dio, questa realtà è l'essenza di Dio come essente reale esterno all’idea, realtà esterna, da cui l'ipotesi di Dio come essente trae la sua esistenza reale in base ai suindicati principii di correlazione.
 
a completamento di tali dati si rileva ulteriormente questo segue:
 
1.] una descrizione, intesa come buona spiegazione,  in quanto buona [coerente e completa] ha un suo intrinseco potere dimostrativo [correttezza, persuasione, intuizione della verità del concetto e della spiegazione, perché essa spiega, e quindi connette l’idea alla necessità in senso causale];
2.] poiché [si pone qui un principio, che viene detto anche nel senso comune, esso gode cioè di credibilità] “la realtà supera la fantasia”, ciò che significa scientificamente che non esiste una fantasia [fantastica, fantascientifica, immaginativa, onirica], che possa essere più desiderabile della realtà di Dio, ciò spiega perché si è detto che anche l’idea fantasiosa sottointende una realtà reale e da questa è sottointesa [riproducendosi la realtà nell’idea]: la fantasia non “scavalca” la sostanza del reale desiderabile, ma solo ne muta la forma:
 
1.] può cioè mutare in modo fantasioso la concezione di Dio, ma non la verità della sua esistenza;
2.] in base al principio di corrispondenza [che è un ulteriore correlazione: di tipo etica_logica_etica] tra logica ed etica, la fantasia della concezione di Dio si riduce proporzionalmente all’aumento dell’etica implicata da tale concezione, se essa converge sempre più all’amore cristiano, essendo quello cattolico il concetto vero di Dio, sia come esistenza, sia come concezione.


DIMOSTRAZIONE_67: TOTEMICA

questa mattina [riferimento crono_storico: 13 gennaio 2007] si è avuta la seguente riflessione, capace di suscitare nel soggetto_espositore un’emozione di invidia verso Dio [e quindi appare giustificata l’azione di Lucifero, anche se irrazionale in ordine alla sua fattibilità/praticità: la creatura non può sostituirsi al Creatore per definizione, essendo differente il loro rapporto con il principio e la fonte, è allora evidente che Lucifero ha agito sulla base dalla struttura originaria di Severino, che vorrebbe confutare la possibilità di una creazione]:
 
1.] che cosa sta facendo il soggetto_espositore ? sta dimostrando l’esistenza di Dio;
2.] ma chi è e che cosa è Dio ? è un ente che per definizione è massimamente perfetto e felice;
3.] potrà partecipare il soggetto_espositore alla sua felicità ? forse sì, dipende dalle condizioni di salvezza e dalla loro situazione;
4.] ma potrà [ecco il problema] mai avere il soggetto_espositore la stessa felicità del Creatore, nella stessa identica misura ? la risposta è “no” per definizione;
5.] ed allora: io sto ponendo esistente un essere, della cui felicità io non potrò mai esperire, lui è il solo immensamente Felice, e mai io potrò esserlo come Lui. Lui solo è Dio e io, pur potendo in paradiso essere dio, super_uomo e anima_paradisiaca, massimamente felice secondo quanto mi pertiene, io non potrò mai essere Dio, a me estraneo in senso trinitario, il vero Dio, al suo posto o almento come Lui: Lui è Lui, e soltanto Lui è come se stesso.
 
tutto ciò ha scatenato nel soggetto_espositore una sensazione di invidia, ovvero il desiderio di poter essere come Dio e al posto di Dio, e la consapevolezza che egli, l’uomo, non è Dio. tutto ciò è fondamentale: perché, posta la dottrina centrale del male [quella della matrice originaria del male_[…]], si è così dimostrato non ciò che si pensava, e cioè che l’uomo vuole solo essere anticipatamente anima_paradisiaca [= “dio”], ma non di certo Dio [così si è detto finora]: ma [in base a tali pensieri]  proprio Dio, cioè io vorrei essere l’Immensità, l’Unico, il vero Dio, e da tutto ciò se ne trae di conseguenza un ulteriore dimostrazione: Dio  esiste, perché io vorrei essere Dio, e quindi so che un Dio deve esserci, perché il mio desiderio è talmente veritiero e sostitutivo [di Qualcosa e Qualcuno], che Dio non può non esistere, in quanto causa della mia invidia verso di Lui, invidia che quasi tocco [esperisco] con mano:
 
1.] il mio desiderio di essere Dio mi fa capire che Dio esiste;
2.] prima l’uomo voleva crescere, insieme a Dio, ora l’uomo vorrebbe [secondo il male, perché mai potrà] essere lui il vero Dio, centro eterno della necessità.



DIMOSTRAZIONE_68: DEL PROBLEMA
 
se si dimostra che ogni problema ha una soluzione [a livello di metafisica_epistemica, si dice che ad ogni problema c’è una soluzione e che esiste una ed una sola solulzione per un dato problema: lo sviluppo ipostatico, essendo dialettico, agisce per problemi e soluzioni], posto il problema dell’esistenza di Dio, poiché esso trova soluzione a livello esistenzialistico [senso e desiderio] nell’esistenza effettiva di Dio [ciò bisogna precisare, perché non si dica che quel problema è solo speculativo, altrimenti la sua soluzione potrebbe anche essere la non_esistenza di Dio], la sua soluzione è [solo] l’esistenza di Dio.
 
DIMOSTRAZIONE_69: EDIPICA, PSICOANALITICA
 
si osserva che alcuni studenti scelgono l’esonero dalla religione [materia scolastica]. Durante l’ora di italiano si insegnano le favole, le fiabe e i romanzi, che sono fantasie, ma nessuno studente, per questo, chiede l’esonero da tale materia: Dio dunque disturba perché è la verità; Egli non è oggettivamente percepito come fantasia, e quindi [posto quanto si dice oltre] esiste. seguono due riflessioni/critiche/obiezioni per l’integrazione del discorso:
 
1.] anche se Dio non è una favola, la sua ipotesi potrebbe essere falsa. Ma in base al principio di corrispondenza mente/realtà, poiché la mente riflette la realtà [dim_2], Dio, essendo un’idea della mente, esiste;
2.] gli studenti chiedono l’esonero dalla religione, ma non dalla filosofia. Quindi non sarebbe l’idea di Dio in generale [ad esempio, quella aristotelica] scatenare quel rifiuto, ma solo una specifica idea, quella religiosa. A maggior ragione [per questo si dice oltre] Dio esiste, perché il Dio che esiste non è un qualunque Dio, ma è il Dio prospettato della religione cattolica.    
 
la presente dimostrazione è ancora incompleta: non basta che l’idea di Dio provochi un conflitto soggettivo di tipo emotivo_cognitivo nella mente umana [in tutte] a dimostrare la sua esistenza, ovvero la realtà di Dio esterna alla sua idea. Si rileva intanto che il punto 1.] non comporta una ripetizione della dim_2, perché nella presente dimostrazione Dio esiste per il principio di congiunzione tra oggetto e soggetto [il primo si riproduce nel secondo], in base al quale Dio si riproduce e si riflette nell’idea di Dio [per idea si intende la mente stessa, ovvero una porzione del suo pensiero preposta al pensiero di un concetto] e così provoca un conflitto edipico nell’uomo [il complesso di edipo provoca l’a_teismo, non tanto la fede]. invece la dim_2 si basa sì su tale principio [la mente riflette la realtà (dim_2), in quanto c’è quella congiunzione, per la quale la realtà esterna si duplica/riproduce nella mente interna], ma indirettamente, in quanto l’idea di Dio [non ancora il conflitto provocato da essa] riflette appunto la sua realtà [su questa considerazione fa leva la dim_2]:
 
1.] la presenta dimostrazione si fonda sulla riproduzione interiore dell’oggetto nel soggetto [dim_3], e sul conseguente conflitto edipico, che la dimostra [che dimostra la riproduzione];
2.] la dim_2 si fonda sulla riflessione/rispecchiamento/proiezione_esterna [secondo la dim_21] dell’idea interna di Dio sulla realtà esterna di Dio [tale è appunto, per questo, la proiezione], proiezione che [secondo la dim_31] si bloccherebbe se Dio non esistesse.
 
Questa dimostrazione ha importanti implicazioni gnoseologiche. Si è capito, infatti, quanto segue [concetto di idea_realtà]. L’idea di Dio differisce per tipologia dall’idea fantastica, perché ci sono idee che riproducono la realtà, ed esse sono quelle che si accompagnano a questa loro caratteristica, ovvero, dal loro nome e dal loro uso [nel pensiero] tali idee sono sapute/si sanno riferirsi alla realtà:
 
1.] ci sono idee_realtà;
2.] ci sono idee_fantasia, idee_immaginazione e idee_ipotesi.
 
tali considerazioni completano la presente dimostrazione, ma poiché questa si basa sul fatto che l’idea di Dio corrisponde alla sua realtà, perché idea scatenante nell’uomo un conflitto [di natura edipica, dove (attenzione) l’odio per il padre è solo indiretto, perché a causa del male e del peccato il primo vero e unico odio è verso il Padre] [come solo l’idea_realtà può fare], esse fondano una successiva dimostrazione.
 
DIMOSTRAZIONE_70: DELL’IDEA
 
riprendendosi la dim_69, si dice che l’idea di Dio differisce per tipologia dall’idea fantastica, perché ci sono idee che riproducono la realtà, ed esse sono quelle che si accompagnano a questa loro caratteristica, ovvero, dal loro nome e dal loro uso [nel pensiero] tali idee sono sapute/si sanno riferirsi alla realtà:
 
1.] ci sono idee_realtà;
2.] ci sono idee_fantasia, idee_immaginazione e idee_ipotesi.
 
l’idea di Dio, per tutto ciò che essa comporta [e che si è visto nelle dimostrazioni precedenti: conflitto, protezione, proiezione, amore, agape, eros, potenza, completamento, senso, desiderio, bisogno, sapienza, peccato, ecc.], è evidentemente [dimostrativamente] un’idea che sa/conosce se stessa [cioè si auto_classifica tipologicamente] come idea_realtà, cioè come idea che rimanda ad una realtà, e che la riproduce/riflette nella mente, perché da questa esca come proiezione denotante.
le idee, come detto, possono essere di quattro tipi:
 
1.] idea_realtà;
2.] idea_fantasia;
3.] idea_puramente immaginativa;
4.] idea_ipotetica.
 
si dimostra ora l’esistenza di Dio, cioè che l’idea di Dio può solo essere un’idea_realtà [un’idea interna che serve per denotare la realtà esterna]:
 
1.] per quanto di è detto, Dio non è un’idea_fantasia [dim_69 e dim_70]: ad esempio, la fantasia non provoca conflitto [un film dell’orrore provoca angoscia, ma questa deriva dall’idea dell’inferno, reale, che quel film scatena indirettamente];
2.] l’idea puramente immaginativa sa/conosce se stessa come tale, e allora per essa non ci si chiede se a tale idea potrebbe corrispondere una realtà [come invece ci si chiede per l’idea di Dio];
3.] circa l’idea_ipotesi, essa serve o per la realtà o per la fantasia [e, si è detto, non per l’immaginazione, che non si proietta], ma si è detto che l’idea di Dio non è un’idea_fantasia, quindi …
4.] l’idea_ipotesi di Dio può solo essere per la realtà.
 
nota
 
rimane un problema: se Dio è dimostrato esistente, che senso ha porre Dio come ipotesi ?

 

DIMOSTRAZIONE_71: DELLA VITA
 
questa dimostrazione riprende alcuni argomenti precedenti. Essa recita: “Dio esiste perché, se non esistesse, non ci sarebbe la morte”.
infatti, posta l’esistenza dell’uomo, e quindi la sua necessità [fatta salva la libertà del Creatore], se Dio non esistesse, e quindi non avesse creato la Creazione, l’uomo, in quanto essere necessario [e non anche contingente all’atto creatore], sarebbe già immortale, come peraltro egli si sente, secondo Severino [struttura originaria], a causa del male [matrice originaria del male].
 

DIMOSTRAZIONE_72: ENTROPICA

 
questa dimostrazione riporta in modo diverso l’argomento precedente: “Dio esiste perché, se non esistesse, non ci sarebbe la morte”.
secondo alcuni principii della cosmologia_epistemica [alcune dimostrazioni presuppongono, come detto, l’episteme], l’uomo è mortale perché subisce l’entropia del cosmo:
 
1.] c’è una realtà enorme [infinita e eterna] che svuota l’uomo [entropia], privandolo della fonte e rendendolo così mortale;
2.] l’uomo la subisce, perché è esterno e periferico rispetto ad essa;
3.] ma solo a una condizione: questa entità infinita e eterna deve essere simile all’uomo: non un “sasso” enorme, ovvero una stella o una galassia, ma un’entità come l’uomo, cioè:
 
a.] vivente;
b.] pensante;
c.] eterna e infinita …
 
… e tale è l’Uomo, ovvero [tradotte esistenzialmente la sostanza e la forma dell’uomo nella sostanza e nella forma di dio] Dio.



DIMOSTRAZIONE_73: STANDARD_SECONDA, NORMALE_TERZA

 
nella dim_7 si riporta questo pensiero, che è indipendente dall’argomento della medesima dimostrazione:
 
“Severino propone un’“eternità senza Dio”. Cosa rispondere?
 
1.] Dio serve a spiegare perché, oltre l’eternità, c’è anche la dimensione della morte. Se la realtà fosse l’“eternità senza Dio”, la realtà sarebbe un Paradiso senza Dio, e non anche la dimensione mortale del non Paradiso attuale (creato da Dio: quarta dimostrazione; problema del male e della creazione attuale provvisoria esterna al Paradiso); …”.
 
infatti, in base alla metafisica_epistemica e a quanto si è detto in molte altre dimostrazioni, posta l’esistenza dell’uomo e quindi la sua necessità, non solo l’apparire ma questa stessa esistenza, se Dio non esistesse [e non esisterebbe neppure l’uomo, in questo caso, non esistendo il suo Creatore, ma l’uomo appare e quindi esiste e allora dovrebbe esistere come e al posto di Dio (dim_39), esattamente nel modo che si è detto nella dim_67], dovrebbe essere standard_normalmente:

1.] infinita;
2.] eterna;
3.] originaria;
4.] assoluta;
5.] perfetta;
6.] onnisciente e onnipotente;
7.] quindi necessaria.
 
ma l’esistenza dell’uomo [e l’apparire a lui] tali non sono, quindi Dio esiste ed essi non sono tali perché Dio è il Creatore_creatore dell’uomo [Dio come causa dell’imperfezione del Creato: dim_53].



DIMOSTRAZIONE_74: ONTOLOGICA
 
in base alla metafisica_epistemica, l’essere è pieno/pienezza. Ma l’uomo sperimenta il vuoto nell’universo e dell’universo, e dentro se stesso [nel bisogno]. ma poiché l’essere è pieno, deve esistere una dimensione in cui questa pienezza esista/appaia. Ora, essa appare in Dio per tre ragioni:
 
1.] perché, come l’uomo è un soggetto, così Dio è il soggetto, in cui tale pienezza deve porsi attualmente, essendo l’uomo necessario [perché esiste], ed essendo quindi necessario che la pienezza dell’essere agisca in un soggetto come l’uomo, vivente e pensante, attualmente [non solo in un uomo futuro] [se nell’al di qua c’è l’uomo, che è vuoto, nell’al di là ci deve essere Dio, che è pieno, perché l’al di là è la dimensione normale (della perfezione necessaria), e in essa deve esistere l’uomo come Uomo, cioè un uomo attualmente perfetto];
2.] perché tale pienezza dell’essere [ad esempio, pienezza del piacere] dovrà manifestarsi nell’uomo [evidentemente dopo la morte], ed allora:
 
a.] Dio spiega perchè non si manifesta adesso nell’uomo [dim_53 (Dio come causa, necessariamente intenzionale/volontaria dell’imperfezione dell’uomo) e dim_73];
b.] Dio è l’unica condizione che assicuri tale pienezza [perché, se l’uomo proviene dal nulla, senza Dio è destinato al nulla: dim_48].
 

DIMOSTRAZIONE_75: ESISTENZIALISTICA_PRIMA
 
precedenti dimostrazioni si sono fondate sul rapporto [principio di correlazione] tra senso e vero: Dio esiste perché corrisponde al senso della vita per l’uomo. si aggiunge un ulteriore argomento.
supponiamo che Dio non esista. La vita dell’uomo avrebbe questo significato: assenza di senso, perché l’uomo proviene dal nulla, e quindi prevedibilmente [se Dio non esistesse] sarebbe destinato al nulla [Severino dice all’eternità, ma questo solo se l’uomo già da sempre esistesse: l’essere deve esistere, ma (dice Aristotele) quando esiste: non è possibile che esista in eterno ciò che non esiste]. ma l’uomo, che proviene dal nulla ed è destinato al nulla [pur essendo necessario, è destinato al nulla: è necessario, perché Dio doveva crearlo e, poiché Dio esiste, deve destinarlo ad essere, per il paradiso o per l’inferno], è un uomo che è auto_cosciente, e si chiede il senso del proprio esistere: poiché la domanda sul senso esiste, il senso esiste, e se esiste esso esiste come un contenuto: se l’uomo è destinato al nulla, tale contenuto non esiste, ma esso esiste [perchè il senso esiste], e solo l’esistenza di Dio, che necessariamente destina all’essere l’uomo, sottraendolo al nulla, corrisponde a tale presenza del senso.
 


DIMOSTRAZIONE_76: ESISTENZIALISTICA_SECONDA
 
la presente dimostrazione è una delle più rigorose. si è detto nella dim_75: “ma l’uomo, che proviene dal nulla ed è destinato al nulla [pur essendo necessario, è destinato al nulla: è necessario, perché Dio doveva crearlo e, poiché Dio esiste, deve destinarlo ad essere, per il paradiso o per l’inferno], è un uomo che è auto_cosciente”. ora si aggiunge, che l’uomo è non solo auto_cosciente, ma è anche cosciente, e cosciente dell’esistenza della necessità, quindi è essere_necessario [dim_8], e poiché solo l’esistenza di Dio sottrae l’uomo al nulla, destinandolo all’essere, la condizione della necessità, associata all’esistenza del senso per l’esistenza dell’uomo, può realizzarsi solo se Dio esiste, perché solo l’esistenza di Dio salvaguardia il destino all’essere dell’uomo e quindi la sua condizione di essere_necessario.
si ripete, più rigorosamente:
 
1.] l’uomo, proveniente dal nulla, si sente destinato al nulla perché effettivamente può tornare nel nulla;
2.] ma l’uomo, intuendo la necessità [l’essere è: primo principio parmenideo], è anche la necessità [pensare è essere: secondo principio parmenideo];
3.] l’uomo è necessità solo se, proveniente dal nulla, esiste per l’eternità;
4.] poiché può essere riassorbito dal nulla, solo Dio può sottrarlo da esso [cioè da una volontà, perché in senso inerziale l’uomo è per il nulla, così come – peraltro: dim_11 - in senso inerziale l’uomo non sarebbe dovuto venire all’essere, vi è venuto solo per una volontà];
5.] Dio infatti non crea dal nulla senza uno scopo e senza un senso: ciò che Dio trae dal nulla è per esistere in eterno;
6.] l’uomo è essere necessario, cioè per esistere in eterno;
7.] quindi, poiché tale destinazione è frutto di una volontà, Dio, che è questa volontà, deve ee non può non esistere.


DIMOSTRAZIONE_77: ORIGINARIA_SECONDA
 
nella dim_73 sono riportati i seguenti aggettivi di una possibile realtà:
 
1.] infinita;
2.] eterna;
3.] originaria;
4.] assoluta;
5.] perfetta;
6.] onnisciente e onnipotente;
7.] quindi necessaria.
 
si rileva quanto segue:
 
secondo quanto detto nella dim_70, tali aggettivi sono forme di aggettivo_realtà [= un aggettivo che necessariamente deve essere attribuito solo alla realtà] [effettivamente, il piano del pensiero che comunemente usa questi aggettivi è intenzionalmente (proiezione, senso e desiderio/bisogno) quello della metafisica e della teologia, e religione, e mai quello delle favole/fiabe/fantasie, anche perché un fanciullo (e ciò è interessante, perché coinvolge la teoria di Piaget sullo sviluppo cognitivo) può compendere “Babbo Natale”, e non certo un termine come l’“assoluto”]: se si dimostra che la loro attribuzione a Dio, inteso come un soggetto personale, vivente e pensante, è originaria, Dio è dimostrato esistente [come Soggetto: uomo + eterno e infinito = Uomo che, per traduzione esistenziale, è Dio]. qui basta constatare che, per le ragioni più sopra dette, tale attribuzione è fenomenologicamente [intenzionalmente] originaria [anche a livello inconscio, per esempio nella religiosità popolare]. 
la presente dimostrazione ha consentito di definire in modo migliore e più sintetico la dim_23, a cui si associa:"
Dio esiste, perché il concetto di esistenza_di_Dio è originario".



DIMOSTRAZIONE_78: ORIGINARIA_TERZA, ANSELMIANA_BREVE_NOTEVOLE, A_QUARTA
 
in conseguenza delle dim_77, dim_70 e dim_23, si constata fenomenologicamente [cioè dal punto di vista dell’intuizione, che è comprensione e unità_di_base del pensiero] che:
 
1.] Dio [nome e idea] è originario come realtà;
2.] ad esempio, unicorno [nome e idea] non è originario come realtà [se non come nome e idea eterni di esso].
 
nota
 
questa dimostrazione ripete la dim_70, ma chiama Dio non come idea_realtà, bensì come originario [indifferentemente (e in ciò sta il pregio della dimostrazione e la particolarità del concetto di origiario, ma forse di ogni concetto, che, evocando la cosa, forse sempre la tocca) come concetto (nome/idea) o direttamente realtà, sempre pensata, ma non esistente in quanto pensata], e dunque esistente. molte dimostrazioni sono simili a questa: nel pensiero di Dio si è a contatto con Dio [dim_26], ma non secondo il misticismo [che richiede una complessificazione del concetto di Dio, come sua rappresentazione estatica] o l’ontologismo [l’intuizione, in se e per sé, è semplicemente il pensiero_base e non un pensiero “eccezionale” o “sorprendente” o “ultra_capace”, secondo l’ontologismo], bensì secondo le sensazioni cognitive che la parola “Dio” produce nella mente, le quali si scatenano perché, se la mente riproduce la realtà, allora:
 
1.] l’idea di Dio è idea_realtà [idea di una realtà];
2.] sono [forse] addirittura riprodotti, in miniatura, nella mente umana, i rapporti [anche dimensionali] tra Dio e Creato/creatura, di qui la necessaria estasi prodotta dal concetto di Dio, il riconoscimento inconscio della sua originarietà [perché la mente riproduce anche il non_creato, che dal principio conduce necessariamente a Dio] e quindi la sensazione/consapevolezza della sua necessaria esistenza [riconoscimento assente negli atei per disattivazione schematica, indotta da fattori biografici e da assenza di “illuminazione” o da concetto o da Dio (rivelazione/fede), quest’ultima forse compensabile da parte dell’episteme].

la presente dimostrazione è detta anselmiana_notevole, perchè anch'essa, come la dim_25, riproduce la tesi di fondo dell'argomento anselmiano.




DIMOSTRAZIONE_79: SOLIPSISTICA
 
S. Bernadette Soubirous, a Lourdes, e tre pastorelli, a Fatima [tra cui suor Lucia di Fatima] avrebbero avuto la visione della Madonna. se questa appare, Dio esiste, perché un’apparizione è un fenomeno fisico_mentale che non può essere prodotto se non da una volontà [Dio] capace di agire sugli stati mentali dell’uomo o sulla lla materia [si ritiene che una visione sia interna alla mente, la quale, solo, la proietta esternamente, credendo che tale apparizione sia appunto esterna]. Questa dimostrazione è detta solipsistica, perché in essa non interessa la testimonianza del veggente e la sua credibilità, ma interessa solo la sua esperienza: se a un uomo appare una visione, a un uomo è dimostrata l’esistenza di Dio, e questa appunto deve interessare all’uomo, indipendentemente che quest’uomo sia un singolo o tutti gli uomini [il fenomeno della "danza del sole" ha interessato a Fatima 50.000 testimoni]: almeno a un uomo è data la dimostrazione. Tramite l’ipnosi questa esperienza può comunque oggettivizzarsi.
seguono due considerazioni:
 
1.] questa dimostrazione si associa alla dim_11, perché si constata che tutta la realtà creata è come una visione, in quanto il Creato appare e non avrebbe dovuto esistere: il Creato testimonia Dio, perché è come una visione/apparizione;
2.] la presente dimostrazione differisce dalla dim_50, perché in questa non rilevano le apparizioni, chiuse solipsisticamente nella mente del veggente [ma importanza oggettiva, come detto, acquisisce l’ipnosi], ma i miracoli delle guarigioni, con effetto fisico e appariscente [ad esempio, come ha riportato Messori, la ricostruzione di un osso], e inoltre il fatto che tali miracoli sono pubblici.



DIMOSTRAZIONE_80: BONTADINIANA[B]_PRIMA

Essa recita: solo Dio può essere la causa dei limiti attuali [=finitudine] dell’uomo”.
Scrive il Prof. Carmelo Vigna, riportando il pensiero di Bontadini: “… l’orizzonte dell’unità dell’esperienza contiene in sé, come alcunchè di immediato, anche l’idea dell’Intero dell’essere. Di qui il darsi di una disequazione originaria tra forma interale e contenuto dell’immediatezza; di qui la richiesta del guadagno dell’equazione, pena la contraddizione del “fondo” dell’Intero” [Carmelo Vigna, Il frammento e l’Intero, pag.351, pag.o]Il frammento e l', tra qualche decennioche e soprattutto erotico, in modo coniugale o religioso, attende di realizzarsi ]. Rileva l’episteme che tale guadagno è dato dall’esistenza di Dio, così dimostrata. posta, infatti, la metafisica_epistemica, che è la scienza della necessità [di ciò che necessariamente deve esistere], si rileva che, come già è stato detto per precedenti argomenti [Dio come causa dell’imperfezione e della configurazione non_normale dell’apparire e della realtà umani in generale], anche la finitudine appartiene alla non_normalità della condizione umana. Questa finitudine è poi esasperata dalla condizione infernale [attenzione: per l’episteme la vita umana può essere massimamente gratificante, è detta finitudine solo relativamente al dato inoppugnabile di vite sottoposte a stati di frustrazione/inappagamento/ciò rileva, perché la finitudine in sé e per sé è solo l’inferno, in  cui l’anima è schiacciata e compressa/la vita terrena in sé e per sé è pienezza di senso e appagamento, e questo, anche e soprattutto erotico, in modo coniugale o religioso, attende di realizzarsi nel regno di Dio in terra]. Per la metafisica_epistemica è normale dunque [l’uomo attualmente non sta all’inferno, anch’esso normale] che, poiché, come dice Bontadini, ogni parte infinitesimale contiene, in quanto esistenza, l’Intero, ciò che dovrebbe apparire all’uomo è l’infinito [in forma paradisiaca, come configurazione standard/definitiva, in senso anticipato, e il regno del male riproduce l’Intero nelle memorie dei computer]: l’Intero, e non la parte [secondo Severino], e quindi la trascendenza [in senso classico] dovrebbe apparire, necessarimante [= standard_normalmente/si precisa che “standard” significa “normale”, e che normale significa “necessario”: i termini devono essere distinti, perché l’episteme descrive questa normalità, e la necessità è un principio, più che la struttura dell’essere/la normalità è la definizione/descrizione scientifica della necessità, e la standardicità significa che tale normalità (previsione e forma necessaria) va applicata a Dio e alle anime in modo necessario, e non fantasioso, una necessità che non è Dio a dettare/Dio non è in conflitto con la necessità, che lo supera: Dio è un sapiente, che accetta di essere superato, giacchè tutto ciò che lo supera e lo determina, è a Lui convergente e finalizzato, non parallelo]: quindi, solo una volontà può rendere “finito” artificiosamente l’uomo [in attesa nel trapasso mortale umano e cristico, dovuto al fatto che il Creato è tratto nella fase di uscita del Figlio dal Padre, durante il processo della re_incarnazione del ciclio del Tao, esternamente al paradiso e alla tecnica], artificiosamente rispetto alla necessità, e questa volontà è Dio, per il quale “leggero” è il Creato, ma schiaccinate è l’Intero, da Lui trattenuto per sottrarlo a sé come all’uomo, attualmente.   


DIMOSTRAZIONE_81: B_SECONDA
 
si rileva che cessa di esistere l’esistenza dell’apparire [cessa di esistere l’apparire] di ciò che non appare più. Infatti il piacere e il dolore non sono più sentiti, il loro ricordo li fa rivivere, ma in forma minore, attenuata, diversa. Il sentire, la sensazione, la sensitività e la sensibilità non continuano a esistere in modo continuo [e tale è normalmente la vita: anche in paradiso, l’estasi non è continuità, ma è divenire sempre identico]. Tuttavia, proprio in quanto ricordato come esperienza, il delta_sentire [la variazione del divenire sensibile] continua a esistere e ad apparire: non come piacere e dolore in sé, senza il soggetto, ma come esistenza e quindi apparire dell’essente, il contatto soggettivo con il quale consente il ricordo [anch’esso sensazione].

In due precedenti dimostrazioni, tale apparire dell’essente/memoria oggettiva e la sua esistenza è tale per cui:
 
1.] esso continua ad apparire a Dio [apparire inconscio per l’uomo, che appare a un conscio = Dio] [l’essere è e non può non essere] [dim_5];  
2.] esso continua ad apparire in Dio [apparire conscio, che rende continuo l’apparire umano, ora inconscio per l’uomo] [non che il dolore è eterno in Dio, appare il Lui il dolore come essente oggettivo, senza sua percezione soggettiva, come dire il fuoco senza la mano che si scotta] [l’essere è e non può non essere] [dim_64].
 
ora, si dice che questo apparire deve continuamente essere creato, affinchè anche la sua esistenza, ricordata dall’uomo, sempre esista in modo continuo. Dio esiste perché esista tale creazione continua [occasionalismo creatore], perché l’essere è e non può non essere.
si potrebbe obiettare [come critica a tale dimostrazione e alla dim_76], che l’essere deve sempre esistere da solo, in quanto essere [e quindi perché eterno], e non perché continuamente creato. questo è vero, ma si rileva che il Creato è ancora esterno al paradiso, non è ancora impiantato nella fonte, e quindi tra esso e il principio è posta la mediazione di Dio, creatrice.
 

DIMOSTRAZIONE_82: B_TERZA, B_TIPICA
 
la presente dimostrazione è detta tipica, perché riproduce strettamente l’argomento bontadiniano.

si rileva che il divenire sempre appare, anche in paradiso, ma il divenire attuale è non_normale, e infatti è stordente [come dice Severino, meraviglioso = traumatico]. si rileva inoltre [come già diceva, incerto, Severino in una sua lezione: “ma il divenire non appare, non può apparire, neppure esso appare”], che il divenire non appare, perchè, quando, ad esempio, sposto il mouse, esso si sposta sia spazialmente sia temporalmente, e quindi non si sposta, perchè sta in ogni tempo nel suo spazio specifico, e questo significa che il mouse potrebbe essere un "iceberg", le cui punte emergono nell'orizzonte dell'apparire, e sono la sua configurazione dinamica: non una punta che si sposta, ma una continuità di punte, ognuna nel suo spazio_tempo. perciò il problema della contraddittorietà logica dell’esperienza fenomenologica [se c'è] [problema di Parmenide] non sta nella contraddizione dell'apparire, che non c'è, neppure a livello apparente, ma in quella della creazione dal nulla [cioè a livello esistenzale].
tuttavia si può certamente dire che l’uomo percepisce un divenire, un mutamento, anche solo in quanto lo dice/rileva/denuncia. già l’episteme ha una sua teoria, che si esporrà in uno schema:
 
1.] l’uomo e Dio sarebbero “larghi” fino ai confini dell’eternità, a_temporali e immobili, per l’anima, e il loro corpo sarebbe soggetto alla sensazione del divenire, perché questi confini [infinito e eterno “attuali”] si comprimerebbero relativisticamente …
 
apertura di macroparentesi [ciò significa che ogni unità, al suo interno, è come composta da dieci unità, e per attraversare la prima bisogna attendere il tempo dell’attraversamento delle seconde, che stanno al suo interno/l’errore degli scienziati che vedono la possibilità viaggio nel tempo nella relatività einsteiniana, ovvero il ritorno nel passato (suggestione demoniaca, di un demonio che vorrebbe poter uscire da dove si trova, e ritornare a prima della caduta) sta nel far comunicare le unità interne del dieci con l’unità ad esso esterna, che lo contiene, comunicazione impossibile, perché il dieci è contenuto nell’uno] chiusa macroparentesi
 
… emergendo all’interno dell’infinito e dell’eterno, e così esperendolo come estensione da percorrere;
2.] il divenire è quella differenza tra l’esterno e l’interno [contrazione del primo posta nel suo centro], che è insieme strutturalmente essere e non_essere, e quindi loro continua permutazione, per la continuità e coerenza dell’essere_primo [interno alla struttura originaria dell’essere: essere, nulla e divenire];
3.] infine: il “nuovo” del divenire avviene perché, dentro l’eternità e l’infinità contratte al proprio interno relativisticamente, emerge ciò che avviene ai confini: e cioè la continua auto_esistenzializzazione del principio [= esistenza in sé], immutabile in quanto esso è eterno [= struttura ipostatica del reale, esemplificata nella mappa dell’essere], ma esistente e apparente come in divenire, perché:
 
a.] appare nella dimensione contratta;
b.] e qui deve porsi la coerenza [identità] tra principio e principio, e tra quello esterno e interno, dove identità comporta differenza.
 
infine, si dice che tale contrazione è giustificata perché il principio è macro_puntiforme:
 
1.] ciò che esso determina, per l’auto_coerenza, parte da esso ed è ad esso “esterno”;
2.] ma, in quanto lo sviluppo esiste, e il principio è immutabile e totale, esso deve porsi comunque all’interno del principio [da tutto ciò (esternalità e internalità del principio, dovute alla differenza protologica, da cui proviene il molteplice) deriveranno la realtà macro e la realtà micro, e da qui, nella dimensione/ipostasi cosmica, l’universo e gli atomi].
 
La presente dimostrazione pone l’occasionalismo esistenziale, o creatore, perché, affinchè il divenire non ponga il non essere, Dio deve creare l’essere che restituisca continuità esistenziale e fenomenica all’apparire e alla sua esistenza. questo lo si è già detto nella dim_82. qui si aggiunge che tale occasionalismo creatore [e non già atto creatore unico, altrimenti la pre_destinazione sarebbe destinazione, il futuro sarebbe già dato e non esisterebbe più la libertà/si sono già date una spiegazione della libertà e una prima ipotesi di confutazione di Severino] dimostra l’esistenza di Dio, im quanto solo Dio lo può attuare, anche perché esso è condizione dell’apparire non_normale [scoperchiato] all’uomo terreno. Il vero divenire necessario [paradisiaco e normale per l’esistenza] sarebbe altro: esso sarebbe un divenire …
 
1.] non dell’essere/ente dal nulla e nel nulla …
2.] … ma dell’essere/ente dall’essere e nell’essere, e infatti …
 
a.] il divenire attuale testimonia la creazione dal nulla,
b.] il divenire futuro testimonia la provenienza di Dio dal principio.
 

DIMOSTRAZIONE_83: LINGUISTICA_TERZA
 
Essa recita: “poiché ogni parola ha una denotazione [primo presupposto dimostrativo], e ad ogni parola è associato un significato primario [denotazione] [secondo presupposto dimostrativo], Dio esiste come realtà, essendo la realtà [esistenza] di Dio, ovvero Dio, l’unico possibile significato primario associabile alla parola Dio”. [tutti i presupposti alle dimostrazioni sono o dovrebbero essere/saranno dati dall’episteme, il cui valore auto_dimostrativo è dato dalla sua capacità esplicativa, cioè dal suo costituire la più plausibile, e quindi probabilisticamente vera, spiegazione della realtà].
Già la dim_42 aveva posto la differenza tra Dio come denotazione [significato primario] e Dio come connotazione [significati allusivi: quelli usati, ad esempio, da Kant nelle circonlocuzioni attuate con la parola Dio (“Dio è questo (idealità), è questo (desiderio di infinito), è quest’altro (principio di moralità), ma non è Dio direttamente (la realtà di Dio)”_]. Ora si osserva quanto segue:
 
1.] esiste un significato primario di una parola [denotazione], ed esistono vari altri significati secondari, gerarchizzabili per uso, o meno [connotazioni];
2.] se Dio esiste, la denotazione della parola Dio è la realtà di Dio come suo primo significato, gli altri significati sono secondari;
3.] si osserva che, se Dio non esiste, non esiste nessun significato connotativo [tale se Dio esiste] che possa sostituire la denotazione, nel senso che, tra i diversi significati della parola Dio, se Dio non esiste, non c’è un significato che possa sostituire la realtà di Dio come referente della denotazione tolta [ad esempio: se Dio non esiste, non si può porre in gerarchia Dio come idealità, Dio come fantasia, Dio come norma morale, Dio come comlesso di edipo, e tutti questi significati sono usati in modo gerarchicamente inferiore all’uso statisticamente primario della parola Dio come realtà/nessun dubbio: Dio emerge psicoanaliticamente dall’inconscio come consapevolezza di una realtà e del suo bisogno, chi nega Dio lo afferma, nel senso che censura e rimuove questa emersione];
4.] ma si è detto [come secondo presupposto dimostrativo] che ogni parola è associato un significato primario [denotazione];
5.] conseguentemente, poiché “ogni parola ha una denotazione [primo presupposto dimostrativo], Dio esiste come unica realtà capace di dare alla parola Dio l’unica possibile sua denotazione.



DIMOSTRAZIONE_84: HEIDEGGERIANA, RETROSPETTIVA, V_DECIMA, R_TERZA, RETRO_RAZIONALE_TERZA
 
la presente dimostrazione, così opportunamente denominata, potrebbe essere definita anche triangolare _seconda, ma si è deciso di no per ragioni estetiche, supportate da ragioni speculative:
 
1.] ragioni speculative: c’è sì una triangolazione attuale, ma manca la triangolazione nel passato [come si mostra], e il passato [assenza dell’uomo, ancora da creare] è qui importante [anche se quel tempo dell’assenza dell’uomo è però pensato adesso dall’uomo, ragione per cui si ammette la triangolazione uomo_passato_in potenza/Dio/uomo_attuale];
2.] ragioni estetiche: si dovrebbe, così, definire la dim_57 “triangolare_prima” e questa “triangolare_seconda”, il che pare esteticamente inopportuno.
 
la presente dimostrazione è detta prima “vignana”, che “ruiniana”:
 
a.] tutte le dimostrazioni che poggiano su di una triangolazione sono ruiniane [Dio come condizione di conoscenza per l’uomo];
b.] ma questa dimostrazione nasce dalla lettura del testo di Vigna “Il frammento e l’Intero”.
 
la dimostrazione è breve e semplice. Scrive Vigna, riportando Heidegger di “Essere e Tempo”: “… la verità non può essere senza il Dasein proprio perché è la relazione tra il Dasein come apertura trascendentale e un certo contenuto, … nessun contenuto [può] manifestarsi precisamente come implicante necessariamente in sé l’originario suo esser già manifesto al di là dell’apertura del Dasein”. appare evidente la connessone complessa tra questa proposizione [che inizia così: “Che ci siano delle “verità eterne” potrà essere concesso come dimostrato solo se sarà stata fornita la prova che l’Esserci era e sarà per tutta l’eternità”] e la dim_76, per cui si deve dire che il dasein è l’uomo [= esserci, con la “e” minuscola], mentre il Dasein è l’Esserci [= soggetto] di Dio. nelle presenti proposizioni, collegate alla dim_46, si sta certamente pensando Dio come esistente e dimostrato. Seguirà il paragrafo sul pensiero come fusione_esistenziale_differenziale.
 
dimostrazione:
 
1.] l’uomo, che vede il parto di una donna, sa che prima [del proprio concepimento e parto] non c’era;
2.] ma l’uomo sa [lo intuisce] che prima di se stesso c’era il mondo, e così l’esistenza prima del mondo;
3.] ma l’uomo può sapere dell’esistenza solo perché il pensiero è il contenuto intrascendibile del pensiero dell’essere, pensato in quanto posto come contenuto “dentro un cervello”;
4.] quindi, poiché l’uomo sta pensando a un “prima”, in cui il proprio pensiero di quel prima non c’era, …
5.] … l’uomo, in questo pensiero, sta evidentemente triangolando su Dio, che è quel pensiero che pensava quel contenuto [= realtà] esistente prima dell’esistenza dell’uomo e del suo [dell’uomo] pensiero pensante [quel contenuto].
 
 
DIMOSTRAZIONE_85: DELLA FUSIONE, B_4, V_11
 
non si può qui estendere in modo piano e lineare un ragionamento che colleghi questa dimostrazione a quelle specifiche cui è connessa, o che mostri la sua originalità rispetto ad esse, per ragioni di assenza di tempo. la presente dimostrazione si collega alle dim_6, dim_16, dim_29, dim_47, le ripete e le unisce.
Scrive il Prof. Carmelo Vigna:
 
1.] “… l’orizzonte dell’unità dell’esperienza contiene in sé, come alcunchè di immediato, anche l’idea dell’Intero dell’essere. Di qui il darsi di una disequazione originaria tra forma interale e contenuto dell’immediatezza; di qui la richiesta del guadagno dell’equazione, pena la contraddizione del “fondo” dell’Intero” [Carmelo Vigna, Il frammento e l’Intero, pag.351, pag.o]Il frammento e l', tra qualche decennioche e soprattutto erotico, in modo coniugale o religioso, attende di realizzarsi ];
2.] “l’orizzonte dell’apparire è originariamente ciò cui ogni contenuto va riferito; perciò è un orizzonte trascendentale [intrascdendibile], cioè infinito” [pag. 339]; “… E’ vera la tesi gentiliana dell’intrascendibilità dell’orizzonte dell’atto, dice Bontadini. E’ vera in senso rigoroso, ossia nel senso che è impossibile, ossia autocontraddittorio, porre qualcosa come al di là dell’orizzonte dell’atto. Ma questa tesi non comporta affatto che sia impossibile porre alcunchè di trascendente l’attualità, quando trascendente sia detto nell’ordine dell’essere [corsivo del sito] e non nell’ordine del conoscere o nell’ordine intenzionale. La modernità tutta [in modo esplicito e criticamente, a partire da Kant] e l’attualismo come sua deriva hanno inteso la trascendenza come una figura speculativa presupposta, cioè come se venisse ad affermare qualcosa che si dia oltre l’orizzonte del pensare. E invece, la trascendenza, proprio perchè risultato di una dimostrazione, è una modalità di affermazione dell’essere che intenzionamlmente non fuorisce dall’orizzonte del pensare. Certo, l’essere che viene affermato come trascendente, trascende, nell’ordine dell’essere, anche l’orizzonte del pensare [corsivo del sito], in quanto il pensare è pure un che di ontico, ossia è un certo essere [corsivo del sito], diverso, poniamo, dall’essere di un albero. Ma l’essere che viene affermato, proprio perché affermato alla fine di una dimostrazione, cioè proprio perché viene posto [pensato] come necessariamnete appartenete all’orizzonte dell’essere, viene, nel conpempo, determinato in relazione all’orizzonte dell’apparire e perciò non è un essere presuppoto. Appunto, è un essere posto” [pag. 343] [Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero];
3.] [infine, ciò che ha fatto emergere la presente dimostrazione …]: “originariamente l’orizzonte dell’essere e l’orizzonte del pensare non possono differire. Per definizione, infatti, il piano speculativo in ogni senso non lascia nulla oltre sé, come accade per il semantema “essere”, e dunque non può essere trasceso da nulla” [Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero, pag.57 e 58].
 
dimostrazione:
 
1.] l’uomo pensa l’essere [dim_6];
2.] l’essere contiene l’Intero;
3.] l’uomo incorpora l’Intero;
4.] l’uomo, che pensa [dim_16] e incorpora l’Intero, è ad esso identico;
5.] deve allora esserci anche un Intero che ha forma dell’uomo, cioè un Uomo, …
5.] … l’Uomo come condizione di pensabilità dell’Intero da parte dell’uomo [dim_16: ruiniana];
6.] … l’Uomo come condizione di identità tra l’essere_Intero e l’uomo, e quindi come Intero_uomo_Uomo;
7.] per traduzione esistenziale [dim_9] delle forme dell’Uomo nelle forme di Dio, poiché dunque esiste l’Uomo, esiste Dio.
 
nota_1
 
la dim_9 è importante, perché ogni volta che si dimostra Dio a partire dall’uomo, si fa leva sull’imago Dei [l’uomo a immagine e somiglianza di Dio, come dice la Bibbia, e l’episteme ha rilevato che quel Dio, a cui l’uomo somiglia, è in realtà l’Uomo (giacchè l’uomo proviene dall’Uomo), cioè Cristo, in cui la Carne = Uomo è co_eterna al Verbo = Dio].
 
nota_2
 
si è consapevoli che la presente dimostrazione ripete la dim_6 e la dim_47 [e già la dim_47 ripete la dim_6, ma questa usa come mediatore traslativo di identità il pensiero, l’altra l’esistenza, qui riconosciuta come Intero], ma essa si lega anche alla dim_16. è detta della fusione, perché pone un rapporto di fusione differenziale [permanenza dell’alterità tra i termini dell’identità, e quindi l’identità si pone come ponte comunicante] e reciproca tra uomo/essere/Intero/pensiero/Uomo/Pensiero/Dio.



DIMOSTRAZIONE_86: SCHOPENHAUERIANA, DELLA RAPPRESENTAZIONE, MISTICA_TERZA, MASSIMA_MISTICA, SACRIFICALE, RETRO_RAZIONALE_ QUARTA [la creatura tocca il Creatore, essa è a diretto contatto (fisico) con il dolore_sacrificale di Cristo]
 
Essa recita: “Dio esiste, perché l’etica è la sostanza fisica del mondo [apparente], e soltanto Dio può essere un soggetto etico [di tali proporzioni], capace di sprigionare un tale campo mnemonico”. [la definizione del mondo fisico come sostanza_etica_divina risale a più di 15 anni fa”: l’intuizione ora si chiarifica:

1.] il mondo apparente è volontà e rappresentazione;
2.] rappresentazione sensitiva del mondo reale da parte di Dio, e volontà di potenza costituente tale sensitività come dolore _sacrificale di Cristo. 

 
premessa
 
la presente dimostrazione muta la rappresentazione umana del mondo [apparente]. essa muta radicalmente la concezione tradizionale della rappresentazione del mondo, e muta anche quella precedentemente definita “epistemica”, intesa questa [ora superata] come la neutralizzazione del mondo_fisico, perché interpretato come realtà_virtuale. I presenti schemi operano la totale s_materializzazione della realtà apparente [universo apparente]. ma l’episteme non esprime una forma di im_materialismo. L’episteme pone esistenti la materia [e in modo rigoroso] e la realtà virtuale, ma dice [ora] che l’uomo, soltanto, non è a contatto diretto con la materia [l’eucaristia, che presuppone la materia, è reale, ma la materia in cui si opera la transustanziazione non sta nelle mani del sacerdote, esiste perfettamente in modo materiale, ma sta altrove: l’uomo non è a contatto né con la materia, né con la realtà_virtuale: l’uomo è a diretto contatto con Dio: con la sua sensitività, e in particolare con il suo dolore]. iico, interpretato come realtà zzazione del mondo fisico, interpretato come realtà virtuale  
la presente dimostrazione riprende la dim_65, la spiega, la completa, ma anche la riformula. eea distinta  anche la riformula la completa, ma anche la riformula ssa va distinta dalla dim_86, perché, sebbene ne ripeta sostanzialmente l’argomento [nelle premesse], lo fa in modo migliore, più evoluto e, partendo da altre premesse e presupposti, pur simili, pone interessi assolutamente diversi.
 
dimostrazione
 
il fulcro della dimostrazione è quel punto che si è osservato alla fine della dim_65, ora meglio individuato e rafforzato:
 
1.] l’uomo ha una rappresentazione [percezione come campo interiore esteriorizzato: schema …/mc32.html (gli occhi dentro la mente, e la mente estesa per tutto l’universo/rete estesa come il mare/base_esistenziale/campo_steleologico_spirituale)_];
2.] questa rappresentazione è una rappresentazione soggettiva, organica e sensitiva;
3.] ma essa appartiene a un altro soggetto [dim_65], perché l’uomo non si porta dietro questa rappresentazione [condizione della rappresentazione spezzata], e poiché questa rappresentazione è universale [campo steleologico umano, ma, pure, soggettivizzazione organica personale_], essa appartiene a un altro soggetto [essendo spezzata], un soggetto universale, e quindi al Soggetto = Dio [dim_65].
 
a questo punto si osserva quanto segue [qui divergono gli interessi]:
 
1.] [la dimostrazione emerge da questa sensazione/intuizione, avuta questa sera …] … quando io cammino sull’asfalto, e tocco con la mano il cemento armato del garage, nei sotterranei del palazzo, io tocco Dio, lo tocco realmente, e non la materia, perché io sto all’interno di una rappresentazione [Schopenhauer], questa è sempre e solo organica, perché psicologicamente percettiva [apparire], quindi soggettiva_divina [la materia non è l’apparire, questo è sempre, kantianamente, soggettivo/una delle intuizioni fondamentali della gnoseologica epistemica, avuta più di 15 anni fa (si crede sia una “novità”), è che soggettiva non è, in senso kantiano, solo la forma, ma anche la sostanza, cioè il “tatto”, il “duro”];
2.] il “duro”, si crede, è la materia, perché …
 
a.] l’uomo è troppo piccolo per trasferire soggettivamente alla realtà esterna se stesso, essendo essa, ad esempio, la massa di una galassia, che l’uomo neppure tocca, ma misura da lontano;
b.] l’uomo è spezzato dalla propria rappresentazione, e quindi la durezza di un palazzo in cemento armato, o di una montagna, o del pianeta, o della galassia [massa stellare pesante miliardi di miliaridi di tonnellate], non può essere dell’uomo, secondo Kant;
 
 
3.] … e proprio per questo, il ragionamento è semplice: …
 
a.] per il principio di convergenza, tutto ciò che esiste converge su Dio, e il Creato sull’anti_Dio e su Adamo [Cosmo_Adamo] [fulcri puntiformi della realtà], …
b.] … quindi, l’immensità della “durezza” e della “pesantezza” dell’universo apparente [ciò che l’episteme unicamente definisce il “concreto”, cioè il sensibile altro dall’uomo] nient’altro è che la potenza energetica del campo soggettivo della sensitività e della rappresentazione divina [Schopenhauer/attenzione: il mondo è volontà, se creato, perché tutto deriva dalla volontà divina; invece, se in_creato, esso non è volontà, perché il luogo_naturale della volontà è solo dentro il soggetto, e forse dentro l’io del soggetto = Dio, a cui il mondo non creato è esterno], espansa e concentrata grazie alla fonte [questa è un punto ad alta densità/circa una pesantezza “oggettiva”, l’episteme ancora non si esprime/non lo sa].
 
poi la riflessione è seguita in questo modo: posto che l’uomo vede la materia e non lo spirito, il delta_sentire [sensività] divino [di Dio] è qui e ora, per l’uomo, come universo_apparente, il piacere erotico[_infernale di Dio ? la risposta è immediata: avendo Dio creato con un atto di castità [blocco del piacere], la sostanza del mondo è etica [il mondo come sostanza etica: l’intuizione di 15 anni fa], e in particolare si dice che:
 
1.] tutta la massa degli infiniti universi concepiti dagli astronomi [non quelli veri reali, in una cui parte si opera l’eucaristia], miliardi di miliardi [infiniti] universi, e miliaridi di galassie, ovvero di ammassi stellari, ciascuno di miliardi e miliardi di tonnellate …
2.] … è data dallo spessore/pressione/presurizzazione mnemonici della mente di Dio, in fase attuale di studio [la crocifissione_cristica_tecnologica è attuale/non tutto Cristo è risorto, ma solo la tuta/muta_virtuale_carnale di Cristo, il cosiddetto “corpo_umano_apparente”, fatto di carne e scheletro/micro_robot_organico: quello che mi trovo davanti allo specchio] …
3.] … quello spessore che caratterizza la mente di chi studia, leggendo in modo mentalmente concentrato, e impara a memoria i tesi [Dio ha creato, presupposta la castità, leggedo le categorie e i concetti del computer_iperuranico_edencio, il quale si proietta simbolicamente nel libro della Bibbia e nel libro dell’episteme].
 
quindi:
 
1.] quando cammino sull’asfalto, cammino sopra Dio, fisicamente …
2.] … e quando tocco il muro di cemento armato, posto nel sotterraneo del garage del mio palazzo, sto toccando fisicamente la memoria, ovvero la pressione/presurizzazione mnemonica della mente di Dio, il suo sacrifico_da_studio, sostanza etica di cui è fatto anche il mio corpo organico, apparentemente fisico, per cui …
3.] … ovunque, e universale, è la sofferenza di Cristo.

revisione critica
 
la definizione del rapporto tra l’uomo e Dio come contatto diretto è vaga e non_normale:
 
1.] l’uomo non si esaurisce in una rappresentazione. Dal punto di vista esisteziale, l’uomo [come Dio] è separato da Dio e poggia sull’esistenza;
2.] dal punto di vista della rappresentazione, questa nell’uomo [attuale] è in tutto simile al rapporto tra le rap delle tre Persone trinitarie, le quali non sono a contatto/sovrapposizione diretta, ma solo mediate dallo spirito, organico ma im_personale [relativo a Dio_essenza];
3.] questo spirito può essere considerato per l’uomo come il campo_steleologico;
4.] ci sono inoltre altre mediazioni: del campo di Cosmo_Adamo, di quello dell’anti_Trinità [la riproduzione della Trinità nel Creato, un “Dio” morto, pura organicità senza vita, fertilizzata dal disco_spirituale della stele_divina];
5.] conseguentemente, è vero che la rappresentazione dell’uomo [il computer che vedo davanti, il cielo stellato] è la stessa rappresentazione di Dio [trinitaria, anti_trinitaria, cosmo_adamitica e steleologica], ma l’uomo non è solo questa rappresentazione, è innanzitutto esistenza, e questa è innestata prima che in Dio, nell’esistenza stessa, a contatto con la materia, con la realtà virtuale, con lo spirito, con l’esistenza/essere, creato e in_creato, ecc.;
6.] è fatto salvo il significato mistico della presente dimostrazione [che non va quindi assolutizzata];
7.] circa il fatto che un contatto diretto con Dio [mediato da quanto si è detto e limitato al solo apparire, in cui non si esaurisce l’essere] porterebbe ad un’immanentizzazione di Dio, posta la definizione classica di trascendenza e immanenza, la secondo intesa come Creato [= al_di_qua] e la prima intesa come oltre_il_Creato [= al_di_là], si dice che [in senso classico]:
 
a.] la trascendenza divina è l’assoluto altro dall’al di qua …
b.] .. ciò non toglie che l’uomo non possa essere a contatto diretto con l’assoluto altro dall’al di qua, anche perché …
c.] … poiché l’uomo vive, è evidente che la trascendenza sostiene e quindi tocca l’uomo.



DIMOSTRAZIONE_87: PROTO_GNOSEOLOGICA, MASSIMA_MINORE, R_4
 
la presente dimostrazione è fondamentale perché intuisce che il pensiero del principio comporta la strutturazione protonica del pensiero, ovvero la sua necessitarizzazione [dim_8] e interalizzazione [dim_6 e dim_47], e quindi, posto il pensiero del principio da parte dell’uomo, è immediatamente dimostrata l’esistenza di Dio, sia come derivata da tale pensiero, sia come presupposto di esso. essa è detta “massima” [come la dim_3, rinominata], perché è la più potente [insieme alla dim_3, questa in difetto ma costituente l’asse portante dell’epsteme], ma è detta minore, perché presuppone l’uomo, parte da esso, e dunque è a posteriori. la dim_3 è stata ora ridefinita come maggiore, perché invece, derivando Dio dal principio, prescinde dall’uomo e dal Creato. [ci si sta accorgendo che tutte le dimostrazioni sono mistiche, perché il loro oggetto è Dio.]
questa dimostrazione ripeterebbe la dim_6, se non fosse anche la sintesi delle dim_1, 8, 9, 13, 14, 16, 23, 47.
 
dimostrazione:
 
1.] l’uomo pensa l’essere e quindi è l’essere [pensare = essere] e quindi l’essere è [anche] l’uomo e un altro uomo [dim_6];
2.] quindi, l’essere ha la struttura dell’uomo [dim_9];
3.] quindi l’essere, che ha tale struttura, ed è infinito, ha tale struttura umana come infinita [dim_6 e dim_47], quindi Dio esiste, perché non può esserci uno “scheletro” [= la forma dell’uomo], senza che ci sia anche la sua “carne” [= la sostanza dell’uomo: vita e pensiero] [fino a qui la dim_6 e la dim_47];
4.] questa dimostrazione viene ora approfondita: il fulcro della presente intuizione dimostrativa consiste nel fatto che l’uomo intuisce l’esistenza in sé, o principio, e quindi c’è una immediata corrispondenza tra pensiero e principio, e quindi essa corrispondenza è strutturalmente originaria, e quindi l’uomo è necessario [dim_8] [perché, pensando/intuendo la necessità, vi è identificato/la pensa perché è la necessità egli stesso/nessun bambino nascia a caso/mai/tutto è progettato e previsto/fatta salva la libertà, di Dio e dell’uomo], ma l’uomo non appare solo necessario [dim_1 e dim_8], e allora questa pura necessità [il principio è puro, e tale è il suo pensiero], inteso, come detto, come l’Uomo , ovvero Dio [dim_9] ...

[
attenzione: se Dio è condizione della pensabilità pura, da parte dell’uomo, del principio, oltre che dell’Intero, si ha un’altra dimostrazione/si richidede analisi];    

5.] il punto focale è che il pensiero [= contenuto] del principio presuppone una strutturazione protonica del pensiero/mente [= processore_conoscitivo];
6.] il pensiero come contenuto è l’intuizione, ovvero l’essere/esistere del momento di identificazione tra soggetto/pensiero [processore], da un lato, e realtà/principio e realtà/Intero, dall’altro [io conosco perfettamente (in modo assolutamente oggettivo) un sasso, se sono quel sasso];
7.] poiché il principio è trinitario, il soggetto che lo pensa deve essere trinitariamente strutturato, ovvero essere una trinità di soggetti: Dio/Trinità;
8.] quindi, non solo l’uomo è per l’essere e l’essere è per l’uomo, ma, essendo il principio anche l’Intero, …
 
a.] il principio e l’Intero ha originato l’uomo e quindi Dio: infatti, se io penso il principio, vi sono identico, ma il principio “principia”, e quindi lo penso in quanto mia causa esistenziale [bisogna però dimostrare che l’esistenza pura è un/il principio: ciò seguirà negli schemi];
b.] essi [il principio e l’Intero] hanno un uomo che è l’Intero, e quindi l’Uomo ovvero Dio;
c.] essi hanno la Trinità come condizione del pensiero del principio, in quanto questo è trinitario.

nota
 
le dimostrazioni epistemiche sono dette epistemiche perché sono incontrovertibili [in realtà, la dim_25 non è riuscita forse ad andare oltre l’insufficienza dell’argomento ontologico, dichiarata da Kant. Ma rimane valida per tutto quanto si è detto su Kant nell’introduzione alle dimostrazioni tomistiche].
La dim_87 è veramente incontrovertibile: anche se non si riuscisse a dimostrare che l’esistenza è il principio, il pensiero umano da sempre ha pensato un principio della realtà, o come archè o come physis [ad esempio: l’acqua di Talete], e lo stesso Dio come principio [origine] [come Creatore] del Creato.
Quindi il pensiero pensa il principio [ma, in Dio, innanzitutto Dio, come auto_principio].
Ma pensare significa essere l’oggetto pensato [fusione esistenziale con esso] [come si vede, le dimostrazioni presuppongono teorie, ovvero l’episteme (una data metafisica, ecc.)_]: pensare il principio significa essere il principio, io vado in esso, e vengo da esso principiato. Ed esso è come me, perché se il pensiero è il principio, il principio è [anche] il pensiero: ma il principio detemina l’Intero, e così determina un uomo_Intero, cioè un Uomo, ovvero [per la dim_9] Dio. io vado nel principio, e da esso esco come Dio, cioè lo dimostro.

 
DIMOSTRAZIONE_88: TRINITARIA, R_4_[RUINIANA_QUARTA_RIPETUTA]
 
nella parte finale della precedente dim_87 [ultima riga] si è detto: “il principio e l’Intero ... hanno la Trinità come condizione del pensiero del principio, in quanto questo è trinitario”.
ogni dimostrazione che pone Dio come condizione di pensabilità dell’essere è di definizione ruiniana [dim_16]:
 
1.] il principio è trinitario [essere_essere, nulla_essere, divenire_essere (ex_sistere, ex_ …, …_sistere)_];
2.] la Trinità, e non un solo soggetto_Soggetto [divino, essendo il principio anche l’Intero, come principio_macro_...] è dunque condizione per la conoscenza della struttura trinitaria del principio e dell’Intero ad esso identificato: trinità di tre soggetti: Padre, Figlio e Spirito Santo;
3.] poichè il processo conoscitivo presuppone sempre tre soggetti, essendo l'uomo uno l'uomo, per conoscere, presuppone Dio come Trinità.



DIMOSTRAZIONE_89: ESISTENZIALISTICA_TERZA
 
questa dimostrazione ripete argomentazioni già date, ma si interroga non sulla ragione dell’esistenza [causa esistenziale verticale] del cosmo, ma dell’uomo, rispondendo alla domanda: “perché esisto ?”, sfruttando, quindi, e così mettendo in evidenza l’intuizione di cui si è detto nella dim_11 [“perché c’è l’essere anziché il nulla”], ma in modo diverso, perché qui ci si chiede non perché si esiste al posto del nulla [della creatio ex nihilo], ma perché esiste qualcosa [anche ciò che è necessario], e in particolare l’uomo [come se fosse Dio]/si tratta quindi piuttosto di Parmenide: perché l’essere è [necessariamente].
si risponde nel modo che già si è visto:
 
1.] il caos non può essere la [sola] causa della mia esistenza, perché non è causa verticale, ma solo orizzontale [il caos non esistenzializza, ma solo “sposta”/attenzione (correzione/integrazione): poiché ogni ente è anche esistenza pura, tutto sempre anche esistenzializza come causa verticale, e il caos, in quanto ultima tra le ipostasi, ha infatti esistenzializzato l’uomo, tratto (anche) da esso: ma poiché l’uomo è ordine, il caos non lo ha esistenzializzato da solo];
2.] la necessità non può essere la [sola] causa dell’esistenza dell’uomo, perché [come è evidenziato dal fatto che può morire], l’uomo è anche essere contingente, e la necessità può esistenzializzare direttamente [senza Dio], come essere contingente, solo due cose:
 
a.] il caos;
b.] una parte delle struttura del libero arbitrio divino [il "meccanismo" della libertà della volontà di Dio];
 
3.] rimane solo Dio come causa verticale [esistenzializzante] [diretta e indiretta] dell’uomo.
 
nota
 
queste tesi ripetono argomenti giò visti e usati in più dimostrazioni. li integrano, e li applicano all’uomo. l’uomo semplicemente si chiede: “perché esisto ?”. egli risponde in molti modi, ma un’analisi rigorosa del portato veritativo di ogni possibile risposta conduce ad ammettere Dio come unica riposta realmente razionale [alla luce della metafisica epistemica, la quale è la più probabile spiegazione della realtà, e spiegazione equivale a dimostrazione, dal punto di vista probabilistico].


DIMOSTRAZIONE_90: FIDEISTICA_QUARTA
 
la ricerca epistemica si sta orientando a definire la ragione umana epistemica come esercizio di fede, modo e forma della ragione umana possibile, in quanto è epistemica la forma di fede più perfetta esercitabile da parte dell'uomo, e la ragione, in assenza di Dio, che è l’episteme, può darsi nell’uomo solo come fede. ciò è necessario, perchè se la ragione si aggiunge anche solo di poco alla fede, viene svalorizzato il valore conoscitivo e l'autosufficienza salvifica della fede semplice e popolare: occorre fare della ragione epistemica accessibile solo un'appendice_speculativa dalla fede, da definire questa come momento speculativo già perfetto anche solo come fede dei semplici: la ragione epistemica, la più alta forma della razionalità, sta al suo interno, perchè non può aggiungersi “esternamente” ad essa: il fideismo diventa razionalizzato come posizione del rapporto fede e episteme; l'episteme diventa l'auto_coscienza di una fede resa speculativamente “adulta” perché perfettamente consapevole di se stessa, e questa è la ragione stessa, propria di un uomo ancora privo di Dio [= Episteme], cioè strutturalmente privo della ragione vera. quindi qui si supera l’argomento medioevale del rapporto tra fede e ragione: la ragione scompare, e tra le molte fedi, prevale la fede cristiana, epistematizzata. non si può più parlare di armonia tra fede e ragione: c’è solo la fede. d’altra parte, questo risultato, che pare assordo e gratuito, è in realtà assolutamente necessario: infatti, nel veggente di Fatima o di Lourdes, se esiste oltre la fede anche la ragione, ci potrebbe essere il problema che questo veggente, per il fatto di aver “visto”, non avrebbe più la fede, ma solo la ragione, nella forma dell’esperienza empirica e sperimentale. quindi, affinchè nel veggente [ad esempio: suor Lucia di Fatima] sia conservata la fede, la ragione deve essere tolta, e l’episteme umana umanamente accessibile deve essere un modo della fede: il modo più assoluto e perfetto [si sta dicendo che si può essere assolutamente certi, dal punto di vista della ragione, che l’essere è, ma chi ostenta questa certezza rimane un uomo necessariamente allo stato dormiente].
La presente dimostrazione differisce dalla dim_38, perché in questa la fede si trasmette alla ragione, suo riflesso, ora invece si rimane all’interno della fede, sia per fede, sia per toglimento della ragione.
questa è la dimostrazione: i principii [condizioni] veritativi di correttezza [empirica o emozionale: senso e significato, e desiderio/bisogno], completezza e coerenza possono essere applicati anche alla fede [qui intesa semplicemente e concretamente, esemplificatamente come il catechismo cattolico, contenuto nel “Catechismo della Chiesa Cattolica”: Libreria Editrice Vaticana, 1992],e questa come “sistema coerente” viene presentata dalla chiesa come una spiegazione della realtà già sufficientemente razionale, senza la mediazione dell’ontologia metafisica [che non può svegliare l’uomo dal sonno: può solo e deve (questa è la sua funzione) assolutizzare lo stato di certezza del dormiente/tale è l’uomo nella dimensione terrena], e quindi come sistema chiuso e spiegazionalmente [= dimostrativamente] auto_sufficiente. ciò che spiega dimostra [per le funzioni des/def/dim]. certo, la definizione [= correttezza] dei termini della fede compete alla teologia, che deriva dalla metafisica, ma si è detto che le condizioni veritative possono agire anche a coppie [completezza (la fede, in quanto parallela alla ragione, è completa/è la ragione stessa a livello simbolico, è il simbolo della ragione, è la doppia ragione in forma di segno, è la ragione invisibile) e coerenza (la fede è un sistema coerente e perfettamente tale)_].
qui si capovolge la dim_38: ora è la fede ad essere il riflesso della ragione, e quindi si contempla una fede_conscia come riflesso della ragione_inconscia, che l’episteme porta a livello conscio.
 

DIMOSTRAZIONE_91: RATZINGERIANA, ARGOMENTATIVA, APOLOGETICA_ARGOMENTATIVA
 
si constata che l’esistenza di Dio può considerarsi dimostrata anche tramite argomenti razionali, che tendano a mostrare la plausibilità veritativa della fede cristiana. esempi di tali argomenti sono dati, ad esempio, dai libri del Card. Ratzinger, attuale papa Benedetto XVI: “Rapporto sulla fede”; “Il sale della terra”; “Dio e il mondo”.
questa dimostrazione differisce dalle dimostrazioni dim_34 [apologetica_retorica] e dim_35 [apologetica_scientifica]:
 
1.] la dim_34 fa riferimento a un linguaggio, che dimostra indirettamente, confutando [cioè difendendosi: “apologia”] le argomentazioni contrarie all’esistenza di Dio;
2.] la dim_35 fa riferimento alla dimostrazione della storicità della Bibbia e alla plausibilità/credibilità psicologistica/psicoanalitica della sua testimonianza, allo scopo di allacciarsi ad essa come discorso di chi ha visto/sperimentato direttamente la risurrezione di Cristo, venendo a contatto con Gesù risorto.
 
la dimostrazione è detta “argomentativa” perché fa riferimento a ogni discorso razionale sullla fede, ed è detta apologetica_argomentativa, perché questo discorso può essere di natura difensiva. In questo caso, la dimostrazione differisce dalla dim_34, perché un “argomento razionale” differisce da un “argomento retorico” [quest’ultimo è un’omelia o una proposizione di senso o moraleggiante].


DIMOSTRAZIONE_92: DEL DUBBIO DI FEDE, RTZ_2, PROBABILISTICA_PRIMA, ESISTENZIALISTICA_QUARTA
 
all’inizio del suo libro “Introduzione al cristianesimo”, il prof. Joseph Ratzinger [attuale papa Benedetto XVI] fa un’esposizione efficace e drammatica di cosa possa essere il dubbio di fede per un cristiano: la disgregazione [anche psicologica] del quadro della fede, tale per cui il credente appare come un naufrago nell’oceano del dubbio e del nulla, aggrappato al legno della croce [= fede], simboleggiato da una tavola di legno galleggiante. eppure nei credenti la fede resiste, e così ha resistito in Ratzinger. Perché ? perché, sostiene questa dimostrazione, la fede ha un intrinseco potere dimostrativo, che regge al dubbio di fede per una ragione:
 
1.] … posto, come dice Ratzinger all’inizio del suo libro, che anche il non_credente ha una fede, quella nell’inesistenza di Dio, ed è attanagliato dal dubbio che la fede cristiana possa essere vera [“… forse è vero”] …
 2.] … la fede regge, perché è un quadro coerente, corretto [associato alle condizioni di senso, significato e desiderio] e completo [riguardante il tutto] [le tre condizioni di verità] …
3.] mentre il dubbio e la fede opposta non ha tali caratteristiche, a meno che …
4.] … non si pensi che l’universo che appare sia il tutto, ma ciò non può essere vero, perché l’universo esiste, e …
5.] l’esistenza dell’universo [e l’esistenza dell’esistenza] non appaiono, pur essendo dette esistenti: il pensiero intuisce l’esistenza di ciò che non appare [l’esistenza stessa: che non è un attributo dell’apparire, ma è la sua condizione esistenziale], e quindi dimostra di andare oltre l’apparire.
 
per questa sua maggiore capacità esplicativa, la fede resiste al dubbio [posto che il dubbio è senza risposte], e una spiegazione plausibile della realtà, data dalla fede, porta la probabilità della verità dalla parte della fede.
 

DIMOSTRAZIONE_93: PROBABILISTICA_SECONDA
 
posta l’alternativa tra fede e non fede [dove la fede dice che Dio esiste], tutte le dimostrazioni epistemiche dell’esistenza di Dio [e la confutazione epistemica della dimostrazione dell’in_esistenza di Dio data dalla filosofia di Severino] mostrano la maggiore probabilità dell’ipotesi teistica.
 

DIMOSTRAZIONE_94: PROBABILISTICA_TERZA
 
posta l’alternativa tra fede e non fede [dove la fede dice che Dio esiste], l’episteme, inteso come spiegazione complessiva e maggiormente plausibile della realtà, mostra la maggiore probabilità dell’ipotesi teistica.



INTRODUZIONE ALLE DIMOSTRAZIONI TOMISTICHE

NEUTRALIZZAZIONE DELLA CRITICA KANTIANA ALL’ARGOMENTO_ONTOLOGICO
 
1.] ci sono differenti usi del linguaggio. Il primo uso è la funzione auto_concettuale del linguaggio [fenomenologia pura del linguaggio: il linguaggio descrive la realtà]. Essa significa che alla parola segue la sua idea e all’idea segue la sua realtà. Quale che sia il rapporto tra uomo e realtà, e tra oggetto e soggetto, la parola “Dio” indica la realtà “Dio”, perché la parola indica la sua “cosa”.
Kant disattiva lo schema auto_concettuale, attribuendo al linguaggio usi secondari e periferici. Kant usa la parola “Dio” nel modo della circonlocuzione …
 
definizione di “circonlocuzione” tratta dal Lessico Treccani:
“giro di parole a cui si ricorre quando non si possa, non si sappia, oppure quando non si voglia o non si osi adoperare l’espressione propria”. [sottolineatura: propria significa auto_concettuale: la parola dice la cosa].
 
ciò significa che “Dio” [parola e idea] significa semplicemente Dio [realtà]:
 
Dio [nome], detto dal linguaggio;
Dio [idea], pensata dal pensiero;
Dio [realtà], ovvero esistenza.
 
2.] Kant opera la circonlocuzione dando significati a Dio di tipo parallelo a quello diretto di esistenza/realtà. Lo fa o ponendo Dio nella condizione della possibilità [Dio potrebbe essere una favola], e ciò si confuta perché l’uso di Dio è qui voluto come possibilità, oppure costruendo costrutti_terminali che aggiungono a Dio determinazioni/caratteristiche che allontanano Dio dall’auto_concetto puro. Ad esempio: “Dio è l’idealità”, oppure “Dio è l’idealità di Dio”.
Ma ad ogni costrutto_terminale l’episteme associa il suo auto_concetto come definizione primaria, ad esempio:
 
a.] Dio non è idealità perché Dio = Dio e idealità = idealità e la parola “Dio” non è la parola “idealità”; 
b.] Dio è senz’altro l’idealità di Dio, ma come tale non è l’idealità dell’uomo: quest’ultima è piuttosto “dio” [si trascura qui il discorso sull’anima, si parla in termini metaforici], inteso come super_uomo, ciò che l’uomo deve essere non con la tecnica ma con l’etica; l’idealità di Dio è invece ciò che Dio deve diventare con l’etica della creazione_sacrificale e con l’uomo_etico, il super_Dio [l’“oltre Dio” di Severino, che epistemicamente è sempre Dio, più che perfetto con l’uomo].
 
3.] tutta l’argomentazione di Kant si fonda sull’isolamento del soggetto dall’oggetto, isolamento superato dalla metafisica_epistemica. Questa è una metafisica, ma non dice cose strane, bensì “normali”, infatti:
 
a.] Kant distingue tra realtà e idealità [pensiero], ma in questo modo considera l’uomo come un ente “staccato” dal mondo e dall’esistenza [un aspetto dell’“isolamento”, di cui parla Severino], è cioè un uomo “fantasioso” o “da favola”, perché considerato come un ente che studia la realtà come se non facesse parte di questa realtà;
b.] invece, come dice l’evoluzione, la realtà determina l’uomo, e determinandolo è ipotesi normale [anche se metafisica] che l’uomo, se non nel corpo, certamente nella mente [come dice anche il principio_antropico] riproduca la realtà, e quindi la possa conoscere nelle forme/categorie perfettamente: l’idea di Dio semplicemente riproduce la realtà di Dio [congiunzione tra oggetto e soggetto];
 
c.] tutto ciò non dimostra Dio e non confuta Kant, ma …
 
a.] poiché anche l’ipotesi di Kant sull’isolamento dell’uomo e sulla sua separazione dalla realtà [ipotesi tutt’altro che scientifica, visto l’uomo appunto parla di Dio] è di tipo metafisico, …
b.] allora si tratta di decidere tra due ipotesi metafisiche, quella dell’isolamento dell’uomo dalla realtà, oppure quella dell’innesto dell’uomo nella realtà, e poiché …
c.] … l’uomo parla e pensa metafisicamente, ciò mostra e dimostra che l’ipotesi dell’inserimento dell’uomo nell’esistenza è la più probabile, quindi …
d.] l’episteme è superiore al criticismo kantiano, confutato inoltre dal fatto che [come hanno constatato Popper e Einstein] le categorie kantiane della mente proprio rispecchiano la realtà, e quindi la realtà deve essersi riprodotta nella mente, e così la realtà di Dio nell’idea di Dio;
e.] le categorie kantiane, come sono state non confutate ma allargate alla geometria non euclidea, così vanno dunque allargate alla metafisica. La gnoseologia_epistemica si conferma kantiana;
f] è quindi posta la congiunzione tra realtà e idea di Dio: l’idea riflette la realtà.
 
4.] si riflette ora sul concetto di perfezione accolto da Kant. L’episteme inizialmente ha creduto più opportuno sostituirlo con il concetto di necessità, ma in realtà è sufficiente fermarsi anche sul primo:
 
a.] la necessità esiste, perché necessità significa solo necessità di esistere: non può darsi un aggettivo senza che si dia ad esso una realtà, e se sì, la necessità dell’esistenza è comunque certa, in senso parmenideo;
b.] così è data la necessità almeno di un soggetto: l’uomo che, esistendo e intuendo la necessità, vi si identifica;
c.] deve esistere almeno un oggetto necessario, perché il concetto di necessità significa per definzione necessità di esistere, e quindi è escluso che tale concetto possa essere un aggettivo per la fantasia, che non “deve” esistere [e neppure, più debolmente, “può” esistere], ma se un aggettivo non è per la fantasia, come può esistere se non serve a nulla, se non per la realtà almento di un essere ?
d.] quest’ultimo è, si è detto, almento necessarimante l’esistenza_pura, in senso parmenideo;
e.] ma se esiste un oggetto necessario, così è per il soggetto, e allora il soggetto veramente e puramente necessario è solo il Soggetto, cioè Dio, concetto anch’esso [più che “perfetto”, piuttosto e innanzitutto] necessario.
 
5.] pensando quindi alla perfezione: questa è carattere o della fantasia o della realtà [e come tale, o della realtà_oggetto o anche della realtà_soggetto]. Ma il concetto di perfezione, che nel suo uso primario serve a caratterizzare semplicemente ciò che è perfetto [e non ciò che è fantasticamente tale], e quindi l’ente_metafisico, non serve a caratterizzare innanzitutto l’ente fantastico, perché [proprio in senso Kantiano] esso è migliorativo di ciò che è imperfetto, e quindi è concetto eticamente desiderabile e desiderato, e allora per la congiuzione tra oggetto e soggetto …
 
apertura di macro_parentesi [solo metafisicamente e (si potrebbe forse dimostrare, e anzi necessariamente, dato che o si è nel vero o si è in errore) fantasiosamente esclusa da Kant: si può parlare di pre_giudizio kantiano sull’in_capacità metafisica del pensiero_umano, che peraltro, in quanto pensiero_esistenziale, è solo metafisico per definizione, perché il pensiero non appare, né appare la sua attività e auto_consapevolezza: non è un apparire, ma è un’intuzione interna] [chiusa macro_parentesi].
 
… ciò che è desiderato non appartiene primariamente al campo della fantasia, ma della realtà [si dice: “sogno di essere ricco”/tale sogno è una auto_proiezione paradisiaca/tutto il potere del mondo e il progetto di dominio del mondo è un fenomeno di potere sopran_naturale che agisce nel naturale] [il sopran_naturale supera la fantasia, ed è la matrice (invariante) di questa].
 
6.] si osserva che anche il criticismo si fonda tutto sulla congiunzione tra oggetto e soggetto, ma tale congiunzione è limitata al rapporto idealistico tra soggetto [prima] e oggetto [dopo], e non anche [epistemicamente] al rapporto realistico tra oggetto [prima] e soggetto [dopo]: è la realtà che si riproduce nelle categorie della mente, e che dice a queste di riconoscerla [l’oggettività è l’“imposizione” naturale della realtà sulla mente: l’agnostico kantiano rifiuta (teisticamente) tale imposizione, evidentemente perché l’ateo vive Dio (a causa del male) come un “dittatore assoluto”, e ciò è comprensibile: per questo Dio si nasconde (Messori)_].
 
7.] [seguono aggiunte dovute a rilettura veloce del testo di Abbagnano e Fornero …] …
 
a.] è lecito trarre l’esistenza da un mero concetto, se si guarda alla fuzione del concetto [descrivere ciò che esiste] e prima ancora alla ragione della sua esistenza [il concetto è la riproduzione della realtà nella mente];
b.] la distinzione tra piano mentale e piano reale è una delle ragioni della confutazione epistemica alle tesi di Kant: essa è l’ipotesi [fantasiosa] dell’in_esistenza della giunzione tra oggetto e soggetto, tra pensiero e esistenza. si comprende perché il criticismo appare non_normale: pone le categorie come capaci di spiegare la realtà, ma isolata la mente dalla realtà, tale capacità di spiegazione diventa “magica”. Kant la spiega definendo la conoscenza come un prodotto soggettivo, in cui l’idealismo è totale, con la sola differenza che l’io_penso è un ente_limitato [e non assoluto], ma ciò non spiega da dove derivi la “struttura” del filtro. L’episteme lo spiega: tale struttura deriva dalla realtà, che si riproduce nella mente, e allora la rappresentazione non è più un prodotto_totale: la sua forma riflette le categorie, che rilfettono la struttura della realtà stessa, che in esse si riproduce e proietta. Kant separa l’uomo dall’esistenza, lo “isola”: distinzione tra piano mentale e piano reale, dove distinzione significa “scissione” [giunzione spezzata];
c.] non è l’esistenza che si constata per via empirica, ma solo l’apparire: l’esistenza è colta invece solo dall’intelletto, e sia l’esistenza [in sé e della cosa] che il pensiero/intelletto non appaiono. Il pensiero non appare a se stesso, ma sa di esistere: tutto il criticismo è fatto di concetto che non appaiono [come le categorie]: già dieci anni fa la ricerca_epistemica lo ha capito: il kantismo è un “metafisica del pensiero”: concetto come l’io_penso e le categorie, e la stessa mente non appaiono, ma sono presupposti esistenti, questo perché il pensiero intuisce se stesso, a livello esistenziale_metafisico;
d.] l’esistenza è una proprietà logica, prima che un fatto. Non si attribuisce l’esistenza agli oggetti, ma l’esistenza degli oggetti è necessaria, se deriva dall’auto_strutturazione dell’ esistenza pura. Non l’esistenza è carattere dell’ente che esiste, ma l’ente e la sua esistenza sono caratteri [ipotesi] dell’esistenza in sé;
e.] derivare la realtà dall’idea è lecito, perché [come si è detto] l’idea riproduce la realtà e serve a rifletterla.


INTRODUZIONE ALLE DIMOSTRAZIONI TOMISTICHE
NEUTRALIZZAZIONE DELLA CRITICA KANTIANA ALLA PROVA COSMOLOGICA

 
Afferma Kant che il principio di causa è una regola con cui si connettono i fenomeni tra di loro e che quindi non può servire a connettere i fenomeni con qualcosa di trans_fenomenico [Abbagnano e  Fornero].
in base alla funzione dei concetti, che descrivono la realtò, la “causa” è invece una funzione della realtà, avente natura oggettiva. essa è un’ipostasi funzionale, un modo oggettivo di funzionamento della realtà dell’essere, riflessa nel concetto umano e divino di causalità. La causa non è una mera convenzione linguistica.
La ricerca_epistemica distingue due coppie di cause:
 
1.] a.] causa_verticale;
1.] b.] causa_orizzontale;
2.] 1.] b.] 1.] causa orizzontale_necessaria [o ipostatica];
2.] 1.] b.] 2.] causa orizzontale_contingente [o non necessaria].
 
La causa verticale sta all’origine dell’esistenza di una realtà gerarchicamente secondaria rispetto alla causa stessa. Tale secondarietà non deve essere intesa in senso “diminuitivo”, come la interpretano Plotino e Sant’Agostino. Anzi. Dio è proprio il livello gerarchicamente inferiore dello sviluppo, e come tale è il suo massimo livello di evoluzione, perché appunto nell’evoluzione [e pirma ancora nell’emanazione] ciò che viene dopo è più evoluto [e complesso] di ciò che viene prima.
La causa orizzontale è l’insieme delle cause, tra loro legate, che agiscono “orizzontalmente” ad un dato livello e stadio dello sviluppo verticale della realtà necessaria, sviluppo che parte dal principio e che è causato dal principio stesso.
La causa orizzontale di tipo ipostatico [necessaria] sta ad esempio nel funzionamento degli organi del corpo o dell’atomo: il moto di un ente non è causato dal moto di un altro ente, ma tutti gli enti sono causati dalla loro connessione alla base esistenziale, legata alla struttura della necessità e del suo sviluppo.
La causa orizzontale di tipo contingente è data dallo spostamento di un oggetto o dal funzionamento di un orologio: nel primo caso, se una galassia collide con un’altra o se una mano sposta un oggetto, il moto dell’oggetto spostato non è necessario, ma relativo alla contingenza dell’ente che lo ha toccato/colpito/sposato; nel secondo caso, una ruota meccanica si sposta sì necessariamente in conseguenza del moto di un’altra ruota meccanica, ma se questa fosse rimossa, la prima non si sposterebbe, il suo moto è pertanto non necessario, ma contingente/condizionato, non casuale perché provocato, ma provocato in modo non necessario, ma solo contingente.
Senza voler anticipare la formulazione di una dimostrazione_tomistica, si osserva solo quanto segue da tali determinazioni teoriche. La critica_epistemica alla posizione di Kant sta nel fatto che, posta la causa orizzontale, come l’insieme delle leggi di natura della natura apparente, queste, nella loro determinazione caratteristica, sono condizionate dal tipo di causa verticale che ne ha determinato l’esistenza. così, un orologio [che è in questo caso è usato in senso mefaforico, come esempio di organo, atomo o anche l’orologio stesso] è un funzionamento di tipo totalemente meccanicistico, ma la sua esistenza [essendo prodotto dall’industria degli oroglogi] e il suo funzionamento [le sue parti e le sue leggi] sono determinate in vista di un fine: la lettura dell’ora da parte dell’uomo. Ecco dunque che dal tipo di causa orizzontale è possibile capire la natura della causa verticale, che ne ha determinato l’esistenza e il carattere, e allora la critica kantiana [che presuppone la causa_naturale senza spiegarla] è confutata: le cause_fenomeniche sono associate alla loro causa trans_fenomenica.
mentre la dim_4 trae la causa del cosmo_apparente dalla natura della volontà divina che, essendo mista, si lega alla natura mista della configurazione dell’apparire_attuale, in base a tale  critica alla posizione di Kant si può trarre la validità delle dimostrazioni tomistiche dall’analisi delle cause interne al mondo_ apparente. Si nota che, come ha detto il Prof. Enrico Berti, la dim_4 si associa all’argomento_teleologico tomistico.
Seguendo la lettura della critica kantiana alla prova cosmologica, si riformula quanto si è detto. E’ vero che le dimostrazioni “saltano” dall’idea/concetto alla realtà, ma è anche vero che tra queste due ipotesi:
 
1.] ipotesi kantiana: i concetti e le loro possibilità possono essere isolati dalla realtà;
2.] ipotesi epistemica: l’esistenza dei concetti e delle loro possibilità è determinata dalla loro funzione, che è quella di descrivere/riflettere la realtà, il cui sviluppo e evoluzione ha determinato l’esistenza di quei concetti [replicandosi e riproducendosi in essi], le cui possiblità sono manifestazioni proiettive del [ancora attuale] “vincolo_esistenziale” tra realtà e idea, dovuto al fatto che la prima non solo determina la seconda, ma anche la include, e così l’idea stessa, riproduzione della realtà, include la realtà, conoscendola …
 
… la seconda è la più naturale [normale = plausibile = probabilisticamente vera], perché il soggetto stesso è un oggetto, l’uomo fa parte della realtà, e quindi l’uomo è legato alla realtà, e la sua mente conosce la realtà perché questa è la funzione “tipica”  della mente, per cui è tipico che in concetto dica la cosa, e che quindi “Dio”/idea dica “Dio”/realtà, secondo il più naturale [e gerarchicamente primario] significato e uso dei concetti: descrivere ciò che è.



INTRODUZIONE ALLE DIMOSTRAZIONI TOMISTICHE
NEUTRALIZZAZIONE DELLA CRITICA KANTIANA ALLA PROVA FISICO_TEOLOGICA_TELEOLOGICA

 
La dim_4 ha dimostrato che la natura_apparente non può essere la causa del proprio ordine, perché in esso c’è anche il disordine.
La differenza tra dim_4 e l’argomento teleologico classico sta nel fatto che la dim_4 vi aggiunge l’analisi della natura della causa del mondo_apparente intesa come la volontà di Dio, la cui natura “mista” corrisponde alla natura “mista” dei fenomeni naturali apparenti.
Sarebbe importante riuscire a dimostrare quanto segue:
 
1.] posto che l’ordine ipostatico non può derivare dal disordine [la disposizione casuale di un grumo di materia può assumere la forma apparente_superficiale dell’uomo, ma non potrà mai “strutturare” un vero uomo e il suo funzionamento, essendo esistenzialmente e funzionalmente connesso con lo sviluppo ipostatico della necessità], …
2.] e posto [come ora si dirà] che l’rodine delle cause naturali apparente è fatto anche di cause epistemicamente classificate come contingenti [necessarie sono le cause delle orbite dei pianeti, intese come esistenza di tali orbite, contingente è invece la loro disposizione spazio_temporale], …
3.] si dovrebbe dimostrare che, sebbene miliardi di variabili unicamente tra loro coordinate, che hanno consentito la vita sulla terra [ad esempio: precisa distanza tra sole e terra e precisa pressione atmosferica, gravità, composizione del rapporto tra ossigeno e azoto, e presenza di acqua], in quanto variabili contingenti, possano essere disposte casualmente, …
4.] posto che un orologio [analogico o digitale: vero orologio] è un insieme di variabili contingente [non sistema: il sistema è solo ipostatico: l’orologio è un grumo di variabili che l’uomo ha disposto per funzionare], si dovrebbe appunto di dimostrare che …
 
a.] il caso non può disporre un orologio a caso e parimenti …
b.] quelle miliardi di variabili hanno la stessa disposizione “incastrata” dell’orologio.
 
5.] Perché in questo caso, come l’orologio lo ha fatto l’uomo, così quella disposizione, se si dimostra essere simile a un orologio, l’avrebbe fatta Dio, cioè un intelligenza almeno grande quanto il cosmo.
 
Sulla base di tali premesse, si può criticare la posizione kantiana riguardo alla prova fisico_teologica [o fisico_teleologica].
Dalla lattura del testo di Abbagnano e Fornero, si ricavano i due tipi di cause che si sono elencati nel paragrafo precedente:
 
1.] Dio come causa dell’ordine del mondo è Dio come causa_orizzontale_contingente, finalisticamente determinata [un Dio che, ad esempio, ordina il sistema solare perché esso possa accogliere la vita, sistemando miliardi di variabili, ciò che non può essere dimostrato, perché si è detto tali variabili potrebbe essersi disposte casualmente, a meno che la loro disposizione non sia dimostrata essere simile a quella di un orologio/manufatto: il ritrovamento di un simile manufatto su di Marte farebbe dire agli scienziati che su Marte c’è stata una vita intelligente/ma forse ciò non si può dire per il sistema solare, perché anche tutte le sue orbite sono funzionali strettamente alla vita sulla terra, non si può escludere la perfetta combinazione casuale, definibile come “coincidenza”/invece un orologio non appare una coincidenza];
2.] Dio come causa dell’essere del mondo [Dio_Creatore] è Dio come causa_verticale di tipo esistenzializzante.
 
La ricerca_epistemica ha già epistemizzato la dimostrazione tomistica relativa a questa critica kantiana, dimostrando Dio come la causa_orizzontale_contingente [analisi del Big Bang, che è causa orizzontale a determinazione finalistica].
La dim_4, dal tipo di fenomeni e di cause del mondo_apparente, dimostra Dio come causa_verticale della sua esistenza.
 
Si introduce qui il concetto di occasionalismo_epistemico: esso significa che, a causa dell’incidenza del Caos sul Creato tratto da esso [semi_creazionismo_platonico] e dal nulla [creazionismo pieno o assoluto, corretto tramite l’accoglimento delle istanze severiniane], la natura_apparente [metaforicamente] “da sola non ce la fa”, e quindi Dio interviene “occasionalmente” [“caso per caso, all’occasione opportuna”, dove “caso” qui significa evento] per correggere e finalizzare in senso contingente_funzionale la natura e la sua evoluzione verso l’uomo e il suo bene. Da questo punto di vista, mentre l’eden_creato è riproduzione “esatta” dell’eden_in-creato [nessun occasionalismo nell’iniziale atto creatore, ma il Creato nasconde così il male], Dio successivamente deve aver “spezzato” il Creato [Big Bang], allo scopo di caotizzare in parte la natura, per farvi emergere il male. Questo intervento segna una determinazione finalistica [alla comparsa della vita_umana] della disposizione delle galassie e dei corpi celesti e astrali [ad esempio: nessuna galassia che possa collidere con la Via Lattea], e per cui:
 
1.] da un lato si spiegano come vani i tentativi degli scienziati di spiegare meccanicisticamente l’origine del sistema solare;
2.] dall’altro, questo incapacità teorica è appunto dovuta al fatto che il sistema solare e, in parte, il cosmo_apparente, appare alla razionalità_epistemica come un “gioco_falsato” con l’evidente impronta dell’intervento di un Intelligenza, che sa nascondersi, proprio perché quelle miliardi di variabili possono in teoria [forse] essere spiegate col caso.
 
Tuttavia, l’ipotesi che queste variabili non siano casuali è più probabile dell’ipotesi contraria, e quindi appare razionale la fede nell’esistenza di Dio [apertura alla dimostrazione].
Si prosegue nella lettura del testo di Abbagnano e Fornero.
Niente autorizzerebbe, come dice Kant, a concepire la causa dell’ordine del mondo come la Causa perfetta e assoluta: “… noi, saltando l’“abisso” che separa il finito dall’infinito, identifichiamo, sottobanco, l’ipotetica Causa ordinante con l’idea della Realtà perfettissima …, giocando con delle idee, forzatamente manipolate …” [Abbagnano e Fornero], senza contare che “noi sappiamo che in questo universo c’è una qualche misura o gradazione di ordine, ma relativa ai nostri parametri mentali e, in ogni caso, non certo infinita e priva di imperfezioni. Di conseguenza, non possiamo arrogarci il diritto di affermare che la Causa del mondo è infinitamente perfetta, saggia, buona, ecc.” [Abbagnano e Fornero].
 
 
1.] tra il finito e l’infinito non c’è un abisso: l’infinito è lo spessore esistenziale dell’esistenza del finito, il quale non può confinare col nulla, e ha quindi una base_metafisica che racchiude l’intero spessore dell’essere [rappresentato nella mappa_metafisica]. Ciò signifca che il finito racchiude l’infinito, mentre l’infinito è “ripiegato” sul finito e lo copre interamente, avvolgendolo delle sue strutture_esistenziali: Severino ha parolato di “isolamento della terra”; a livello esistenziale non esiste questo isolamento, se non nel fatto che il Creato poggia attualmente sulla volontà di Dio ed è ancora separato dalla fonte [ma non dal principio, in quanto pure il Creato esiste]. La differenza [di cui si tratterà nella protologia] tra l’ontologia_classica e l’ontologia_epistemica sta qui: la prima considera l’esistenza dell’ente [ad esempio, un sasso] comela sua “ombra”, partendo dalla considerazione dell’esistenza del sasso in quanto il sasso appare; la seconda, invece, ribalta il rapporto tra sasso [e apparire del sasso] e la sua esistenza, facendo di questa il “ponte” tra il sasso è l’esistenza in sé pura, e questo “ponte”, l’ombra del sasso, è di proporzioni immense, racchidendo un essere rappresentato dall’intera mappa dell’essere: il sasso esiste solo perché il principio gli consente di esistere, non l’esistenza del sasso è in funzione del sasso, ma il sasso è in funzione della propria esistenza, quest’ultima in funzione dell’esisistenza in sé;   
2.] non c’è nelle dimostrazioni una manipolazione e un gioco delle idee e dei concetti “forzoso”, ma una loro lettura e interpretazione diretta e immediata: la parole parlano delle cose; la Causa è la Causa, la Realtà perfettissima è la Realtà perfettissima, riconosciuta in vari elementi [il Tao, l’Uno, Dio, ecc.], tutti veri, tra cui Dio, e posti dall’episteme convergenti su Dio, perché Ente_personale_vitale. il vero “gioco forzoso” è usare la parola “Dio” in circonlocuzioni, come fanno gli atei e gli agnostici:
 
a.] essi dicono: Dio è la natura, Dio è l’idealtà, Dio è un proposito, Dio è un meccanismo di difesa, Dio è il padre o l’uomo, Dio è una paura, Dio è il cosmo, Dio è questo e quest’altro …
b.] dice invece l’episteme: Dio è Dio, e la parola e l’idea di Dio parla e pensa semplicemente e direttamente [senza circonlocuzioni] “Dio”, cioè Dio come realtà.
 
3.] i “parametri mentali” dell’uomo, ereditati da Dio, sono “calibrati” per la realtà dell’essere e per descriverla. Non si ha una soggettivizzazione, ma una lettura diretta;  
4.] come detto, l’imperfezione della natura_apparente non significa che Dio non ha agito, perché essa è un’imperfezione dovuta al male e cercata, voluta e prodotta da Dio allo scopo di fare emergere il male in forma apparente. Uno dei più antichi pensieri della ricerca_epistemica [risalente a più di 10 anni fa] riconosce che, anzi, proprio la perfezione edenica ha portato Adamo a sostituirsi a Dio, perché la realtà perfetta divina non è determinata da Dio, ma dalla necessità per Dio. solo l’introduzione del Caos apparente nel mondo, dovuta a Dio che spezza il Creato [Big Bang] fa emergere dall’inconscio la matrice originaria caotica del Creato, facendo capire ad Adamo con la sua provocata/tentata caduta [da Lucifero come da Dio], che egli è un essere_contingente.  
 
Sulla base di questi tre paragrafi, le tre ritiche_kantiane [ontologica, cosmologica e teologico _teleologica] alle dimostrazioni tomistiche si sono mostrate insufficienti [probabili, ma probabilisticamente subordinate alla maggiore probabilità di verità (= plausibilità) della loro confutazione_epistemica]. Pertanto, le dimostrazioni tomistiche possono essere legittiamente accolte “in blocco”, rimanendo immutate. Per cui segue la loro epistemizzazione, che diverge in parte dal loro argomento di fondo, producendo [forse] altrattante dimostrazioni.
Riguardo la critica epistemica alle dimostrazioni tomistiche, si osserva quanto segue:
 
1.] sebbene tutti i principii tomistici siano indifferentmente attribuibili [in base allo schema quadripartito] o a Dio o alle altre strutture della necessità, …
2.] il concetto di Dio è il concetto di una necessità_personale [cioè di una persona_necessaria], per cui …
3.] … quei principii si s_doppiano, ma ciò non produce altre 5 dimostrazioni, perché il doppio principio serve piuttosto a dimostrare le altre realtà necessarie, che non sono Dio.
 
queste sono in sintesi le dimostrazioni tomistiche:
 
1.] poiché tutto ciò che si muove è mosso da altro, ma, per non procedere a ritroso all’infinito, nulla potrebbe muoversi se non vi fosse un primo motore, Dio è questo primo motore immobile, che non si muove ed è la causa prima di ogni movimento;
 2.] nell’ordine delle cause che stanno alla base di tutti i fenomeni naturali, che accadono nell’universo, Dio deve esistere come causa prima;
3.] le cose possibili esistono essendo poste dalle cose necessarie, le quali traggono la loro necessità da altre cose necessarie. Dio è ciò da cui tutto dipende, ed è il solo Ente, la necessità della cui esistenza si trova in se stessa.
 4.] in ogni cosa il vero e il bene sono presenti per gradi. Dio trasmette queste caratteristiche (che appartengono all’esistenza) a tutte le cose, essendo sommo Essere, somma Verità e sommo Bene, cioè il loro grado massimo.
5.] tutte le cose esistenti sono dirette a un fine (come si desume dalla fisica di Aristotele). Dio è l’Intelligenza massima, intesa come il fine verso cui convergono tutte le cose.

seguono i testi originali delle dimostrazioni tomistiche [fonte: Prof. Don Mauro Mantovani, Pontificia Università Salesiana]. A causa dei limiti culturali del soggetto_espositore, non si può esporre un commento alle dimostrazioni_tomistiche. poichè la critica kantiana e epistemica è stata neutralizzata [Abbagnano e Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, volume secondo, edizione per i licei, 1996, pagg. 450-452], le dimostrazioni_tomistiche sono ancora valide.

nota  sul criticismo kantiano
 
si è detto che la mente dell’uomo [cosiddetto “microcosmo”] riproduce nel suoi schemi la struttura del cosmo per la giunzione tra oggetto e soggetto [il primo incorpora il secondo e si riproduce esistenzialmente in esso]: cioè la struttura della mente è la stessa struttura della realtà. deve essere precisato che questo non è evidente per l’uomo, perché il cosmo non si riproduce normalmente nell’uomo, ma in dio, nell’anti_dio [micro_duplicazione di dio nel creato] e in cosmo_adamo: questi tre soggetti sono esseri giganteschi, e sono posti al centro della realtà, che in essi si riproduce, duplicandosi nella loro mente [giunzione tra oggetto e soggetto]. l’uomo è invece una derivazione micro_frattalica di cosmo_adamo, a sua volta derivazione micro_frattalica dell’anti_dio. per questo l’uomo appare “disancorato” dall’universo_apparente, scisso da esso e non posto al suo centro, parte microscopica di esso e quindi non certo sua duplicazione. per questo si dice che quella duplicazione, come origine della corrispondenza innatistica tra struttura del cosmo e struttura della mente [apparato categoriale kantiano] vale per l’uomo solo indirettamente:
 
1.] la mente umana non è diretta duplicazione dell’oggetto nel soggetto umano;
2.] la mente umana ricava e riceve la sua struttura come indirettamente riproduttiva della struttura della realtà, perché la ricava e la riceve come fattore genetico da cosmo_adamo e da cristo_episteme;
3.] cioè l’uomo è microcosmo non per riproduzione in lui del cosmo [come in dio], ma per riproduzione in lui di dio, che è riproduzione del cosmo.
 
è evidente in queste considerazioni il collegamento con la dimostrazione dim_147 e la sua schematizzazione. 


DIMOSTRAZIONE_95 [PRIMA_TOMISTICA]

 
La prima e la più evidente è quella che si desume dal moto.
È certo infatti e consta dai sensi, che in questo mondo alcune cose si muovono. Ora, tutto ciò che si muove è mosso da un altro. Infatti, niente si trasmuta che non sia potenziale rispetto al termine del movimento; mentre chi muove, muove in quanto è in atto. Perché muovere non altro significa che trarre qualche cosa dalla potenza all’atto; e niente può essere ridotto dalla potenza all’atto se non mediante un essere che è già in atto. Per esempio il fuoco che è caldo attualmente rende caldo in atto il legno, che era caldo soltanto potenzialmente, e così lo muove e lo altera. Ma non è possibile che una stessa cosa sia simultaneamente e sotto lo stesso aspetto in atto e in potenza, lo può essere soltanto sotto diversi rapporti: così ciò che è caldo in atto non può essere insieme caldo in potenza, ma è insieme freddo in potenza. È dunque impossibile che sotto il medesimo aspetto una cosa sia al tempo stesso movente e mossa, cioè che muova se stessa. È  dunque necessario che tutto ciò che si muove sia mosso da un altro, e questo da un terzo e così via. Ora non si può in tal modo procedere all’infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro, perché i motori intermedi non muovono se non in quanto mossi dal primo motore, come il bastone non muove se non in quanto è mosso dalla mano. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio” [San Tommaso d’Aquino].
 
DIMOSTRAZIONE_96 [SECONDA_TOMISTICA]
 
“La seconda via parte dalla nozione di causa efficiente.
Troviamo nel mondo sensibile che vi è un ordine tra le cause efficienti, ma non si trova, ed è impossibile, che una cosa sia causa efficiente di se medesima; che altrimenti sarebbe prima di se stessa, cosa inconcepibile. Ora, un processo all’infinito nelle cause efficienti è assurdo. Perché in tutte le cause efficienti concatenate la prima è causa dell’intermedia, e l’intermedia è causa dell’ultima siano molte le intermedie o una sola; ora, eliminata la causa è tolto anche l’effetto: se dunque nell’ordine delle cause efficienti non vi fosse una prima causa, non vi sarebbe neppure l’ultima, né l’intermedia. Ma procedere all’infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremo neppure l’effetto ultimo, né le cause intermedie: ciò che evidentemente è falso. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio” [San Tommaso d’Aquino].
 
DIMOSTRAZIONE_97 [TERZA_TOMISTICA]
 
“La terza via è presa dal possibile [o contingente] e dal necessario, ed è questa.
Tra le cose noi ne troviamo di quelle che possono essere e non essere; infatti alcune cose nascono e finiscono, il che vuol dire che possono essere e non essere. Ora è impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose [esistenti in natura sono tali che] possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualche cosa che è. Dunque, se non c’era ente alcuno, è impossibile che qualche cosa cominciasse ad esistere, e così anche ora non ci sarebbe niente, il che è evidentemente falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in un altro essere oppure no. D’altra parte negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro necessità, non si può procedere all’infinito, come neppure nelle cause efficienti secondo che si è dimostrato. Dunque bisogna concludere all’esistenza di un essere che sia per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio” [San Tommaso d’Aquino].
 
DIMOSTRAZIONE_98 [QUARTA_TOMISTICA]
 
“La quarta via si prende dai gradi che si riscontrano nelle cose.
È un fatto che nelle cose si trova il bene, il vero, il nobile e altre simili perfezioni in un grado maggiore o minore. Ma il grado maggiore o minore si attribuisce alle diverse cose secondo che esse si accostano di più o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto; così più caldo è ciò che maggiormente si accosta al sommamente caldo. Vi è dunque un qualche cosa che è vero al sommo, ottimo e nobilissimo, e di conseguenza qualche cosa che è il supremo ente; perché, come dice Aristotele, ciò che è massimo in quanto vero, è tale anche in quanto ente. Ora, ciò che è massimo in un dato genere, è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è cagione di ogni calore, come dice il medesimo Aristotele. Dunque vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell’essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio” [San Tommaso d’Aquino].
 
DIMOSTRAZIONE_99 [QUINTA_TOMISTICA]
 
“La quinta via si desume dal governo delle cose.
Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine, come appare dal fatto che esse operano sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione: donde appare che non a caso, ma per una predisposizione raggiungono il loro fine. Ora, ciò che è privo d’intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia dell’arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e quest’essere chiamiamo Dio” [San Tommaso d’Aquino].



DIMOSTRAZIONE_100: FONDATIVA, RTZ_3, MASSIMA_RATZINGERIANA, FIDEISTICA_QUINTA, MASSIMA_FIDEISTICA, NORMALE_QUARTA

la presente dimostrazione si propone di neutralizzare definitivamente il dubbio di fede, posto che la fede non presuppone solo il dubbio di fede, essendo essa una determinazione essenziale della ragione_epistemica [perché mai Dio sarà visibile nella sua interezza, e quindi il pensiero tramite il linguaggio può e deve procedere anche indipendentemente dalla percezione]. essa recita: “la realtà non è limitata solo a ciò che appare all’uomo, perché questo apparire dovrebbe essere normalmente perfetto, e poiché esiste anche un apparire perfetto, questo è il soprannaturale, inteso come realtà perfetta, e in esso, esso esistendo, è probabile che Dio esista”. questo argomento è sintetizzato riprendendo la dim_53 [e le dim_54 e dim_73], ma è assai più complesso di esse, ed è potenzialmente fonte di altre due future dimostrazioni e delle cinque dimostrazioni ad esso seguenti [tomistiche_epistemiche].
tutte le dimostrazioni epistemiche hanno senso se è dimostrato questo presupposto: l’orizzonte attuale dell’apparire, cioè ciò che appare alla percezione umana, definito anche configurazione attuale dell’apparire, con attinenza alla struttura [e questo sarà un punto determinante, perché dal tipo di apparire, imperfetto, si capirà che deve esistere anche un altro apparire, come detto anche in precedenti dimostrazioni (dim_53, dim_54 e dim_73)_], come dice Ratzinger nel suo libro “Introduzione al cristianesimo”, non deve esaurire l’ambito dell’esistenza [l’Intero non è solo ciò che appare all’uomo], o comunque dell’esistenza [tecnicamente/fisicamente] accessibile, di cui cioè si possa dire in senso fisico. affinchè la fede sia prova dell’invisibile, l’invisibile deve [nell’ambito della ragione] almeno essere dimostrato esistente [con ciò, come si vedrà, non si esce dalla fede, ma dalla fede dubitativa]. si deve cioè dimostrare, inizialmente, che esiste tutta una realtà [ed è la vera realtà: immutabile, infinita ed eterna, di un infinito di ordine superiore a quello del mondo fisico, qui detto creato], che all’uomo non appare attualmente, ma che non può apparirgli [realtà anche detta soprannaturale] neanche in paradiso, per cui dimostrarlo esistente non presuppone la sua percezione. successivamente si dimostrerà che in questa realtà esiste un soggetto personale e divino: Dio. in altri termini, [affinchè sia dimostrata l’esistenza di Dio] non deve esistere solo ciò che appare all’uomo, perché Dio all’uomo non appare, e se esistesse solo ciò che appare all’uomo ora, Dio non esisterebbe. È evidente che in paradiso il pensiero umano sfrutta l’innesto cristico, ma rimane il fatto che questo innesto non appare del tutto, e questo innesto viene prodotto ora dall’episteme, in sostituzione di cristo.
Il pensiero ha facoltà di ipotizzare l’esistenza del soprannaturale. questo non si identifica tutto all’invisibile. La fisica non vede le onde/particelle, di cui è costituita la materia, le particelle sono parte della realtà invisibile, ma comunque tecnicamente accessibile, perché ad esempio manipolabile [il neutrino non appare, è invisibile, ma non è detto per questo soprannaturale]. esiste quindi nell’uomo una triplice scissione tra pensiero e percezione [scissione compensata dal linguaggio_ponte, come si vedrà: verbo = episteme = fede = ragione = cristo], cioè un non parallelismo tra pensiero e percezione, laddove la gnoseologia epistemica pone invece un parallelismo per Dio. questa è la triplice scissione per l’uomo [ci saranno altre scissioni e altri parallelismi]:
 
1.] scissione in senso parmenideo e neo_scolastico tra pensiero dell’essere come immutabile e percezione dell’essere come divenire, dell’essere come dell’apparire, con rilevata apparente contraddizione [su cui Bontadini innesta la sua dimostrazione dell’esistenza di Dio, ripresa dall’episteme];  
2.] scissione tra pensiero della realtà fisica invisibile e non percezione della stessa [ad esempio: Einstein che teorizza le onde gravitazionali, ma esse, in quanto onde, non si possono vedere, le si possono solo eventualmente sperimentare];
3.] scissione [se esiste il soprannaturale, che qui si vuole dimostrare esistente] tra pensiero del soprannaturale e sua non percezione [attuale], in cui la possibilità dell’esistenza del soprannaturale è teorizzata non come fantasia. la fantasia è teorizzata non come possibile, perché saputa come falsa. E’ vero che anche una religione mitica antica forse era falsa [la si ritiene falsa anche solo perché superata, e addirittura culturalmente inconsistente agli stessi occhi degli antichi], ma la si riteneva vera con la forza della verità, ma la differenza tra religione mitica e filosofia sta nel fatto che la filosofia teorizza in modo scientifico, e la differenza tra religione mitica e cristianesimo sta nel fatto che questo usa la filosofia [cioè la ragione], sia per sottoporre a critica i propri asserti, sia per comprenderli, fondarli e spiegarli razionalmente.
4.] c’è poi una quarta scissione, riguardante l’essenza della fede, secondo le parole di Ratzinger: mai, neppure in paradiso, l’uomo vedrà Dio com’è veramente [interamente]: Dio, cioè come Dio vede se stesso [di qui l’invidia umana, associata alla pulsione totemico_protonica]. 
 
queste dunque sone le tre scissioni, alcune delle quali, come si vedrà, non sanabili [perché, come forse intende Ratzinger, anche in paradiso Dio, nella sua interezza, rimarrà inaccessibile alla percezione], a meno di teorizzare una funzione percettiva del sistema degli schemi. In ogni caso, la parte di soprannaturale che sarà resa accessibile in paradiso sarà sufficiente per saperlo certo e esistente, e non come simulazione mimetica [questo con riferimento al volto di Dio, ad esempio]: per l’innesto cristico, dove cristo è verbo e linguaggio [tale è appunto l’episteme emergente].
 
analisi delle scissioni:
 
1.] nell’ambito della prima scissione, il pensiero rileva che la scissione, anche detta contraddizione dell’apparire, potrebbe essere solo apparente, frutto di una inadeguata concezione dell’essere, cioè di un pensiero erroneo. in realtà, questa contraddizione è rilevata da un pensiero che vede ciò che non dovrebbe vedere [interferenze reciproche tra pensiero e percezione: infatti, l’esistenzializzazione è essere dall’essere e nell’essere, la creazione è essere dal nulla e nel nulla, e l’apparire umano percepisce attualmente il rapporto tra i due tipi di processi, provvisorio alla dimensione terrena];
2.] nell’ambito della seconda scissione, si dice che gli scienziati non dubitano dell’esistenza del mondo fisico non apparente, perché il pensiero dell’invisibile è qui pensiero che si conosce come scientifico, in quanto pensiero [come episteme di conosce metafisicamente] e la teorizzazione di infiniti universi è detta per scienza, non per fantasia o per mito creduto vero. alcuni filosofi dicono che, distolto lo sguardo, ciò che appare cessa di esistere. Ma, si osserva, una catena di montaggio [come lo scorrere del tempo in un orologio] continua a produrre automobili anche senza essere vista dall’operaio e il suo apporto: cessa di esistere la sua rappresentazione [se si tralasciano qui Berkeley e Severino, qui accolti], non la sua esistenza oggettiva [noumenica];
3.] riguardo all’ambito della terza scissione, si può invece dubitare dell’esistenza del soprannaturale, perché, a differenza del caso della realtà fisica non apparente, che incide sull’apparire, si dice [si crede] che il soprannaturale [presupposto anche come la causa esistenziale del Creato, ad esempio come fede nel Creatore dell’universo] non si manifesta nell’apparire, e per questo se ne può dubitare [vi inciderebbe secondo la fede nella creazione, nel creazionismo, nella provvidenza, nell’incarnazione cristica, nell’apocatastasi e nella ricapitolazione].
 
prosegue dimostrazione   
 
la prima scissione può non essere vera [e va spiegata ad esempio come non_normalità/non_naturalità, nel senso di non_spontaneità dialettica, dell’apparire attuale]. Tenuto conto che le dimostrazioni presuppongono un dato sistema [metafisico] [che andrà dimostrato, ma che già appare plausibile, come super_comprensione/super_spiegazione del reale], si può dire che le altre due scissioni sono apparentemente e provvisoriamente sanate dal seguente principio [generalmente valido, per Dio e per l’uomo]: deve esistere un parallelismo [principio gnoseologico del] tra pensiero e percezione: tutto ciò che esiste ed è anche pensato dal pensiero, deve anche apparire alla percezione. in questo modo la dimostrazione è già in parte guadagnata: il pensiero del soprannaturale è detto mera possibilità, perché non si percepisce l’apparire del soprannaturale. ma, se si dimostra che il pensiero della realtà soprannaturale, posto come possibilità dubitata, è però vero pensiero scientifico, si dice allora che la percezione della realtà contemplata da tale pensiero è sospesa artificiosamente da Dio [giacchè il contenuto del pensiero, qui metafisico, dovrebbe apparire] [Dio che restringe attualmente il campo percettivo dell’uomo, come il proprio, essendo il figlio separato dal padre e in fase di digiuno sensitivo sacrificale], ma è parallela e quindi avverrà, ed è sostituita dall’apparire dell’episteme e dai suoi schemi [dim_7]. In altre parole, si è sanata la scissione. Esiste ciò che appare, ma poiché si pensa ciò che esiste [il soprannaturale], il suo apparire avverrà in un altro momento [dopo la morte]: intanto tale realtà è pensata. Bisogna dimostrare che il pensiero di tale realtà è vero pensiero [connesso all’intuizione dell’essere necessario, che produce per proiezione il proprio pensiero: l’episteme è pensiero necessario], cioè scientifico, non pensiero di una mera possibilità, e non solo perché voluto come vero, ma perché necessariamente correlato [dialetticamente] alle forme e ai modi del pensiero orientato scientificamente al vero reale [dettato dal reale stesso: non perché rivelato, ma perché proiettato]. quest’ultimo pensiero pensa ciò che appare, e appunto il soprannaturale appare negli schemi epistemici, sempre razionalmente giustificati.    
a questo punto si potrebbe dire che tali schemi sono fantasie. invece si dice proprio che un tale apparire, teorizzato dal pensiero, non potrà mai essere dato nell’apparire, ciò che significa che il pensiero deve per l’uomo [e noumenicamente anche per Dio: scissione interna a Dio, per l’in_sovrap_ponibilità del fenomeno al noumeno, purtuttavia strumento per la sua conoscenza, in quanto il fenomento esiste solo perché entizzazione del noumeno] strutturalmente fondarsi [dimostrativamente anche in paradiso] su se stesso, prescindendo dall’apparire percettivo, ma si conferma il parallelismo, per il quale la percezione parallela al pensiero, di un pensiero non coperto dalla percezione, è questa percezione, specificamente noumenica, data dal linguaggio [che è cristo = verbo = parola = episteme]: in altre parole, la gnoseologia kantiana si apre categoricamente alla metafisica in senso scientifico, laddove alla percezione di Kant si sostituisce, nel senso della primarietà conoscitiva, il pensiero, come pensiero del noumeno, e la sua rappresentazione fenomenica, data dal linguaggio [certamente Kant ha inteso nichilisticamente, come anche la neo_scolastica, la conoscenza come “apparire”, cioè come percezione, invece Heidegger capiva di dover puntare sul pensiero: l’episteme è una gnoseologia kantiana, in cui l’importanza non viene più data alla percezione e all’apparire, su cui si fondano le scienze empiriche, ma viene data al pensiero e al linguaggio/il linguaggio è la chiave del superamento del criticismo, cioè dei limiti di scientificità che questo pone alla metafisica, e questo linguaggio, che anche include un suo specifico pensiero = intelletto, in Dio è il verbo = parola, parola non in senso religioso e simbolico, parola nel senso scientifico, come duplicazione del tutto soggettivizzata in un uomo identico all’essere, nella panteizzazione cristica]. Dio, nell’uomo, a differenza che in Dio, essendo Dio dato a se stesso anche nella percezione, nell’uomo non potrà mai apparire come egli è realmente, Dio anche in paradiso rimane strutturalmente inaccessibile alla percezione umana, l’uomo vede uno specifico volto di Dio, “calibrato” alle capacità di commensurazione della creatura, ma non Dio come Dio vede se stesso. quindi, nell’uomo, il pensiero di Dio [l’uomo che pensa Dio] supera la sua percezione, e allora il pensiero, anche qui, nell’episteme emergente, deve riuscire a “stare in piedi da solo”, perscindendo come in paradiso dall’apparire di Dio [certo, il caso specifico è diverso: in paradiso comunque Dio appare/si richiede/si necessita approfondimento]. questa impossibilità di vedere Dio è espressa dalle parole di Ratzinger: “sempre”. prima di riportarle, si aggiunge che il vero pensiero è il pensiero dell’essere e della sua struttura, e questo primo essere non è prioritariamente l’apparire attuale e futuro [ente], ma è l’esistenza [intesa come sostanza astratta], cioè la pre_condizione esistenziale astratta dell’apparire [pre_condizione autonoma dall’apparire, e che detta/proietta il suo proprio apparire nell’apparire], esistenza astratta che strutturalmente, in quanto astratta, non appare, e che viene entizzata, l’esistenza in sé, o principio, non nell’ente che appare, ma nell’apparire come sfondo dell’apparire dell’ente, cioè come il piano/sfondo/orizzonte dell’apparire, la pura sensitività senza oggetti [questi proiezioni esistenziali soggettive delle ipostasi oggettive]. Ovvero: tutto ciò che esiste e che è pensato deve anche apparire [parallelismo esistenziale tra oggetto e sua rappresentazione]. Il principio e il suo pensiero appaiono nella sensazione [estatica] dell’intuizione, componente base_standard del pensiero [l’intelletto produce o contiene intuizioni], ma l’orizzonte della pura esistenza astratta si entizza/entetizza come esistenza apparente dell’orizzonte, orizzonte dell’apparire, come sfondo sensitivo/soggettivo/rappresentantivo di tutto ciò che in esso appare come ente/ipostasi apparente [la “cosa”], così come l’esistenza pura è lo sfondo di tutto ciò che esiste: esistere e apparire non sono la stessa cosa, e il primo precede il secondo, ad esso parallelo.  
 
questo è un risultato importante: l’esistenza si dà all’apparire alla percezione come apparire in sé [orizzonte] [giacchè sempre ciò che esiste deve anche apparire alla percezione e al linguaggio, e se Dio attualmente non appare alla percezione, appare al linguaggio: dim_7] [si è inoltre detto che il noumeno, pensato esistente dal pensiero, appare alla percezione in tre modi: come verbo, come carne, come orizzonte dell’apparire] [e Dio appare a Dio in un modo: come il Figlio, sua duplicazione entizzata], e si dà al pensiero come intuizione [= oggetto, ente] dell’esistenza dell’esistenza [si sta dicendo che l’intuizione è un apparire come sentire, il sentimento della comprensione, la scintilla della convinzione], apparire dell’intuizione, cioè come scintilla [estatica, scientifica, ma anche mistico_filosofica/mistica, nel senso di come una forma può incidere su una percezione allenata alla razionalità epistemica: vedere ad esempio nella mano dell’uomo, uomo immagine della trinità, l’ala dello spirito santo, che è un uccello, o vedere nell’iride dell’occhio l’eden centrato sul sito di Dio, il foro della pupilla/la percezione della cavallinità], e estasi dell’intuizione, se si vuole mistica [come componente di base del pensiero], non solo di Dio ma dell’esistenza in sé [che Heidegger dice essere il ni_ente, e che invece è l’essere puro (astratto): lo dice niente perché, essendo esposto a pulsione totemica protonica, vorrebbe che il principio, l’essere, fosse concreto, cioè la fonte, l’acqua di Talete, l’archè visto (erroneamente) come physis, come fa Severino, per il quale tutto è eterno, perché ogni ente è principio a se stante]. Dice Ratzinger [in “Introduzione al cristianesimo”, pag.42]: “… Dio è e sarà sempre per l’uomo l’essenzialmente invisibile, colui che sta fuori dal suo campo visivo. Dio è essenzialmente invisibile” [sottolineatura aggiunta]. La ricerca_epistemica ha riflettuto su questo “sempre”. si dice comunemente, che Dio non appare ora nell’al_di_qua, ma apparirà nell’al_di_là [come dice S. Paolo: “… ma allora vedremo a faccia a faccia” [1 Cor 13, 12]. Si era riflettuto sull’invidia, che dà le vertigini: “l’uomo non sarà mai Dio, e crede in un Dio, che l’uomo non sarà mai: Dio è superiore all’uomo, e lo sarà sempre e incommensurabilmente” [questo pensiero produce nell’uomo la ripulsa dell’invidia per la condizione di Dio, che non sarà mai accessibile all’uomo/Lucifero ha tentato questo accesso]. si è così capito, dopo quel “sempre”, che l’uomo vedrà sì Dio, ma limitatamente, per cui è scisso il parallelismo: l’episteme attuale ha teorizzato infinità di infinità, e tutte Dio commensura, ma l’uomo potrà vedere solo un parte infinitesimale dello stesso Dio_focale, a sua volta infinitesimale rispetto a un Dio, che non conoscerà mai la creazione e la creatura [anche se in questa, in essa, una parte di Dio è diventato super_Dio: la parte migliore di Dio/si richiede approfondimento/ciò non consola il sentimento di invidia]: gli schemi epistemici descrivono una realtà di tale immensità, che l’uomo non vedrà mai in paradiso, se non a livello schematico: il pensiero viene epistemicamente accompagnato dal parallelo del linguaggio, e questo supera [in proporzione di commensurabilità speculativa] la percezione, a cui appunto Dio apparirà in minima [infinitesimale] parte. Ecco dunque che l’episteme deve cercare di dimostrare se stessa facendo leva sul potere del pensiero stesso e del linguaggio, anche prescindendo dalla percezione [non data nell’al_di_qua, come nell’al_di_là]. la differenza = scissione è non sanabile/compensabile, tra pensiero [che raggiunge l’Intero e l’intero del senso] e la percezione, che in paradiso è detta fede, come ora, perché la ragione presupporrebbe il parallelismo di cui si è detto. In paradiso un fede non dubitata/dubitativa, però: certa in modo assoluto. È chiaro che qui si stanno ponendo differenze nel pensiero terreno e pensiero paradisiaco:
 
1.] in entrambi è la scissione nel parallelismo, ma in paradiso comunque Dio appare alla percezione;
2.] nella dimensione terrena, la fede è di tipo dubitativo.
 
La scissione interna a Dio, che pensa il noumeno e l’esistenza ma non li vede, se non nel verbo [riproduzione soggettivizzata (oggettivizzata/oggettualizzata nella carne, riproduzione a sua volta del verbo nel verbo) del principio in Dio_padre: “il verbo è presso Dio e il verbo è il principio in Dio”] e nella carne, non riguarda l’uomo [qui si sta positivizzando]: vale anche per l’uomo e trova nell’uomo un’equivalente soluzione trinitaria [come detto nelle dimostrazioni ruiniane, di Dio e della trinità come presupposti gnoseologici, l’uomo pensa qualunque cosa perché triangola inconscimente con dio e la trinità], ed è perfettamente compensata nell’uomo come per Dio: non fa problema, la compensazione è per la ragione = verbo = ponte_epi_stemico, posto tra Dio e principio.
Ora invece si dubita e Dio non appare, e l’episteme e i suoi schemi appaiono come possibilità, ritenuti forse possibilmente veri come gli dei della grecia: fantasie credute intenzionalmente vere. Per dimostrare l’episteme, che contempla l’esistenza di Dio come suo nucleo/fulcro teorico, si propongono qui tre vie:
 
1.] spiegare perché, se Dio esiste, l’uomo deve poter dubitare di Dio [non essere sicuro di Dio]: se Dio esiste [ed è immenso], perché la sua esistenza fa problema ? solo eticamente ? per l’esposizione all’infernalizzazione potenziale, e quindi per la costrizione inconscia alla salvezza [a fronte della necessaria condizione soteriologica di libertà] ? capirlo significherebbe togliere questo problema: dimostrare l’esistenza di Dio;
2.] analizzare la struttura [interna all’esistenza] del pensiero e la sua relazione all’esistenza, e ciò è stato fatto in tutte le dimostrazioni e in tutti gli schemi, oltre che nella presente dimostrazione, a rilevanza gnoseologica;
3.] dimostrare che l’apparire non esaurisce il pensiero [= dimostrare che l’Intero non coincide interamente con l’apparire alla percezione umana e accessibile alla tecnica umana].
 
segue a commento:
 
1.] il primo punto lo si affronterà in eventuale altra dimostrazione;
2.] il secondo punto potrebbe essere specificato in eventuale ulteriore dimostrazione;
3.] riguardo al terzo punto: è l’apparire fisico a limitare/esaurire il pensiero, per cui l’episteme è fantasia creduta vera [come la religione dei greci: in questo caso, tolta la verità dell’intenzionalità, quale sarebbe la verità dell’invarianza della fantasia epistemica ? la risposta è l’episteme stesso, che non ammette varianza: tale considerazione, specificazione della dim_2, è un’ulteriore dimostrazione, che deve essere scorporata dalla presente], oppure è il pensiero epistemico a espandere l’apparire ? [per cui questo è ora artificiosamente limitato da Dio, cioè Dio sta chiudendo gli occhi all’uomo, per la ragione di cui al primo punto, agendo sul campo steleologico/né può fare strutturalmente altrimenti/gli chiude gli occhi, perché Dio stesso deve chiuderli a se stesso per creare: problema già visto della base gnoseologica].
 
apertura di macro_parentesi: su Ratzinger/determinazioni sul corpo cosmo_adamitico e sulla percezione spezzata [la deriva del pensiero occidentale rilevata da Ratzinger, che da pensiero dell’essere si fa pensiero del fatto storico e poi del fatto tecnico, di ciò che è prodotto dall’uomo, è una provocazione perché racchiude la verità, si appropria di essa (furto_profano), e così persuade, riflettendo le strutture cristiche della salvezza, di cui si appropria il male in forma capovolta (il materialismo marxista riproduce l’eucaristia, nella quale la salvezza è ciò che l’uomo mangia/qui non si pone una metafora), riguardante cristo e attribuita prometeicamente all’uomo: l’essere è la base ontica della salvezza (nuovo_Dio, come deve ancora esserci/la salvezza è essere anche come clonazione di cristo, della tecnica, dei cosmi della nuova creazione, la clonazione del cosmo attuale, che è la traccia biografica delle anime_paradisiache, le cui menti/dimensioni “divorano” i cosmi); la storia, in senso hegeliano, è il processo evolutivo neo_biografico di Dio (Inri) che, creando l’uomo, evolve storicamente con l’uomo (Inri); la tecnica, il fatto tecnico, è cristo come verbo/logos/matrice, che crea tecnicamente il creato e la nuova creazione salvifica (tale perché clonativa). Ratzinger ha detto che il creato è intelliggibile (conoscibile), perché è un pensiero di Dio. l’episteme rileva che il reale esterno a Dio si riproduce nell’idea di Dio (idea che è il pensiero/mente): questa idea crea poi tanto il reale creato (oggetto) quanto l’idea_creata (iperuranio creato e il soggetto: anti_Dio e cosmo_adamo e uomo). questa creazione è tecnica (verbo = linguaggio = tecnica), è storica (ricalcata sull’azione evolutiva perfetta, ma “truccata” mediante ingegneria del creato specificamente per l’uomo (creazionismo epistemico); è ontica (essere e caos manipolati)_] [chiusa macro_parentesi].
 
prosegue
 
rimane il problema del vero pensiero, pensiero dell’essere in sé e della sua struttura, che è un Intero ben superiore a quello dell’invisibile fisico = infiniti universi [tutti racchiusi nel punto infinitesimale del creato]. esclusa l’ipotesi di un dio_morto = cristo, perché ci si limita a dire che Dio e la sua rappresentazione sono sempre perfetti, si dice che la rappresentazione manipolata per l’uomo [configurazione attuale dell’apparire] è disgregata e quindi il macro_soggetto non può essere Dio/quindi dalla natura imperfetta dell’apparire si comprende che tale rappresentazione virtuale soggettiva [in realtà onirica, come da schema epistemico] non può essere di Dio: è di cosmo_adamo, essere imperfetto.
invece l’altra scissione, tra uomo e Dio, è insanabile: l’uomo non vedrà mai Dio in tutta l’immensità di Dio, come Dio vede se stesso: questo scarto è detto fede [in un senso particolare, non dubitativo], perché prova certa dell’invisibile, fede e non ragione perché forma di ragione [questa fede] non compensata dal parallelismo. In paradiso però questa fede è l’episteme stessa, imposta all’uomo strutturalmente come certezza inconscia, essendo una porzione di cristo connessa/innestata nella mente di Dio [l’episteme simula l’innesto].
 
percezione spezzata
 
la rappresentazione reale del mondo è passiva, e quindi è altra anche per Dio. ma l’uomo la può manipolare e quindi questa è rappresentazione attiva [simile alla realtà virtuale]. ma poichè si hanno limiti nella manipolazione, questa rappresentazione è per un altro soggetto [l’uomo vorrebbe ma non può manipolare la materia, lo può fare solo limitatamente, quindi questa sua rappresentazione è di un altro soggetto/si richiede approfondimento/si rileva che, se l’uomo vede e non controlla questo suo vedere, allora usa il vedere di un altro soggetto]. Questo altro soggetto è o Dio e Adamo [o l’anti_Dio]. in ogni caso l’altro soggetto dovrebbe apparire, ma non interamente: dovrebbe apparire, perché l’apparire del volto di Dio/Adamo/uomo è la configurazione normale dell’apparire conscio: per questo ci si guarda tra essere umani nel volto e ci si guarda davanti allo specchio [la fase dello specchio è standard_ normale: ci si deve staccare da essa solo perché Dio, per creare, si è staccato dal proprio specchio/gli uomini che cercano il riconoscimento sono ancora nella fase dello specchio]. Questa invisibilità [nel senso della seconda scissione] è naturale per adamo, è soprannaturale per Dio [terza scissione e scissione insanabile: quarta scissione]. resta il fatto che adamo, fisicamente, dovrebbe normalmente apparire. Quindi la natura è naturalmente in difetto, e ciò manifesta una non auto_sufficienza della natura. Si deve dimostrare che il soggetto, che non appare [e che dovrebbe normalmente apparire: giacchè ciò che deve apparire normalmente è il volto di sè e di Dio, perennemente: tutto il resto appare nell’inconscio] [appare attualmente solo la sua rappresentazione del mondo, che non è solo dell’uomo, essendo spezzata, perché non manipolabile] è non solo Adamo ma anche Dio, cioè che è Adamo diverso da Dio, e che è Dio diverso da Adamo: il volto soprannaturale.
si deve ora dimostrare che, se esiste un soggetto gigantesco, e questo non è né Dio né l’uomo, allora Dio deve esistere come sua causa esistenziale. Lo si può capire dalla non_normalità della sua esistenza: nella realtà necessaria, ogni soggetto e ogni sua rappresentazione dovrebbero essere perfetti. lo si è già detto in precedenti dimostrazioni. Gli infiniti universi non possono esaurire l’Intero dell’essere, perché per i principii epistemici dell’essere, tutto ciò che esiste deriva da una sola causa, e questi universi, simili a quello apparente imperfetto [in cui le galassie collidono, gli atomi decadono e i bambini manipolano tecnicamente la sabbia], dovrebbero invece essere perfetti. e poiché di essi ne esiste la forma, si dice subito che esistono altrettanti universi perfetti (la realtà soprannaturale). Deve allora esistere una realtà che sia necessaria, matrice formale di questi infiniti universi, tutti imperfetti come quello apparente. e che siano sia non manipolabili sia [duplicati] infinitamente manipolabili [per ogni universo oggettuale oggettivo, non manipolabile, perché base del soggetto, esiste sia la sua rappresentazione soggettiva non manipolabile [passiva], sia la sua rappresentazione virtuale e onirica manipolabile. e poiché nell’invisibile fisico non manipolabile [la materia, creata, cartesiana, di cui gli uomini non hanno attualmente esperienza diretta] esiste cosmo_adamo, come essere gigantesco che non è dio, perché la sua rappresentazione imperfetta riproduce una realtà esterna imperfetta, in quella realtà esiste un soggetto altrettamento perfetto, perché gli infiniti universi perfetti sono la sua realtà, matrice e causa creatrice di cosmo_adamo, dell’uomo, e degli infiniti universi imperfetti [reali, duplicati virtuali, duplicati onirici]. 
questa dimostrazione ripete in parte l’argomento della dim_53 [dell’imperfezione]. Essa è importante e autonoma, perché dimostra che la realtà non può esaurirsi nell’apparire: per la prima scissione, questo dovrebbe essere perfetto: l’essere_soggetto non apparente [di cui non si vede a_normalmente il volto], causa del campo percettivo dell’uomo, non è Dio, e deve allora esistere Dio come causa del campo percettivo perfetto, la cui differenza inconscia con il campo imperfetto [apparire attuale] causa la prima scissione [parmenidea_bontadiniana].
non è il divenire in sé contraddittorio, ma la differenza tra divenire dell’essere dall’essere e divenire dell’apparire dall’apparire, in cui questa differenza va spiegata a livello logico e fenomenologico, trovandosi nel campo della percezione umana l’incidenza dell’origine ex_nihilo dell’essere e dell’apparire, come rilevato nel presupposto alla dimostrazione tipica bontadiniana.
in conclusione, mentre nella dim_53 dell’imperfezione [Dio esiste come unica possibile causa della morfo_imperfezione dell’apparire], Dio è causa dell’essere/mondo imperfetto, perché il mondo dovrebbe essere normalmente perfetto, ora si dice che devono esistere un mondo perfetto e una sua rappresentazione perfetta [e anche, si aggiunge, dato che si esperisce questo mondo, una possibilità manipolativa infinita, in paradiso, limitatamente al mondo standard_normalmente manipolabile: la realtà virtuale e la rappresentazione onirica/attenzione: in quanto io posso manipolare il mondo, questo è il campo della rappresentazione onirica di adamo e di Dio], esistendo necessariamente un soggetto [perché esiste l’uomo, che pensa la necessità], e questo mondo, entizzazione duplicativa/replicativa dell’esistenza estesa come materia eterna, immutabile e perfetta, essendo perfetto, è l’Intero come soprannaturale, in cui l’essere_soggetto, che necessariamente deve esistere in esso, è Dio, soggetto_soprannaturale. in quel mondo soprannaturale deve esistere un soggetto, per varie ragioni già esposte e dimostrate, tra cui quella di essere l’unica causa [come creatore] degli infiniti universi apparenti e fisico_invisibili perfetti_creati e imperfetti_apparenti/teorizzati_invisibili [spezzati nel big bang]. quindi, concludendo, l’apparire alla percezione umana [universo visibile e universi fisici invisibili] non è l’Intero dell’essere [l’episteme li ha posti come concentrati in un punto infinitesimale rispetto a questo: Dio e la sua realtà], perché rispetto alla necessità dell’essere essi, sua [dell’Intero soprannaturale] imitazione, sono esistenzialmente non_normali [perché misti (dim_4), perché manipolabili e non infinitamente tali, perché morfo_imperfetti (dim_53)_]. si è così aggiunta una nuova dimostrazione, che segue nella dim_101.


DIMOSTRAZIONE_101: PRIMA_TOMISTICA_EPISTEMICA

questo è il presupposto di tutte le dimostrazioni t_e:
 
1.] sia data la realtà.
2.] sia derivata questa realtà dal principio esistenziale.
3.] sia data l’esistenza necessaria di un soggetto pensante e personale [indifferentemente l’uomo o Dio];
4.] sia data l’esistenza di un mondo [cosmo, che è la riproduzione matematicamente estesa dell’esistenza logicamente estesa dal punto di vista del nulla, componente dell’essere] e di una sua rappresentazione soggettiva [dell’uomo e di Dio] come apparire del mondo [distinto dal mondo come essere oggettivo].
5.] allora questo mondo e la sua rappresentazione soggettiva sono morfo_perfetti [= ordine].
6.] quindi, poiché essi [mondo_perfetto e sua rappresentazione] non sono il mondo appparente [= configurazione attuale dell’apparire], esiste il mondo soprannaturale [eterno e perfetto], secondo lo schema quadripartito.
7.] ciò posto, …
 
la prima dimostrazione tomistica dim_95], poiché vale per il mondo [cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, essendo il moto relativo ad esso.


DIMOSTRAZIONE_102: SECONDA_TOMISTICA_EPISTEMICA

posto il presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla dim_101, la seconda dimostrazione tomistica [dim_96], poiché vale per il mondo [cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, essendo le cause relative ad esso.


DIMOSTRAZIONE_103: TERZA_TOMISTICA_EPISTEMICA

posto il presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla dim_101, la terza dimostrazione tomistica [dim_97], poiché vale per il mondo [cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, essendo il contingente relativo al caos, che è eterno.


DIMOSTRAZIONE_104: QUARTA_TOMISTICA_EPISTEMICA

posto il presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla dim_101, la quarta dimostrazione tomistica [dim_98], poiché vale per il mondo [cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, valendo la condizione dell’emanazione plotiniana, secondo Aristotele, per il cosmo in_creato/non creato sotteso a Dio.


DIMOSTRAZIONE_105: QUINTA_TOMISTICA_EPISTEMICA

posto il presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla dim_101, la quinta dimostrazione tomistica [dim_99], poiché vale per il mondo [cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, valendo la condizione dell’intelligenza motrice, secondo Aristotele, per il cosmo in_creato/non creato sotteso a Dio.



DIMOSTRAZIONE_106: DEL SOGNO
 
la dim_100, nel suo sviluppo, ha fatto emergere una nuova dimensione della realtà apparente, in base a cui si fonda la presente dimostrazione.
Le dimensioni della realtà apparente sono finora le seguenti. esistendo la materia [essendo questa ipostasi e auto_concetto: materia_eterna e materia_creata], ciò che appare all’uomo non è materia, ma è:
 
1.] realtà virtuale;
2.] memoria divina [e libido] condensata [parafrasando Freud: “il Creato come compensazione del costo in termini libidici del sacrificio cristico”];
3.] sensitività della rappresentazione non solo soggettiva, ma anche sensoriale [estatica e erotica/la sensorialità è sempre erotica/o meglio, l’eros è un modo della sensitività/problema in fase di definizione];
4.] ora si aggiunge che, poiché la realtà apparente è manipolabile [io posso costruire un castello di sabbia], essa è la porzione onirica della mente [di Dio, dell’anti_Dio (riproduzione/impronta di Dio nel Creato), di Cosmo_Adamo e del sistema di unità organica = campo steleologico].
 
nota
 
la differenza tra realtà onirica e realtà virtuale è che questa è sia soggettiva che oggettiva [ad esempio: interna a un monitor], la prima invece è solo interna alla mente, come esclusivamente organica in senso psichico [avvertenza: sono queste tutte analisi di superficie: il soggetto_espositore non è competente in psicologia, e specificamente in nessuna disciplina scientifica].
 
prosegue
 
conseguentemente:
 
1.] poiché la realtà onirica dovrebbe essere standard_normalmente [paradisiacamente] infinitamente manipolabile in quanto onirica [nel sogno ognuno fa ciò che vuole];
2.] e poiché l’uomo può manipolare la sabbia, l’elettrone, ma non i pianeti e le galassie, la cui sostanza è però anch’essa dello stesso tipo di quella della sabbia, ovvero onirico_manipolabile …
3.] … ne consegue che l’uomo sta dentro il sogno di Cosmo_Adamo [e quindi scala dimensionalmente tutto l’impianto cosmologico epistemico, che sarà dato in fase di esposizione della cosmologia_neo_aristotelica], e allora …
 
… Dio esiste, come luogo della realtà onirica [normalmente] infinitamente manipolabile, secondo il sogno [attenzione: lo stato del sogno attuale è di tipo passivo/riproduttivo del reale esterno, di tipo fisico_cartesiano/la fisica di Galileo riguarda la realtà_virtuale_oggettiva _oggettuale].
 
nota
 
se l’apparire [questo apparrie] non è materia [le implicazioni riguardo alla dottrina dell’eucaristia sono già state risolte, in base a specifico parallelismo], ma è oniricità, cioè sostanza onirica [condensata dalla pressione della memoria mentale di Dio, ancora in fase di studio sacrificale], allora ciò che l’uomo vede ha il potere di “drogarlo” [e infatti la visione delle galassie e dell’universo, con i suoi colori, è oppio per gli astronomi e per chiunque li vede], conseguentemente l’uomo, nella configurazione dell’orizzonte del comportamento normale [la clausura monastica], deve tenere gli occhi chiusi, perché l’apparire è erotizzazione dell’occhio [ad esempio: non sono le onde elettomagnetiche del teleschermo televisivo che drogano l’occhio, ma il puro divenire, ad esempio lo scorrere della pavimentazione di Venezia, o dei negozi in centro città/l’occhio sente il bisogno di distrarsi, come quando in treno non si fissa la sedia davanti, ma si guarda quanto scorre fuori dal finestrino].


DIMOSTRAZIONE_107: DELL'ORDINE_PRIMA [MINIMA, MEDIA, MASSIMA], COSMOLOGICA_TERZA, PROBABILISITCA_QUARTA
 
nel suo articolo apparso sul Corriere della Sera in data 22/2/2007, “Nel cosmo e nella coscienza dell’uomo il segno di un progetto divino”, mons. Fiorenzo Facchini, paleontologo, docente dell’Università di Bologna, espone una tesi riguardante le molteplici coincidenze nell’universo circa le variabili intrecciate, che hanno favorito e consentito la vita sulla terra. tale tesi sta alla base della presente e successiva dimostrazione, ed è stata esposta nell’articolo nel modo seguente: “la fine sintonia nell’interazione delle forze della natura ai vari livelli [intra_atomico, molecolare, cellulare], oltre che fra i corpi celesti, rivela una razionalità [come osservato anche da Benedetto XVI] che non può essere frutto di eventi casuali e induce a pensare a una mente ordinatrice”. Questa considerazione la si era già esposta nell’elenco delle dimostrazioni, all’inizio [punto 3.]] della neutralizzazione della critica kantiana alla prova fisico_teologica_teleologica, con le seguenti parole:  “…. si dovrebbe dimostrare che, sebbene miliardi di variabili unicamente tra loro coordinate, che hanno consentito la vita sulla terra [ad esempio: precisa distanza tra sole e terra e precisa pressione atmosferica, gravità, composizione del rapporto tra ossigeno e azoto, e presenza di acqua], in quanto variabili contingenti, possano essere disposte casualmente, …”. Per questo si era dubitato che in tali coincidenze potesse essere individuata una prova. Invece, dopo la lettura dell’articolo di mons. Facchini, si è pensato di sì, nel modo seguente:

1.] tra fede e non fede c’è uguale probabilità, quindi …

2.] … poiché esistono tali coincidenze, la maggiore probabilità si sposta sulla fede.
 
sotto_dimostrazioni
 
 la presente dimostrazione si compone di tre sotto_dimostrazioni:
 
a.] dell’ordine_prima_minima [o inferiore/più probabile]: tra fede e non fede c’è uguale probabilità, quindi, poiché esiste almeno una coincidenza tra due variabili che hanno consentito la vita sulla terra, la maggiore probabilità si sposta sulla fede;
b.] dell’ordine_seconda_media [molto probabile]: tra fede e non fede c’è uguale probabilità, quindi, poiché esistono molte/innumerevoli coincidenze tra le variabili che hanno consentito la vita sulla terra, la maggiore probabilità si sposta notevolmente sulla fede;
c.] dell’ordine_seconda_massima [o superiore/massimamente probabile]: tra fede e non fede c’è uguale probabilità, quindi, poiché esistono miriadi e miriadi di coincidenze tra le variabili che hanno consentito la vita sulla terra, la maggiore probabilità si sposta quasi massimamente sulla fede.
 
nota
 
si tratta di tre dimostrazioni autonome, ma esse fanno leva su medesimo argomento, e quindi si è ritenuto non necessario distinguerle, classificandole quindi come sotto_dimostrazioni della presente dim_107.


DIMOSTRAZIONE_108: DELL'ORDINE_SECONDA, COSMOLOGICA_QUARTA
 
poste e presupposte tutte le determinazioni di cui alla dim_107, si aggiunge il seguente punto:
 
1.] …
2.] …
3.] poiché sono poste tali coincidenze, esse [per quanto grande sia il loro numero] possono essere dovute al caso, ma poiché hanno consentito la comparsa di un essere necessario, perché l’uomo intuisce la necessità [il puro concetto di necessità: 2 + 2 = 4; meglio: l’essere è], queste coincidenze non sono coincidenze, ma sono state progettate da un’intelligenza sovrastante dimensionalmente l’ordine [non dunque un extra_terrestre, perché quelle variabili riguardano anche la struttura dell’atomo e le proporzioni dei pianeti e le distanze tra le galassie], e questa è Dio.



DIMOSTRAZIONE_109: INTUITIVA
 
le parole Dio, creato, fede, cosmo, Creatore, dubbio di fede, tecnica, storia della salvezza, peccato, pulsione, male, amore, incenso, religione, ecc. [date a caso], manifestano intuisticamente il loro neuronico innatismo linguistico, e costituiscono un quadro concettuale che può avere un unico ordine coerente, se a quelle parole viene attribuito il più corretto [intuitivo] significato, coerenza che attribuisce a tali parole un senso univoco, il loro senso proprio e specifico: il Creatore, ad esempio, non è un concetto_dubbio, o un concetto_possibilità, o un concetto_favola, ma è un concetto che serve a intuire una componente essenziale della realtà e della verità, e la sua esistenza [creata da Dio] [è già stato detto che il concetto secondo cui il mondo esisterebbe da solo, va riferito al mondo eterno di Dio, mentre al mondo umano va correttamente applicato il concetto di creato: sia il mondo eterno che il mondo creato, secondo le antinomie di Kant, sono auto_concetti, e sono entrambi veri]: Dio esiste perché l’intuizione intuisce che ciò è semplice e necessario, e necessariamente vero, per il senso e affinchè sia dato ai temini il loro significato non solo primario, ma anche intuitivo: l’intuizione sa cos’è il Creatore, dubita della sua esistenza, ma anche sa che il Creatore è una spiegazione possibile e plausibile: la plausibilità di una teoria è potere dimostrativo. L’atesimo immediatamente pone un quadro incoerente di idee: esso è coerente [nel sistema teistico], perché compone il quadro del male [che prevede l’ateismo]; è incoerente come errore. ad esempio: il big bang non spiega né la propria esistenza [causa verticale], né la propria causa orizzontale [esplosione]; esso inoltre, come sprigionamento di energia e suo raggruppamento per azione di forze, non può costituire un’evoluzione, la quale è stratificazione qualitativa dell’essere, e non raggruppamento quantitativo o passaggio chimico [tutte determinazioni orizzontali]; infine, il big bang è per l’episteme due cose [che sanno inquadrarlo nella fede e nel sapere]:
 
1.] la scissione di una parte del creato, per preparare lo spazio della caduta di cosmo_adamo …;
2.] … e per la rete frattalica per il filtraggio della stele spirituale umana;
3.] il contraccolpo energetico del suo peccato [azione di sovrap_posizione alla fonte, assimilabile al punto_omega].
 
la creazione non è un’esplosione: essa è un evento piano e lineare.
 
nota
 
la presente dimostrazione riprende argomenti già dati.



DIMOSTRAZIONE_110: DELL’INVARIANZA
 
la presente dimostrazione costituisce una specificazione della dim_2. il sapere epistemico [che include tutti i precedenti saperi teistici e il presente sapere] potrebbe essere una fantasia. in base alla dim_2, la verità è la struttura invariante delle fantasie. il presente episteme è però proprio questa struttura invariante, e non ammette proprie varianti, in quanto esso è la matrice di ogni varianza. per cui, poiché la verità è la struttura invariante del sapere, l’episteme, in quanto è tale struttura, è la verità, e poiché l’episteme dice che Dio esiste [riuscendo con ciò a spiegare tutto, anche il male, frutto dell’identità e quindi permutabilità tra creatura e creatore], poichè l'episteme è la verità, Dio esiste.


DIMOSTRAZIONE_111: NORMALE_QUINTA
 
per i principii della metafisica_epistemica, l’uomo dovrebbe normalmente essere “dio” [dice Gesù: “voi siete dei” (Gv 10, 34)_], cioè [metaforicamente] un essere perfetto [“dio” non in senso metaforico: dio nel senso della prima natura dell’uomo, che in realtà è un dio, come anima_paradisiaca]. Ma l’uomo è dio, solo che questa sua prima natura non appare e l’uomo vi è parzialmente sconnesso [si rileva che il disorientamento per le dimensioni del cosmo è dovuto al fatto che queste dimensioni sono per Dio, ed esse testimoniano l’apparire di Dio, ciò che intimorisce l’uomo, perché letteralmente “vede Dio” nell’immensità del cosmo].
ma se l’uomo è dio, allora Dio esiste. per Severino questo non è vero, perché per Severino l’uomo è dio senza l’esistenza di Dio. ma, si rileva, l’uomo, che è dio, deve esserlo adesso e realmente, non un dio metaforico che è grande nella sua sofferenza [nell’ambito dell’episteme è escluso il linguaggio metaforico e oracolare della filosofia pre_epistemica e severiana], ma un vero dio che è tale perché mai soffre. e poiché l’uomo soffre, Dio [cioè il male, ipotesi posta dal teismo] è l’unica causa [come dell’imperfezione del creato, così …] … della scissione tra l’uomo e la sua primaria natura [“io sono anima, poi sono corpo: io sono dio, poi sono uomo: è in errore chi, guardandosi allo specchio, dice “ecco un uomo”: il volto_macchina è dell’uomo, l’occhio_macchina è dell’uomo, la pupilla_macchina è dell’uomo, ma l’auto_coscienza di chi dice “io” è anima_dio, non corpo_uomo].
 


DIMOSTRAZIONE_112: RIPRODUTTIVA, NORMALE_QUINTA_RIPETUTA, CIRCOLARE
 
… in conseguenza della dim_111, tutte le dimostrazioni che dimostrano l’esistenza di Dio dimostrano nel contempo l’esistenza di dio, e per la dim_111, se dio [l’uomo] esiste, Dio esiste. pertanto tutte le 111 dimostrazioni e le successive dimostrazioni a questa sono sotto_dimostrazioni. ad esempio:
 
1.] dim_1: deve esistere un pensiero perfetto: questo è di Dio, ma anche di dio;
2.] dim_2: l’esistenza dell’idea di Dio, poiché la mente riproduce e quindi riflette il reale, dimostra l’esistenza [della realtà] di Dio, e quindi di dio;
3.] ecc.
 
[deve essere svolto questo lavoro nell’ambito dei programmi di ricerca accademica]. 
 


DIMOSTRAZIONE_113: MELCHIORRIANA
 
Essa recita: “poiché esiste il condizionato, non potendo esistere il condizionato senza l’incondizionato, esiste anche l’incondizionato [Dio]”.
la presente dimostrazione riprende altre dimostrazioni. nel libro “Pensare l’essere. Percorsi di una nuova razionalità” a cura di Virgilio Melchiorre, Melchiorre dice [pag. 8]: “La coscienza della finitezza e della condizione non implicano ad un tempo la coscienza dell’incondizionato ? E l’esistenza [punto_Ba]della prima non implica ad un tempo l’essere [punto_Bb] stesso dell’incondizionato ? [sottolineatura aggiunta]”; [pag. 14] “… il passaggio dal relativo all’irrelativo, dal condizionato all’incondizionato è pur sempre un’inferenza che già presuppone [punto_A] la nozione dell’irrelativo e dell’incondizionato. Come si sa, Kant sottolinea, almeno per un certo aspetto, il carattere puramente ideale di questo presupposto ed è da questo lato che viene a fondarsi la sua critica della teologia: la prova ontologica viene infatti respinta appunto nella sua pretesa di dedurre dall’idea [punto_Bc] dell’incondizionato la realtà [punto_Bd] stessa dell’incondizionato. Senza entrare nel merito di questo rifiuto, si può qui notare soltanto che la sua base sta in una presupposizione di tipo gnoseologistico, quella che in definitiva scinde [punto_Ca] il pensiero dall’essere e che perciò, in seconda battuta, deve esigere il passaggio [punto_Cb] dall’uno all’altro. Va anche rilevato che il presupposto kantiano vive anche su una falsa identità, quella che [punto_D] eguaglia l’asserto dell’essere all’esperienza dell’esistente e che quindi deve affidarsi solo ad un riscontro a posteriori”. [inseriti punti per riferimento al commento seguente].
si osserva quanto segue:
 
1.] riguardo il punto_A, si osserva che l’uomo ha già l’idea non solo dell’incondizionato, ma aqnche del condizionato/limite/finitudine, e che questi elementi sono vissuti/sentiti come fenomeni esistenti;
2.] riguardo al punto_Bc e al punto_Bd, si osserva che esso è già stato risolto da Melchiorre al punto_Ba e punto_Bb: non si può dire che si ha il passaggio dall’idealità dell’incondizionato alla sua realtà, perché il condizionato è realtà, e quindi quella idealità è solo un ponte/passaggio per dire della realtà dell’incondizionato, di cui al punto_Ba e al punto_Bb: se e poiché esiste come realtà il limite, esiste come realtà e non solo come idealità il non_limite [Dio];
3.] il punto_Ca e il punto_Cb è uno dei punti fondamentali della neutralizzazione della critica kantiana data nella dimostrazioni epistemiche: Kant scinde il pensiero dall’essere, ma il pensiero è determinato dall’essere e l’essere pone nel pensiero le proprie strutture, tra cui Dio, idealità come idea, rilfesso della realtà [perché sua riproduzione];
4.] il punto_D vale non solo come nella dim_100, ma anche nel senso che Kant limita il pensiero alla percezione, cioè non sa cos’è il pensiero, che non dice solo ciò che appare, ma anche ciò che esiste e lo dice prioritariamente, e così dice il noumeno, che non pone un limite, perché è fatto per essere pensato, non per essere percepito. Due errori di Kant rilevati nel punto_D:
 
a.] riduzione della conoscenza dell’essere umanamente conoscibile alla sola percezione;
b.] riduzione della conoscenza dell’essere umanamente conoscibile alla sola alla percezione umana [limitata].
 
nota
 
si dirà più oltre che l’uomo non è [mai] neppure limitato: nel limite si proietta il demonio, chiuso/pressato nel suo “carcere” [Gd 6]. Infatti:
 
a.] quello che l’uomo è adesso è “giusto” per ciò che l’uomo deve essere nella dimensione terrena [ad esempio: si può soffrire come Leopardi, ma ci sono uomini e donne perfettamente sereni e appagati, anche cristianamente];
b.] tutto ciò che l’uomo fa è per essere più di ciò che è: ciò è eticamente corretto e necessario in senso morale, oppure [qui nasce il senso del limite] è peccaminoso: allora non si deve dire “sono limitato”, ma si deve dire “voglio essere [erroneamente] più di ciò che è moralmente giusto essere e divenire”.
 
per l’episteme non esiste il limite [come direbbe Hegel, per il quale, come per l’episteme, tutto è infinito, tranne la dannazione, unica forma della finitudine e del limite]: esiste solo l’infinito: se soffro perché non ho l’oggetto amato o desiderato, ciò è moralmente da correggere [non si deve soffrire]; quando agisco in modo eticamente misurato e morale, avrò la percezione di essere già ora incondizionato [= dio]. è una meta da guadagnare con misura.



DIMOSTRAZIONE_114: GRAVITAZIONALE

 
si è rilevato che non solo la forma è soggettiva in senso kantiano, ma anche la sostanza. quindi l’universo appare all’uomo con tutta la sua grande massa stellare [relativa alla forza gravitazionale], perché la rappresentazione universale [soggettiva_organica] dell’uomo pesa tanto quanto l’universo. ma l’uomo non può pesare tanto quanto l’universo, altrimenti potrebbe “spostarlo”, come sposta gli oggetti che pesano tanto quanto lui. allora, questo gigantesco campo organico_soggettivo sensoriale della rappresentazione universale [dell’universo], propria dell’uomo perchè sperimentata nell’uomo, deve essere prodotto da altro soggetto, di tipo macro_organico. posta ogni possibilità [dio, cosmo_adamo, cosmo_lucifero], per la condizione della standard_normalità di almeno un soggetto esistente [posto che un soggetto esiste, esistendo l’uomo], almeno uno tra questi soggetti deve essere dio, soggetto macro_organico standard _normale [perfetto].


DIMOSTRAZIONE_115: DELL'UTILITA', R_5, V_12
 
la presente dimostrazione è detta “dell'utilità” perché trae spunto dal passo di un libro del Card. Ruini. Egli la formula in modo “negativo”, per contrapporre ad essa, fede superficiale, la vera fede. questa dimostrazione si lega agli argomenti del bisogno e del senso [corrispondenze biunivoche bisogno_verità e senso_vertità], e perciò è anche di definizione vignana, perchè l'utile è il bisogno, e il bisogno è il desiderio, quindi la verità [dimostrazione] del bisogno è la verità del desiderio [dim_17. Dice il Card. Ruini nel suo libro “Le ragioni della fede”: “In una tale situazione [l’immagine di chiesa “sociologica” presso la maggior parte della gente] non possiamo accontentarci del “come se”: cioè noi ci comportiamo “come se” dio si fosse rivelato, “come se” la fede fosse vera ecc. e nemmeno possiamo accontentarci di quelli che possiamo chiamare “argomenti di utilità”, che spesso noi sacerdoti per primi portiamo in campo: gli argomenti per i quali “è utile”, “è bello” credere, vivere la vita cristiana ecc. sono argomenti che hanno il loro peso [appunto la loro forza dimostrativa] e devono trovare il loro spazio, ma da soli assolutamente non bastano, anche quando si tratta di argomenti di utilità nobile: ad esempio credere per impegnarsi di più nella vita, per essere più generosi, per “fare” meglio, per avere una risposta a certi problemi esistenziali che portiamo dentro di noi. finchè ci limitiamo a porre la questione in termini di impegno o generosità, ossia non perché crediamo veramente fino in fondo, ma perché la fede comporta determinati esiti di utilità e di vantaggio, nostri o del nostro prossimo, non abbiamo ancora toccato il problema nevralgico, che, detto in parole semplici e antiche, è il problema del rapporto tra cristianesimo e verità” [titolo del paragrafo: “utilità e verità”]. 
questo “come se”, che il Card. Ruini chiama “argomenti di utilità”, è in realtà appunto un “argomento dimostrativo” in base ai due principii delle corrispondenze biunivoche tra senso e verità [dio ha senso quindi dio esiste] e tra bisogno e verità [l’uomo ha bisogno di dio quindi dio esiste]. Il titolo del paragrafo del libro del Card. Ruini [“utilità e verità”] è appunto la corrispondenza biunivoca bisogno [utilità] e verità [come detto, data dal fatto che il soggetto riproduce l’oggetto e ne accoglie al suo interno anche una riproduzione, cioè dio è dentro l’uomo, adesso vi è fuori, e quindi l’uomo percepisce nel bisogno di dio l’assenza (biologica) di dio, il vuoto, e questo vuoto di dio dimostra l’esistenza di dio come esistenza di ciò che esiste per colmarlo].
 
nota_1
 
questa dimostrazione ha, nel riussumerle, codificato precedenti dimostrazioni inquadrandole come corrispondenze biunivoche.
 
nota_2
 
si riportano fondamentali proposizioni del Card. Ruini [sempre nello stesso libro] a riguardo dell’essenza della fede, che dovranno essere riprese:
 
1.] [titolo del paragrafo: “Ma la fede cristiana ha un altro fondamento: la rivelazione di dio”] … “La fede cristiana invece [rispetto al suo essere un bisogno tra gli altri] si pone da un punto di vista oggettivamente capovolto: non fa riferimento anzitutto a un bisogno che è in noi [si osserva tuttavia che il bisogno di dio è sempre precondizione di qualunque possibile accoglimento di dio e della sua rivelazione: è chiaro che se sono già eterno e massimamente felice senza dio, e tale condizione è stabile, l’ipotesi di dio e la sua esistenza non mi serve], ma pretende di far riferimento a un intervento di dio verso di noi. quanto poco questo aspetto sia percepito e familiare nel nostro mondo – e in certo senso anche nella chiesa – lo dimostra la scomparsa pratica dal nostro vocabolario della parola “rivelazione” … di per sé la parola “rivelazione” è centrale nel cristianesimo e indica la struttura dell’evento ebraico_cristiano, come rivelazione di dio all’uomo, cioè come iniziativa gratuita e imprevedibile per cui dio rivela all’uomo il suo volto, il suo atteggiamento; quel volto che altrimenti rimane imperscrutabile. Questa è una questione diversa da quella di sapere se con la ragione si può o non si può arrivare ad affermare l’esistenza di dio; anche se si arriva ad affermare che dio esiste, rimane [questo è un punto centrale della dottrina epistemica della fede, per il quale anche dopo la sua totale razionalizzazione epistemica la fede è necessaria come forma di ragione che, obbedendo a dio, consente all’uomo di condizionarne salvificamente la volontà] rimane infatti in larga misura impregiudicata la questione dell’atteggiamento di dio verso di noi, mentre secondo la fede cristiana è dio che in gesù cristo ci manifesta il suo volto, il suo atteggiamento verso di noi”;    
2.] [dottrina della fede] [titolo del paragrafo: … “Ma la fede cristiana ha un altro fondamento: la rivelazione di dio”] [… continua …] … “Da qui parte naturalmente una pretesa di assolutezza, di verità che non può essere sul piano delle altre verità, ma che si pone come l’intervento dell’Assoluto nella storia, la manifestazione, la rivelazione di sé dell’Assoluto, che entra nel contingente umano e naturalmente lo cambia, domandando una risposta libera che sia un’adesione totale della nostra libertà, un’obbedienza totale. Questo è di per sé la fede”.
 
 
DIMOSTRAZIONE_116: SCISSIONALE_PRIMA, SESTA_PARADOSSALE
 
questa dimostrazione prende spunto dalla dim_44, e in parte la ripete. essa inoltre ripete la dim_1, la dim_6 e la dim_8, e poiché lo fa in modo unitario, può essere considerata una dimostrazione autonoma. La presente dimostrazione ripete inoltre la dim_21 [proiettiva], laddove ora si dice che dio è la proiezione di dio nell’uomo [di dio presente nell’uomo, anche come vuoto/assenza di dio, dove il vuoto ha la forma di dio], e la dim_23 [del riflesso reciproco], laddove ora si dice che il concetto di esistenza_di_dio è un concetto che segna la fusione originaria tra esistenza di esistenza_di_dio e dio di esistenza_di_dio, per cui non si dà dio senza la sua esistenza, così dimostrata:
 
1.] l’esistenza è perfetta, l’uomo esiste ed è esistenza, quindi l’uomo è anche perfetto [dim_1 (il pensiero è perfetto), dim_6 (questo punto 1.] ne ripete l’argomento iniziale), dim_8 (l’uomo_perfetto è l’uomo_necessario) e dim_44 (l’esistenza nell’uomo di un pensiero_perfetto)_];
2.] esiste quindi il pensiero_perfetto [l’uomo] [dim_44];
3.] ma il pensiero perfetto è anche [per definizione] dio;
4.] ecco dunque la necessità di scindere [dimostrazione scissionale] l’uomo in due parti:
 
a.] l’uomo creaturale, che è sia perfetto che imperfetto [dim_44 e dim_8];
b.] dio, che [per la dim_9, che traforma l’Uomo in Dio e viceversa] è solo l’uomo perfetto: l’Uomo [Cristo] [dim_8];
 
… in tale scissione sta la dim_23: quella fusione tra esistenza e dio è ora la fusione tra esistenza perfetta e uomo, scissa perché l’uomo è anche imperfetto, e allora tale fusione vale solo per dio: la fusione originaria tra esistenza e dio [data peraltro dal fatto che il Figlio è l’entizzazione dell’esistenza dl Padre (entizzazione di secondo livello), concetto che mai, finora, si è riusciti a capire e spiegare, ed è solo ipotesi] è ora la fusione originaria tra esistenza e uomo, nell’Uomo [che non è l’uomo creaturale, ma Cristo_Uomo prima dell’incarnazione storica]; 
5.] la dim_44 dice che l’esistenza di dio è il contentuo necessario di un pensiero perfetto, proprio anche dell’uomo [per il punto 1.]_]: ora si aggiunge, circolarmente, che l’esistenza di dio è il contentuo necessario dello stesso pensiero di dio, inteso come quel pensiero perfetto che …
 
a.] esiste perché esiste nell’uomo;
b.] ma ha una sua esistenza autonoma [e quindi dio esiste, secondo la presente dimostrazione, che sta in tale autonomia, scissa dalla fusione tra esistenza perfetta e uomo creaturale], perché appunto dio è pensiero solo perfetto, l’uomo è creatura perfetta ma anche imperfetta [dim_8].
 
6.] dio è pensiero, dio è perfetto, quindi dio è pensiero perfetto;
7.] l’esistena di dio è tratta/derivata dalla perfezione del pensiero dell’uomo [dim_6], scissa dall’uomo e resa autonoma come esistenza del pensiero perfetto, che per definizione è dio [dim_44, dim_1 e dim_8].
 

DIMOSTRAZIONE_117: ESSENZIALISTICA, A_5, R_6, V_13, MISTICA_QUARTA
 
la presente dimostrazione integra e completa la dim_3 [che è la dimostrazione più importante, e che riflette la mappa dell’essere metafisico], e trae spunto da un passo del libro del Card. Ruini “Le ragioni della fede”: “La prima e fondamentale questione è senza dubbio quella di Dio, e anzitutto della sua esistenza, quindi delle vie attraverso le quali la nostra intelligenza può giungere a riconoscerla. Tuttavia, la questione dell’esistenza di Dio non può essere posta correttamente senza implicare almeno in termini generali la domanda su che cosa o meglio chi sia Dio [“Le ragioni della fede”, Card. Ruini, pag. 49] [evidenziazione del testo aggiunta] [si osserva che il “che cosa” è dio è dato dal “dio dei filosofi”, l’involucro esterno di dio, o dio_essenza, il “chi” è dio è dato dal “dio della fede”, nucleo e cuore interno al primo, e parte intima di dio: “Io sono”].
già nella dim_3 si è detto che, per dimostrare l’esistenza di dio è necessario sapere che cosa si vuole dimostrare, cioè averne il concetto [= definizione]. allora, si è cercato di definire dio. ma si è capito, che la stessa definizione di dio è il modo con cui dimostrare l’esistenza di dio, perché la definizione di dio si espande nell’essere. per questo la dimostrazione è di definizione anselmiana, perché l’argomento ontologico cerca di trarre l’esistenza di dio dalla sola definizione di dio. la presente dimostrazione è definita anche “vignana” [e tutte le dimostrazioni, in realtà, lo sono], perché il principio che l’ha guidata [e che guida la costruzione del sapere] è il desiderio, il quale, se puro, è in grado di dirigere il pensiero speculativo con la costruzione di proposizioni quasi_perfette, e quindi intrinsecamente mistiche [principio speculativo della verità del desiderio: il desiderio produce la verità. ciò si collega al principio etico_logico_etico: tutto ciò che è errore lo è perché dettato, come la verità, dal desiderio e dalla pulsione; il desiderio puro si riconosce dall’etica_perfetta; si pone la questione di quest’ultima, risolvibile tramite la corrispondenza biunivoca tra logica ed etica, e quindi, ancora una volta, attraverso il rimando della logica, e della presente dimostrazione, al sistema dell’episteme].
la dim_3 dimostra l’esistenza di dio perché l’esistenza in sé è necessaria e dio è, in modo necessario [vincolo logico di necessità, per la costruzione del ragionamento dimostrativo: trasferire a dio la stessa necessità dell’esistenza in sè], costruito in termini di esistenza in sé. da questo punto di vista, definire dio, presupposto per dimostrarne l’esistenza, significa dimostrare l’esistenza di dio, anche perché [presente dimostrazione]:
 
1.] dio è definibile come un soggetto;
2.] … un soggetto, la cui esistenza è definita come [posta la distinzione tra dio e principio, tra dio e essere necessario, e tra dio e necessità, dove dio è parte di essi] funzionalmente necessario alla struttura necessaria dell’essere necessario, cioè [come un gioco di parole …] …
 
a.] soggetto funzionalmente necessario alla necessità dell’essere in sè;
b.] soggetto necessariamente funzionale alla necessità dell’essere in sé [attenzione: non dio come soggetto è tale, ma il soggetto in quanto soggetto, che poi, essendo standard_normale, prende il nome di dio/qui interessa dimostrare l’esistenza necessaria del soggetto (diverso dall’uomo), poi questa, nella necessità, è necessariamente dio].
 
3.] a questo punto, la dimostrazione consiste semplicemente nel definire [già la dim_29 dice che sono necessari, all’essere, un oggetto e un soggetto] che cos’è un [il] soggetto.
 
in via del tutto ipotetica [per questo si dice che le dimostrazioni presuppongono l’episteme, esse sono probabili, ma maggiormente probabili dell’ateismo, e quindi si pone una forma di dogmatismo_epistemico, o “metafisico”, che è espresso dall’autorità del mondo accademico], si dice che il soggetto è pensiero, che, poichè l’oggetto è realtà, anche il soggetto/pensiero sono realtà e oggetto, e che [qui sta l’ipotesi, cioè la preferenza rispetto alla vita …] … la vita è una funzione secondaria e riproduttiva del pensiero [si è cioè posta l’ipotesi di preferire la definzione primaria del soggetto come pensiero, piuttosto che come vita], cioè:
 
a.] oggetto e soggetto sono, rispettivamente, realtà [non pensiero e pensiero] e pensiero [come parte della realtà];
b.] la vita è la riproduzione della realtà nel pensiero, e/o del pensiero stesso dentro se stesso [pensiero di secondo livello].
 
quindi, si è posto/definito il soggetto come pensiero.
per dimostrare che dio esiste, si deve definire il pensiero come funzionale alla necessità: dio esiste perché è tale pensiero. e per farlo, non si fa altro [ripetendo la dim_3, ma ancora meglio la più analitica definizione formale di dio, data negli schemi concettuali] che definire il pensiero come la relazione dispari tra esistenza e identità, con tre esempi, dati in forma di schemi_[]_[...]. la dimostrazione è detta mistica, perché offre una rappresentazione di dio. non si intende dire che l’elemento insiemistico è dio e che la rete del mare è dio, ma che lo sono, se l’elemento e la rete sono intesi [nella matrice delle possibilità/effettualità logiche e scalari/dispari] come organici_soggettivi [= pensiero]. è vero che la dimostrazione ha il limite di “credere” che il pensiero sia realmente l’identità tra l’esistenza in sé e l’identità di essa con se stessa, ma è anche vero che:
 
a.] una definizione di pensiero deve pure essere data, e la definizione più perfetta è data dalla relazione di identità [non solo identità tra soggetto e oggetto, secondo parmenide, ma il soggetto stesso come auto_identità, si dice infatti “identità psichica”, mentre la psicologia cognitiva è insoddisfacente e nichilistica: essa, limitandosi da dire che il pensiero è elaborazione del dato, identifica conoscenza e percezione, come anche la neo_scolastica e severino, laddove essi pongono la conoscenza come “apparire”, cioè percezione. essa è invece fusione esistenziale differenziale, tale perché permane la differenza tra soggetto e oggetto, identificati, e il primo è identità in sé, con sé e per sé, questo è il pensiero, pensiero che poi esce da se stesso per “identificarsi”, con l’attività del pensiero, la fusione esistenziale, estatica e erotica];
b.] il pensiero, scalato esemplificatamente nella percezione, ha il pregio di intuire che questa, come sensazione, è appunto terza identità dell’identità con se stessa, perché la sensazione è concentrazione e riflesso dell’essere con se stesso [io sono la mia sensazione, essa è per me una cosa e io sono questa cosa, io sono il mio proprio “identico” a me stesso];
c.] il pregio maggiore della dimostrazione, che è, questo pregio, il suo cuore, e tuttavia lecito speculativamente [non solo auto_referenziale], sta nel fatto che la definzione del pensiero è appunto data attraverso la realtà stessa, scalata nelle sue relazioni dispari [in cui ad essere termine dell’identità è l’identità stessa, scalata da relazione logica posta tra due termini, a termine essa stessa, oggetto che è soggetto, e “cosa” come ente/pensiero];
d.] ecco dunque che il pensiero è identità, ed è lecito trarre questa identità dalle strutture necessarie interne alla realtà dell’essere, in cui, in tali strutture, ci sono molte identità, e una è senz’altro il pensiero [dio].



DIMOSTRAZIONE_118: PURA, M_QUARTA, FENOMENOLOGIA_SESTA
 
la presente dimostrazione trae spunto dalla dim_117, e si collega alla dim_29, riproducendone l’argomento definito in essa come “esposizione sintetica”: nella necessità esistono necessariamente un oggetto e un soggetto: l'oggetto è immenso, quindi il soggetto è immenso [Dio]”.
l’essere esiste necessariamente, secondo parmenide. la proposizione di leibniz_einstein “perché c’è l’essere anziché il nulla ?” significa “perché c’è il mondo anziché il nulla ?” e va applicata al mondo creato, tratto dal nulla. invece, secondo parmenide, l’essere è e non può non essere/esistere. Ma poiché l’essere [esistenza] esiste necessariamente, allora esiste l’oggetto, che è l’essere in sé, la sua struttura, auto_strutturazione e struttura [struttura del principio, sviluppo e determinazioni ipostatiche di questo].
la presente dimostrazione dice che, fenomenologicamente, posta necessariamente l’esistenza dell’oggetto [l’essere che è e non può non essere], è posta necessariamente anche l’esistenza di un/del “s_oggetto”, e questo è [standard_normalmente, in quanto soggetto_necessario] dio. perché ? la spiegazione e la dimostrazione di una proposizione evidente fenomenologicamente deve essere data, ma già tale evidenza [dato l’oggetto, c’è anche il s_oggetto] è di per sè stessa, in quanto fenomenologica, a valore intuitivo, quindi persuasivo_probabilistico, quindi dimostrativo. poi la dim_29 è anche analitica, e dimostra tale evidenza [anche se non spiega la sua evindenza fenomenologica], appunto come una ulteriore dimostrazione [l’esposizione/dimostrazione sintetica della dim_29 è una dimostrazione a sè stante, come fenomenologica, e qui è stata riportata].
quindi:
 
1.] posto l’essere [necessario] …
2.] è posto l’oggetto [necessario] …
3.] e posto l’oggetto …
4.] è posto il soggetto [necessario], …
5.] e questo è dio.
 
nota
 
l’episteme non è una forma di naturalismo [la teologia_epistemica è teologia_razionale, ma solo secondariamante è teologia_naturale, e non nel senso della natura_creata], e l’oggetto non è “presupposto naturalistico” al soggetto. questo oggetto, necessario, è sia trascendente che immanente, cioè iper_infinito [trascendenza e i suoi ordini e gradi] e infinito_semplice [immanenza e i suoi ordini e gradi]. il naturalismo riguarda l’immanenza [e il naturalismo classico riguarda solo l’immanenza intesa come il creato]. L’episteme, nella metafisica, parla raramente del creato, anch’esso sia trascendente che immanente. L’iper_infinito [trascendenza] del creato [oggetto contingente, perché tratto dal caos e dal nulla, poi reso necessario nell’apocatastasi, quando viene innestato nel sito_paradisiaco] è sempre infinitesimale rispetto all’infinito_semplice [immanenza] del reale_non_creato. dio non viene individuato nella realtà, come nell’immanenza, ma nell’esistenza in sè e nella sua struttura logica, esistenza che è “neutra” rispetto alla trascendenza [spirito mondano e verbo_divino] e all’immanenza [materia mondana e carne_divina], non create, che dovrebbero essere determinazioni qualitativo_quantitativo_energetiche di dio, aggiunte nello sviluppo ipostatico del principio e di dio. perciò si può dire che “dio è immanente nel principio della realtà”, ma, posta la metafisica_epistemica, tale proposizione non significa ciò che essa significherebbe alla luce della teologia classica, per la quale la realtà è solo il mondo creato apparente all’uomo. quell’“immanente” significa solo “interno”, “dentro”, e non si relazione alla natura_materiale [= immanenza in senso proprio] della realtà, non creata e creata. la proposizione “dio è immanente nel principio della realtà” significa:
 
1.] la realtà è quella necessaria, eterna ma non solo “divina”, perché immateriale, spirituale e materiale. solo la realtà spirituale è divina, perché il divino è solo il “soggettivo” [così, la storia della filosofia di Abbagnano è in errore quando dice che Aristotele è politeista, perché dice che il mondo è eterno e, quindi, divino: cioè che è eterno è anche divino: eterno è sia l’oggetto che il soggetto, divino è solo ciò che riguarda il soggetto, perché organico e vitale];
2.] immanente nel senso di interno/dentro alla necessità [solo parzialmente identificato con essa];
3.] il principio è l’esistenza.
 
perciò è corretto dire che la teologia classica è una forma di idealismo: tolto l’uomo e il creato [il “mondo”], per essa c’è solo dio, cioè solo il soggetto, senza un oggetto_eterno_noumeno, come dicono gli idealisti. il cosiddetto “realismo” della teologia classica è un “realismo minimo” e senza fondamento [paradossale]: esso dice, che solo il creato è l’oggetto, vi attribuisce un essere indipendente da dio, e lo fa sussistere per partecipazione all’essere di dio, ma [si rileva] manca il fondamento di tale indipendenza: ciò che partecipa a dio è un essere_creato, che non può esistere indipendentemente da dio, senza che esista un principio di esistenza esterno a dio e indipendente da dio. ma, posto tale principio [l’esistenza in sé], questo stesso è lo stesso principio che pone dio, necessariamente, e il creato [in_organico e organico] non partecipa dell’essere [solo organico] di dio, ma di quello del principio [im_materiale].


DIMOSTRAZIONE_119: CREAZIONISTICA, R_7
 
in riferimento allo scritto del Card. Ruini “Allargando la ragione riscopriamo la realtà” [in cui si definisce la verità come conoscenza della realtà], contenuto nell’allegato all’Avvenire del 15 aprile 2007 intitolato “Benedetto”, apparso in occasione degli 80 anni di Papa Benedetto XVI, si rileva che nelle seguenti parole è contenuto il potenziale dimostrativo del creazionismo, applicato non solo all’evoluzione biologica, ma a tutto l’universo creato [pag. 60]: “Si riapre così la domanda riguardo alla struttura razionale presente nell’universo e all’ipotesi che essa sia da ricondurre, in ultima istanza, al Logos creatore”.
segue la dimostrazione [collegata ad altre dimostrazioni, in particolare alla dim_4, alla dim_11 e alla dim_53]:
 
1.] posto l’episteme, si dice che il mondo di dio è razionale per necessità;
2.] in base alla dim_4 e alla dim_11, si constata [presenza del caso] che il mondo creato non deriva dalla necessità [presenza dell’irrazionale];
3.] ma esso è anche ordinato e razionale;
4.] tale ordine non deriva quindi direttamente dalla necessità;
5.] ecco allora l’ipotesi creazionistica, ampliata dalla vita all’universo [ma si rimanda alla nota: tale creazionismo è ciò che la teologia_classica ha sempre detto: la creazione come ordine creato da dio];
6.] l’ordine dell’universo è razionale, e appare [in base alla dim_4, non può darsi neppure un minimo di ordine nel caos] come progettato, voluto e finalizzato come tale;
7.] ciò che può dare un ordine razionale all’universo è solo un soggetto immenso e razionale: il Logos creatore.
 
nota
 
riguardo al creazionismo, inteso come dottrina attuale del pensiero americano contrapposta all’evoluzionismo, si precisa quanto segue:
 
1.] il creazionismo americano è di definizione nichilistica, perché “misterico” e quindi a contenuto demoniaco [esso, limitandosi alla vita, può interpretarla come progettazione tanto di dio quanto di un extra_terrestre, e quest’ultimo è una proiezione (un “mito”) demoniaca];
2.] il Creatore della vita non è mistero, ma è il Padre, che si è rivelato nel Figlio, e che si può conoscere nell’amore genitoriale, familiare, coniugale e sociale [papà e mamma, fratello e sorella, moglie e amici];
3.] l’evoluzione è vera, perchè auto_concetto;
4.] il creazionismo è vero laddove ...
 
a.] toglie il caso nell’evoluzione;
b.] vede una progettazione nell’evoluzione della vita umana;
 
5.] ma il creazionismo non è una “novità”: da sempre il magistero parla del creato come ordine, piano intelligente, disegno razionale del creatore;
6.] il caso nell’evoluzione è una dottrina totalmente a proiezione demoniaca [si dice "caso" per svincolare originariamente l'uomo da dio];
7.] il caso [derivante dal caos, da cui il creato è tratto] è epistemicamente ammesso solo come interferenza sull’evoluzione, per la varietà quantitativa delle specie [ad esempio, colore nei pesci], o per le malattie.



DIMOSTRAZIONE_120: ESEGETICA_PRIMA, RTZ_4, FENOMENOLOGICA_SETTIMA
 
la presente dimostrazione mostra l’evidenza_fenomenologica e, quindi, la potenza dimostrativa dell’“esegesi_teologica”, di cui sono mostrati i caratteri nella “Premessa” e nell’“Introduzione” del libro “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger/Papa Benedetto XVI.
la dimostrazione si collega alla dim_35 [apologetica_scientifica]. in questa, si dice che, ad esempio, gli scritti apologetici di Messori sulla sacra_scrittura hanno un potere dimostrativo, perché, chiarificando in modo storico_critico la veridicità/attendibilità dei vangeli come testimonianza diretta della risurrezione di un uomo, [di]mostrano in essi la veridicità della loro testimonianza, reale, di un uomo che, per il fatto di essere risorto dai morti, è l’Uomo, cioè Dio.
ora, invece, si constata [ratzingerianamente] che anche solo dalla lettura fenomenologica dei vangeli traspare, anche in collegamento con il sistema [descrittivo/spiegazionale] catechistico [esegesi, anche perciò, detta “teologica”], fenomenologicamente, l’evidenza veritativa, tale dal punto di vista fenomenologico, della loro testimonianza [evidenza detta fenomenologica]: è fenomenologicamente evidente la verità/attendibilità della testimonianza dei vangeli.
 
nota: l’induzione fenomenologica
 
posto un soggetto che possedesse la certezza della fede, perché [come ha detto ratzinger a proposito di mosè] abbia “visto dio”, si potrebbe dire che tale evidenza_fenomenologica della veridicità dei vangeli sia in realtà una conseguenza, posta a posteriori, di questa sua certezza della fede, posta a priori: cioè, solo questo soggetto vedrebbe fenomenologicamente l’evidenza veritativa dei vangeli. ma tale evidenza, anche se a posteriori, è reale, per cui potrebbe dover essere guadagnata da qualunque soggetto. l’evidenza fenomenologica, posta a posteriori, della veridicità della testimonianza dei vangeli, può essere guadagnata da chiunque, perchè quella certezza della fede a priori [quella “di mosè”] in realtà appartiene a ogni uomo: tutto il creato è infatti certezza e prova della fede, perché [normalmente] esso non dovrebbe esistere, per cui l’evidenza_fenomenologica della fede può guadagnarsi da una percezione “contemplativa” del creato: quella “meraviglia”, di cui ha parlato aristotele, per un essere [la creazione] che esiste, e che non dovrebbe esistere, e che quindi ha lo stesso effetto di una visione. de zan, commentando il dubbio di tommaso, ha paragonato la fede, esperienza soprannaturale, ad un soprammobile che deve poggiare su di un mobile, che sia base/fondamento, fisico e tangibile, della fede come l’apparizione del risorto a tommaso: un “segno”. questo “mobile” è lo stesso creato, la stessa natura_creata: fenomenologicamente [secondo la dim_11], la natura creata, poiché normalmente non dovrebbe esistere rispetto all’essere necessario, dovrebbe avere fenomenologicamente per ogni uomo la stessa funzione dimostrativa che ha per la fede l’apparizione del risorto e ogni altra visione/apparizione. spesso ci si sveglia al mattino con lo “stupore” di esistere, e si dice, “che cos’è tutto questo che mi appare ?”, ci si stupisce [fenomenologicamente] di esistere, si intuisce in profondità che non si dovrebbe esistere. quella volontà, che secondo schopenhauer impone all’uomo di esistere, è la volontà agente e creatrice di dio.


DIMOSTRAZIONE_121: ESEGETICA_SECONDA, RTZ_5, FENOMENOLOGICA_OTTAVA

nelle prime due parti [“Premessa” e “Introduzione”] del libro di Jospeh Ratzinger/Papa Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”, si parla anche di “unità” della sacra_scrittura e dei vangeli. ma i vangeli sono stati scritti da 4 e altre persone, e in tempi diversi e distanti. quindi, l’unità, colta fenomenologicamente [colta, ad esempio, dalla lettura di seguito e veloce del vangelo di giovanni] della redazione dei vangeli testimonia [fenomenologicamente] che essi sono stati pensati da un unico soggetto [il Creatore], che poi, in tempi diversi e a persone e comunità diverse, ha dettato la sacra_scrittura parola per parole [come faceva con gesù, incarnato e depotenziato]. compito dell’esegesi è quindi anche cogliere la visione unitaria e di insieme dei vangeli e della sacra_scrittura, allo scopo di comprendere il modo e la ragione, in cui e per cui sono stati concepiti dal Creatore in questo modo, assimilandosi la mente dell’esegeta alla mente di dio. quindi: l’unità della scrittura_sacra testimonia che essa è stata scritta da un unico soggetto, e poiché molti sono i soggetti, quest’unico soggetto è dio.


DIMOSTRAZIONE_122: SCISSIONALE_SECONDA, NORMALE_SESTA
 
la presente dimostrazione è rigorosa, e ripete numerosi argomenti precedenti [dim_6, dim_8, (anche dim_9), dim_54, dim_116].
sia dato un generico soggetto “s_S” [l’uomo e/o, ipoteticamente, dio], posto nella necessità dell’esistenza [la cui esistenza è dimostrata certa, secondo parmenide: “l’essere_è”]. la realtà necessaria, allora, attribuirà a tale soggetto generico [funzione esistenziale] determinate proprietà, tali per cui tale soggetto [s] può essere considerato comunemente come “dio” [S]. ma un generico soggetto “s” è dato, essendo esso l’uomo [s]. quindi dio esiste [S]. la dimostrazione si lega alla dim_6 [l’attribuzione delle proprietà necessarie al generico soggetto “s” avviene per identific_azione], e mostra il collegamento tra la dim_6 e la dim_116, perché l’uomo è scisso [la dim_116 è la dimostrazione detta “scissionale”], e quindi s_doppiato [dim_6, per la riforma del principio di non contraddizione] in uomo_uomo [uomo_dio] e Uomo_Dio. è vero, infatti, che l’universo apparente non è la realtà necessaria, ma questa esiste come essere in quanto essere [e la sua struttura]: l’uomo viene dunque scisso in uomo [parzialmente] come essere contingente [dim_8] [soggetto_normale per l’universo apparente, che, dimostrato dio, sarà detto universo creato] e uomo come essere [solo] necessario [quindi Uomo, che, per la dim_9 (traduzione esistenziale), è Dio] [soggetto_normale per l’essere necessario]. a questo punto la presente dimostrazione, per essere completa, deve consentire il passaggio dall’uomo [parzialmente] contingente [uomo, “s”] all’uomo solo necessario [= Uomo_Dio, “S”]. tale passaggio richiama la dim_8 e l’esposizione analitica della dim_29 [messoriana]: l’uomo creato è anche essere necessario [per questo lo si è definito solo “parzialmente” contingente], anche necessario perché può intuire la necessità [per il principio parmenideo: l’essere è], e quindi vi è identico [pensare = essere, altro principio parmenideo].
 
nota
 
mentre nella dim_117 il soggetto è necessario in quanto, definito pensiero = identità, è rintracciato nelle identità interne all’essere necessario, cioè la necessità del soggetto generico è ricavata dalla definizione del soggetto, che è pensiero e quindi identità/identific_azione, nella presente dimostrazione essa necessità del soggetto è ricavata dall’uomo creaturale, che pensa la necessità, a cui è quindi parzialmente identico.



DIMOSTRAZIONE_123: ESTETICA, FENOMENOLOGICA_NONA
 
i fisici teorici dicono che le leggi della fisica sono esteticamente belle, e aggiungono che esse, …
 
1.] per il fatto che sono belle, sono vere,
2.] per il fatto che sono vere, sono belle.
 
la bellezza del concetto di dio, della concezione speculativa di dio, e contemplante l’esistenza di dio [esistenza che è, o dovrebbe essere, secondo la metafisica_epistemica, il risultato di una legge metafisica della necessità, cioè legge della metafisica_epistemica], posto [come detto, epistemologicamente, e quindi anche epistematicamente] il criterio estetico come un criterio sufficiente di verità, essa bellezza di dio dovrebbe costituire una prova sufficiente dell’esistenza di dio [come le leggi fisiche descrivono l’universo, così la metafisica epistemica descrive la realtà].
 
nota_1
 
in realtà, forse, l’esistenza di dio non dipende da una legge o formula metafisica, perché dio è un elemento primario dell’essere. il corpo di dio e la differenziazione della sua anima e del corpo, invece, senz’altro potrebbero essere frutto di una legge meta_fisica, come forse anche la trinitarizzazione divina e binarizzazione cristica.
 
nota_2
 
l’obiezione alla presente dimostrazione dice che anche l’arte [e la fantasia] è bella, ma essa non corrisponde alla verità. si risponde così:
 
1.] l’arte [e la fantasia] descrive [indirettamente] il soprannaturale [dim_2];
2.] l’opera d’arte di un uomo comune non è bella come un quadro di picasso, ma l’uomo, che lo ha realizzato, in quanto essere umano, è più bello dell’arte. spesso il senso comune dice “la natura è meravigliosa”, e si parla delle “7 meraviglie del mondo”, mentre un qualunque bambino, che muore di fame nel terzo mondo, ha un valore ed una bellezza estetica incommensurabile [il massimo valore estetico lo ha l’uomo_etico, in quanto uomo_virtuoso];
3.] la bellezza di dio e del soprannaturale possiede una bellezza superiore all’arte, e la stessa natura, dal punto di vista fenomenologico [si pensi ad una galassia], è superiore esteticamente all’arte, che quindi neppure migliora esteticamente la realtà naturale_terrena.
 
nota_3
 
anche con riferimento a tutte le precedenti dimostrazioni, e in particolare alla dim_122, si dice che [ciò che è stato presupposto finora, e qui si precisa]: …
 
1.] … l’universo [apparente_creato] e gli uomini appartengono, per il fatto di esistere, anche alla realtà_necessaria;
2.] … la realtà_necessaria si identifica parzialmente, trasmettendovi l’esistenza per partecipazione, con l’universo [apparente_creato] e gli uomini, ma non appartiene ad essi.
 

DIMOSTRAZIONE_124: SOPRANNATURALE, MISTICA_QUINTA
 
l’uomo [un religioso, oppure, ad esempio, un giovane che ascolta musica classica] può avere delle sensazioni mistiche. queste possono riguardare:
 
1.] dio;
2.] la donna amata;
3.] il regno di dio in terra.
 
è evidente, anche non fenomenologicamente, che, se è data una visione/sensazione mistica di dio, dio esiste, perchè la mente è strutturata per pensarlo, e quindi per accoglierlo [non si può accogliere ciò che non esiste] [dio come matrice dell’uomo, avente questo la matrice di dio dentro di sè].
 
 
DIMOSTRAZIONE_125: RIVELATIVA_TERZA, RTZ_6, R_8
 
alcuni brani dell’auto_biografia di Joseph Ratzinger [ora Papa Benedetto XVI] “La mia vita” [di Joseph Ratzinger] sono epistemicamente di fondamentale importanza, non solo in funzione dimostrativa. li si riporta, con riferimento alla sua fondamentale tesi di abilitazione alla libera docenza [che segna il destino di Ratzinger], dopo aver presentato la struttura portante della presente dimostrazione: secondo la teoria della comunicazione di …, il processo comunicativo presupppone un messaggio, un suo mittente e un suo destinatario; poiché il messaggio esiste [la rivelazione], dio come mittente del messaggio esiste [dim_125]. scrive Joseph Ratzinger [pag. 72]: “… in Bonaventura (e, anzi, nei teologi del secolo XIII in generale) non c’era alcuna corrispondenza con il nostro concetto di “rivelazione”, che eravamo soliti usare per definire l’insieme dei contenuti rivelati, tanto che anche nel lessico si era introdotta l’abitudine di definire la sacra_scrittura semplicemente come la “rivelazione”. Nel linguaggio medievale una tale identificazione sarebbe stata impensabile. In esso, infatti, la “rivelazione” è sempre un concetto di azione: il termine definisce l’atto con cui Dio si mostra, non il risultato oggettivizzato di questo atto. E dato che le cose stanno così, del concetto di “rivelazione” fa sempre parte anche il soggetto ricevente: dove nessuno percepisce la rivelazione, lì non è avvenuta nessuna rivelazione, dato che lì nulla è stato svelato. L’idea stessa di rivelazione implica un qualcuno che ne entri in possesso … allora la rivelazione precede la Scrittura e si riflette in essa, ma non è semplicemente identica a essa. Questo significa che la rivelazione è sempre più grande del solo scritto. Se ne deduce, di conseguenza, che non può esistere un mero “Sola Scriptura” (“solamente attraverso la Scrittura”), che alla Scrittura è legato il soggetto comprendente, la Chiesa, e con ciò è già dato anche il senso essenziale della tradizione … [si vedeva in questa mia tesi …] … un pericoloso modernismo, che doveva condurre verso la soggettivizzazione del concetto di rivelazione”. il soggettivismo non si pone, perché il destinatario del messaggio non è solo il singolo, ma sono la chiesa e la tradizione, sua struttura. la tesi di abilitazione di Ratzinger segna il suo destino, perché sarà Ratzinger, come Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, a costituire colui che, nella chiesa, è preposto ad accogliere la rivelazione divina [destinatario]. si osserva, inoltre, che, se tale è la concezione della rivelazione propria della chiesa, allora non può dirsi che “la rivelazione è già chiusa” e che “le apparizioni mariane nulla aggiungono alla rivelazione”, come dicono, forse erroneamente, numerosi brani teologici e ecclesiali. infine si rileva l’importanza della dottrina ratzingeriana della rivelazione per la corretta comprensione dell’epistemismo, inteso come parte del progetto culturale della CEI. Tutto ciò premesso, in riferimento alla teoria della comunicazione suesposta, e alla dottrina di ratzinger relativa alla rivelazione, si pone la seguente dimostrazione dell’esistenza di dio:
 
1.] la bibbia e la rivelazione [sacra scrittura e, ad esempio, miracoli, apparizioni e sensazioni mistiche ed estatiche] sono un messaggio, che modifica il destinatario [uomini e donne cristiani]: quindi il messaggio esiste;
2.] ma se esiste il messaggio, esiste anche il mittente, cioè dio.
 
l’obiezione immediata dice che il messaggio, ricevuto dall’uomo, viene in realtà prodotto dalla psiche umana, come già i miti delle molte religioni. in realtà, posto che l’uomo è consapevole di se stesso, se un cristiano accettasse che il messaggio viene da lui stesso, non consentirebbe al messaggio di modificarlo [cioè di essere un messaggio significativo e moralmente esigente]: quindi, il cristiano accetta il messaggio, perché lo pone come comunicato da dio. ma l’uomo ha bisogno di questo messaggio, quindi ha bisogno di dio. a questo punto la dimostrazione rimanda all’argomento [più volte ripetuto] della riproduzione di dio nell’uomo: l’uomo necessita di dio, perché dio esiste, in quanto si è riprodotto nell’uomo e così nel suo bisogno di dio, dio che è assente nell’uomo, e l’uomo evoca la sua esistenza per averlo presente dentro di sé.   
in conclusione: il bisogno di questo messaggio, che è la rivelazione_divina, testimonia l’esistenza del suo mittente [dio].         
 
nota

la presente dimostrazione è stata ispirata dallo scritto del Card. Ruini "Teologia e cultura terre di confine", laddove esso richiama il testo della tesi ai abilitazione del prof. Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI.
 


DIMOSTRAZIONE_126: GNOSEOLOGICA_PRIMA, DELL’APPARIRE_SECONDA, V_14

 
nel libro “Il frammento e l’Intero”, al capitolo VI della Parte Prima, Vigna scrive [pag.138] [elemento_1 della dimostrazione]: “…: se qualcosa esiste, e qualcosa realmente esiste, la totalità necessariamente esiste. Infatti, o la totalità è quel qualcosa o è l’altro dal qualcosa. Il qualcosa, in effetti, è parte o è tutto [e si intendano i termini dell’alternativa in senso speculativo, non in senso semplicemente matematico, cioè quantitativo], ma una delle due dev’essere necessariamente. Ora, nell’un caso o nell’altro, ossia per trattare il qualcosa come parte o per trattarlo come tutto, la posizione dell’esistenza del tutto o della totalità è necessaria”. precedentemente egli scrive [pag. 138] [elemento_2 della dimostrazione]: “…: affermare che Dio esiste, se con questa affermazione si intende semplicemente asserire che esiste qualcosa di assoluto [la totalità di ciò che esiste], non richiede una dimostrazione in senso proprio [ossia una mediazione dell’immediato]”. Vigna dice questo dopo aver mostrato che il dimostrare conduce da un dato cominciamento del pensiero [ad esempio: credo in dio o non credo in dio] al fondamento della struttura originaria, cioè a ciò che è innegabile [le due immediatezza logica e fenomenologica, ovvero rispettivamente il principi di non contraddizione e il principio di evidenza: pag. 137], e il suo discorso prosegue, dicendo che [pag.140][elemento_3 della dimostrazione] “…, il vero problema metafisico sta nel determinare in certo senso “che cosa è” la totalità. E se chiamiamo la totalità con il nome di Dio, il vero problema metafisico consiste nel sapere in certo senso  “che cosa” è Dio. Chiedersi infatti “chi è” dio, non pare, di primo acchito, corretto; dal punto di vista grammaticale, “chi” è pronome personale. Chiedersi inizialmente chi è Dio significherebbe, perciò, presupporre già che Dio sia un essere personale” [la presente dimostrazione trascura questo punto, rimandandolo a successivo schema sul kantismo]. egli prosegue inoltre, affermando che [elemento_4 della dimostrazione] [pag.140] “… per rispondere a questa domanda sul senso della totalità, a che cosa posso volgermi se non al contenuto presente ? Originariamente, infatti, altro non appare. Ma il contenuto presente come appare ? Ne do una sommaria descrizione. Appare qualcosa”.  precedentemente Vigna scrive [pag. 136] [elemento_5 della dimostrazione]: “… . Il fatto stesso di vivere ci costringe a conferire alla realtà un certo significato, che sporge permanentemente e ampiamente sull’immediatezza dell’esperienza” [questo “sporge” ha suggerito lo schema, che sarà dato, sulle corrispondenze parallele tra le forme della conoscenza: pensiero, linguaggio e percezione]. Infine, Vigna dice [pag. 141] [elemento_6 della dimostrazione]: “… ciò che appare immediatamente è anche l’insieme di tutte queste cose. L’apparire è, in altri termini, l’originaria unità di un molteplice”.
la presente dimostrazione [che si lega alle dim_5 (dell’apparire_prima) e dim_6] è stata la base teorica che ha suggerito le successive dimostrazioni fondate sulla rappresentazione del creato:
 
1.] ciò che appare [all’uomo] è organico, quindi soggettivo [panteismo e pan_psichismo relativi epistemizzati]: è la rappresentazione del mondo da parte dell’uomo o di dio [elemento_4]: se lo è di dio, dio è dimostrato esistente;
2.] ciò che appare è unitario [elemento_6];
3.] ciò che appare è la totalità [elemento_1];
4.] ciò che appare è detto dalla ricerca_epistemica “sfera_solipsistica” o “sfera_del_solipsismo” della percezione/apparire/ rappresentazione visiva, umana [tutto ciò che appare è come un (uso di metafora) palloncino che racchiude l’uomo]: io sono tutto ciò che vedo e [dice il nichilismo, ma bisogna dimostrare che questo è nichilismo/errore] niente esiste al di fuori di ciò che vedo immediatamente, qui e ora;
5.] la dimostrazione dell’esistenza di dio è allora data da tale dimostrazione: posto che dio è la totalità_apparente [per il punto 1.], 2.] e 3.], secondo l’elemento_2 e l’elemento_3] [qui interessa che cosa è dio, non chi è dio, per la capacità limitata della dimostrazione], si deve dimostrare che essa [la totalità apparente] è, se non infinita [elemento_1 guadagnato da quanto segue …] …, almeno tale, per cui l’uomo non è l’esaurimento, in quanto sfera_solipsistica dell’apparire, della totalità stessa [elemento_5]: cioè che esiste una realtà che “sporge” [Vigna: pag.136, elemento_5] rispetto all’apparire all’uomo [totalità diversa dall’uomo e identificata, in quanto apparire organico, a dio, ovvero alla sua rappresentazione del creato];
6.] posta la distinzione, di cui alla dim_138 [costruita precedentemente alla presente dimostrazione] tra intuizione_epistemica e intuizione_fenomenologica [da riservarsi all’apparire], si richiama la gnoseologia_epistemica, per la parte di cui a successivo schema epistemico [rapporti tra i parallelismi noumeno/pensiero, percezione e linguaggio e tra questi], e si dice, tramite la mediazione del linguaggio [sempre rapportato al termine del pensiero], che è intuzione_epistemica [e quindi esperienzialmente vera, con immediatezza di tipo_pensiero/sapere originario nel rapporto pensiero/percezione/linguaggio] [l’esperienza è ora quella del pensiero e del linguaggio: l’esperienza non si identifica più solo con la percezione/fenomenologia del pensiero, della percezione e del linguaggio e loro corrispondenze_parallele, anche se forse non interamente biunivoche] che l’uomo non esaurisce la totalità dell’esistenza, la quale sporge dall’uomo [elemento_5]: cioè è intuisticamente evidente che io non sono il tutto esistente;
7.] esempio intuitivo [attenzione: il nichilismo è convinto che nulla esista al di fuori di ciò che il singolo soggetto esperisce in un dato istante]: se esiste solo la mia sfera_solipsistica, ogni uomo che vedo sono io: ma allora perché un uomo mi parla e mi scrive, e mi dice: “io sono io e io non sono te” ? [e me lo dimostra anche violentemente]. l’intuizione immediata [nel senso di immediatezza neo_scolastica], tramite il ponte del linguaggio_significante [mediazione vignana], che è tale perché significa [cioè produce] pensiero e intuzioni [elementi base del pensiero, che le pone in sequenza, sintesi e sistema], dice che “io non sono te e tu non sei me”, e che [uso di metafora] “il palloncino dentro cui io sto viene bucato …”, fino a rottura del solipsismo [collegato (esemplificatamente) alla rottura della teo_sfera che nel dio_focale si apre al sacrificio_creatore, per cui provvisoriamente il paganesimo si fa cristianesimo], “… bucato da soggetti che mi testimoniano che io non sono loro e quindi non sono la totalità”, e poiché la loro esperienza duplica la realtà [nella loro rappresentazione], la totalità è altra a me, e quindi è dio [nella sua unitarietà, elemento_6]. si rileva quanto segue:
 
1.] come già si è detto, attraverso il linguaggio “l’uomo salta fuori dalla propria ombra”, e tale condizione, che pare assurda [lo scavalcamento di cià che è detto intrascendibile], è in realtà la condizione “minima” di ogni realismo e oggettività del pensiero, ovvero di apertura alla verità e alla verità su dio;
2.] tale “salto”, che pare impossibile, in realtà è logicamente possibile [è questo uno dei risultati notevoli della gnoseologia_epistemica]: il pensiero, tramite il linguaggio [e qui già si vede che cos’è il divenire alla percezione] esce da se stesso per riunirsi hegelianamente a se stesso, arricchito di ciò che è esterno alla sfera del soggetto, perché riproduce il rapporto della differenza protologica esistenza/esistenza: esse di auto_fondano, quindi si auto_includono ma, attenzione [paradosso di russell_frege], includente e incluso sono assolutamente identici, e quindi infinitamente permutantesi, e qui sta l’uscita e il divenire, condizione dell’identità, rapporti di cui si dice in successivo schema;
3.] così l’esistenza, nell’atto di auto_esistenzializzarsi, così allo stesso modo il pensiero, quando coglie l’esistenza e se stesso: sembra assurdo, ma lo scavalcamento dell’intrascendibile è la condizione del realismo epistemico [o “perfetto”]: solo così le tre persone divine si conoscono come “altre”, e conoscono come “altro” il loro mondo, il creato e l’uomo. l’idealismo, con il solipsismo, è a sua volta perfetto: perfetta la chiusura conservativa monadica, e quindi chiusa l’identità e l’auto_coscienza [persona].

 
DIMOSTRAZIONE_127: EDIPICA_SECONDA
 
anche la presente dimostrazione [e la dim_124] appartiene al novero di quelle che, come le dimostrazioni fondate sul bisogno e sul desiderio di dio, individuano nell’uomo la presenza di una matrice organica divina [idea o funzione], essendo l’uomo riproduzione di dio e dio essendosi riprodotto all’interno dell’uomo [ad esempio, nell’idea che l’uomo ha di dio: idea organica]: l’esistenza di tale matrice [idea] interna all’uomo, è prova [come impronta] dell’esistenza di dio esterna all’uomo [anche secondo la metafisica_epistemica, oltre che fenomenologicamente].
è stato detto che il complesso di edipo, più che fondare la fede in dio_padre, è causa dell’ateismo, conseguenza della rimozione di dio come di un rapporto conflittuale con i propri genitori [i quali spesso, con il necessario divieto, assoggettano i figli anche a umiliazioni. l’ateo non riesce a pensare dio in modo distaccato, come lo vede aristotele, con lo stesso interesse scientifico e asettico, cioè, si può dire, positivamente, con cui aristotele studia gli animali (con distacco scientifico, come fa l’episteme); l’ateo ha sempre un concetto emotivamente coinvolto, conflittuale e quindi speculativamente incontrollato di dio, lo sente come un’entità che vuole umiliarlo (mentre dio è costretto a imporsi all’uomo, per la sua salvezza, perché il peccato non è solo un’interpretazione di dio, ha anche una natura “oggettiva”, capace di impedire a dio di salvare l’uomo), oltre che a viverlo sempre come la chiesa, percepita come imposizione di divieti e umiliazioni]. la presente dimostrazione riflette sulla struttura della colpa cristiana: senza timore di dio, senso di colpa e minaccia divina, l’episteme dimostra come non possa sussistere il cristianesimo, su di essi necessariamente fondato: dio è amore e l’uomo può positivamente rispondere all’amore facendo il suo dovere, ma può anche non farlo, perché adulto nel peccato, e il peccato è oggettivo. l’uomo deve fare il proprio dovere per amore, non per obbedienza: e tuttavia l’uomo può non fare il proprio dovere. il cristiano sente per questo realmente dio come colui che lo minaccia e lo può condannare [per correggerne o stabilizzarne la condotta], e ciò è teoricamente corretto e dimostra l’esistenza di dio: questo dio non è il riflesso dei genitori. i divieti e le minacce dei genitori solo attivano lo schema [inconscio e conscio] dei divieti e delle minacce di dio, successivamente questo schema e questo dio sono indipendenti dai genitori: la loro esistenza [dello schema divino del divieto e della colpa] dimostra organicamente [edipicamente] l’esistenza di dio, come idea di dio che fa percepire all’uomo di essere sul “baratro”, appeso alla mano di dio [nell’episteme, il complesso di edipo trova come suoi attori gli esseri umani come figli e dio come loro genitore: i genitori terreni umani vengono strutturalmente dopo; il complesso di edipo deriva dalla matrice originaria del male, per la quale l’origine ex_nihilo della creatura sovrappone totemicamente la creatura a dio, ovvero all’origine ex_existentia di dio].
 

DIMOSTRAZIONE_128: STELEOLOGICA
 
in base alla steleologia, il riallineamento del sistema di unità organica dovrebbe automaticamente attivare [misticamemte e estaticamente] nella mente umana gli schemi religiosi e teologici, portando l’uomo a conoscere, naturalmente, anche solo per fede, che dio esiste [il regno di dio in terra è spiritualmente denso in senso genetico].
 
 
DIMOSTRAZIONE_129: FIDEISTICA_SESTA, RTZ_7, R_9, FENOMENOLOGICA_DECIMA
 
per la definizione di una dimostrazione fenomenologica si rimanda alla dim_131, che è stata formulata precedentemente alla presente dimostrazione.
si dice nella presente dimostrazione che cristo è il logos_creatore [= verbo], ipotesi speculativa per la spiegazione del mondo, che papa benedetto XVI ha definito [fenomenologicamente] “la più probabile”. Per l’episteme, il logos è strumentalmente creatore, il Creatore è il Padre, cristo essendo lo strumento [aristotelicamente “organon”, logica, logos, verbo], di cui il Padre si è servito e si serve per il processo creativo. nella creazione, il padre si serve del figlio come un giovane che suona la chitarra si serve della chitarra: egli pizzica le corde, e così il padre usa il figlio [sacrificalmente] per creare la creazione dal nulla. 
 
nota

la presente dimostrazione è stata ispirata dallo scritto del Card. Ruini "Teologia e cultura terre di confine", laddove esso richiama il testo dello scritto "L'Europa di Benedetto nella crisi delle culture" del prof. Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI.
  
 

DIMOSTRAZIONE_130: SINFONICA
 
alcune sinfonie musicali sono chiavi di accesso alla conoscenza di dio, e quindi alla dimostrazione della sua esistenza, fenomenologicamente/può essere che il loro autore non avesse in mente dio, quando le ha scritte, ma, tenendo in mente dio, mentre le si ascoltano, si provano determinate sensazioni mistiche, che suggeriscono come l’idea di dio, in quanto scatenante le stesse, grazie alla sua rappresentazione musicale, debba corrispondere ad una realtà, che sia esistente in quanto attraente l’uomo. ci si riferisce in particolare a bruckner, sibelius e, in generale, al sinfonismo romantico tedesco [oltre che a tutta l’atmosfera culturale del romanticismo]. questa musica viene comunemente detta “profana”, in contrapposizione alla musica “sacra”. l’episteme offre una nuova classificazione, perché la vera musica sacra è costituita [solo] da alcuni brani di musica classica:
 
1.] la musica_classica [solo alcuni brani sinfonici specifici/con esclusione, ad esempio, di mozart e beethoven, che piuttosto cantano la mistica del regno di dio in terra, come schumann e brahms] è detta musica_mistica_soprannaturale [forse solo l’ultimo bruckner e sibelius];
2.] la musica_sacra è detta musica penitenziale o adorativa_terrena.
 
all’interno di tale classificazione, non si riesce a porvi la “Toccata e fuga” di Bach, che non può dirsi musica penitenziale o adorativa, essendo un brano verticistico [trascendte], essa è quindi senz’altro musica_mistica, ma piuttosto terrena, come cioè un modo con cui un uomo terreno canta l’assoluto soprannaturale, ma rimanendo tale canto terreno [proveniendo dalla terra]. certi brani di bruckner e di sibelius, invece, appaiono totalmente mistici come soprannaturali.
 
 
DIMOSTRAZIONE_131: IDEALISTICA, FENOMENOLOGICA_UNDICESIMA
 
una dimostrazione può essere definita fenomenologica per le seguenti ragioni:
 
1.] perché la sensazione, tipica della razionalità epistemica, scatenata dal nome, o dal fenomeno, o dal ragionamento, aiuta la teoria [argomento], oppure perché …
2.] … suggerisce questa teoria [o una sua parte], essendo ancora il ragionamento speculativamente debole da solo, o infine …
3.] … semplicemente si accompagna ad esso, già da se stesso sufficientemente forte [persuasivo].
 
la presente dimostrazione si richiama all’intuizione fenomenologica di cui al punto 2.], per la necessità di accogliere la teoria platonica delle idee [mai smentita dalla storia della filosofia, solo eventualmente abbandonata: così, ad esempio, se pare debole, anzi inconsistente la tesi dell’esistenza di un unico “tavolo” ideale, posto che esistono tanti tavoli quanti gli stili delle diverse epoche, e le misure, frutto casuale della creatività dell’artefice, l’episteme ha efficacemente rafforzato la dottrina platonica delle idee, ipotizzando che l’idea non è un oggetto, ma la funzione mentale preposta al suo pensiero: come il cervello (dicono gli scienziati) è suddiviso in aree, come una biblioteca, ciascuna preposta al pensiero e alla denominazione di un ente/oggetto/cosa, tale è la dottrina platonica delle idee, le quali sono tali aree, nella mente dell’uomo, di dio (s. agostino) e nell’iperuranio in_organico, che è l’intelligenza artificiale umano_divina, sintesi oggettuale in_organica puntiforme della realtà necessaria].
posta tale teoria, si dice che cristo è il “prototipo” dell’essere umano [in tale concetto di prototipo sta l’intuizione epistemico_fenomenologica, da esso scatenata]. ma perché un prototipo sia vero modello, come l’uomo pensa e vive, così anche il prototipo deve pensare e vivere: questa idea platonica, che è l’Uomo, vive e pensa come l’uomo. una volta incarnatosi sulla terra, cristo sarà [come dice il magistero_ecclesiale] prototipo il senso biografico:
 
1.] gesù mangia e beve: questo è il modello, che esalta cristianamente il piacere;
2.] gesù digiuna: questo è il modello che esalta cristianamente la virtù;
3.] gesù muore sulla croce: questo è il modello della carità [sacrificio per gli altri, tramite cui cristo ha guadagnato a dio la salvezza degli esseri umani]. 
 
 
DIMOSTRAZIONE_132: DELLA RAPPRESENTAZIONE_SECONDA, NORMALE_SETTIMA, FENOMENOLOGICA_DODICESIMA
 
la presente dimostrazione, che pone anche la dim_134, si collega alla dimostrazione dim_133, e dovrebbe consentire un’accesso immediato [nel senso di veloce] alla certezza dell’esistenza di dio, trae spunto dalla seguente esperienza: l’uomo, che cammina all’interno di una casa, attraversa diverse stanze: egli cioè si muove all’interno di una rappresentazione. ma secondo la condizione della standard_normalità della conoscenza, così come posta dalla metafisica_epistemica, e di facile intuizione, la rappresentazione dovrebbe essere non solo attiva_manipolabile [mi muovo all’interno di ciò che vedo, e anche lo tocco e lo manipolo], bensì anche [e innanzitutto] passiva: la realtà è data, e la percezione solo la riproduce, senza calarsi in essa [senza potersi calare in essa] e senza modificarla [è chiaro infatti che (utilizzo di metafora) “dio è un re che non può segare le gambe del suo trono”]. per cui deve esistere nell’uomo anche la rappresentazione passiva della realtà, e poiché essa [tale rappresentazione] non appare, la configurazione dell’apparire all’uomo è evirata [non apparenza di una dimensione della conoscenza, oltre che di (numerose) altre] e quindi non_normale: deve, dunque, esistere una volontà, che limiti nell’uomo il suo campo della rappresentazione, ed essa è la volontà di dio, sovrapposta alla condizione dell’uomo e manipolante [limitante] la stessa.   
 
 
DIMOSTRAZIONE_133: DELLA RAPPRESENTAZIONE_TERZA, NORMALE_OTTAVA
 
secondo la condizione della standard_normalità dell’esistenza, posto che devono esistere una rappresentazione sia attiva che passiva, e devono esistere adesso e con continuità, esistendo l’uomo si dice che tali rappresentazioni esistono, e quindi esiste dio, come il soggetto che le possiede entrambe attualmente e con continuità, in modo normale.
 
 
DIMOSTRAZIONE_134: DELLA RAPPRESENTAZIONE_QUARTA, FENOMENOLOGICA_TREDICESIMA
 
la presente dimostrazione [anch’essa avente funzione di accesso immediato alla certezza dell’esistenza di dio] è sorta in seguito alla seguente sensazione [fenomenologica]:
 
1.] sto camminando sul marciapiede;
2.] questo marciapiede è di asfalto grigio/nero: sembra di materia in_organica;
3.] in realtà, io sto camminando sopra dio [si rileva difficoltà: pantesimo/si rimanda alla nota della dim_135];
4.] infatti, all’apparire appartiene la percezione, ed entrambi [apparire e percezione] sono la rappresentazione della realtà;
5.] ma questa [la realtà], in se stessa, come oggettiva, è astratta [pura esistenza e sua strutturazione];
6.] ovvero, la rappresentazione è solo ed esclusivamente per il soggetto, e quindi è organica;
7.] ma io non sono l’asfalto/marcipiede: quindi, esso è la rappresentazione [passiva] di un altro soggetto che, essendo duro, pesante ed esteso come la strada, la terra e l’universo intero, è senz’altro dio, inteso come “rappresentazione” [schopenhauer], gigantesca, che si dirà [in successiva teoria] essere non persona, ma natura [verbo e carne].
 
nota
 
caratteristica delle dimostrazioni dim_132 e dim_134 [la dim_133 essendo una derivazione della dim_132] [e della dim_135] è che esse, pur immediate, sono in quanto tali “strane”: infatti, un immediato accesso alla dimostrazione dell’esistenza di dio dovrebbe essere data dai preamboli della fede [per l’episteme la fede non presuppone l’esistenza di dio, ma la include: la dimostrazione dell’esistenza di dio serve alla ragione, non alla fede/si deve credere all’esistenza di dio per fede, non per ragione: la ragione serve per convincersi secondo se stessa/la fede è sufficiente a se stessa, se e solo se l’uomo è moralmente buono: la ragione è necessaria, nel senso di ausiliaria alla fede, laddove il peccato offusca la capacità di percepire la verità, già intriseca ed evidente nella fede: l’episteme è, dunque, essenziale per il regno del peccato, non per la chiesa, che è il regno della virtù]. gli argomenti di tali dimostrazioni [dim_132 e dim_134] sono strani, ma appaiono efficaci. essi sono eminentemente fenomenologici, pur con la necessaria mediazione speculativa, invece l’argomento di cui alla dim_4 è piuttosto speculativo, perché richiede la visione della realtà mista [ordine e disordine], e presuppone la distinzione e la fondazione speculative della differenza tra causa verticale e causa orizzontale.   
 
 
DIMOSTRAZIONE_135: DELL’APPARIRE_TERZA
 
la presente dimostrazione è collegata alla dimostrazione dim_126. l’apparire è organico [percezione e rappresentazione], e poiché esso non è proprio solo dell’uomo [la cui rappresentazione attiva non è totalmente manipolativa: posso spostare una sedia ed entrare in una stanza, ma non posso spostare una galassia e avvicinarmi al sole/eppure, si rileva (e questa considerazione dovrà essere ripresa, perché potenziale fonte di teoria), la sedia e la galassia appaiono come enti equivalenti, dal punto di vista di una potenziale manipolabilità della seconda], questo apparire è rappresentazione di dio, cioè dio stesso.
 
nota
 
la presente dimostrazione e la dimostrazione dim_132 [e seguenti] sembrano porre una forma di panteismo: dio è il mondo che appare, perché ciò che appare è rappresentazione, questa è sempre soggettiva, e quindi la materia è dio. ciò è vero, ma non comporta un panteismo. è per certi versi difficoltoso ammettere, che si è posto davvero una forma di panteismo: il  tavolo che tocco è dio, essendo la sua rappresentazione del tavolo, ovvero apparire e quindi intra_psichismo organico. ma si devono considerare due tesi, che potrebbero evitare questa difficoltà:
 
1.] per l’episteme, la rappresentazione è la soggettivizzazione conoscitiva dell’oggetto: la prima è esperita dall’uomo, ma l’oggetto simane in_organico, in se stesso esso non è il soggetto, e quindi dio è panteisticamente identificato alla sua [di dio] rappresentazione, non all’oggetto [non apparente/noumenico/astratto] rappresentato; 
2.] si potrebbe dire, per evitare di identificare dio con la “materia apparente” [per l’episteme la materia è struttura/livello/ipostasi di esistenza_astratta, e ciò che appare non è la materia, ma la sua rappresentazione fenomenica, di tipo soggettivo], che la materia appare come prodotto in_organico del processo organico della rappresentazione organica: dio è identificato a quest’ultima [processo], solo testimoniata dall’apparire come “prodotto” [del processo], prodotto che sarebbe quindi apparire in_organico non identico a dio [dio identico al processo di rappresentazione, non al prodotto della rappresentazione, che è l’apparire, forma, oggettiva e in_organica, della rappresentazione stessa] [si rileva difficoltà: ma allora dio non è guadagnato immediatamente come apparire/si dice allora che dio è guadagnato come processo “testimoniato” dall’apparire, fenomenologicamente, perché fenomenica è questa intuizione epistemica fondamentale, per la quale il soggetto_espositore si vede interno non al mondo creato, ma alla sua rappresentazione divina, in quanto altra da quella del soggetto, perché manipolabile e non manipolabile insieme, e anche in questa natura mista della realtà apparente è coontenuta forse una nuova dimostrazione, ripresa della dim_4/se la rappresentazione fosse solo manipolabile, sarebbe dell’uomo, essa lo è e quindi anche le galassie sono manipolabili, ma di fatto non lo sono, e quindi, pur non essendo passiva questa rappresentazione, essa, in quanto attiva, è attiva non solo per l’uomo, ma nella misura in cui è attiva_maniplabile ma non per l’uomo, tale rappresentazione è attiva per dio, e quindi è di dio];
3.] l’episteme in più punti si serve del panteismo e lo introduce, ma non è una forma di pantesimo in senso classico. infatti, per l’episteme l’Intero si dice in molti modi e si riproduce infinitamente. quando, ad esempio, l’episteme vede nella transustanziazione_eucaristica il pantesimo di cristo, intede limitare questo “pan” alla sola particola, e quindi tale concezione non è forma di ubiquitarismo [in paradiso si avrà l’ubiquitarismo, e infatti l’inferno è incendiato dall’edonismo cristico].

nota_2: considerazioni in riferimento alle ultime dimostrazioni
 
per la metafisica_epistemica, la materia creata è strutturata di esistenza astratta: ciò che appare all’uomo non è la materia, ma è la rappresentazione della materia, che, in quanto rappresentazione, è organica, intra_psichica, soggettiva, di un soggetto, e poiché della rappresentazione dell’intero universo si tratta, questo apparire è uno stato percettivo di dio, cioè dio stesso [in una sua dimensione]. si precisa che:
 
1.] non vale quanto dice schopenhauer nel titolo del suo libro “il mondo come volontà e rappresentazione”: per l’episteme il mondo non è la sua rappresentazione: ciò che mi appare non è il mondo [che in sé non può apparire, essendo astratto, e viene “percepito”/conosciuto solo dal pensiero], ma la sua rappresentazione;
2.] si dirà più oltre [nelle teorie epistemiche] che questa rappresentazione, in dio, è anch’essa un “mondo”, sintesi [panteistica] di oggetto e soggetto, ed esso è il verbo;
3.] nella misura in cui l’oggetto, per l’episteme, è distinto dal soggetto [realismo perfetto], l’episteme accoglie il panteismo, come una dimensione di dio [solo una dimensione della natura, verbo e carne], ma non si riduce ad esso [dio è persona distinta dall’oggetto/mondo];
4.] l’episteme si serve strumentalmente del pantesimo, allo scopo di includere tutte le essenze e di non lasciare fuori di sé e di dio nessuna positività concettuale;
5.] l’uomo non vede l’apparire normalmente, ma lo vede perché la configurazione conoscitiva in cui vive è “truccata” [per le condizioni strutturali in cui è possibile il suo venire alla luce per atto generativo genitoriale], ed essendo truccata, capita che l’uomo si trova immerso non nel mondo creato, ma nella rappresentazione [divina, anti_divina, cosmo_adamitica, steleologica e infine umana/utilizzo di scatole cinesi] divina del mondo creato: quindi io vedo l’apparire come “elettricità intra_psichica della mente di dio”, e quindi dio esiste, perché lo tocco [ci cammino sopra, sull’asfalto o sulla spiaggia, o ci nuoto dentro, immerso nel mare o in piscina];
6.] si è consapevoli delle difficoltà di questa teoria, la quale è stata formulata non per introdurre “novità”, ma solo per dimostrare efficacemente l’esistenza di dio, che esiste, perché lo vedo ovunque, essendo l’apparire del mondo sua [del mondo] rappresentazione intra_psichica dentro la mente di dio;
7.] in questo modo l'episteme evita il pan_psichismo [la realtà non si riduce ad attività pscihica, che ne è solo la rappresentazione], ma nel contempo lo epistemizza, incorporandolo nel sistema.

nota_3

l'immediatezza consiste nel fatto che ciò che io vedo è l'attività intra_psichica divina [mondo come rappresentazione divina del mondo creato: il mondo creato in sè non appare, essendo astratto]. ciò dà luogo a panteismo e a pan_psichismo, ma nella loro concezione epistemica:

1.] il "pan" del pantesimo_epistemico non coinvolge tutto dio e tutta la realtà, ma solo il luogo naturale [specifico] relativo a tale applicazione [non normale per l'uomo adesso, esterno al paradiso];
2.] il "pan" del pan_psichismo_epistemico non coinvolge tutto dio e tutta la realtà, ma solo il luogo naturale [specifico] relativo a tale applicazione [non normale per l'uomo adesso, esterno al paradiso];

lo scopo non è quello di modificare la concezione cristiana della realtà [funzionale, ad esempio, affinchè il sacerdote che celebra abbia tra le mani pane e vino di materia e non "energia psichica"], ma:

1.] posto che a tale energia psichica corrisponde sempre il sostrato materiale [condizione del parallelismo eucaristico: la rappresentazione intra_psichica del mondo fa comunque riferimento al mondo, di cui l'apparire è appunto rappresentazione], ... 
2.] ... lo scopo di tale eventuale modificazione è solo quello di dimostrare l'esistenza di dio [dimostrazione immediate perchè empirica]: dio esiste perchè l'apparire è percezione, e la percezione è quella, non solo dell'uomo, ma anche di dio, apparire a dio, nel quale l'uomo è immerso.

quindi, dio ha creato il mondo, ma ciò che appare all'uomo non è il mondo creato [di cui l'uomo ha sentore inconscio], ma è la sua [del mondo creato] rappresentazione nella mente di dio, e ciò che appare all'uomo ora è tale rappresentazione.   

nota_4: possibile obiezione alla dimostrazioni veloci e risposta
 
esse sosterrebbero che l’oggetto del vedere dell’uomo è il vedere di dio. in realtà, dio vede l’astratto [con gli “occhi del pensiero”/utilizzo di metafora gnoseologica] e lo traduce nella rappresentazione, la quale appare ma non vede se stessa, così allo stesso modo, con gli occhi del pensiero l’uomo vede l’astratto [la materia] e lo traduce nella sua rappresentazione, ma non vede quest’ultima, e quindi non vede neppure quella di dio.
possibile risposta:
 
1.] anche la rappresentazione è un oggetto [come lo è il soggetto], astratto, visto e riprodotto;
2.] le tre persone trinitarie hanno un campo percettivo tale, per cui ciascuna ha la sua rappresentazione, e tutte hanno insieme anche il prodotto unitario delle loro rappresentazioni;
3.] quindi:
 
a.] la condizione della standard normalità vede l’uomo partecipare di questo prodotto, cioè l'uomo vede la percezione degli altri soggetti trinitari [ma esso presuppone la trinità, che va dimostrata esistente];
b.] l’uomo vede anche la rappresentazione stessa [la struttura originaria della scuola neo_scolastica: l’apparire come apparire a se stesso e immediatezza fenomenologica]. Cioè, si è detto che la rappresentazione del mondo è un mondo essa stessa [di qui la complessità dei rimandi infiniti del paradigma gnoseologico oggetto/soggetto/rappresentazione], astratto, e quindi anch’esso percepito. infatti, l’apparire è un apparire a se stesso, e le sensazioni percettive sono sentite dall’uomo come oggetti essi stessi: non si distingue tra il sasso e il suo apparire, a livello della rappresentazione come oggetto; li si distingue kantianamente, e l’episteme ha aggiunto [dimostrado dio] che è schema soggettivo anche il tatto, cioè la pesantezza, per cui la rappresentazione di una galassia come ammasso di peso enorme testimonia l’esistenza di un soggetto [dio] di dimensioni tali da permettere una tale rappresentazione [del peso della galassia, dell’universo, degli infiniti universi];
c.] infine, si dice che, secondo il concetto già introdotto della rappresentazione spezzata della realtà apparente, la distinzione tra apparire attivo e passivo dimostra che l’uomo vede l’apparire di dio e a dio: infatti, anche se la stanza è mio apparire passivo e quindi strutturalmente immobile e non manipolabile [passiva riproduzione dell’essere], posso muovermi dentro di essa e manipolarla [anche abbattendola], e allora questo apparire è misto [attivo e passivo insieme], e testimonia di costituire l’apparie del prodotto trinitario, in cui la trinità qui è costruita tra l’uomo e dio insieme: per le dimostrazioni date, si comprende che il fatto che io possa muovermi dentro la stanza, e che quindi non abbia due apparire distinti, attivo e passivo, ma uno solo [dim_132 e dim_133] quasi fuso, ed anzi soprattutto quello attivo ma non manipolabile del tutto, essendo attivo ma non manipolabile [non c’è differenza tra la sedia e la galassia, ma la prima posso muoverla, la seconda no], dimostra che questo apparire è artificiosamente attivo per me, ed è attivo [lo è per l’uomo] anche per un soggetto per il quale si realmente attivo, e solo dio può manipolare una galassia [quest’ultima chiara intuizione (l’apparire all’uomo è attivo_manipolabile, quindi lo è, ma non lo è per l’uomo, quindi lo è per un altro soggetto, dio) chiarisce quanto intuito nelle dimostrazioni immediate, e quindi non costituisce un ulteriore argomento].


DIMOSTRAZIONE_136: DELLA RAPPRESENTAZIONE
_QUINTA
 
la presenta dimostrazione:
 
1.] riprende argomenti precedenti;
2.] li chiarifica;
3.] li integra, incrementando la teoria.
 
la rappresentazione della realtà nella percezione [apparire], secondo la metafisica_epistemica e la condizione della standard_normalità dell’esistenza [per la quale non possono esistere configurazioni della realtà “strane”, se non nel loro luogo naturale, e si dirà che appunto la configurazione attuale dell’apparire (universo apparente all’uomo) è caratterizzata da stranezza/non_normalità], può essere solo di tre tipi [ipoteticamente]:
 
1.] totalmente passiva: perfetta e non manipolabile riproduzione della realtà;
2.] totalmente attiva: perfetta e totalmente manipolabile riproduzione della realtà [in questo caso la realtà è il caos plasmato: ad esempio, il fatto che esca acqua dal rubinetto è segno che l’universo e la creazione sono interfacciati alla caosfera creata] [è la realtà_virtuale: l’ambiente è totalmente artificiale perché costruito al computer, così sarà ad un livello del paradiso];
3.] mista [attiva e passiva insieme]: vedo gli atomi, li riproduco e mi muovo tra di essi [entro un una stanza, rigida, e sposto una sedia, non rigida, ma fatta di atomi, non di caos] [la rappresentazione mista è l’universo apparente].
 
si rileva ora quanto segue:
 
come già è stato detto, dio esiste perché l’uomo vede, nell’apparire, la rappresentazione divina del creato. infatti:
 
1.] le due rappresentazioni di cui ai punti 1.] e 2.] non appaiono [dim_132] [condizioni conoscitive evirate all’uomo: mancanza di complementarietà con la propria natura divina, ecc.], cioè l’uomo si trova in una condizione conoscitiva non normale [attenzione: ciò non significa presupporre troppe ipotesi metafisiche: poiché la conoscenza per l’episteme è specchio della realtà, come può la mia mente essere perfetto specchio di una penna che posso prendere in mano e spezzare ? (rappresentazione mista)/come posso perfettamente riprodurre nella mia mente le galassie se alcune non le vedo e le altre le vedo a intermittenza ? (dim_1): si presuppongono qui alcune determinazioni di cui alla successiva dim_137];
2.] si potrebbe pensare che …
 
a.] l’apparire all’uomo sia secondo il punto 3.];
b.] l’apparire all’uomo è riproduzione di realtà vista solo dall’uomo.
 
in realtà non è così, perché …
3.] dal punto di vista cosmologico [rivoluzione copernicana] la rappresentazione mista dovrebbe essere [standard_normalmente] centrata sull’uomo [essendo ogni rappresentazione del soggetto come per il soggetto, in quanto soggettiva e convergente al soggetto], quindi l’uomo è "gettato" sulla sua rappresentazione mista [tale è l’universo apparente], e questa allora non è solo sua, perché è non_normale per l’uomo [infatti l’esistenza pone normalmente il soggetto al centro di se stessa e della propria rappresentazione da parte dell’uomo]. ma poiché tale rappresentazione non è dell’uomo [se lo fosse sarebbe centrata sull’uomo], ecco risolto il punto b.]: può essere la rappresentazione dell’oggetto/creato, ma non solo da parte dell’uomo, ma anche da parte di dio.  
 
tutto ciò già rimanda alla successiva dim_137. ma ora si conclude dicendo che dio esiste perché l’uomo vede la sua rappresentazione, è immerso in dio [sono già stati risolti i problemi del panteismo e del pan_sichismo: si tratta della rappresentazione divina del creato, non dell’identificazione di dio con il creato].  
 

DIMOSTRAZIONE_137: STANDARD_NORMALE, NORMALE_NONA, RETRO_RAZIONALE
_QUINTA
 
si sono poste numerose condizioni di normalità: si è detto cioè quanto segue:
 
1.] l’episteme sa che dio esiste perché lo dimostra [cerca di dimostrarlo];
2.] l’episteme pone il parallelismo tra determinazione di dio da parte del principio e dimostrazione dell’esistenza di dio: la dimostrazone ricalca la determinazione [spiegazione razionale del perché dio esiste: dio come funzione esistenziale della necessità];
3.] ma l’episteme ha posto anche l’uomo in numerose condizioni di normalità, quasi ponendo l’uomo al posto di dio [in realtà, si è sempre fatto riferimento alla condizione standard dell’uomo, quella della configurazione definitiva: l’uomo come anima_paradisica, già collocato in paradiso];
4.] ciò rimanda alla dimostrazione della necessità dell’esistenza del soggetto, di dio come dell’uomo [dim_117];
5.] certamente non può essere posto l’uomo al posto di dio, perché tanto è difficile dimostrare dio quanto sarebbe difficile dimostrare semplicemente il soggetto in quanto uomo al posto di dio;
6.] eppure si è fatto un continuo posizionamento dell’uomo all’interno di condizioni vitali e conoscitive standard;
7.] cosa significa ciò ? che se l’episteme difficilmente dimostra l’esistenza di dio, capisce però quale dovrebbe essere una condizione normale di conoscenza: non è facile dimostrare la necessità del soggetto, ma è facile capire che, se un soggetto esiste, esso deve avere una rappresentazione e questa deve essere almento di tre tipi, secondo quanto detto alla dim_136.
 
ma, anche se è difficile dimostrare l’esistenza di un soggetto, questo esiste, perché è l’uomo stesso: e allora seguono diverse e numerose dimostrazioni già date:
 
1.] necessità [parmenidea] del soggetto …
2.] … e quindi necessità [come detto] delle sue configurazioni conoscitive [come nella dim_1 e dim_136];
3.] ma l’uomo non le possiede;
4.] poiché dunque un soggetto è necessario [l’uomo, che pensa la necessità], e quindi tali configurazioni sono normalmente necessarie, ma non appartengono all’uomo, …
5.] deve esistere dio inteso come quel soggetto per il quale tali configurazioni esistono attualmente [e non solo in paradiso, come per l’uomo].

riformulazione
 
la presente dimostrazione dim_137 riprende e sintetizza numerosi argomenti precedenti [in particolare la dim_1, la dim_6, la dim_8, la dim_116 e le dimostrazione normali]: poiché l’uomo esiste, almeno un soggetto esiste. poiché almeno un soggetto esiste, per la condizione della standard_normalità dell’esistenza, postulata e dimostrata dalla metafisica_epistemica [l’essere necessario può determinare la realtà solo di essere necessario, e se la realtà apparente non appare sempre necessaria, è perché essa è tangente alla caosfera], questo soggetto deve vivere e pensare in modo necessario e perfetto. ma tale soggetto, allore, non è l’uomo, per cui almeno due devono essere i soggetti [elemento scissionale della dimostrazione: dall’esistenza dell’uomo si ricava l’esistenza di dio], di cui uno, per soddisfare tali condizioni, è definibile come dio: soggetto perfetto [normale secondo la necessità].
 
nota
 
poiché si è detto che almeno due sono i soggetti, che cosa assicura [se si vuole dimostrare il dio della fede monoteistica] che l’altro soggetto ricavato [dio], oltre all’uomo, è uno solo ? per la condizione della standard_normalità dell’esistenza/essere necessari [e forse anche per il principio dell’identità degli indiscernibili], se esiste un soggetto, che ha proprietà perfette [normali], come centro dell’esistenza, come questa è unica e lo ha posto, così  esso/tale soggetto è unico: quindi, esistono due soggetti, l’uomo e Dio, e dio è uno solo.


DIMOSTRAZIONE_138: GNOSEOLOGICA_SECONDA, DELL’IMMEDIATEZZA [E DELLA MEDIAZIONE], V_15, ESISTENZIALISTICA_QUINTA, FIDEISTICA_SETTIMA
 
la presente dimostrazione è importante, perché, pur riproducendo un argomento già molte volte dato, mette in relazione il concetto di struttura originaria = sapere originario = fondamento = immediatezza_logica [principio di non contraddizione] e immediatezza_fenomenologica [principio di evidenza] [concetti della gnoseologia neo_scolastica della scuola di Bontadini e Vigna], con la struttura fondamentale del criticismo kantiano = il sistema dell’apparato categoriale della mente umana/… perché la struttura originaria del sapere, di cui parla vigna, conosce se stessa in quanto tale, e questa mediazione, data dal criticismo kantiano, può facilitare e condurre il ragionamento dimostrativo, che media tra essa e il cominciamento del sapere, che può essere inteso come il dato filtrato dalle categorie kantiane [= la struttura originaria del sapere].     
nel libro “Il frammento e l’Intero”, al capitolo VI della Parte Prima, Vigna scrive [pag.135]: “…, rivolgersi a Dio non è stato da sempre il desiderio d’ogni uomo assediato dalle forme ostili della vita, e il desiderio d’ogni uomo che sperimenta, anche solo per un attimo, l’inquietudine del proprio cuore ?”. prosegue: “Ma un interrogativo così fatto non presuppone forse che Dio esista ? … in effetti, io presuppongo che dio esista. Credo, cioè, nella sua esistenza … Tutti, infatti, muoviamo da certe convinzioni, quando istruiamo una indagine, cioè tutti crediamo in qualcosa. E questo vale anche, anzi vale ancor di più, quando indaghiamo intorno a Dio … se per cominciare un’indagine si dovesse abbandonare qualsiasi convinzione prelimiare, nessuna indagine sarebbe possibile”. questo presupposto dell’indagine e della ricerca, da cui [dice Vigna] non prescinde la stessa scienza_moderna nel suo metodo, è il “cominciamento” a cui si è accennato nella dim_126, il quale, dice Vigna, il ragionamento dimostrativo deve ricondurre al fondamento, ovvero alla struttura originaria del sapere [di cui si è detto sempre nella dim_126 e all’inizio]. distinguendosi tra intuizione fenomenologica e intuizione epistemica, finora sempre usate come sinonimo, si può considerare come intuizione epistemica [base della presente dimostrazione, la quale quindi non viene definita fenomenologica/si dovrebbe quindi restringere la classificazione della dimostrazioni fenomenologiche, perché esse fanno in realtà riferimento più all’intuizione epistemica del pensiero che a quella associata alla percezione, finora identificate] il fatto che il presupposto all’esistenza di dio, di cui sopra ha detto Vigna, il “credere” personale, è in realtà la dimostrazione stessa dell’esistenza di dio [il presupposto al discorrere su dio, che è l’esistenza di dio, è la dimostrazione stessa di dio, cioè questa è data dallo stesso discorrere] [quindi la pura fede è prova di dio], per la ragione più volta detta: se dio non esistesse, non avrebbe senso la domanda su dio, per cui dio è il presupposto di se medesimo [dio]. poiché la domanda su dio ha senso, dio esiste. il presupposto come cominciamento della ricerca è il credere in dio e il bisogno di discorrere intorno a dio. ma già questo presupposto non deve essere ricondotto dimostrativamente alla struttura originaria del sapere [se non nel modo in cui si sta facendo] perché questa è l’esperienza immediata, e quel presupposto, il credere, è esso stesso appartenente a tale struttura: la metafisica epistemica è quella mediazione, che serve al criticismo [epistemico: l’apparato categoriale, allargato alla teologia per il tramite del linguaggio, inteso questo apparato come verbo_matrice], per spiegare come il soggetto sia costituito di quell’apparato categoriale che incorpora, come una sua categoria, la fede in generale, e la fede_cristiana in particolare, intesa come la fede in senso stretto e per antonomasia: sistema di credenze molteplici, unitarie e coerenti, massimizzanti il senso della vita e l’appagamento del desiderio, in prospettiva presente [etica come equilibrio dei desideri e degli appagamenti] e futura, come proiezione paradisiaca della massimizzazione del desiderio e del suo soddisfacimento, che rompe l’equilibrio etico senza più limitarlo, e così svolgente una funzione [psico_]terapeutica all’uomo terreno [limitato qui ma non più limitato nell’al_di_là]. tale mediazione più volte è stata identificata nella riproduzione dell’essere oggettivo in dio_soggetto, e di questo nell’uomo, che così ha dentro di sé l’idea di dio e il bisogno di dio, che si proietta nel presupposto vignano: la fede.


DIMOSTRAZIONE_139: DELLA MATRICE
 
la presente dimostrazione è ancora legata al concetto di dio [cristo/uomo_dio] come prototipo dell’uomo, secondo la dim_131, ma non può dirsi idealistica, per la ragione che si dice più oltre. essa dimostra dio come uomo_dio, cioè dimostra l’esistenza di cristo. fa leva sul seguente principio epistemico:
 
gli enti, che sono molteplici e sono tra loro simili [identici e distinti], provengono da un’unica matrice.
 
questo principio, che deve essere dimostrato perché la dimostrazione sia vera, è comunque di facile intuizione/accettazione [viene incluso nella metafisica_epistemica], e solo richiama, ma non si identifica, alla teoria delle idee. infatti, anche molti prodotti industriali, come le sedie, provengono da un’unica matrice [lo stampo], e sono identici tra loro, ma in realtà non lo sono in senso ipostatico, perché essi sono come tanti identici “grumi di sabbia” [una sedia non è una forma, è solo un’aggregato di atomi, che richiama alla mente la forma della sedia, e solo la porzione della mente preposta al pensiero della sedia si dice epistemicamente “idea” in senso platonico].
 
prosegue
 
gli uomini sono tali enti, e quindi esiste un uomo, che è la loro matrice [prototipo], l’uomo_dio gesù cristo, dovendo questa matrice essere [metaforicamente] uno “stampo”, vivo e pensante come i suoi “prodotti” [l’uomo è forma in senso ipostatico].
 
nota_1
 
la dimostrazione è di facile intuizione, ma ha il problema seguente: solo dopo la risurrezione degli uomini [evento da dimostrare], cristo può essere la loro matrice; adesso, invece, cristo può essere la loro matrice solo come uomo mortale, mentre la risurrezione di cristo va dimostrata effettiva, oltre, forse, l’accettabilità della testimonianza storica, per la sua credibilità [scientifica]. ma un uomo mortale, anche se matrice, non può essere dio. in realtà, si può andare oltre questa obiezione, perché una matrice deve stare in un luogo, e deve avere un rapporto [di partecipazione] diretto con gli enti da essa prodotti. dove sta questo luogo ? per il fatto che non appare, può essere considerato soprannaturale. quindi, cristo_matrice, anche se mortale, sta “nascosto”, quindi nei “cieli”, per cui la sua mortalità potrebbe essere intesa come provvisoria, essendo un essere nei “cieli” senz’altro [intuitivamente] eterno e immortale.
 
nota_2
 
questa dimostrazione non dimostra che cristo, nella carne [di cui è fatto un uomo], è di vaste proporzioni, che lo intende l’episteme, ma si limita a definire cristo come lo intende la teologia tradizionale classica: cioè un uomo [morto e risorto] delle stesse proporzioni degli uomini. ma ciò è sufficiente a considerarlo uomo_dio, in quanto matrice celeste [nascosta/soprannaturale] degli esseri umani.

DIMOSTRAZIONE_140: DELLA RAPPRESENTAZIONE_SESTA
 
la presente dimostrazione è riassuntiva di precedenti dimostrazioni [relative all’apparire e alla rappresentazione]. si dice che dio esiste, perché è il luogo di una rappresentazione corretta della realtà e causa della rappresentazione non_normale dell’uomo, per il quale essa è non centrata sull’uomo [anche se parallela (se a rete, multicentrata sui soggetti della scomposizione ubiqua, a_normalmente non apparente), perché oggettiva] e evirata.
 
 
DIMOSTRAZIONE_141: PANTEISTICA
 
la presente dimostrazione è riassuntiva delle dimostrazioni dim_6 [e ad essa associate] e ruiniana [e ad essa associate, come la trinitaria], ed è associata alle dimostrazioni relative all’apparire e alla rappresentazione. posta la corretta applicazione dello schema del panteismo alla realtà umana, secondo la metafisica e la gnoseologia epistemiche/si dice che il panteismo è nell’uomo insuffciente alla realtà, per la sua applicazione ad essa, e quindi questa richiede l’esistenza di dio, nel quale il pantesimo viene applicato ad uno specifico livello esistenziale, come soggetto panteisticamente commisurato alle realtà stessa.
 
 
DIMOSTRAZIONE_142: PANPSICHISTICA
 
la presente dimostrazione è riassuntiva delle dimostrazioni dim_6 [e ad essa associate] e ruiniana [e ad essa associate, come la trinitaria], ed è associata alle dimostrazioni relative all’apparire e alla rappresentazione. posta la corretta applicazione dello schema del panpsichismo alla realtà umana, secondo la metafisica e la gnoseologia epistemiche/si dice che il panpsichismo è nell’uomo insuffciente alla realtà, per la sua applicazione ad essa, e quindi questa richiede l’esistenza di dio, nel quale il panpsichismo viene applicato ad uno specifico livello esistenziale, come soggetto panpsichisticamente commisurato alle realtà stessa.
 
  
DIMOSTRAZIONE_143: ARTISTICA, BERTONIANA, S_3
 
la bellezza dell’arte è intuisticamente e fenomenologicamente prova dell’esistenza del soprannaturale, da essa imitato come trasfigurazione estetica della realtà apparente e quindi, in modo collegato, imitazione di dio, soggetto al quale l’arte avvicina l’uomo. severino stesso ha dimostrato che, se esiste dio, l’uomo non può creare: ma poiché l’arte esiste, allora [secondo la tesi di severino] dio esiste. secondo nietzsche, si dice che l’arte rende l’uomo artefice e creatore, pur non potendo essere l’uomo, nella dimensione terrena, creatore in senso ontologico. l’episteme non è forma di arte e di fantasia, ma dà una rappresentazione scientifica della realtà soprannaturale [per cui vale il giudizio di platone sull’arte: l’episteme non imita artisticamente il mondo_divino, ma lo riflette e lo riproduce in modo scientifico/differenza tra la divina commedia e l’episteme]. purtuttavia, l’arte [e la cultura, che è la forma mimetica e destrutturata della verità] è positiva, perché crea lo sfondo di tale riproduzione epistemica, oltre che imitare lo sfondo della creazione divina. anche nella forma della scultura, della letteratura, dell’architettura e della pittura, l’uomo tramite l’arte imita il creatore. infatti, l’uomo non è mai creatore nella dimensione terrena: dio, ad esempio [ed è questo rilevante] ha creato la nona sinfonia di bruckner, che dunque bruckner non poteva legittimamente dedicare a dio: egli lo ha solo imitato. mozart e beethoven sono imitatori di dio, come i direttori di orchestra lo sono di essi. ma tramite l’arte l’uomo [paradossalmente] imita il creatore nell’atto stesso di generare [non creare] l’opera d’arte [è problema se anche in paradiso, dove l’uomo è ontologicamente creatore, esista l’arte]: tramite l’arte, cioè, in ogni caso, tramite questa assimilazione dell’uomo_terreno a dio, egli, anche se non creatore, in conseguenza del suo impegno diviene super_uomo, perché, pur creando solo dio, senza l’impegno e la fantasia dell’uomo [apertura alla creazione fantastica di dio] l’opera d’arte di dio non potrebbe apparire sulla terra: quindi, l’uomo è [forse ontologicamente] co_creatore insieme al Creatore.
la dimostrazione è anche detta bertoniana, in quanto la riflessione sull’arte come dimostrazione dell’esistenza di dio è stata ispirata dal seguente scritto del Card. Bertone: “… il bello è l’ambiente naturale dell’uomo redento, è, per così dire, il nostro destino. Giova qui ricordare l’importanza dell’educazione alla bellezza nella visione cristiana della vita. Il cristianesimo attesta che la suprema aspirazione del cuore umano sarà la visio beatifica del Paradiso. Ecco che allora dinanzi ad ogni bellezza ci sentiamo come portati sul limitare tra visibile e invisibile, tra materia e spirito, e l’immagine può risvegliare i sensi nostri a tutta la loro potenzialità spirituale, confermandoci nel presentimento di essere fatti per il Paradiso. L’arte stessa esiste come memoria e segno di questo sentimento. Essa colpisce l’uomo con una sorta di nostalgia e di desiderio di perfezione. L’uomo percepisce che nelle forme belle c’è qualcosa di più della semplice opera dalla mano dell’autore materiale. Come se la bellezza delle immagini evocasse in qualche modo quella del mondo eterno. Per i varchi della preghiera e dell’arte, l’uomo può affacciarsi alla liturgia celeste e questa può irradiare la sua benefica luce all’interno di questo nostro spazio e di questo nostro tempo, alimentando la speranza. Sia concesso … che, attraverso l’ammirazione di queste opere d’arte, siamo condotti all’incontro con il Signore Gesù e possiamo vederne tutta la sfolgorante bellezza” [Card. Bertone, “Apocalisse. L’ultima rivelazione”].
 
 
DIMOSTRAZIONE_144: DELLA VITA NASCENTE
 
la bellezza della vita umana nascente, dal concepimento al parto e ai primi momenti della crescita del bambino, è intuisticamente e fenomenologicamente prova dell’esistenza di dio, per la gioia soprannaturale che essa trasmette. si dice [con espressione comune e spontanea] che la vita nuova e la sua perfezione appaiono come un “miracolo”: il miracolo della vita. 
 
 
DIMOSTRAZIONE_145: DELLA NATURA
 
la bellezza della natura è intuisticamente e fenomenologicamente prova dell’esistenza di dio [per l’uomo, cioè, che vede la natura e la realtà in modo platonico (cavallinità), capacità che può essere acquisita].
 
 
DIMOSTRAZIONE_146: DELL’AMORE
 
nelle sue molteplici manifestazioni [amore come affetto, amicizia, innamoramento, amore associato alla carità, alla sessualità e ad altre manifestazioni], ma qui soprattutto inteso come innamoramento [fenomeno non solo erotico e sessuale, ma soprattutto proprio dell’anima e dello spirito], l’amore dell’uomo per la donna e della donna per l’uomo [amore come innamoramento, il quale costituisce la via d'accesso alla conoscenza autentica della felicità, di dio e del senso della vita] è suffciente prova dell’esistenza di dio, inteso come ente, senza cui tale fenomeno non è adeguatamente comprensibile e anche esistente. l’amore come innamoramento, senza la considerazione di dio, appare umanamente inadeguato e limitato. il soggetto divino non è solo causa di una amplificazione della mistica dell’innamoramento, ma, trasferito [proiettato] l’amore per l’essere umano su dio, questo diviene l’oggetto primo dell’innamoramento.


DIMOSTRAZIONE_147: KANTIANA_SECONDA, R_10
 
la metafisica_epistemica fonda una gnoseologia [epistemica] di tipo kantiano: posto l’oggetto, totalmente oggettivo, e posto il soggetto, …
 
1.] … da un lato, l’oggetto viene piegato dalla necessità, ed esso stesso si piega, sul soggetto, …
2.] … dall’altro il soggetto stesso piega l’oggetto.
 
l’universo apparente è quindi conoscibile [condizione della conoscibilità dell’universo, associata da Ruini alla sua dimostrazione dell’esistenza di dio, facendo riferimento a kant: la dimostrazione è quindi ruiniana, ponendo essa dio (e cosmo_adamo) come condizione per la conoscibilità dell’universo e della realtà], perché piegato sull’uomo [soggettivizzato per l’uomo], ma l’uomo non ha una “massa_soggettiva” capace di piegare l’universo_apparente [che è normalmente soggettivizzato per cosmo_adamo e l’anti_dio], e quindi [oltre che per conoscibilità teorica dei concetti, tra cui l’Intero] l’universo_apparente è piegato per e da un altro soggetto_naturale, cosmo_adamo [e l’anti_dio]. ma se esiste cosmo_adamo, che non appare inteso come soggetto gigantesco, partendo dall’uomo e risalendo dimensionalmente passando per il macro_organo adamitico fino ad un soggetto capace di piegare [soggettivizzare kantianamente] l’Intero perché questo sia reso conoscibile anche all’uomo anche solo concettualmente [per il parallelismo tra noumeno, da un lato, e pensiero, linguaggio e percezione dall’altro], questo soggetto è dio.

osservazione sulle dimostrazioni dim_16 e dim_147
 
quando il card. ruini dice che il verbo e il creatore sono condizione per la conoscibilità dell’universo [dim_16], ciò può collegarsi all’applicazione epistematica del kantismo a dio, di cui alla dimostrazione dim_147: come detto, il verbo è l’apparato categoriale di dio, che filtra il noumeno e [hegelianamente] crea l’universo, come fenomeno, per questo conoscibile tramite il verbo/logos.


DIMOSTRAZIONE_148: KANTIANA_TERZA, R_11

la presente dimostrazione, già contenuta nella dim_147 e nella sua schematizzazione grafica, ripete l’argomento ruiniano [dim_16].
l’uomo crede comunemente che i concetti di infinito e di Intero siano puri nomi, senza termine reale necessariamente ad essi corrispondente. quando russell afferma di credere nell’esistenza delle idee dei numeri, egli fa invece riferimento a tale realtà. l’Intero è per la ricerca_epistemica un nome, che il pensiero, operante l’identificazione tra soggetto e oggetto, può pensare solo perché il soggetto, che è identità vivente identificantesi come pensante, è appunto identificato con l’Intero. ma l’uomo non può esserlo, perché è essere finito e limitato, e quindi deve esistere dio come mediatore tra l’uomo e l’Intero, condizione della sua pensabilità e conoscibilità da parte del soggetto/pensiero_uomo. si tratta del concetto astratto dell’Intero, del pure nome: la sua evocazione e comprensione presuppone l’esistenza di dio, ovvero di un soggetto esteso come l’Intero, con il quale tale soggetto possa identificarsi per poterlo essere e così dire, e l’uomo, per partecipazione di dio, attinge, tramite l’identificazione dio_Intero, il concetto di Intero.
tale dimostrazione ripete evidentemente l’ultima parte della dim_16, ma può essere distinta da essa, per due ragioni:
 
1.] ruini pone dio come condizione per la conoscibilità dell’universo: ora invece, in conseguenza della dim_147 e della sua schematizzazione, si distingue tra universo e Intero [metafisico];
2.] la presente dimostrazione è introdotta dalla dim_147, perché pone questa conoscibilità in termini kantiani [la dim_6 fa riferimento, come la presente dimostrazione e la fine della dim_16, all’identificazione tra soggetto e oggetto, che la dim_6 pone a espansione del soggetto, come la dim_29 e ad essa associate, e la dim_16 a condizione di conoscibilità dell’oggetto per l’uomo, essendo dio mediatore tra l’uomo e l’universo], oltre che panteistici;
3.] ciò viene guadagnato ora: …
 
… il kantismo dice che la realtà è conosciuta dal soggetto perché si dà in termini di soggetto, ma l’episteme rileva che il soggetto è parte della realtà, ne è il nucleo, e ne costituisce la riproduzione sintetica e puntiforme: cioè l’oggetto [noumeno trascendente processantesi] si dà come soggetto non solo perchè filtrato dal soggetto [per cui l’oggetto sarebbe non conoscibile de_soggettivizzato/de_filtrato], ma perché esso stesso oggetto ha la forma del soggetto dentro di sé [la realtà necessaria come matrice di dio e dell’uomo]. estendere il kantismo [soggettivizzazione dell’oggetto] all’Intero [soggettivizzazione dell'Intero], oltre che contemplare l’universo, significa porre l’impianto della gnoseologia kantiana a fondamento della metafisica [e così allargare le categorie di kant alle categorie/concetti di hegel, facendo salvo il noumeno, che detta se stesso incosciamente alla mente del soggetto/dio, che così lo conosce, pur essendo esso a priori della mente]. per la ricerca_epistemica non c’è esclusione tra evoluzionismo e innatismo: il primo conduce al soggetto, lo forma, lo plasma, l’evoluzione si sintetizza nella mente, e questa ha così il complesso apparato categoriale con cui filtra a priori [innatismo] la realtà sempre e incessantemente auto_esistenzializzantesi [noumeno], che emerge ai confini dello sviluppo primo e eterno [tradotta/filtrata come fenomeno], facendo sì che dio viva e esperisca concretamente.


DIMOSTRAZIONE_149: VITRUVIANA, VIRTUALE, TECNOLOGICA_SECONDA [relativa alla tecnologia_virtuale per la quale l’uomo apparente è esplosione vitruviana dell’androsfera suodale] [dimostrazione tratta dalla serie delle interpretazioni epistemiche delle rappresentazioni cinematografiche]
 
il fatto che l’uomo abbia esperienza solo della realtà virtuale [universo apparente] è prova dell’esistenza di dio: normalmente dovrebbe apparire anche la realtà_reale, in cui l’androsfera umana è rigidamente incastonata nella girosfera [come già si è detto in saggi epistemici del 1992, 1995 e 1996], “rigidamente” perché in paradiso l’uomo non deve “muoversi” [lo farà per conservazione dell’identità terrena, in cui l’uomo si muove], ma solo contemplare e godere, e ciò spiega la clausura_monastica, il cui “stare fermi” in preghiera e contemplazione nelle celle riproduce la condizione androsferica [di dio e delle anime_paradisiache] rigidamente incastonata. La condizione umana terena dimostra quindi l’esistenza di dio, perché la realtà reale all’uomo non appare, e quindi, poiché tutto l’universo apparente è virtuale, la realtà reale è enorme, e poiché essa non appare, esiste un Essere/volontà che ha “truccato” la dimensione apparente dell’uomo, limitando nell’uomo le sue dimensioni conoscitive [dimostrazioni delle rappresentazioni associate].    
 
 
DIMOSTRAZIONE_150: STANDARD_NORMALE_SECONDA, NORMALE_DECIMA, MASSIMA_NORMALE
 
per quanto si è detto in tutte le dimostrazioni normali e nella dim_149, ogni condizione umana terrena [che quindi non sarà ora più elencata], in quanto non normale, è prova dell’esistenza di dio, ovvero:
 
1.] dio è l’Essere che ha determinato la [provvisoria] condizione di non_normalità dell’uomo, che evidenzia una sua strutturazione intelligente [disegno] [la condizione normale dell’uomo è il paradiso, detta secondo la normalità configurazione_definitiva];
2.] dio è il soggetto/luogo attuale delle condizioni normali.
 
nota
 
la presente dimostrazione incorpora ogni altra condizione non normale, per questo qui prevista e inclusa.


DIMOSTRAZIONE_151: ERMENEUTICA
 
l’ermeneutica_epistemica, ad esempio, delle rappresentazioni cinematografiche [film] [programma di ricerca accademico] è prova [probabilistica] dell’esistenza di dio, perché rintraccia il soprannaturale [ad esempio nelle fantasie fantascientifiche]. essa va oltre una dimostrazione meramente culturale [dim_33], perché, in tale ricerca, tramite i film [in cui appaiono le immagini] l’ermeneutica epistemica trova una rappresentazione [anche grafica] del soprannaturale, e quindi lo vede, accendendo l’intuizione inconscia cognitiva epistemica, e se lo vede in forma fantasiosa, esso è tuttavia posto [riconosciuto come tale dall’inconscio cognitivo umano] in modo tendenzialmente invariante, e quindi vero e reale [dim_2].
 
nota
 
tale dimostrazione non è specificamente probabilistica, perché tutte le dimostrazioni generalmente lo sono.


DIMOSTRAZIONE_152: NON_NORMALE
 
posto che la mappa dell’essere […] descrive l’esistenza normale, cioè necessaria, in quanto la realtà apparente all’uomo, oggi è, rispetto a tale mappa, di definizione non normale, perché in essa appaino configurazioni sì razionali [costanti] ma contingenti [due galassie che collidono, gli atomi che decadono, la sofferenza umana, un cantiere di lavoro aperto, ecc.], tale realtà non dovrebbe esistere, e quindi è stata creata da dio. è vero quindi che dio è conoscibile mediante le sue opere, soprattutto perché queste, senza dio, non dovrebbero e non potrebbero esistere.
se adamo non fosse caduto, il creato [con l’anti_dio] sarebbe stato identico all’in_creato [formalmente normale il primo come il secondo] e quindi adamo crederebbe non in dio, ma nell’anti_dio, entrambi sovrap_posti totemicamente a dio: grazie alla caduta edenica e alla frammantazione [post_modernità] dell’essere apparente, l’uomo può conoscere e vedere e quindi intuire che la sostanza esistenziale dell’apparire frammentato è di tipo non_normale [non necessario], per cui è stato creato [si ipotizza qui che adamo fosse originariamente unito nell’anti_dio, come in dio lo sarà nella configurazione definitiva: la caduta serve per scinderlo da tale unione originaria: la struttura_originaria di severino, originariamente totemica].
la presente dimostrazione è simile alla dim_4: l’apparire è frammentato, e allora potrebbe essere originato dal caos, ma in esso appaiono le costanti, come il pensiero umano, e quindi [apparire misto di ordine e caos] non può essere derivato dal caos [né dalla necessità, che origina solo configurazioni ordinate]: rimane solo l’ipotesi di dio. questa dimostrazone va distinta però dalla dim_4, perché suggerisce all’uomo di osservare la realtà che lo circonda per accorgersi di cosa sia l’episteme come scienza della necessità, necessità che unicamente esiste per se stessa: tutto ciò che circonda l’uomo [gli autobus, i televisori spenti, le passeggiate, le strade, i palazzi, le città, la gente che cammina, soffre e ride: tutto questo è non_normale, e quindi tutto ciò che circonda l’uomo dimostra di essere stato creato da dio] [solo la mappa dell’essere è normale, solo dio è normale: anche l’uomo è normale, solo normalmente come essere creaturale].


DIMOSTRAZIONE_153: DEL LINGUAGGIO
 
in base alle determinazioni speculative del paragrafo m246.html, si dice che, poiché l’essere si duplica nel linguaggio_realtà [secondo la metafisica_epistemica], e la parola_dio è dal pensiero riconosciuta come parola_realtà [secondo la gnoseologia_epistemica], per la corrispondenza biunivoca tra realtà [essere] e conoscenza [qui intesa come linguaggio] [metafisica_epistemica e gnoseologia_epistemica], l’esistenza della parola_dio, essendo essa esistenza della parola_dio_realtà, dimostra l’esistenza di dio_essere_realtà [fondazione della teologia come scienza]. 


DIMOSTRAZIONE_154: DEL COMINCIAMENTO

la presente dimostrazione è presa dal paragrafo m294.html_[...]. essa riprende numerosi argomenti già dati, e li riformula in modo più completo.

a.] il pensiero si chiede qual è il principio [della realtà];
b.] il principio è il puro_esistere;
c.] il principio è l’origine dell’esistenza e dell’Intero [la realtà];
d.] colui che si interroga sul fondamento [talete] è un uomo, cioè un soggetto;
e.] il principio determina la realtà, ma [attenzione] la realtà necessaria;
f.] il principio determina, nell’uomo, il soggetto [parte della realtà];
g.] ma il principio determina la realtà come necessaria e perfetta;
h.] l’uomo è invece imperfetto;
i.] quindi al posto dell’uomo, che si interroga sul principio, deve essere posto un soggetto, come l’uomo, ma necessario e perfetto: cioè dio;
l.] per cui la posizione dell’uomo rispetto al principio si sposta:
 
a.] il principio è il principio di dio e della realtà eterna e necessaria;
b.] il principio dell’uomo è dio, infatti …
 
m.] [paradossalmente: vengono in mente le dimostrazioni già date …] … solo dio è quella causa che può aver determinato l’esistenza della realtà imperfetta, come l’uomo, perché …
n.] il principio pone solo una realtà_perfetta;
o.] ne consegue che
 
a.] il principio è per dio,
b.] dio è per l’uomo [che, interrogandosi (come talete) sul principio, si è interrogato sul principio per dio];
c.] infatti, quel soggetto che si è interrogato sul principio [l’uomo] non può essere investito dal principio, il quale si sposta su di un altro soggetto, quello perfetto: dio.
 
questo argomento consente di porre l’uomo [l’episteme] al posto di dio, perché dio è immediatamente dimostrato esistente:
 
1.] l’uomo [talete] si interroga sul principio della realtà;
2.] e il principio risponde non su talete, ma su dio;
3.] e così talete scopre che il principio,
 
a.] per dio è il puro esistere,
b.] per l’uomo è dio [creatore].
 

DIMOSTRAZIONE_155: DEL DESIDERIO, V_16, SETTIMA_PARADOSSALE, LUDICA_QUINTA
 
la presente dimostrazione è tratta dallo scritto di vigna “la verità del desiderio come fondazione della norma morale”, contenuto nel libro “verità del desiderio. materiali per il corso di filosofia morale” [venezia, 1992], ed è stata formulata in sede di fondazione epistemica dell’etica.
scrive vigna: “… un desiderio che non è ancora appagato esiste, e può indefinitivamente esistere; ma un desiderio che non può essere appagato non può esistere. sarebbe, infatti, un’assurdità, perché sarebbe desiderio di nulla, cioè nulla di desiderio” [pag.155]. egli inoltre scrive: “… la struttura del desiderio implica necessariamente la possibilità del suo appagamento [pag.160] … [nella nota_27: …] … la necessità dell’implicazione riguarda la possibilità dell’appagamento, non la realtà dell’appagamento … il senso della necessità dell’implicazione tra esserci del desiderio e possibilità dell’appagamento suo risulta dall’impossibilità che il desiderio sia concepito privo di appagamento in linea di principio. sarebbe infatti in tal caso desiderio di nulla, strutturalmente parlando; e ciò nulla di desiderio. il che è contraddetto dal semplice fatto dell’esserci del desidero” [pag.161]. continua vigna [quasi formulando un argomento simile a quello ontologico]: “… il desiderio umano è desiderio di dio … la verità del desiderio umano implica pure che si dica di dio almeno questo, che dio contiene in sé [non sappiamo come] la possibilità, da parte sua, di appagare il nostro desiderio” [pag.163]. ma, per appagare di fatto il desiderio dell’uomo, dio deve esistere.
 
dimostrazione
 
1.] l’uomo desidera il soggetto;
2.] l’uomo desidera il tutto;
3.] quindi l’uomo desidera dio [soggetto_tutto];
4.] dio deve esistere, per appagare il desiderio umano;
5.] e il desiderio di dio deve essere appagato, …
5.] … infatti, un desidero che non può essere appagato non può esistere, perché … 
6.] … sarebbe desiderio di nulla, ovverro nulla di desiderio;
7.] ma il desiderio di dio esiste, quindi esso deve essere appagato, quindi dio esiste.
 
nota
 
una implicazione di tale dimostrazione è che, oltre a dio, deve esistere anche il paradiso, inteso qui retoricamente come il luogo dell’appagamento di ogni altro desiderio umano “esterno” a dio.


DIMOSTRAZIONE_156: DEL SENSO_SECONDA ["dio è il senso"]
 
1.] o il senso esiste o il senso non esiste [come dentro il caos];
2.] se il senso esiste, dio esiste, perché:
 
a.] dio è il senso;
b.] dio è la massimizzazione del senso;
c.] il senso [necessariamente necessario] esiste [necessariamente] per il soggetto [necessario], e dio è soggetto;
d.] questo senso non è solo per l’uomo_soggetto, perché l’uomo_soggetto non esaurisce il senso della necessità [non essendo l’uomo solo necessario];
e.] dio è il senso della creazione.
 
3.] ma il senso esiste, perché l’esistenza, intesa come essere_Intero, è razionale, provenendo essa necessariamente dal principio [occorre però dimostrare che ciò che è razionale ha senso ed un senso per un soggetto/da qui la critica_problema, sotto riportati, e la sua soluzione];
4.] solo dentro il caos, da cui proviene il creato, le relazioni ontiche sono senza senso/senza ordine. per questo si è detto che dio è il senso della creazione [punto e.] di 2.]] che, in se stessa, senza dio, sarebbe senza senso [è lecito, in una dimostrazione, parlare di creazione, intesa come essere_contingente e, quindi, non direttamente causato dal principio/una “creazione” ancora (prima della conclusione della dimostrazione) “senza creatore”];
5.] poichè dunque il senso esiste, essendo dio il senso [esistendo il senso per dio_soggetto, come, in secondo ordine, per l’uomo_soggetto], dio esiste;
6.] poiché l’essere ha senso, dio esiste perché dio è quel soggetto cui va riferito [necessariamente] il senso [solo necessario] dell’essere. ciò è detto anche in quanto l’essere_necessario è pieno, e dio corrisponde alla pienezza di senso dell’essere [senso dell’essere, senso per dio];
7.] quindi:
 
a.] l’essere come oggetto, in quanto razionale, ha un senso;
b.] ma un senso esiste solo per un soggetto;
c.] l’essere è necessario, quindi il senso è necessario;
d.] quindi il soggetto, per cui esiste il senso, è il soggetto_necessario, cioè dio.
 
interruzione/nota_critica al punto 3.] e ai punti a.] e b.] di 7.] …
 
questa dimostrazione è limitata: presuppone che non possa esistere un essere_necessario_razionale senza un senso, ovvero senza un soggetto. ma è concepibile, ad esempio, un cosmo senza vita ? il cosmo apparente [universo presupposto creato] è concepibile senza la vita_umana, che è piccola e contingente per esso, ma non il cosmo eterno in sé, che è spazio_tempo per un organismo vivente altrettanto gigantesco [dio]. ma il cosmo_eterno viene dopo il soggetto_divino. la questione è se possa esistere solo il principio, cioè l’esistere/esistere_necessario senza un soggetto. ha senso l’essere_necessario senza dio ? l’essere, senza dio, deve avere un senso ? occorre risolvere questo problema, altrimenti la dimostrazione non è valida, per il limite del punto 3.] [punto 3.] ripetuto nei punti a.] e b.] di 7.]], che identifica razionalità e senso, e poi dice che, poiché il senso esiste [perché esiste l’ordine_razionale dell’essere_necessario], deve esistere un soggetto al quale attribuire il senso [soggettivo] dell’essere. la dimostrazione quindi prosegue [ripetendo argomenti già dati, ma qui visti in modo diverso …] …
 
… riprende/prosegue/completa
 
8.] nel cosmo apparente esiste la vita_umana;
9.] potrebbe esistere il cosmo senza la vita_umana [com’era];
10.] ma questa vita, in quanto pensa la necessità, è anche vita_necessaria;
11.] allora il cosmo ha senso per la vita_necessaria, nel senso che la correlazione uomo/natura si trasla nella correlazione dio/cosmo_eterno e dio/principio: poiché l’uomo pensa la necessità [soggetto che si identifica alla necessità], la necessità è per dio [cioè per il soggetto che la pensa, ed è soggetto necessario, come la necessità];
12.] conseguentemente, …
 
a.] se non si può ricavare l’esistenza di dio a priori, partendo dal principio [non lo si può in questa dimostrazione], …
b.] … si può ricavare l’esistenza di dio a posteriori, partendo dall’uomo: poiché l’uomo pensa la necessità, è essere_necessario, e quindi il cosmo_ordinato [natura] ha senso per l’uomo;
c.] allora il cosmo_eterno e il principio, che lo pone, sono in se stessi correlati al pensiero che li pensa, e quindi l’essere ha senso per il soggetto, e questo, come l’essere è necessario, è il soggetto necessario cioè dio.


DIMOSTRAZIONE_157: NORMALE_FONDAMENTALE, HEGELIANA, NORMALE_UNDICESIMA
 
sono state date finora due dimostrazioni particolarmente brevi ed efficaci:
 
1.] dimostrazione_efficace_1 [dim_154]: l’uomo pensa la necessità, quindi il pensiero è necessario. il principio determina la realtà necessaria, a cui appartiene il pensiero, detto necessario, e questo, essendo necessario, è dio;
2.] dimostrazione_efficace_2 [dim_153]: per la corrispondenza biunivoca tra realtà e linguaggio [per la quale la realtà si riproduce nel linguaggio (secondo la protologia_epistemica), e così il linguaggio riflette/rispecchia la realtà (secondo la gnoseologia_epistemica)], poiché il nome/parola_dio cade nel linguaggio [cioè vi appartiene], dio cade nella realtà, cioè esiste.
 
si è tuttavia constatato che manca ancora una dimostrazione realmente efficace, che tagli alla radice il dubbio di fede, che ancora riesce ad annullare dio nella mente. si cercherà di darla qui. la protologia, infatti, che sa dimostrare l’esistenza dell’oggetto_necessario [l’essere_è ed esiste il suo sviluppo], non riesce ancora a dimostrare l’esistenza necessaria del soggetto_necessario [dio], che cadi necessariamente all’interno dello sviluppo necessario dell’essere.
distinguendosi tra concetti_realtà e concetti_fantasia [e già tale distinzione sarebbe sufficiente per dimostrare l’esistenza di dio, a partire dall’esistenza del suo concetto], si dice che il soggetto e il pensiero sono concetti_realtà [di cui ci si serve anche nella fantasia]. essi sono concetti anche scientifici [ogni concetto_realtà è un concetto_scientifico].
questo concetto_realtà [soggetto e pensiero] esiste, perché appare nell’uomo, che è soggetto e pensiero.
ora si introduce un principio fondamentale, non lo si dimostra [non si sa se si è in grado di dimostrarlo, la protologia lo assume vero], ma l’intuizione riesce a intuirlo come plausibile, cioè vero/su questo principio fa leva la presente dimostrazione: tutto ciò che è realtà [apparente all’uomo], in quanto realtà [e non fantasia] deve esistere anche secondo la sua condizione normale, cioè necessaria in senso proprio. questo principio riprende l’aforisma di hegel [ciò che è razionale (il concetto_realtà) è reale]: non è possibile che esista una realtà, apparente, senza che la necessità, cioè quell’oggetto_necessario ed eterno, la cui esistenza la protologia sa dimostrare, abbia la possibilità strutturale ed esistenziale [razionale] di accoglierlo: ma, poiché l’accoglie, questa realtà, apparente, deve essere già essa stessa anche necessaria, ed allora la realtà_necessaria la possiede [possiede il concetto_realtà della realtà apparente] secondo la sua forma e sostanza normale, cioè necessaria in senso proprio/spiegazione: l’uomo esiste, e non potrebbe esistere se la realtà_necessaria non possedesse già essa  stessa le strutture necessarie dell’uomo, e queste sono date dall’Uomo [cioè da dio_cristo], intese queste strutture necessarie dell’uomo come “umane” in senso proprio [qui l’uomo_cristo precede il creato].    
poiché il soggetto e il pensiero esistono [nell’uomo], devono esistere anche nel loro modo normale, cioè necessario in senso proprio [l’uomo è necessario, nella forma, ma non lo è in senso proprio, perché l’uomo è anche formalmente essere contingente]. quindi …
 
3.] dimostrazione_efficace_3 [presente dimostrazione]: poiché tutto ciò che è realtà, deve esistere secondo la sua condizione normale, cioè necessaria [in senso proprio], e poiché l’esistenza, derivata dal principio [questo lo si può dimostrare], è immensa [questo lo si può dimostrare/il difficile era dimostrare, come detto, la derivazione di un soggetto dal principio, soggetto normale che per definizione è dio], la condizione di normalità pone il soggetto e il pensiero [ora dimostrati necessariamente esistenti, per due ragioni: a.] … nell’uomo, in quanto l’uomo intuisce il principio, e così si identifica alla necessità; b.] … in quanto concetti_realtà, che, si è detto, devono essere già inclusi in quella necessità, che li accoglie esistenti: la necessità come possibilità di esistenza del creato] … li pone dunque altrettanto immensi, quindi dio esiste, essendo soggetto e pensiero immenso.


DIMOSTRAZIONE_158: NORMALE_FONDAMENTALE_PRIMARIA, DEL RIFERIMENTO, ESPERIENZIALE, OTTAVA_PARADOSSALE, MASSIMA_PARADOSSALE, PROBLEMATICA, SCISSIONALE_TERZA
 
questa dimostrazione, che è una delle più importanti, ripete argomenti già dati, ma li riformula con maggiore efficacia: 
 
1.] sia dato un campo_esistenziale_primario [realtà_necessaria: l’essere_è (= principio) e il suo sviluppo/oggetto_necessario];
2.] se, e solo se, esiste un soggetto o un pensiero, che rientra [che può essere riferito] necessariamente all’interno di questo campo, dio esiste [soggetto_necessario];
3.] ma un pensiero rientra all’interno di questo campo: è quello che lo sta pensando adesso, e che quindi vi è [parzialmente] anche identificato [è il pensiero (umano e, si dirà, anche divino) che qui ha scritto il punto 1.] e che, ri_leggendolo, lo intuisce];
4.] quindi dio esiste [perché il pensiero può intuire questo campo, solo se in esso è innestato un pensiero che lo pensa: dio];
5.] il pensiero [nell’uomo] può pensare la realtà_necessaria solo se esiste un pensiero [dio], che sia innestato [ipostaticamente] nella realtà_necessaria.
 
questa dimostrazione usa il pensiero dell’uomo, che pensa la necessità, poi separa [in modo scissionale] dal pensiero dell’uomo [che, per il fatto di pensare la necessità, è pensiero necessario], il pensiero di dio, solamente e interamente necessario. la dimostrazione è paradossale:
 
1.] quel pensiero, che riesce a concepire il campo_esistenziale [realtà_necessaria] prima del creato e indipendentemente dal creato [facendo “epochè” del creato], è il pensiero stesso dell’uomo, che riesce a mettere tra parentesi, con il creato, anche se stesso, ma allora: …
2.] questa dimostrazione si serve o non si serve del pensiero dell’uomo ? come può l’uomo pensare se stesso inesistente ?
3.] si dice che [e in ciò sta l’elemento scissionale della dimostrazione] l’uomo può pensare la realtà_necessaria come indipendente dal creato, perché per il suo pensiero usa il pensiero di dio, come mediatore tra l’uomo e la necessità [e questa sarebbe anche un’altra dimostrazione, ma non lo è perché l’uomo può pensarsi inesistente (triangolando su dio) solo (funzionalmente) all’interno di questa dimostrazione].
 
la dimostrazione è quindi problematica, perché:
 
1.] è sia a posteriori [cioè presuppone il creato], usando il pensiero dell’uomo [creatura];
2.] sia a priori [cioè è indipendente dal creato e dall’uomo], perché è in realtà il pensiero di dio che si attiva nel pensiero dell’uomo, consentendogli di pensare la realtà_necessaria, anche precedente il creato o indipendente dal creato.
 
la dimostrazione è esperienziale, perché individua l’esistenza del pensiero [e quindi di un soggetto] dentro il campo_esistenziale della realtà_necessaria tramite l’esperienza del pensiero dell’uomo, che intuisce di rientrare [come pensiero di dio] dentro questo campo, da esso pensato, e lo intuisce per esperienza di pensiero e non per dimostrazione ipostatizzante, ovvero di tipo dialettico e logico_matematico [la dimostrazione ipostatizzante è l’unico modo in cui la protologia può costituirsi come metafisica_scientifica in senso puro: lo si è fatto solo quando si sono definiti lo sviluppo e il soggetto come identità, correlandoli, come ad esempio nella dim_3].

nota a completamento della dimostrazione dim_158
 
con la presente dimostrazione è stata forse formulata un’autentica dimostrazione epistemica dell’esistenza di dio: l’uomo può pensare la realtà_necessaria [cioè intuire il principio parmenideo: l’essere_è_e_non_può_non_essere], solo perché esiste in essa un pensiero_necessario [dio], che la pensa, e che è mediatore tra l’uomo e la realtà_necessità.
così è risolto anche uno degli aspetti problematici implicati da come, precedentemente a questa dimostrazione, la ricerca_epistemica giungeva a dimostrare l’esistenza di dio tramite l’uomo: l’uomo, si dice, intuisce la necessità e quindi è essere_necessario, per cui esiste il pensiero necessario, e poi si deve cercare di dire che esiste anche il pensiero totalmente necessario [dio]. il problema era implicato dal fatto che l’uomo, definito essere_necessario, è però creato liberamente da dio [la creazione è libera]. in base alla dimostrazione dim_158 non è più essenziale dire che l’uomo è necessario, perché necessario è il pensiero di dio, pensiero che è dio, di cui l’uomo si serve per pensare la necessità.
rimane però confermato che, in qualche modo, anche l’uomo è essere_necessario, perché, pur servendosi di dio per pensare la necessità, l’uomo purtuttavia pensa la necessità, e non potrebbe pensarla se [fatta salva la libertà della creazione] l’uomo non fosse anche, in qualche modo, essere_necessario. lo è perchè ad esempio si dice che l’uomo è un’eterna idea della mente di dio, e quindi necessaria [che poi dio trae liberamente dall’essere nella creazione].
dio è quindi per l’uomo condizione di conoscibilità/intuibilità della realtà_necessità. viene in mente la dimostrazione ruiniana [dim_16], per la quale il logos_creatore è per l’uomo condizione della conoscibilità dell’universo, con la differenza che nella dim_158 dio è mediatore tra l’uomo e la realtà_necessaria.


DIMOSTRAZIONE_159: DELL’EVOLUZIONE
 
questa dimostrazione è incentrata sull’evidenziazione del concetto di evoluzione come auto_concetto. come auto_concetto l’evoluzione è perfetta. per questo il magistero_ecclesiale e il creazionismo non possono riuscire a criticare tale paradigma, essendo esso vero per se stesso. è vero per se stesso, ma non in quanto applicato a qualunque ambito di realtà: esso è immediatamente e perfettamente vero se applicato alla realtà divina, altrettanto perfetta, mentre l’auto_concetto di evoluzione è solo mediatamente vero e, in particolare, vero come mediato dal creazionismo, se applicato alla realtà_creata. ma qui si presuppone appunto il dio_creatore che si deve dimostrare. lo si dimostra in questo modo:
 
1.] il concetto di evoluzione va dal semplice al complesso con la mediazione dell’evoluzione come processo;
2.] il concetto di evoluzione è un auto_concetto tale per cui l’evoluzione è concetto perfetto;
3.]quindi, il semplice, il processo mediatore e il complesso, come ambiti di applicazione dell’evoluzione, sono realtà altrettanto perfette;
4.] l’evoluzione è applicata sia all’in_organico [cosmo] che all’organico [vita];
5.]il semplice_perfetto è il principio, e il complesso_perfetto è …
 
a.] come in_organico_perfetto il cosmo_perfetto;
b.] come organico_perfetto la vita_perfetta;
 
6.] la vita perfetta è eterna, infinita e necessaria;
7.] quindi essa è dio, cioè l’auto_concetto di evoluzione suggerisce e così dimostra all’intuizione_epistemica che l’evoluzione è processo perfetto e, come tale, va applicato a realtà perfette: dal principio a dio tramite la mediazione dell’evoluzione.
  
nota
 
si precisa la distinzione tra il concetto epistemico di evoluzione e il concetto di evoluzione, applicato a dio, proprio di teilhard de chardin:
 
1.] il primo include il secondo;
2.] l’evoluzione nell’episteme riguarda dio non come evoluzione nel tempo, ma come evoluzione precedente dio e determinante dio al di fuori del tempo, perché non esiste un tempo in cui dio non sia completo;
3.] la determinazione evolutiva di dio riguarda dio dall’eterno, e non il creato: essa prescinde dal creato, mentre invece in teihard de chardin cristo evolve con il creato;
4.] ciò è vero anche nell’episteme, e riguarda appunto il rapporto tra dio e il creato, una volta posto il creato, date le condizioni epistemiche:
 
a.] attualmente l’evoluzione è ferma per l’uomo e investe cristo nella dimensione non apparente;
b.] solo nell’apocatastasi l’evoluzione coinvolge in modo apparente cristo e il creato/uomo apparente, solo per le anime salvate;
c.] attualmente l’uomo può/deve eticamente legarsi all’evoluzione non apparente di cristo [per essere salvo] solo comportandosi in modo eticamente “santo” [nell’ambito dell’episteme il concetto di santità è una tipizzazione del comportamento, che rimanda alla codificazione fatta del concetto di santità da parte del magistero_ecclesiale].


DIMOSTRAZIONE_160: STANDARD_NORMALE_FONDAMENTALE

 
questa dimostrazione presenta un argomento già dato, ma lo riformula con maggiore efficacia.
 
prima parte della dimostrazione
 
l’episteme delinea una realtà_necessaria, al cui centro sta dio, di tipo inerziale: in essa , determinata dal principio, non è inerzialmente ammessa l’esistenza di realtà che non siano geometricamente “distese” secondo una logica formalmente e sostanzialmente, razionalmente chiusa e perfetta [retoricamente si può parlare di realtà “tirante” e “tesa”: tutto è disteso come una corda tesa, e non è ammessa l’esistenza di realtà “strane”, se non all’interno del caos].
Camminando per la strada, si incontrano invece molte realtà “strane”, cioè non “tese”/non “tirate”:
 
gruppo_A.]1.] le opere degli uomini [che per quanto siano perfette, perchè funzionalmente ordinate, esse sono sempre non necessarie: pongo una casa in un luogo, e avrei potuto porla alcuni metri più oltre];
2.] i grumi di polvere;
3.] le foglie distese per terra;
4.] i miliardi di sassi della strada asfaltata;
5.] l’erba, le foglie, gli alberi, il vento e le nuvole;
6.] la disposizione casuale degli atomi, delle montagne, delle stelle e delle galassie;
7.] ecc.
 
cioè:
 
B.]1.] nell’episteme esiste solo strettamente ciò che il principio ammette all’esistenza, perché funzionale al suo dispiegamento [razionale, essenziale, chiuso];
2.] ciò che si è detto nel precedente elenco [gruppo di proposizioni_A.]] non è funzionale all’inerzia [esistenzializzante e disposizionale] del dispiegamento del principio, perché è realtà funzionalmente disconnessa dalla necessità dell’essere_necessario [tutto ciò che appare all’uomo non appare necessario];
3.] ad esempio, il principio non ammetterebbe mai , da solo, l’esistenza di una galassia [quella apparente all’uomo, e si dirà: “creata”], perché essa/la sua disposizione, essendo disposta a caso nell’universo, palesa la sua non necessità, esistenziale perché funzionale [nel senso che le galassie apparenti non servono al dispiegamento del principio]. 
 
si deve quindi dire che è stata ricavata nella realtà_necessaria una “bolla”, come spazio che consente a ciò che appare [le galassie, l’universo e gli infiniti universi concepiti dall’astronomia] di esistere rispetto alle strutture “tirate” e “tese” della realtà_necessaria, che per se stessa non ne ammetterebbe l’esistenza.
a questo punto ci sono due ipotesi [già più volte analizzate]:
 
C.]1.] ciò che appare o è una causazione interna al caos, unico luogo in cui è ammessa l’esistenza di realtà non necessarie;
2.]oppure la bolla [proteggente dall’inerzia_esistenziale] che contiene ciò che appare è ricavata all’interno del dolore di dio, da lui provato come sforzo creatore.
 
l’ipotesi di cui al punto 1.] del gruppo di proposizioni C.] è ipotesi da scartare, perché la causazione casuale interna al caos è interamente casuale [oltre che anch’essa inerziale], mentre ciò che appare è anche ordinato [e sospeso]. rimane quindi solo l’ipotesi di cui al punto 2.] dello stesso elenco, quindi dio esiste.
 
seconda parte della dimostrazione
 
in realtà anche dio conosce un cosmo con disposizione casuale e fantasiosa di galassie, perché le galassie e le nebulose, con le loro luci meravigliose, appaiono come un auto_concetto necessario proprio in quanto disposte in modo casuale. occorre quindi dimostrare che tale cosmo casuale, apparente all’uomo, non è il cosmo casuale di dio. esistono quindi, secondo quanto si è detto, due cosmi [quattro in tutto: due coppie di cosmi]:
 
D.]1.] il cosmo ordinato, in cui ogni suo elemento non è disposto a caso;
2.] il cosmo casuale, con una disposizione casuale dei suoi elementi [galassie, stelle, pianeti, atomi].
 
vale la considerazione conclusiva della presente dimostrazione, secondo cui, standard_normalmente, all’uomo [al soggetto, al quale la realtà, tutta la realtà, deve normalmente apparire/si rileva qui ulteriore dimostrazione], esistendo entrambi i cosmi [e, per la metafisica_epistemica, essendo il cosmo in funzione della vita, che lo conosce], dovrebbero apparire entrambi, e poiché il cosmo ordinato non appare all’uomo, ecco che …
 
E.]1.] esistono il cosmo_ordinato e il cosmo_casuale per dio [prima coppia di cosmi, necessari/non creati], a cui attualmente entrambi appaiono;
2.] esistono anche per l’uomo il cosmo_ordinato e il cosmo_casuale [seconda coppia di cosmi, creati], e poiché all’uomo appare solo quest’ultimo, ecco che non è l’uomo il soggetto a cui la  realtà normalmente appare [ordinata e casuale insieme], essendo questo soggetto dio/dio quindi esistendo [dimostrazione dell’esistenza di dio: dio è il soggetto a cui la realtà_normale, che è quella necessaria, appare].


DIMOSTRAZIONE_161: STANDARD_CONOSCITIVA

 
come si è anticipato nella dimostrazione dim_160, in base alle determinazioni della metafisica_epistemica, della gnoseologia_epistemica, e del principio_antripico, così come espresso nella dim_1 e applicato al rapporto tra realtà e soggetto_normale [= soggetto_necessario = dio], al soggetto_normale la realtà [necessaria] dovrebbe normalmente apparire nella sua totalità, quindi dio esiste, essendo dio il soggetto a cui normalmente la totalità appare [e appare in modo necessario (modo della conoscenza), come realtà_necessaria (contenuto della conoscenza)]. in altri termini, non solo l’uomo non è dio perché l’uomo conosce imperfettamente e limitatamente, ma, posta la realtà e, nell’uomo, posto il soggetto, deve normalmente accadere che appaia al soggetto la realtà_necessaria nella sua totalità, e il soggetto_pensiero deve conoscerla in modo perfetto, necessario e totale [come già si è detto nella dim_1, sottolineandosi qui che deve al soggetto apparireil tutto/intero/totalità, e dio è il soggetto che conosce in modo perfetto e totale]. il concetto che qui si vuole esprimere [alla base di ogni dimostrazione sta una intuizione_epistemica] è il seguente: per il solo fatto di esistere, l’uomo dovrebbe normalmente conoscere la totalità, perché [in base a precedenti principii espressi] la forma normale della conoscenza [l’unica ammessa inerzialmente dal principio] è quella di essere conoscenza perfetta e totale, di tutta la realtà, e poiché ciò non si realizza nell’uomo, deve realizzarsi in un altro soggetto/pensiero, cioè in dio. questa dimostrazione prescinde dalla considerazione secondo cui dio esiste come pensiero totale, solo se un tale pensiero esiste realmente, perché, se esiste uno “specchio” [= mente] nella realtà [e nell’uomo esso esiste], la realtà impone normalmente che questo specchio/mente la rispecchi/la rifletta nella sua interezza, per cui esso deve essere immenso, e deve allora essere la mente/pensiero di dio.


DIMOSTRAZIONE_162: GEOGRAFICA

questa dimostrazione è associata al paragrafo paragrafo5.html_[] e da esso deriva. in base alle sue determinazioni, poiché è massima la specializzazione etnico_razziale tra i popoli [ad esempio, francia e germania hanno confini perfetti, e così con esse l’italia, l’inghilterra e la spagna/corrispondenza tra estinzione di confine del linguaggio e catene montuose], perfettamente maieuticamente favorita dalla distribuzione delle terre emerse e delle risorse idrico_naturali_economiche [acqua, campi agricoli e minerali], che hanno addensato i popoli nei nuclei urbani in modo perfettamente corrispondente all’emergere delle razze/etnie/lingue in base alle leggi del sistema di unità organica, è evidente che tale corrispondenza tra razze e geografia non può essere posta a caso, perché le razze sono frutto di leggi scientifiche, ma la terra [cosmo] è svincolata dalla vita e dai popoli, e quindi essa è stata conformata a tale scopo maieutico da una Intelligenza, per rendere possibile tale perfetta corrispondenza tra vita e terra, per cui dio esiste, essendo dio questa Intelligenza.


DIMOSTRAZIONE_163: DEZANIANA [DELL’INTERO, DELLA SPERANZA, DEL DESIDERIO_SECONDA, NONA_PARADOSSALE]
 
la presente dimostrazione dice quanto segue: "l'episteme, con il suo potere esplicativo, la sua forza persuasiva e la sua rappresentazione della realtà [soprannaturale], presenta una realtà soprannaturale che si sostituisce alla realtà naturale come diretta esperienza dell'uomo [l'episteme si sostituisce alla realtà_apparente], e poichè quest'ultima esiste, anche la realtà descritta dall'episteme, ancora più realistica, esiste, e quindi dio esiste". l'uomo dice che esiste ciò che appare, e la realtà_apparente esiste perchè appare. anche la realtà_soprannaturale appare nell'episteme, e l'uomo la esperisce come fosse vera. l'episteme offre una esperienza realistica della realtà_soprannaturale, e questa esperienza è così forte da apparire più realistica della realtà_apparente.
in una omelia [riferimento crono_storico: 8 marzo 2008], mons. renato de zan dice: “la speranza non è il desiderio che nel futuro si abbia la vita eterna, ma è questa certezza”. a partire da questo spunto di riflessione si sono cercate le condizioni perché ciò possa essere detto riguardo l’episteme e l’esistenza di dio. essi non sono solo una speranza o un desiderio, ma una certezza, tenuto conto del presente argomento/ragionamento:
 
1.] la realtà_apparente è vera realtà [anche se onirica_virtuale], non è [solo] sogno;
2.] ma l’episteme descrive un’altra realtà [quella vera, fuori del sogno], della quale si può dubitare che esista, e si cerca di dimostrarne l’esistenza;
3.] ma l’episteme descrive una realtà razionale, e talmente razionale che, sebbene la realtà_apparente non sia [solo] sogno, è tale, questa realtà_non_apparente e …_razionale, per cui essa, la realtà_non_apparente descritta dall’episteme [l’Intero_necessario e il creato_non_apparente], appare come una realtà ancora più vera della realtà_apparente, realtà_non_apparente che l’episteme, descrivendola, consente di esperire: se la realtà_apparente è vera, cioè esiste, poiché la realtà_non_apparente è ancora più vera [perché più razionale], essa a maggior ragione esiste [dimostrazione];
4.] paradossalmente, la realtà_non_apparente, con la forza della sua suggestione, diventa così la prima realtà esperita dall’uomo, tale da sostituirsi, anche esperienzialmente [esiste ciò che si esperisce] alla realtà_apparente: potenza realistica dell’esperienza dell’Intero, consentita dall’episteme;
5.] questa esperienza della realtà_non_apparente non è un sogno, perché essa è razionale [per “razionale” non si intende solo coerente, ma soprattutto convincente, in ordine alla sua plausibilità esistenziale: correlazione tra realtà descritta e sua necessità di esistere], e la sua esperienza [per questo al punto 1.] si è detto che la realtà_apparente è vera realtà] è così forte che essa è destinata a divenire fonte di una esperienza più vera di quella relativa alla realtà_apparente: questa non è un sogno, è vera realtà, e attraverso l’episteme la realtà_soprannaturale [non_apparente] diventa una realtà ancora più vera della realtà_apparente;
6.] a questo punto la dimostrazione è data: come non si può dubitare dell’esistenza della realtà_apparente, che si esperisce come vera, perché la si “tocca”, così non si può dubitare dell’esistenza della realtà_soprannaturale, che con l’episteme si esperisce [si “tocca”, sia pure in forma schematica] come ancora più vera [più razionale: punto 5.]] [non solo in senso emozionale, ma perché più razionale dal punto di vista cognitivo], più vera cioè della prima [della realtà_apparente], tale da sostituirsi alla prima come fondamento della propria e della sua evidenza ed esistenza.
7.] questa dimostrazione è detta paradossale perché sostituisce/permuta, come diretta e forte esperienza “apparente” [diretta] dell’uomo/per l’uomo, la realtà_non_apparente, divenuta il mondo_più_vero, con la realtà_apparente, che non è il mondo dell’errore e dell’opinione [secondo parmenide e anche platone], ma è mondo_meno_vero [in senso retorico] del primo. accade che l’episteme [l'Intero] si sostituisce [emozionalmente e cognitivamente] all’esperienza diretta apparente.
 
prosegue/ripete
 
la speranza dimostra l’esistenza di dio, perché esprime il desiderio di dio come momento di contatto [fusione esistenziale] tra l’uomo e l’Intero, di cui dio è parte, e questo desiderio attiva gli schemi dell’episteme. chi non desidera dio non dimostra che dio non esiste, ma solo non vive questo contatto, rivelato/rilevato invece da chi lo desidera. questo contatto esiste, perché l’Intero, sostituendosi alla parte, incorpora l’esperienza diretta, sua parte infinitesimale, e alla fine [qui sta il paradosso] è l’episteme che risulta la vera esperienza dell’uomo: accade, così, che la speranza si capovolge in certezza, nel senso che il desiderio, che la esprime, è così forte da sradicare l’uomo dal dubbio, perché la vera vita dell’uomo e la sua vera esistenza, e così esperienza, sta ora in quell’Intero, razionale, in cui l’uomo si proietta, pur esso non apparendo, al di là della morte e del suo timore [timore del nulla]. questa proiezione non è una fantasia, perché è esperita come mondo_vero_[razionale]_diretto [anche se non apparente], includente il mondo_apparente come sua parte infinitesimale. l’uomo vive nel limite e dubita di dio: il desiderio e la speranza di dio accendono nell’uomo l’idea dell’Intero, e questa idea, esperita, diventa il nuovo luogo in cui l’uomo vive, non più nel limite, la vera esperienza della vita, il vero mondo tangibile, e quindi il mondo non più dubitabile, perché esperito come realtà immediata, più vera e sentita come tale, rispetto all’impressione del limite. quasi una allucinazione, però particolare, perché tale da far capire che il vero sogno, il vero oppio, la vera allucinazione, è il limite [realtà_apparente], che però è realtà, per cui il non_limte è ancora più vera realtà. è l’episteme [l’Intero] che, sostituendosi al mondo_apparente, diventa la prima e fondamentale esperienza diretta [e schematicamente apparente] dell’uomo.

nota

all'obiezione secondo cui questa sostituzione tra episteme e realtà_apparente avverrebbe solo nel desiderio che esista la realtà_soprannaturale, indimostrata perchè non apparente, si risponde rimandando alla dimostrazione dim_168.



DIMOSTRAZIONE_164: TOLEMAICA, COSMOLOGICA_QUINTA
 
l’episteme, attraverso la cosmologia_epistemica, ripone un “centro” nel cosmo, e ciò viene codificato naturalmente dalla mente_umana, ovvero dall’inconscio_cognitivo, come prova dell’esistenza di dio. [questa prova è di tipo emozionale e culturale.]



DIMOSTRAZIONE_165:     DELLA CONSAPEVOLEZZA, RIVELATIVA_QUARTA
 
se si cerca [da capo] la verità, ci si trova di fronte, tra gli altri, a tre problemi:
 
1.] l’immensità del cosmo;
2.] la comparsa in esso di un essere morfo_perfetto come uomo e gli esseri_umani;
3.] la morte dell’uomo, che pone il problema del limite al soddisfacimento di un desiderio infinito, se mosso da vero amore per la vita.
 
nella ricerca della verità, si cerca la verità dell’Intero, che metta insieme [hegelianamente] cosmologia e storia [antropologia in senso lato]: mettere insieme la storia significa “collidere” con il problema “gesù cristo”, perché gesù dice:
 
1.] “io sono dio" [io sono nel padre e il padre è in me];
2.] "io sono il logos" [così i vangeli dicono di lui].
 
nell’ambito delle dimostrazioni dell’esistenza di dio, è sufficiente per dimostrare l’esistenza di dio dimostrare che gesù [uomo storico apparso nella storia] ha ragione [“io sono dio” = dio esiste]:
 
1.] un uomo che dice “io sono dio” può essere un uomo esaltato [malato psichicamente];
2.] ma tutto l’insegnamento [morale e sapienziale] di gesù appare come la fonte di una vita la più pura, alta e nobile possibile, e così anche perché gli uomini possono seguire e identificarsi al crocifisso;
3.] quindi, poiché gesù non appare scientificamente un esaltato, la sua testimonianza è veritiera, e ciò che dice di se stesso esprime una auto-consapevolezza che dimostra l’esistenza di dio, essendo gesù dio, poiché dice: “io sono dio”, e chi lo dice appare come un uomo credibile.


DIMOSTRAZIONE_166: DEL CRISTIANESIMO, DELLA RAGIONEVOLEZZA
 
questa dimostrazione riprende la dim_165, evidenziando come il cristianesimo costituisca la spiegazione più naturale della realtà apparente all’uomo:
 
1.] se si cerca [da capo] la verità, ci si trova di fronte, tra gli altri, a tre problemi:
 
a.] l’immensità del cosmo;

b.] la comparsa in esso di un essere morfo_perfetto come uomo e gli esseri_umani;
c.] la morte dell’uomo, che pone il problema del limite al soddisfacimento di un desiderio infinito, se mosso da vero amore per la vita.
 
2.] il cristianesimo spiega in modo perfetto e lineare tale condizione:
 
a.] dio ha creato il cosmo e la vita;
b.] la vita ha peccato contro dio in modo violento e ha introdotto la morte;
c.] la vita è un “esame continuo” perché dopo la morte viene il giudizio universale;
d.] quel dio, che ha creato il mondo, è un padre e un figlio, da cui discende la famiglia umana, e dio si è incarnato per unire a sé l’uomo creaturale;
e.] il destino dell’uomo è l’eternità, e l’uomo si salva se ama [cioè se si sacrifica], come l’amore ha mosso dio a crearlo e a salvarlo con il suo sacrificio.
 
3.] una spiegazione è una teoria, che è vera non solo se dimostrata vera, ma anche se risulta la spiegazione migliore della realtà, senza essere confutata. da questo punto di vista il cristianesimo risulta essere la spiegazione migliore della realtà, per cui è vero e quindi dio esiste conseguentemente.



DIMOSTRAZIONE_167: BIBLICA
 
in considerazione di quanto detto nella dim_165, la bibbia è una sufficiente dimostrazione dell’esistenza di dio: essa non è solo un contenuto di fede, ma costituisce anche una testimonianza credibile [sia come antico_testamento che come nuovo_testamento]: testimonianza di coloro che sono entrati direttamente a contatto con dio [come mosè e san paolo], per cui dio esiste.



DIMOSTRAZIONE_168: DELLA FELICITA’, DEL DESIDERIO_TERZA, DELLA GIOIA, DELLA GLORIA
 
l’uomo non ha paura solo della morte, ma ha paura anche dell’eternità [“che cosa farò in paradiso per tutto questo tempo ? come trascorrerò in paradiso i giorni, gli anni, i secoli e i millenni ?”]. paura dell’eternità e dell’incontro con dio. forse può aiutare a superare questo timore la considerazione del fatto che l’eternità è una dimensione non straordinaria, ma naturale, normale, e soprattutto [dal punto di vista relazionale] la più umana. come una coppia di giovani, maschio e femmina, si incontrano e si amano, e vogliono conservare per l’eternità la loro giovinezza e la loro gioia e felicità [affettiva e sessuale], così per le anime_beate e per l’incontro con dio. da questo punto di vista emerge con forza una nuova dimensione dimostrativa, che dà pienezza di senso e di validità a numerose dimostrazioni precedenti [quelle fondate sul senso e sul desiderio]. il desiderio è una dimensione dimostrativa, nel senso che, più della vita, più dell’esperienza diretta, più della sperimentazione di “ciò che esiste perché appare”, l’uomo è portato a vivere una nuova realtà, una nuova esperienza che lo assorbe totalmente, e che anticipa l’esperienza futura [l’eternità dopo la morte]: essa è il desiderio di questa, è il desiderio, che si sostituisce all’esperienza della vita, come nuova dimensione vitale: ciò che è desiderato esiste, perché è ciò che è desiderato l’unica vera realtà, che merita essere esperita, e che quindi soltanto può essere ritenuta la più vera e perciò esistente: “io non vivo solo nella realtà presente, ma vivo anche e soprattutto nel desiderio della realtà futura”:
 
1.] l’essere mortale esiste ma è a_normale;
2.] anche l’essere eterno e immortale esiste, perché è il normale e naturale [e non deve fare paura, perché è la dimensione più semplice e umana].


DIMOSTRAZIONE_169: DEL FONDAMENTO, DECOSTRUTTIVA
 
questa dimostrazione dice quanto segue: "la penetrazione fenomenologica decostruttiva [attuata e esemplificata dalla cosmologia_epistemica] della realtà_apparente, da parte dell'episteme, ne individua l'insufficienza a "stare" da sola, esistenzialmente [sia a esistere, sia a reggersi dalla deflagrazione], rispetto al fondamento: quindi essa è retta dal fondamento, e in questo, secondo l'episteme, sta Dio".
questa dimostrazione si lega alle dimostrazioni dim_163 e dim_41 [oltre che ad altre che qui è difficile identificare e richiamare]. la dimostrazione prende spunto dalla dim_163: questa sostituisce l’episteme alla realtà_apparente, mentre la presente dimostrazione pone l’episteme come fondamento della realtà_apparente. infatti, si dice qui:
 
gruppo_A.]1.] esiste ciò che appare;
2.] ma che cos’è ciò che appare all’uomo adesso ?
3.] come può sussistere/esistere la realtà_apparente [anche rispetto alla realtà_necessaria] ?
 
questa dimostrazione si lega alla dim_41 [dimostrazione tecnologica], perché la risposta al punto 2.] non può consistere solo nella concezione della materia propria della scienza moderna contemporanea [teoria atomica della materia]. infatti l’approccio epistemico alla comprensione della realtà è di tipo fenomenologico, e proprio in quanto tale l’episteme ha potuto giungere a ciò a cui giungono anche gli scienziati/i fisici, quando oltre a teorizzare l’atomo parlano della materia e del cosmo come di frattale, realtà_virtuale, ologramma e simulazione [virtuale] interna ad un computer [che per l’episteme non è il computer di scienziati “grandi” in laboratorio, ma di dio: dimostrazione dim_41 (tecnologica): dio esiste perché il cosmo apparente è interno ad un computer, e non esiste computer senza soggetto, cioè dio_persona, che usa il computer]. si tratta quindi di una comprensione della realtà_apparente di tipo fenomenologico [ad esempio: parallelo associativo tra universo_apparente e realtà_virtuale interna allo schermo di un monitor/computer: come si vede questo approccio definisce la materia apparente come realtà_virtuale a prescindere da una concezione quantitativa di tale realtà, o dal discorso relativo agli atomi].
in questa direzione, la dimostrazione prosegue nella considerazione che, se esiste ciò che appare, tuttavia l’esistenza di ciò che appare all’uomo [universo_apparente] è problematica in ordine alla sua capacità di sussistere esistenzialmente in modo autonomo, e l’episteme smonta/decostruisce [fenomenologicamente] tale sussistenza, mostrando/dimostrando la dipendenza della realtà_apparente, rispetto alla realtà_necessaria [che, come oggetto, è dimostrata esistente in senso parmenideo: l’essere, che è e non può non essere, è solo l’essere_necessario e la sua struttura], da un fondamento. questo non è direttamente dio [ipotesi che farebbe cadere questa dimostrazione in una già data], ma è l’episteme [per episteme si intende qui l’oggetto_necessario, non il verbo_soggetto], e dio appartiene necessariamente all’episteme, secondo dimostrazioni già date [che correlano/ineriscono necessariamente un/il soggetto_necessario all’oggetto_necessario]. questa dimostrazione è quindi indiretta [dipendenza della realtà all’episteme, che incorpora dio], e si riassume così:
 
gruppo_B.]1.] un approccio fenomenologico alla comprensione della realtà_apparente, che esiste perché appare, mostra che essa esiste ma, rispetto alla realtà_necessaria, necessita di questa come suo fondamento, perché da sola non può esistenzialmente sussistere;
2.] l’episteme è il fondamento, che include necessariamente dio;
3.] poichè la realtà_apparente, rimandando necessariamente al suo fondamento [= episteme], rimanda a dio [incluso nel fondamento], dio esiste.


DIMOSTRAZIONI_STANDARD

si è sentita l’esigenza di poter contare su di un insieme di dimostrazioni efficaci e brevi, per poter svolgere il discorso epistemico, come la metafisica_epistemica, facendo riferimento all’esistenza di dio non come a qualcosa da dimostrare, ma di presupposto, e quindi l’esigenza di far leva su tali dimostrazioni allo scopo di considerarla tale. le dimostrazioni non sono nuove, ma sono riprese di dimostrazioni già date, e sono così definite perché hanno una formulazione riassuntiva di un gran numero di dimostrazioni. pertanto, ogni volta che l’episteme e la metafisica_epistemica presuppongono l’esistenza di dio per spiegare la realtà, essi possono fare riferimento a queste tre dimostrazioni seguenti allo scopo di presentare l’esistenza di dio come già dimostrata e quindi presupposta:
 
1.] DIMOSTRAZIONE_STANDARD_1
1.] l’uomo pensa/intuisce la necessità;
2.] pensare un ente significa anche essere l’ente stesso;
3.] quindi, poiché l’uomo pensa la necessità, l’uomo è anche necessario;
4.] ma l’uomo è anche contingente;
5.] esisterà quindi [sospende], posti il principio [l’essere_è], la realtà_necessaria [la struttura del principio e la strutturazione del principio] e le due condizioni, secondo cui …
 
a.] nella necessità esiste solo ciò che è necessario, ad esclusione delle determinazioni contingenti casuali interne al caos …
b.] e nella necessità tutto ciò che esiste, ad esclusione delle determinazioni interne al caos, acquisisce i caratteri della necessità …
 
[riprende] … anche un soggetto che sia solo necessario, e questo è dio.
 
2.] DIMOSTRAZIONE_STANDARD_2
1.] l’uomo pensa/intuisce la necessità;
2.] quindi l’uomo è [anche] una ipostasi necessaria/della necessità ed è essere_normale;
3.] tutto ciò che è normale deve anche esistere secondo i caratteri normali;
4.] i caratteri normali della realtà_necessaria [presupposta questa come necessariamente esistente: l’essere_è e non può non essere/esistere, in quanto l’essere è l’essere e si auto_esistenzializza necessariamente] sono standard_normalmente [come determinazioni necessarie del principio] la necessità, la perfezione, l’infinità, l’eternità e [riferita ad un soggetto] l’assolutezza;
5.] l’uomo è un soggetto;
6.] quindi esiste una ipostasi soggettiva;
7.] per il punto 3.], deve allora esistere anche un soggetto che abbia i caratteri di cui al punto 4.]: la definizione di un soggetto [solo] necessario, perfetto, infinito, eterno e assoluto è dio.
 
3.] DIMOSTRAZIONE_STANDARD_3
1.] l’uomo pensa/intuisce il principio/l’esistenza del principio [della realtà];
2.] il principio determina la realtà;
3.] il principio è normale [necessario];
4.] la realtà determinata dal principio è quindi normale [necessaria];
5.] nell’uomo il principio determina [necessariamente] l’esistenza di un soggetto;
6.] quindi un soggetto è una determinazione necessaria del principio;
7.] conseguentemente, dio è il soggetto normale_necessario determinato [innanzitutto] dal principio [il quale determina normalmente un soggetto, come dimostrato dal fatto che ha determinato, con la mediazione di dio, l’esistenza dell’uomo].


DIMOSTRAZIONE_170: MUSICALE, SINFONICA_SECONDA
 
la dim_130 [sinfonica] individua la musica_classica_mistica [solo alcuni brani di musica classica] come chiave di accesso al mistero di dio: essa dimostra l’esistenza di dio perchè solo l’esistenza di dio consente di offrire la perfetta interpretazione [di alcuni brani] della musica classica, che diventa così musica mistica, nel senso che, solo se dio esiste, questi brani possono essere realmente se stessi [cioè correttamente interpretati].
la presente dimostrazione si fonda sulla metafisica_epistemica, per la quale ad ogni melodia della musica_classica corrisponde o un sentimento [elemento qui trascurato] o una dimensione [spaziale], quest’ultima di tipo soprannaturale, oppure la dimensione naturale [terrena, creata e mortale], “letta”/vista dal lato soprannaturale. quindi, poiché la musica classica esiste [come penetrazione emergente/affacciarsi, nel naturale, del soprannaturale, che lo “arricchisce” misticamente e divinamente], il soprannaturale esiste, e poiché la musica è per il soggetto, nel soprannaturale esiste il soggetto, e questo [attualmente] è dio [perché attualmente nel soprannaturale non è collocato l’uomo].
in sintesi:
 
1.] la musica classica esiste;
2.] essa è forma del soprannaturale emergente nel naturale;
3.] quindi il soprannaturale esiste;
4.] la musica è per il soggetto;
5.] quindi dio esiste, essendo dio il soggetto, nel soprannaturale, per il quale la musica [elemento soprannaturale] esiste [attualmente]. cioè dio è il soggetto per il quale il soprannaturale, come musica, esiste.
 


DIMOSTRAZIONE_171: DELL’EMANAZIONE, DECIMA_PARADOSSALE
 
secondo la dim_158 dio esiste come condizione di conoscibilità della realtà_necessaria e di intuibilità della necessità e anche del principio [che è l’esistenza: l’essere_è]. ora si approfondisce quest’ultimo punto.
l’uomo intuisce che l’essere_è/l’esistenza_esiste necessariamente. ma come può intuirlo se l’uomo è essere contingente ? l’uomo è quindi stato determinato, come sovrapposto alla determinazione necessaria del principio [quindi la conosce, ed è per questo essere (anche) necessario], ma non è stato posto e determinato direttamente dal principio [e per questo l’uomo sa di essere essere contingente, e non dio, che è il soggetto come solo essere necessario]. pertanto l’uomo è stato sovrapposto sulla determinazione del principio [emanativa] da una causa diversa dal principio, e questa certamente non è il caos, che non può agire sul principio in modo finalistico e ordinato [l’uomo è essere ordinato e ipostatico, perché può intuire, nel pensiero, il principio, a cui quindi parzialmente si identifica, come pensiero]. quindi questa causa, che ha collocato il creato e l’uomo sopra il principio e il suo sviluppo, è dio.


DIMOSTRAZIONE_172: STORICO_SOCIALE
 
1.] anche con riferimento al paragrafo sulla configurazione standard_comportamentale, si considera qui l’uomo nella dimensione_terrena, come isolato da tutto e da tutti. 
2.] immediatamente si attivano in questo uomo dei bisogni: di cose e di relazioni umane.
3.] solo alcune cose e alcuni tipi di relazioni umane e sociali sono naturali, altre costituiscono penetrazioni nel naturale della dimensione soprannaturale, come ad esempio il riconoscimento [funzione del] e l’innamoramento, scatenato dalla forma [e quindi anche la sessualità].
4.] ad esempio:
 
a.] gli uomini sono molti: fatto naturale;
b.] per coordinare la propria azione essi costruiscono lo stato: fatto naturale;
c.] ma sullo stato essi proiettano la tecnica come apparato che dà potere e riconoscimento [tutti vorrebbero essere colui che coordina, cioè il politico]: fatto soprannaturale, in cui si realizza l’apparizione dell’anima_paradisiaca_beata sulla terra, e per questo la dimensione_terrena viene scambiata con quella ultra_terrena, perché solo in questa appare la [vera] tecnica, e questo superamento del naturale viene interpretato come trapasso dalla morte nell’eterno salvifico, e per questo esso viene attivato in funzione catartica e simul_salvifica [cioè si attiva l’interpretazione (idolatrica) dello stato come “dio”/forma della divinità, che dà potere, fama e riconoscimento, in cui il politico è sostituto del santo].
 
5.] un altro esempio di ente [in questo caso un processo], di cui l’uomo si serve, rompendo il proprio isolamento dal naturale per collegarsi al soprannaturale [che è salvezza, e per questo è richiamato/evocato], è l’interpretazione …
 
a.] della realtà come esistenza della storia, …
b.] … e della storia come realtà in divenire epocale.
 
6.] un altro esempio, ai primi due collegati [stato e storia], è dato dai totalitarismi storici, che sono manifestazioni del soprannaturale [come potenza umana assoluta, condizionamento psico_tecnico di tipo simul_paradisiaco e violenza infernalizzante], in questo caso anche infernale, nella storia e nella dimensione_terrena, così come sono esempi di funzioni soprannaturali ogni forma di aggressività, la fame, la guerra. lo sono infine la globalizzazione [che è anticipazione dell’apocatastasi eucaristica], e quindi la civiltà della tecnica, che è simulazione terrena del paradiso e, in questo, dell’inferno, celesti futuri [ultra_terreni]. 
7.] tutto ciò esprime l’esistenza delle funzioni soprannaturali nella dimensione_terrena, che sono dimostrazione indiretta dell’esistenza del “paradisiaco” e quindi del “divino”, cioè di dio.

nota
 
altri modi di apparire del soprannaturale nel naturale, e quindi del divino, sono:
 
1.] l’arte, e, in questa, alcuni film [come quelli di fantascienza], di cui l’episteme dà l’interpretazione epistemica;
2.] la musica_classica;
3.] le religioni;
4.] il modo di comportarsi degli uomini, in cui il mito abita le loro parole [”andiamo al cinema …”, “mi sono fatto una doccia …”: tutto ciò che l’uomo dice, lo dice con uno sfondo mitico, cioè paradisiaco e soprannaturale, che “arricchisce” il naturale in senso mitico.



DIMOSTRAZIONE_173: CREAZIONISTICA_SECONDA

 
dall’insieme delle considerazioni relative alla metafisica_epistemica e alla fenomenologia_epistemica [ad esempio: studio integrato della gnoseologia umana con approcci incrociati di kant, putnam e la tecnologia_virtuale; differenze tra conformazione morfologica dell’uomo e del soggetto_necessario_standard, con conseguente creazionismo “radicale” su evoluzionismo naturale manipolato, cioè reso non_normale per l’uomo e la vita in generale] si deduce la verità di quanto da sempre dicono il magistero_ecclesiale e la teologia cristiana, e cioè che “dalla creazione, ovvero dalle opere del creato, si riconosce l’esistenza di dio, cioè del creatore del mondo”.



DIMOSTRAZIONE_174: DEL CONFRONTO_SECONDA
 
in base alla differenza tra …
 
1.] … normalità_standard dell’esistenza [non apparente, ma esistente necessariamente] e non_normalità apparente;
2.] ordinarietà_standard [non apparente, ma esistente necessariamente] e straordinarità dell’apparire non_normale [cioè, appunto, straordinario], …
 
… si ricava l’esistenza del soggetto_normale_ordinario, il quale è dio.


DIMOSTRAZIONE_175: GNOSEOLOGICA_FONDAMENTALE, GNOSEOLOGICA_TERZA
 
la teoria della conoscenza in kant è coerente con il criticismo: questo pone limiti alla conoscenza metafisica, anche solo perché la conoscenza in kant funziona con la lettura categoriale del dato, e questo è solo quello empirico. invece l’episteme ha potuto costruire e delineare una metafisica dell’Intero, perché il dato è nella gnoseologia_epistemica anche l’Intero stesso, come oggetto che si riproduce nel soggetto: non semplicemente che entra nel soggetto [conoscenza come introiezione], ma si riproduce in esso [conoscenza come rispecchiamento], per cui dio è idea nell’uomo come riproduzione dell’esistenza di dio nell’oggetto, oggetto che, con dio, si riproduce dentro l’uomo, la sua mente e il suo apparato categoriale. in questo, presupposta la gnoseologia_ epistemica [a sua volta determinata dalla metafisica_epistemica], l’idea di dio è prova della realtà di dio [come si è detto a proposito dei sistemi paralleli, cioè delle corrispondenze biunivoche tra realtà, pensiero (idea), linguaggio (nome) e percezione, dove non è la percezione (a cui dio non appare attualmente) che restringe il pensiero e il linguaggio, per cui l’idea e il nome di dio è per una realtà fantasiosa, ma è invece la dialettica tra pensiero e linguaggio che nell’uomo restringe la percezione, per cui dio semplicemente attualmente non appare, ma esiste]. il dato kantiano nell’episteme ha la funzione di attivare la corrispondente porzione schematica, riproduzione nella mente di quella realtà, da cui parte il dato: per dio, questo dato [nell’uomo, attualmente, per il quale non vale, ora, nella dimensione_terrena, la definizione standard della conoscenza normale, la quale è solo quella paradisiaca] è l’idea stessa e il nome di dio, interiori, che si attivano per vari motivi: introspezione speculativa, rivelazione divina, deduzione schematica, e soprattutto auto_intuzione razionale del pensiero, che legge se stesso e si proietta esternamente nelle rappresentazioni artistiche o scientifiche di dio. dopo tale proiezione, dio agisce dall’esterno, come il dato di dio non apparente. esso è prodotto dall’uomo, ma è rivelativo del fatto che dio è come idea e nome inciso nella mente dell’uomo, e poiché questa riproduce la realtà, anche se dio, come dato, non appare ora [perché la dimensione_terrena non è il luogo naturale dell’apparire di dio, il quale è solo il paradiso], dio esiste nella realtà, che si riproduce appunto nella mente, nell’idea di dio e nel nome di dio.



DIMOSTRAZIONE_176: DELLA CODIFICAZIONE, DEL SENSO COMUNE, SPERIMENTALE
 
questa dimostrazione nasce dal desiderio speculativo di vedere come può, dal niente, nascere una dimostrazione dell’esistenza di dio, con un puro sforzo del pensiero che si applichi alla dimostrazione dell’esistenza di dio, e utilizza dati del senso comune [i punti seguenti seguono il filo logico di un ragionamento]:
 
1.] dio è un nome, che rimbomba nella mente dell’uomo.
2.] dio è un’idea, di cui la mente può offrire una rappresentazione [artistica nelle religioni, scientifica nell’episteme/tale perché dio viene nell’episteme correlato, come soggetto, all’oggetto necessario, e tale correlazione è scientifica perché, essendo dettata dall’oggetto, cioè dalla necessità, può essere definita in uno e un solo modo, quello appunto detto “standard” o “normale” = esistenzialmente e formalmente necessario].
3.] dio, che può essere oggetto delle fantasie, è stato oggettivamente [e obiettivamente], prevalentemente interpretato dall’inconscio dei popoli come un’entità pensata come vera e reale, e infatti anche come agente sui comportamenti [fedi religiose, pratiche religiose, sensi di colpa e nevrosi morali] [l’ateismo vuole che dio non esista, ma poiché il tesimo vuole, nello stesso modo, che dio esista, l’ateismo si può spiegare come difesa da una nevrosi prodotta da una falsa, ma inconscia e inconsciamente agente, rappresentazione della divinità, cioè inadeguata, e dalla quale quindi l’ateismo si difende: quindi, anche l’episteme e il credente sono “atei”: essi non credono nell’esistenza di una falsa divinità/essi credono nell’esistenza della divinità corretta].
4.] a questo punto non si dice più che esiste solo ciò che appare [d’altra parte altre dimostrazioni mostrano proprio che dio “appare”, apparendo nel linguaggio, e vi appare, secondo il punto 3.], prevalentemente come linguaggio-realtà, non solo come linguaggio-fantasia], perché si è detto [e anzi qui si precisa], che anche se l’apparire dell’uomo fosse infinito e coprente tutti gli infiniti cosmi teorizzati dalla cosmologia moderna_contemporanea [bruno pensa a infiniti mondi come “sistemi solari”, la cosmologia_contemporanea, invece, a infiniti mondi come universi paralleli], ciò che in dio non appare all’uomo è ciò che neanche in tale ipotesi all’uomo apparirebbe: infatti l’apparire di dio all’uomo non è quantitativo, ma qualitativo/ad esempio, l’uomo non vede la materia, ma “sa” che esiste la materia e che essa “appare”/ciò che io vedo può solo essere il campo spirituale, perché la vita, la coscienza e la sensibilità degli organi di senso è spirito, non materia, e la materia entra in questo campo spirituale solo come forma e quantità/ma lo spirito, che vede, non vede se stesso, come non vede la materia: l’uomo sa dell’esistenza dello spirito, che vede, e della materia, senza vederli: la conoscenza dell’uomo è intuitiva e associata all’esistenza di ciò che non appare. l’apparire di dio non è come l’apparire di una stella, esso è apparire di dio come spirito, un tipo di apparire a cui l’uomo è attualmente separato, e come l’uomo sa dell’esistenza della materia, senza vedere la materia [perché si vede solo l’effetto agente dello spirito, che unicamente è vita e sensibilità], così in una dimostrazione dell’esistenza di dio l’uomo deve poter sapere dell’esistenza di dio, senza vedere dio nel senso di vedere la tipologia di apparire alla quale è associato lo spirito di dio e che è dio [allo stesso modo, si è già detto, l’uomo-scienziato non vede il cosmo, ma una sua simulazione virtuale, eppure è convinto di vedere il cosmo: tutta la scienza moderna è quindi un dire inconscio dell’esistenza di oggetti (stelle, pianeti, galassie e atomi), che esistono, ma non appaiono all’esperienza attuale: la loro simulazione ha fatto dire della loro realtà, la quale non appare]. appartiene al senso comune la constatazione che la materia “non vede”, ma è solo lo spirito che vede (“io” sono anima in un corpo di carne, “io” non sono questo corpo di carne), per cui ciò che appare è il campo spirituale. [la materia, che emerge nel campo spirituale dell’uomo, lascia su di esso una traccia oggettiva, infatti essa lascia la stessa traccia anche, ad esempio, nelle fotografie, così come essa appare al campo spirituale dell’uomo.]
5.] come quindi “appare”, a suo modo, in modo peculiare, all’uomo, attualmente [fuori del paradiso] l’esistenza di dio ? è proprio necessario che dio “appaia”, per essere detto esistente ? il pensiero, è stato detto, è intuizione speculativa, e questa è una forma specifica di apparire. dimostrare l’esistenza di dio significa scatenare nell’intuizione dell’uomo la conoscenza, come certezza razionale, dell’effettività di tale esistenza.
6.] in gran parte delle dimostrazioni, si è ricavata l’esistenza di dio da questo fatto: il piano dell’esistenza è anche necessario, e ad esso appartiene, come sua parte, l’esistenza di dio.
7.] dire “esistenza di dio” significa fare appartenere dio a questo piano. l’uomo vi appartiene [l’essere è: il piano/cogito ergo sum: appartengo all’essere]. dimostrare l’esistenza di dio significa dimostrare che l’esistenza di dio è necessaria e necessariamente correlata all’esistenza del piano dell’esistenza necessaria.
8.] l’uomo è un ente reale, che, nelle religioni [nell’episteme dio non appartiene alla religione, ma alla filosofia, perché la filosofia descrivere l’essere, a prescindere dalla religione, e servendosi anche della fede religiosa: nella religione appaiono contenuti a carattere speculativo (in modo spesso simbolico), come l’esistenza di dio, oggetto di fede, e il fatto che dio sia creatore del mondo, oggetto di fede, esistenza di dio creatore che nell’episteme è ipotesi e tesi di filosofia/ = ragione speculativa, o scienza dello spirito/nell’episteme “spirito” non è “spiritualità”, ma è sostanza (aristotelica) in senso “biologico”], pensa e descrive dio come ente reale: sul piano dell’esistenza, la credenza religiosa descrive una relazione tra l’uomo-essere-reale-esistente e dio-essere-reale-esistente. l’esistenza di dio è oggetto di fede, ma la relazione tra dio e uomo è “carnale”, come se dio esistesse, cioè appunto come se dio fosse ente reale.
9.] a questo punto si potrebbe riuscire a correlare la “realtà” di dio, come ente oggetto di una relazione con il credente, e “esistenza” di dio.
10.] nel piano dell’esistenza, il mediatore tra esistenza e soggetto [uomo e dio] è il pensiero del soggetto [per l’uomo: cogito ergo sum], pensiero che trasforma l’esistenza in realtà e la realtà in esistenza. a questo punto, tenuto conto del punto 3.], in cui si parla di “inconscio dei popoli” [e piaget teorizza l’inconscio_cognitivo, che nell’episteme è un apparato caretoriale di tipo nomenico (il noumeno precede dio e, come principio, lo determina), in senso kantiano, allargato alle categorie metafisiche e teologiche: categorie come concetti di hegel], si può concludere che l’inconscio dell’uomo può [nell’esperienza religiosa, ma, ora, anche speculativa in senso epistemico] teorizzare dio come realtà, solo perché in tale inconscio, il pensiero [come intuizione inconscia: l’inconscio, parte della mente, e appunto parte del pensiero] dell’uomo “legge” [e così dimostra] l’esistenza di dio [e così la sua realtà], come appartenente a quel piano dell’esistenza, a cui il pensiero dell’uomo associa anche l’uomo, nel cogito ergo sum: per poter codificare dio come realtà [per l’esperienza relazionale religiosa, e specutativa rappresentativa di tipo epistemico], dio deve essere esistente, e così il pensiero dell’uomo, a livello inconscio, deve poter vedere, sentire, toccare, intuire l’esistenza di dio [anche per questo il nome di dio rimbomba nella mente umana: punto 1.]].
11.] in conclusione, perché nell’inconscio dio possa essere considerato come ente reale [e quindi esistente][oggetto reale dell’esperienza relazionale religiosa], il pensiero dell’uomo [a livello inconscio], vede e intuisce l’esistenza di dio [associata al piano dell’esistenza ncessaria], e così [e solo così] la codifica come ente reale, oggetto dell’esperienza religiosa e della speculazione scientifico-epistemica.

nota
 
la distinzione tra reale-reale, cioè reale come realmente esistente, e reale come creduto-reale, cioè come creduto esistente [distinzione che pone l’identità tra realtà/reale e esistenza/esistente/ma la dimostrazione pone una distizione tra reale e esistente], non vanifica la dimostrazione. infatti, ciò che è creduto come esistente e come reale, è “costruito” come tale, e può esserlo [dice la dimostrazione], perché la codificazione esistente-reale parte dall’esistenza effettiva di ciò che, quindi, è riconosciuto come reale. quella distinzione, qui presupposta, tra reale e esistente, sta qui: un popolo tribale crede nella divinità, non la dimostra, ma si rapporta ad essa come fosse realmente esistente, cioè reale, perché esistente; questo popolo, tribale [detto qui “tribale” anche perché è nella stessa condizione del pensiero umano, “tribale”, cioè, perché non riesce con la ragione a dimostrare razionalmente l’esistenza di dio] non si pone il problema dell’esistenza di dio: si rapporta ad esso come se esistesse, cioè come ente reale. ebbene, la dimostrazione dice che ciò è possibile, proprio perché il pensiero codifica l’esistenza di dio nella realtà di dio: il fatto che dio sia inteso come “ente reale”, e non come “ente fantasioso”, è frutto di questa codificazione, che presuppone oggettivamente l’esistenza di dio, codificata dal pensiero come realtà [e quindi il pensiero umano nell’inconscio “vede/sperimenta” dio]. per la fede cristiana gli dei della grecia non esistono, e anche per socrate essi non esistono, ma è reale il sentimento religioso del popolo greco, per cui la fede cristiana riconosce il dio greco, pur inesistente, come “reale” per il popolo greco, cioè come immagine del vero dio esistente.



DIMOSTRAZIONE_177: DEL CONCETTO
 
della presente dimostrazione si mostra, in parte, il flusso di ragionamento che l’ha prodotta. essa ripete in parte argomenti già dati, riformulandoli. la dimostrazione prende spunto dalla distinzione tra reale e esistente, formulata nella dim_176, la quale ha suggerito di pensare alla distinzione tra reale e razionale, e al loro rapporto, nell’aforisma di hegel.
 
1.] per hegel, ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale. nell’episteme ciò ammette alcune eccezioni, riportate al punto 2.], e significa che è reale, cioè esiste, ciò che corrisponde allo sviluppo del principio [l’esistenza_necessaria astratta], ovvero appartiene ad esso in modo razionale, cioè è una ipostasi [stadio o/e ente] dello sviluppo: tali sono dio, la tecnica, il paradiso, la fonte, l’evoluzione, l’emanazione, l’uno, la diade, ecc..
2.] le due eccezioni, qui riportate, all’aforisma di hegel sono [il discorso anche presuppone dio, fino a quando non lo si dimostra esistente]: a.] il creato/la creazione è razionale, ma non è reale [cioè esistente/qui “reale” è inteso come “esistente”], fino a quando non viene creato, cioè non viene portato ad esistenza/esistenzializzato da dio; b.] le causazioni interne alla caosfera [di cui una è il creato stesso] sono reali [cioè esistono], ma non sono razionali: esse solo razionali in quanto [è la loro essenza] sono “irrazionali”, cioè appunto casuali/contingenti [una rappresentazione delle causazioni interne al caos è data, ad esempio, dalle bolle di fuoco emergenti sulla superficie del sole: “magma” caotico/qui il sole è esempio della caosfera]. quindi:
 
a.] creato = razionale ma non reale/reale come possibilità;
b.] [dentro il] caos = reale ma non razionale/razionale [essenza] come irrazionale [= contingente].
 
3.] ora si dice [come nel conclusivo punto 11.]] che anche l’ente-fantasioso è “reale” [qui reale non è più inteso come esistente, anche se è inteso in modo diverso rispetto alla dim_176]: l’ente-fantasioso è appunto reale [cioè esiste] in quanto fantasioso. l’ente-reale, inoltre [e questo è il caso dell’uomo (nel cristianesimo), ma non può essere il caso di dio], può essere reale come “possibilitato” ad esistere: l’uomo è infatti [nella prospettiva cristiana] creatura che viene all’esistenza, reale quando esiste, ed era reale, anche se non esistente, come eterno pensiero [“idea”] e possibilità di esistere, nelle mente di dio_creatore. dio invece può essere reale solo o come esistente [ipotesi da dimostrare], o reale come fantasia, ma non può essere reale come ente che viene ad esistere, perché dio è definito come eterno: se dio esiste, dio da sempre esiste, non come possibilità ad esistere [come la creatura], ma come ente che esiste dall’eterno e in eterno.  
4.] a questo punto [riprendendo e contraddicendo in parte l’argomento della dimostrazione dim_24] si è constatato che non è sufficiente che un concetto sia reale, razionale, necessario e eterno, perché esso esista, infatti …
5.] l’uomo [creatura] è nel contempo: reale [come possibilità di esistere ed eterna idea della mente di dio], razionale [perché, sia come tale, sia come realmente esistente, viene ad essere completamento razionale/ipostatico dello sviluppo del principio, su mediazione del creatore], necessario [tutto ciò che esiste, se esiste, ad esempio l’uomo come eterna idea della mente di dio, è necessariamente esistente, ad esclusione delle causazioni interne al caos, “sostanza” della creatura] e eterno [come eterna idea della mente di dio]. tutto ciò è l’uomo, ma esso non esiste fino a quando non è creato/esistenzializzato.  
6.] a questo punto del ragionamento si definisce dio come il soggetto esistente eternamente come correlato necessariamente all’esistenza_necessaria. ma questo, che significa partire da dio, è vero se e solo se dio esiste effettivamente.
7.] prima di giungere alla conclusione [dimostrazione], si analizza tale definizione di dio: rispetto alla definizione dell’uomo [ente/soggetto: reale, razionale, necessario e eterno, ma non per questo esistente], la definizione di dio mostra che dio non è reale come l’uomo [reale come idea eterna di dio e possibilitato ad esistere], perché …
 
a.] l’uomo è una possibilità di dio [uomo come creatura];
b.] ma dio non è [solo] una possibilità dell’uomo [è tale, ad esempio, nelle religioni “non vere”/ma anche qui dio è inteso come reale, non come fantasia, e quindi in un certo senso ogni religione “è vera”, nel senso che crede a un dio esistente eternamente, non a un dio (seppur non fantasioso) che sia creato dall’uomo].
 
si è detto infatti al punto 3.] che dio o è reale come esistente o è reale come fantasioso, ma, essendo definito come eterno, in quanto esistente [non come idea eterna dell’uomo, ma come realtà eternamente esistente], dio non può essere una possibilità ad esistere. la conclusione dimostrativa presuppone la definizione di dio come soggetto non solo eternamente esistente, ma anche [come detto al punto 6.]] necessariamente esistente [cioè “correlato necessariamente all’esistenza_necessaria”]. l’obiezione è che dio è tale “se esiste realmente”, e ora la conclusione dimostrativa risponde a questa obiezione.
 
8.] si è pensato che non si può giungere all’esisenza di dio partendo da dio, ma si può giungere ad essa partendo dall’esistenza_necessaria.
9.] a questa non si riesce [qui] correlare il/un soggetto all’essere_necessario [se fosse possibile sarebbe dimostrata l’esistenza di dio], ma ora si compie una piccola “rivoluzione”: infatti, se ciò non è possibile, si comprende però che ogni concetto ha una senso e una funzione, determinata dall’esistenza_necessaria: tramite questa determinazione si ricava dunque l’esistenza di dio dalla sola definizione di dio [con la differenza rispetto all’argomento ontologico, che tale deduzione è mediata dall’essere_necessario, che non è (solo) dio].
10.] quindi si dimostra l’esistenza di dio completando la definizione di dio [e il ragionamento si conclude con una nota]: poiché dio è pensabile come una struttura della realtà/essere_necessario, ovvero secondo la definizione di cui al punto 6.], è l’essere_necessario che ha determinato questa definizione del concetto di dio, e lo ha fatto per una ragione [senso e funzione del concetto], perché appunto questa è l’essenza di dio [ritorna la distinzione tra reale e esistenza, di cui alla dim_176, ora risolta non più nel pensiero dell’uomo, ma nel concetto oggettivo e funzionale, e nella necessità che lo determina]: dio è pensabile come realmente esistente, cioè come necessariamente esistente [anche se dio non esistesse (ma questo ora non lo si può più pensare, perché non corrisponde alla funzione del concetto di dio), è comunque pensabile come tale], perché la necessità pone un tale concetto di dio, e lo pone perché questo concetto corrisponde all’essenza di dio. non si tratta di presupporre l’esistenza a una definizione di dio, che già incorpora l’esistenza di dio [come fa sant’ansemo nell’argomento ontologico], ma si tratta di rifarsi ad un principio esterno a dio [la necessità come essere_necessario], che determina il senso, il significato e la funzione dei concetti, e dio è appunto soggetto reale, razionale, necessario e eterno, ed eterno non come possibilità [come è l’uomo], ma come esistenza attuale, perché dio realmente esiste. dunque dio esiste, perché la sua definizione incorpora la sua esistenza, essendo inteso dio come struttura della realtà, e lo fa a causa della funzione di tale concetto di dio, determinata dalla necessità dell’essere_necessario, come pone i concetti e la loro pensabilità reale [pensiero del concetto di dio inteso come struttura necessaria della realtà].
11.] la nota si apre tenuto conto che anche l’ente-fantasiso è reale, razionale, necessario e eterno, secondo la sua funzione, ma non è pensato come struttura della realtà, per cui non ci si deve chiedere se dio esiste, ma ci si deve chiedere invece perché l’uomo può dubitare dell’esistenza di dio.   
  
nota
 
di ciò viene data dalla teologia questa spiegazione: l’uomo deve poter dubitare di dio [per l’ateo l’inesistenza di dio può essere anche vitalmente essenziale], per essere libero da dio, ad esempio libero dall’etica, che dio impone, e libero dalle [false] rappresentazioni di dio. quindi, poiché l’esistenza di dio si ricava dal puro concetto di dio, necessariamente esistente, secondo la sua definizione, rispetto all’essere_necessario, che pone la correlazione funzionale tra concetto-reale di dio e realtà-esistente di dio, l’ateo è colui che non pensa il concetto di dio o lo pensa in modo non corretto.



DIMOSTRAZIONE_178: IMMEDIATA, SCISSIONALE_QUARTA
 
questa dimostrazione è detta “immediata”, perché segue un ragionamento estremamente breve, e riprende una intuzione della dim_177:
 
1.] esiste il piano dell’esistenza_necessaria.
2.] in esso, nella mente dell’uomo, che lo pensa, esiste il concetto di soggetto [l’uomo pensa il concetto di soggetto, che è l’uomo stesso].
3.] il concetto di soggetto è eterno: quando ancora l’uomo non è apparso sulla terra, esiste dall’eterno il fatto che l’uomo, apparendo sulla terra, pensi [pensando a se stesso] il concetto di soggetto. quindi questo concetto di soggetto è eterno, essendo possibile che sia pensato quando apparirà l’uomo.
4.] si verifica così la condizione, prima della comparsa dell’uomo, del piano dell’esistenza_necessaria con la possibilità della comparsa dell’uomo e, in lui, del concetto di soggetto.
5.] ma allora, indipendentemente dall’uomo, esistono [prima dell’uomo] il piano dell’essere_necessario e, in esso, il concetto di soggetto, “neutro” [cioè anche indipendente dall’uomo: soggetto è anche l’animale, ed esempio].
6.] dunque, nel piano dell’esistenza_necessaria, il concetto di soggetto è eterno.
7.] allora, poiché esistono l’esistenza_necessaria e il concetto eterno del soggetto, si intuisce che l’esistenza del concetto eterno del soggetto, nel piano della realtà_necessaria, non è innanzitutto applicabile all’uomo, che verrà ad esistere [necessariamente ? contingentamente ?], ma invece è piuttosto applicabile a dio, la cui esistenza, come esistenza di un soggetto eterno, è più coerente con il concetto eterno del soggetto, di quanto non lo sia la sua applicablità all’uomo, che verrà a esistere, e che quindi non è eterno.
 
nota
 
la dimostrazione è detta scissionale, perché scinde dall’uomo, che pensa se stesso come soggetto, il carattere del soggetto, eterno non più solo come previsione [eterna] della comparsa dell’uomo, ma eterno come direttamente applicabile a dio, la cui esistenza eterna [così dimostrata …] … è più coerentemente correlata all’eternità del concetto di soggetto, di quanto questa non lo sia alla previsione della comparsa dell’uomo.



DIMOSTRAZIONE_179: QUINTUPLICE_RIASSUNTIVA
 
questa dimostrazione parte dall’impostazione della dim_181 ed è detta “quintuplice” perché riassume cinque argomenti già dati. essa non sarebbe quindi una nuova dimostrazione, se non fosse che li ricava da un’unica impostazione.
 
1.] [impostazione] sul piano dell’esistenza_necessaria è collocato l’uomo. esiste quindi una correlazione necessaria tra la necessità e l’uomo, perché l’uomo può esistere e sussistere solo in quanto “tollerato” dalla necessità. questa correlazione implica un “moto logico” che va dal principio [l’esistenza astratta necessaria] all’uomo e dall’uomo al principio, moti da cui si ricavano [e si riassumono] cinque argomenti già dati: …
2.] [argomento_A.] posto sul piano dell’essere_necessario, l’uomo è quindi [anche] identico alla necessità, quindi la necessità ha anche i caratteri dell’uomo, ma un uomo/soggetto necessario [la necessità come uomo] è dio.
3.] [argomento_B.] posto sul piano dell’essere_necessario, il pensiero lo pensa, quindi, esistendo l’identità [parmenidea] tra pensiero e oggetto pensato, deve esistere anche un pensiero necessario, e questo è dio.
4.] [argomento_C.] posto sul piano dell’essere_necessario, l’uomo essendo [anche] essere contingente, l’uomo vi è stato collocato con la mediazione di un soggetto, che lo ha creato [perché il principio non pone da se stesso soggetti contingenti], e questo soggetto è dio.
5.] [argomento_D.] posto l’uomo sul piano dell’essere_necessario, i caratteri dell’uomo sono forme necessarie, quindi divine, quindi dio esiste, perché dio è il soggetto che possiede tali caratteri in senso proprio.
6.] [argomento_E.] posto sul piano dell’essere_necessario, l’uomo è soggetto necessario, ma è anche soggetto contingente: deve dunque esistere dio come soggetto solo necessario.



DIMOSTRAZIONE_180: ARISTOTELICA
 
la cosmologia aristotelica è ancora valida [con i moti eterni circolari dei cieli], perché riguarda il mondo eterno divino. ma la prova aristotelica è comunque soggetta a tre tipi di critiche, che qui si cercherà di confutare, per renderla valida. essa dice quanto segue: tutto ciò che si muove, è mosso da altro, e questo da altro ancora; ma qualcosa si muove, e il rimando all’infinito tra le cause del moto non consentirebbe alcun movimento; deve quindi esistere un primo motore immobile, che si muove da se stesso, che trasmette il moto ai cieli e alla materia [che si muovono verso di esso come l’amante tende all’amato], che è intelligenza, la quale è pensiero di se stesso.
le tre critiche sono le seguenti:
 
1.] rilevano abbagnano e fornero che, secondo democrito, la materia è costitutivamente movimento, il quale quindi spiega se stesso, non rimandando il moto della materia ad una causa che sia esterna alla materia stessa.
2.] risulta non consentito il passaggio “qualitativo” da una concezione quantitativa della materia, che è in moto, ad una concezione [retorica/non scientifica] della materia come “amante tendente all’amato”.
3.] risulta inspiegato il perché il primo motore immobile dovrebbe essere un soggetto eterno e necessario che sia pensante e vivente, e non invece una macchina o un corpo celeste, comunque immoti.
 
l’argomentazione qui data non può che riguardare l’essere_necessario [già dimostrato esistente: l’essere_è], nel quale il problema è porvi un soggetto [se questo esiste, deve essere necessario, quindi è dio], perché il moto della materia nel cosmo creato apparente è evidentemente non finalizzato alla vita e quindi a dio. per esempio, se due galassie collidono, e una è la via lattea, l’umanità si estingue. ad esempio, ancora, un terremoto e un maremoto sono moti non finalizzati alla vita, quindi né all’uomo né a dio. nel creato apparente appaiono moti finalizzati alla vita, come i moti cellulari degli organismi vivienti, e moti casuali. ciò non contraddirebbe aristotele, che parte semplicemente dalla constatazione dell’esistenza del moto, ma l’episteme cerca di rendere valida l’argomentazione di aristotele proprio trasformando il concetto di “amante tendente all’amato” nel concetto di “moto finalizzato alla vita/al soggetto”.
per l’ipotesi di episteme, che è stata costruita, nella realtà esistono tre tipi di sostanze: l’esistenza, lo spirito e la materia:
 
1.] l’esistenza è immateriale e inorganica [essendo astratta], e contiene le forme di tutto ciò che esiste.
2.] lo spirito converge sull’anima spirituale di dio, anima organca, vivente e pensante.
3.] la materia [spazio e tempo/cosmo, tecnica e corpo] è inorganica come l’esistenza, ma è finalizzata allo spirito e a dio, come il corpo [DNA] all’anima, che in esso, tramite lo spirito, si incarna.
 
ecco quindi che la materia, in tali ipotesi [appartenenti alla metafisica_epistemica, che è la dottrina dell’essere_necessario], ha sì il moto dentro se stessa, ma questo moto esiste finalizzato allo spirito e all’anima, come l’orologio funziona per se stesso, ma esiste e i suoi meccanismi interni si spiegano, “per” l’uomo [finalizzati all’uomo]. quindi la materia è posta dalla necessità [esistenza], e il suo moto è determinato dal motore immobile, che è dio come soggetto. a questo punto occorre dimostrare che questo soggetto realmente esiste [nell’essere_necessario]. che cos’è/che cosa può essere il soggetto rispetto all’oggetto necessario, che è l’esistenza ? esso ne costituisce innanzitutto la sintesi puntiforme, che poi sarà rivestita dal corpo della materia. la materia è anche spazio e tempo, come lo spirito è infinità e eternità, e questi sono i luoghi fisici, rispettivamente, del corpo di dio e dell’anima di dio. si può ricavare l’esistenza del soggetto attraverso precedenti dimostrazioni. qui si è mostrato [all’interno della metafisica epistemica e della cosmologia epistemica] la validità della prova aristotelica: il moto della materia funziona per se stesso ma esiste come finalizzato al soggetto, e il primo motore immobile può essere anche un corpo celeste e la tecnica [il paradiso][una macchina], ma è anche l’anima di dio.
 
 
 
DIMOSTRAZIONE_181: PASCALIANA, PROBABILISTICA_QUINTA
 
secondo pascal, la scelta della fede nell’esistenza di dio non è un puro fatto di ragione, perché la ragione non può dimostrare l’esistenza di dio. questa scelta è esistenzialistica, riguardando il senso della vita, di essa ne va della vita, e l’uomo, di fronte alle due ipotesi, se credere o non credere in dio, non può scegliere di non scegliere: il rifiuto della scelta è come scegliere di non credere. quindi pascal dice che la scelta di fede può essere decisa come una scommessa [la quale può essere considerata come una prova dell’esistenza di dio di tipo probabilistico]: si scommette generalmente il certo per l’incerto, ed entrambi sono somme di danaro limitate, ad esempio rischio di perdere una somma di 10 per cercare di vincere una somma di 20. ecco quindi che, di fronte alla scelta dell’ipotesi di dio, appare razionale rischiare di perdere 10 [rinunciando ai piaceri della vita, che sono i peccati] per cercare di guadagnare molto di più di 20, ovvero una “somma infinita”, che è dio. la scelta appare razionale. d’altra parte, tenuto conto che se dio non esiste, si perdono i piaceri [moralmente illeciti] della vita, si può fare il ragionamento contrario: se non scommetto, e godo i piaceri eticamente illeciti della vita, e dio esiste, perdo tutto [perdo cioè la salvezza]. può aiutare a rafforzare questo argomento la considerazione secondo cui l’educazione può realmente rendere minima l’eventuale perdita [se dio non esiste] nella scommessa, nell’ipotesi di scommettere a favore dell’ipotesi di dio, perché l’uomo soffre della rinunica ai piaceri illeciti della vita solo se non è correttamente educato. è anche vero però che questa educazione, per essere efficace, presupporrebbe di sapere che dio esiste. tuttavia, sottolinea la sacra scrittura che la rinuncia richiesta non è particolarmente gravosa. inoltre l’essenza dell’etica non consiste nella rinuncia, ma nel far fruttare i talenti, cioè nella realizzazione positiva della persona umana, e la rinuncia può essere considerata come un togliere un impedimento [il peccato come ostacolo al sacrificio] a tale realizzazione [intesa come potenziamento] dell’uomo. ovvero, nell’ottica cristiana, si rinuncia ai piaceri inferiori per ottenere piaceri superiori. per questo il cristiano che scommette quasi non rischia nulla.



DIMOSTRAZIONE_182: SEVERINIANA_TERZA, SCISSIONALE_QUINTA
 
all’interno dei limiti posti dalla metafisica_epistemica, ovvero garantita la validità del portato della fede_cristiana, i cui dogmi sono spiegati razionalmente dalla teologia_epistemica, [a tali condizioni dunque …] è corretto il neo_parmenidismo, per cui “tutto è eterno”, quindi il soggetto è eterno, per cui dio esiste, essendo dio il soggetto eterno e necessario.
 
critica
 
è evidente il limite di tale dimostrazione: severino intende che è eterno non qualunque soggetto, ma l’uomo, e nell’ipotesi di considerare eterni sia gli uomini che dio, egli direbbe che si ha esperienza dell’uomo, mentre dio apparirebbe come un soggetto “privilegiato”. d’altra parte si è detto che la tesi neo_parmenidea [“tutto è eterno”] viene accolta qui entro i limiti della metafisica_epistemica, per la quale l’uomo non è eterno [perché è una forma corruttibile, e secondo la razionalità epistemica ciò che è eterno, esistendo secondo la sua funzionalità allo sviluppo del principio, deve avere anche una forma eterna/ad esempio: poiché l’uomo può inciampare o ammalarsi, l’uomo non è eterno/in tale considerazione consiste anche la critica epistemica al superamento aristotelico del platonismo: aristotele non può considerare “normale” (naturale) la corruzione dei corpi nel mondo, perché proprio essa dimostra che la forma perfetta deve trovarsi platonicamente nell’al di là/poi, rispetto alla teologia cristiana classica, l’episteme reintroduce lo schema quadripartito, e così il mondo, nell’al di là, è proprio il cosmo eterno aristotelico, terrestre e celeste/nell’ambito della metafisica_epistemica, la corruzione, rispetto all’essere_necessario non creato, è non_normale/la corruzione appartiene solo a una piccola parte della stessa creazione]. per questo motivo, se tutto è eterno e, quindi, anche il soggetto è eterno, l’uomo invece è contingente, cioè non è eterno. ecco quindi che la dimostrazione è scissionale: essa parte dall’uomo, vi ricava l’esistenza del soggetto, ma spezza il soggetto in soggetto non eterno [l’uomo] e in soggetto eterno [poiché “tutto (ad esclusione del creato) è eterno”], e questo soggetto eterno è dio. è evidente che tale dimostrazione si collega all’argomento di cui alla dim_178.  
 

 
DIMOSTRAZIONE_183: DELLA PROPORZIONE
 
il corpo dell’uomo appare allo specchio una forma perfetta ed una proporzione perfetta. ciò non è il caso per cui ogni animale direbbe, se fosse consapevole, di essere lui la forma perfetta. perché [questo la razionalità epistemica lo ha intuito da più di quindici anni] la forma dell’uomo è “neutra” [ora si dice “normale” o “standard”]: essa, cioè, non è una forma particolare, ma è l’unica forma che potrebbe essere [ad esempio, la testa è sferica, e non lo è perfettamente perché, essendo l’uomo trinitario, la testa è sintesi di tre sfere, di cui quella dello spirito santo “sporgente”, perchè “procedente”]. l’uomo quindi è riproduzione dell’essere. le sfere dell’essere si riproducono nell’uomo. ma [tenuto conto della sola forma sferica della testa], la sfera dell’essere si riproduce nella testa dell’uomo, come in una forma contingente e piccola. poichè dunque esiste tale riproduzione dell’essere nel soggetto, si può ammettere verisimilmente che l’essere sferico si riproduca anche in una testa che sia: non solo contingente, come l’uomo, ma anche eterna e necessaria, e non solo piccola, ma anche grande: una testa eterna e necessaria e grande è la testa di dio.
 
nota
 
questa dimostrazione è simile alla dim_12.      
all’obiezione, secondo cui è da dimostrare che l’uomo sia una riproduzione dell’essere, si risponde che la sfera della testa dell’uomo è una esatta proporzione [neutra], e poiché l’uomo appare/compare dal nulla, deve allora esistere una matrice dell’uomo, che sia esterna all’uomo, perché, proveniendo l’uomo dal nulla, l’uomo non può avere dentro di sé la causa della sua esatta proporizione, come della sua origine [ad esempio: se si dice che la forma dell’uomo è causata dai suoi genitori (dal loro DNA), non si può dire lo stesso di questo per tutte le generazioni passate, le quali, a livello animale, non possiedono più l’esatta proporzione]. ma questa è anche un’altra dimostrazione, per cui la matrice eterna e inorganica dell’uomo, come essere che si riproduce nell’uomo, appartiene a questa dimostrazione, invece la matrice diretta, come dio, appartiene ad una successiva dimostrazione.



DIMOSTRAZIONE_184: DELLA MATRICE_SECONDA, DELLA PROPORZIONE_SECONDA

 
poiché l’uomo [al di là dei propri genitori] proviene dal nulla, e possiede una esatta proporzione, poiché questa non può originarsi da sola, proveniendo l’uomo dal nulla, dio è quindi la matrice organica e eterna della forma dell’uomo [come dice la sacra scrittura: l’uomo è creato a immagine di dio].



DIMOSTRAZIONI_185: DELLA CONNESSIONE
 
sul piano/sulla linea dell’essere_necessario appare l’uomo, proveniente dal nulla [rispetto al neo_parmenidimso, per il quale l’uomo è eterno perché tutto è eterno, si è detto che l’uomo non ha la forma di un ente eterno], il quale uomo pensa la pensabilità di dio come concetto di un soggetto che è reale [pensato per essere un ente realmente esistente], razionale, necessario, eterno e esistente. dimostrare l’esistenza di dio significa riuscire a collegare a tale concetto proprio l’ultimo aggettivo, cioè l’esistenza. ma, ci si chiede, in chi è pensabile un tale concetto di dio ? nell’uomo, il quale emerge come pensiero e soggetto sul piano dell’essere_necessario. quest’uomo sta cercando di pensare l’esistenza di un altro soggetto, che, eterno, lo ha creato e lo ha posto su tale piano. due precedenti dimostrazioni hanno detto che dio esiste come unica possibile causa dell’uomo rispetto a tale piano, e come pensiero mediatore e condizione per l’intuibilità, da parte dell’uomo, dell’essere_necessario. ora si aggiunge che dio esiste, per questa ulteriore ragione: l’uomo è un soggetto proveniente dal nulla che è innestato/connesso al piano dell’essere_necessario, e poiché lo intuisce, anche il pensiero dell’uomo è connesso a tale piano: allora è necessario che pre_esistano, come pre_soggetto rispetto all’uomo, le condizioni di innesto/connessione dell’uomo a tale piano dell’essere_necessario, e quindi esse sono eterne e anche vivono e pensano per se stesse, e per questo sono dio. nella dim_179 si è detto che “esiste quindi una correlazione necessaria tra la necessità e l’uomo, perché l’uomo può esistere e sussistere solo in quanto “tollerato” dalla necessità”: tale pre_soggetto, che è dio, è la condizione che consente tale “tolleranza” di un essere/soggetto contingente, che è l’uomo, rispetto alle strutture dell’essere_necessario, che lo accolgono e che si fanno pensare da esso.



DIMOSTRAZIONE_186: ETICA
 
l’etica ha oggettivamente un senso [ne è prova il fatto che una società in crisi si appelli continuamente ad essa]. ma l’uomo è [in un certo senso] al di là del bene e del male: egli può compiere il male anche senza sensi di colpa. deve allora esistere dio, come colui al quale l’uomo deve obbedire per dare un senso all’etica. l’obbedienza, in questo senso, precederebbe l’etica. dio, imponendo all’uomo di seguire i precetti dell’etica, è la condizione di senso dell’etica.
 
nota
 
ci sono due considerazione che si possono fare su questo argomento, indipendenti dalla dimostrazione, con attinenza all’etica_epistemica:
 
1.] il fatto che l’obbedienza a dio fondi l’etica [dio imponendo di seguire l’etica all’uomo] è mostrato dalla sacra_scrittura con l’episodio del sacrificio di isacco da parte di abramo: l’ordine divino dato ad abramo di uccidere isacco pone l’uomo al di sopra/al di là del bene e del male [della morale naturale e del diritto naturale], in obbedienza a dio. il successivo divieto divino di compiere l’atto mostra un dio che ordina all’uomo di sottomettersi alla morale comune [etica_epistemica o etica_scientifica, che è quella cristiana].
2.] l’impostazione cristiana del problema morale e dei suoi fondamenti è una facile confutazione della legge di hume: obbedire a dio e alla norma morale [precetto] garantisce il paradiso [fatto]; non obbedire [violazione del precetto] comporta lo stato di condanna [fatto].
 

 
DIMOSTRAZIONE_187: SOFISTICA
 
questa dimostrazione nasce come uno pseudo argomento, come un gioco speculativo, ma la si può ritenere valida perchè significativa, consentendo di mettere in luce alcuni aspetti comuni a tutte le dimostrazioni. essa dice: “se dio non esiste, tutti gli uomini pensano che dio non esiste; ma alcuni uomini pensano che dio esiste; quindi dio esiste”.
 
critica
 
l’argomento è inconsistente, per due ragioni:
 
1.] alcuni uomini pensano che dio non esiste, ma dio potrebbe esistere.
2.] alcuni uomini pensano che dio esiste, ma dio potrebbe non esistere.

considerazioni
 
la dimostrazione è rilevante perché mette in luce due fatti:
 
1.] se dio esiste, l’uomo può pensarlo non esistente. ciò è stato spiegato col male e la libertà.
2.] se dio non esiste, l’uomo di fatto lo pensa anche esistente. come può accadere questo fatto ?
 
è evidenziato quindi che l’uomo pensa in modo anche svincolato dalla realtà dell’essere [questo è il portato rilevante della presente dimostrazione]. scrivono abbagnano e fornero a proposito della crisi della sofistica e della sua dissoluzione nell'eristica: "... la sofistica giunge alla creazione della cosiddetta "eristica" [da eiro = dico] ossia dell'arte di vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni dell'avversario, senza riguardo alla loro intrinseca verità o falsità concettuale [promuovendo... ] ... un virtuosismo verbale fine a se stesso" [abbagnano e fornero, "filosofi e filosofie nella storia", 1992, volume I, pag. 94]. la seconda condizione mostra la paradossalità di un uomo che, se dio non esiste, concepisce un dio non solo di tipo kantiano [cioè dio inteso come l’idealità di un proprio perfezionamento futuro, storico o/e ultramondano], ma come soggetto eterno, che esiste precedentemente l’esistenza dell’uomo, l’ha creata, e verso cui l’uomo è indirizzato, per il loro [di dio e dell’uomo] completamento reciproco. come tale concezione/tale lettura dell’essere può darsi, se l’essere non contiene dio/tale soggetto eterno e necessario ?
 
 
 
DIMOSTRAZIONE_188: ANSELMIANA_CLASSICA
 
si riprende qui l’argomento ontologico di sant’anselmo: “dio è ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore. allora dio esiste, perché, se dio non esistesse, si potrebbe pensarlo maggiore, cioè esistente”. tenuto conto delle critiche che le sono state mosse, la dimostrazione anselmiana dovrebbe dire, in realtà, così: se dio esiste, dio è ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore, dove ora il pensiero non presuppone l’essistenza di dio, ma la incorpora come condizione per la definizione del concetto di dio. in realtà, però, si ammette che, quando il pensiero dell’uomo pensa dio e definisce il concetto di dio, sta riportando una idea della mente. si distinugono ora due tipi di idee:
 
1.] gli eventi della realtà;
2.] le strutture della realtà.
 
solo gli eventi, e i loro elementi [tra cui i soggetti, come dio], possono essere pensati in modo fantasioso. inoltre, se anche una struttura della realtà [come dio] può essere pensata in modo fantasioso [come il sistema aristotelico-tolemaico o il politeismo greco], non pare sia possibile pensare in modo fantasioso una struttura semplice. ad esempio: dio e l’iperuranio sono strutture semplici, ma dio è ancora più semplice, essendo semplicemente un soggetto [persona]. nell’argomento ontologico la definizione di dio include l’esistenza di dio, perché questa struttura della realtà [dio] è teorizzata vera come pensata effettivamente. è per questo che non tutti i filosofi hanno rifiutato l’argomento ontologico. essi percepiscono che la propria intuizione di dio non è relativa a un nome, a cui dare un significato o una realtà, ma è intuizione di una idea, cioè è pensiero del pensiero, pensiero che si sa, che si conosce come corrispondente all’effettiva [struttura della] realtà. ci si collega qui alla dimostrazione dim_187: non pare verosimile [e il dubbio è tolto da una opportuna gnoseologia, come la gnoseologia_epistemica, per la quale il pensiero riproduce l’essere, costruita come derivata dalla metafisica_epistemica, per la quale l’essere si riproduce nel pensiero], che il pensiero possa inventarsi fantasiosamente, come nelle favole [che sono eventi], anche strutture della realtà, senza che esse non siano [in linea di massima] realmente nella realtà. perciò l’argomento ontologico può risultare valido, tenuto conto che dio è concetto che incorpora la propria esistenza, perché non è concetto come nome, ma è concetto come idea, pensata perché questa stessa idea, come realtà, impone se stessa al pensiero umano, e si fa da esso pensare come corrispondente alla sua realtà, esterna al pensiero dell’uomo. se non fosse così, non si spiegherebbe perché l’argomento ontologico appare alla mente umana come realmente paradossale, capace cioè di suscitare nel pensiero l’intuizione della sua potenziale validità argomentativa.



DIMOSTRAZIONE_189: DEL PENSIERO
 
la dimostrazione dim_1 dice che, perché esista un pensiero, che sia realmente pensiero [non secondo l’idea o l’idealità del pensiero, ma secondo la forma, l’essenza e la funzione del pensiero], il pensiero deve essere continuo [quindi eterno] e totale [quindi infinito], e questo pensiero, che non è il pensiero dell’uomo, è il pensiero di dio ed è dio come pensiero. nella dimostrazione dim_158 si è detto inoltre che, perché l’uomo possa pensare l’essere_necessario, deve esistere in esso un pensiero che pensi l’essere_necessario, cioè un pensiero mediativo [che svolga una mediazione tra l’uomo e l’essere_necessario], pensiero “immerso” nella necessità, e questo è dio. ora [anche riprendendo in parte la dimostrazione dim_6, per la quale, se l’uomo pensa la necessità, l’uomo è necessità, quindi la necessità è anche uomo, ma l’uomo (totalmente) necessario è dio] si dice, più brevemente e immediatamente che, poichè l’uomo pensa l’essere_necessario, è immediata la considerazione dell’esistenza del pensiero necessario, e questo è dio.
 
 
 
DIMOSTRAZIONE_190: METAFISICA_SECONDA
 
poiché esiste l’essere_necessario, devono anche esistere tutte le sue forme, e una di queste è il soggetto [perché il soggetto è una forma pura e semplice], per cui esiste il soggetto necessario, e questo è dio.
 
nota
 
questa dimostrazione è intuitiva, per cui è anche indipendente dal successivo argomento della dimostrazione dim_191, che lo amplia, spiegandolo.
 
 
 
DIMOSTRAZIONE_191: METAFISICA_TERZA
 
questa dimostrazione costituisce un ampliamento della precedente dimostrazione dim_190, ed è una sintesi tra la dimostrazione dim_190 e la, ad essa precedente, dimostrazione dim_189:
 
1.] esiste l’essere_necessario.
2.] questo essere_necessario è evidentemente l’al di là, perché l’uomo non ha esperienza, nel suo mondo, della necessità, essendo esso corruttibile, tranne che per alcune forme di necessità, quali il pensiero della necessità, il concetto di necessità, i concetti non corruttibili di spazio e tempo, e di infinito e di eterno, anche se tali concetti non appaiono nel mondo dell’uomo, il quale appare appunto corruttibile.
3.] esiste quindi la differenza tra al di là e al di qua, nella quale però non si sa se l’uomo vivrà anche dopo la morte, o se “dopo la morte” è il luogo dell’apparire e dell’esperienza dell’al di là, cioè dell’essere_necessario [non lo si sa fino a quando non è dimostrata l’esistenza di dio].
4.] ma l’essere_necessario non è un puro piano dell’esistenza senza forme: esso [secondo la metafisica_epistemica] è un piano differenziato, e le sue forme, non corruttibili, sono le forme stesse dell’al di qua, qui corruttibili, essendo l’al di qua riproduzione dell’al di là.
5.] tra queste forme sono il soggetto e il pensiero umani, che devono quindi esistere anche nell’al di là come forme non corruttibili, ed esse sono quindi dio, per cui si dice che, come l’al di là [non corruttibile] si riproduce nell’al di qua [corruttibile], l’uomo [corruttibile] è la riproduzione di dio [non corruttibile], per cui l’esistenza dell’uomo dimostra l’esistenza di dio.



DIMOSTRAZIONE_192: DEL COMPLETAMENTO, DELLA COERENZA, DELLA LINEA
 
questa dimostrazione, che riformula l’argomento della dimostrazione dim_158, può essere definita …
 
1.] del completamento della matrice
2.] della coerenza dell’esistenza e del ragionamento
3.] della linea [o piano dell’essere] spezzata.
 
dimostrazione
 
1.] esiste l’essere_necessario [l’essere è e non può non essere].
2.] questo essere_necessario non è certamente il mondo apparente, che, essendo corruttibile [le galassie collidono, gli atomi decadono o vengono spaccati, l’universo avrà una morte fredda o calda, gli uomini, gli animali e le piante muoiono], non ha la forma dell’essere_eterno [che è incorruttibile].
3.] questo essere_necessario, che è un oggetto ed è eterno, è pensato dal pensiero di un soggetto, l’uomo, che è contingente.
4.] si verifica quindi l’esistenza del piano dell’essere come di una linea spezzata, che va dal principio [l’essere_necessario e eterno] a un pensiero non eterno, che lo pensa, nell’uomo.
5.] per la coerenza di questo piano esistenziale e della ragione del suo sviluppo, deve quindi potersi completare una matrice a quattro sezioni, due delle quali sono state già poste, e sono l’essere_eterno e il pensiero_contingente [l’uomo], e le altre due sezioni sono date dall’essere_contingente e dal pensiero_eterno: il primo è il mondo creato apparente, e il secondo è dio, che deve quindi esistere per il completamento di questa matrice dell’essere, per la coerenza dell’essere e per ricongiungere la linea spezzata tra il principio e l’uomo, come termine mediatore tra di essi.



DIMOSTRAZIONI_193: DELLA RELAZIONE
 
è stato detto che è dimostrata l’esisenza di dio, se si dimostra che l’al di qua è riproduzione dell’al di là [dimostrazioni dim_183 e dim_191], perché in questo modo l’uomo_soggetto_contingente è riproduzione di dio_soggetto_necessario. nella religione l’uomo è in relazione con dio, e questa relazione può essere così intimistica e intensa, da far percepire la presenza di dio. non si intende dire, che si percepisce l’esistenza di dio, si intende dire che esiste nell’uomo la struttura mentale per instaurare la relazione con dio, inteso come soggetto assoluto [relazione mistica] percepito come altro dall’uomo, esattamente come esiste nell’uomo la struttura mentale per l’instaurare relazioni sociali [dove l’“altro” è percepito interiormente e “vive” dentro l’uomo, anche indipendentemente dalla relazione diretta]. ora, l’esistenza di tale struttura mentale nell’uomo [quella del rapporto relazionale tra l’uomo e dio] è prova della riproduzione, di cui si è detto all’inizio: questo canale relazionale, interno all’uomo, presupposto per il dialogo religioso e psicologico tra l’uomo e dio, presuppone la riproduzione reale di dio dentro l’uomo.



DIMOSTRAZIONE_194: STANDARD_CLASSICA_PRIMA
 
riprendendo le ultime dimostrazioni [come la dimostrazione dim_192], l’esistenza di dio si ricava da questa semplice considerazione [questa dimostrazione è stata già formulata, ma ora la si espone in modo più breve]. esiste l’uomo. l’uomo, anche per il fatto di intuire la necessità, è connesso alla necessità. l’uomo è quindi soggetto immerso nell’essere_necessario. esiste quindi un soggetto nell’essere_necessario. ebbene, secondo la metafisica_epistemica [da cui deriva la gnoseologia epistemica, che è la teoria della conoscenza normale o standard], esiste un unico modo in cui il pensiero, la conoscenza e la vita di un soggetto, se un soggetto esiste, potrebbe esistere, rispetto alla necessità dell’essere e alle forme della necessità e poste dalla necessità, e questo modo è quello standard, il quale, non esistendo nell’uomo, esistendo l’uomo, cioè il soggetto, nella necessità, deve quindi esistere in dio, soggetto_standard, nel quale la vita e la conoscenza sono esistenziamente [perché eterne] e formalmente [perché standard] normali.
 
 
 
DIMOSTRAZIONE_195: STANDARD_CLASSICA_SECONDA
 
Riprendendo il ragionamento della dimostrazione dim_194, si ricava una ulteriore dimostrazione. l’uomo, anche per il fatto di intuire la necessità, è connesso alla necessità. l’uomo è quindi soggetto immerso nell’essere_necessario. esiste quindi un soggetto nell’essere_necessario. ebbene, secondo la metafisica_epistemica [da cui deriva la gnoseologia epistemica, che è la teoria della conoscenza normale o standard], esiste un unico modo in cui il pensiero, la conoscenza e la vita di un soggetto, se un soggetto esiste, potrebbe esistere, e questo modo è quello standard, il quale, non esistendo nell’uomo, esistendo l’uomo, cioè il soggetto, deve quindi esistere in dio, soggetto_standard [questa è la dimostrazionbe dim_194. ora si aggiunge che …] … inoltre l’essere_necessario, è stato detto, “tollera” l’uomo [come dicono le dimostrazioni dim_179 e dim_185]. questo significa che non solo l’uomo è soggetto non_normale [perché non è standard, in quanto le forme della sua vita e della sua conoscenza sono non normali rispetto alle forme della necessità], ma significa anche che l’uomo non potrebbe esistere e sussistere, rispetto alla necessità, e quindi si deve ammettere l’esistenza di dio come del soggetto che consente all’uomo di sussitere, esistenzialmente e formalmente, rispetto alla necessità dell’essere e alle forme della necessità. ciò significa che tale “tolleranza” dell’uomo, non normale, da parte dell’essere_necessario normale, è mediata da dio, perché dio è soggetto, e il soggetto normale [dio] lega, come detto [dimostrazione dim_189, che riprende la dimostrazione dim_158] l’uomo all’essere_necessario.



DIMOSTRAZIONE_196: DEL PENSIERO_SECONDA, SCISSIONALE_SESTA
 
esiste [nell’uomo] il pensiero dell’essere. tutto ciò che esiste, è determinato dall’essere [essere come principio/il creato è determinato dal principio con la (libera) mediazione di dio]. l’essere ha quindi determinato il pensiero dell’essere. l’essere è infinito, quindi il contenuto del pensiero dell’essere è infinito. ma se un contenitore [il pensiero] racchiude, come contenuto, l’infinito [l’essere, del pensiero dell’essere], anche il contenitore [il pensiero] è infinito: il pensiero infinito è dio.
 
nota
 
la dimostrazione è detta scissionale perché parte dal pensiero dell’uomo e distingue da esso il pensiero che è dio.
 

 
DIMOSTRAZIONE_197: DELLA STORIA, DELLA FILOSOFIA
 
la storia della filosofia e la storia dell’umanità sono costruite per/con forme esteticamente non casuali, ma perfette [platone, aristotele, hegel, nietzsche, ecc./cesare, garibaldi, cavour, leopardi, manzoni, ecc.]. quindi, poiché, ad esempio, platone non ha determinato platone [ad esempio, non ha deciso il proprio nome], deve esistere nella storia una mente superiore, che ha pianificato e costruito la storia della filosofia e la storia dell’umanità, e questa mente è dio.
 
nota
 
si è distinta la storia della filosofia dalla storia dell’umanità per sottolineare la bellezza dei nomi dei filosofi: democrito, speusippo, marx, gadamer, ecc.
 

 
DIMOSTRAZIONE_198: DELLA FORMA_SECONDA
 
l’uomo e la donna sono forme perfette, ma non_normali. deve quindi esistere, rispetto all’essere_necessario [che non ammette forme non normali], una causa e una matrice di tale perfezione formale di tipo non_normale, che ha creato l’uomo e la donna, e questa causa e matrice è dio.
 
nota
 
si osserva che tutte le dimostrazioni epistemiche presuppongono una connessione dell’uomo all’essere_necessario. il senso comune e la scienza_moderna_contemporanea pensano che l’uomo sia una quantità isolata/scissa dall’essere, e come tale totalmente manipolabile. ma ciò non è possibile [secondo la metafisica_epistemica], perché può esistere solo ciò che è funzionale alla necessità, e le stesse causazioni interne al caos, pur senza forma, esistono per tale funzione. questa funzionalità alla necessità di ciò che esiste è, per il creato, mediata da dio. una conseguenza di tale concezione è che esistono limiti assoluti [naturali, non etici, ed etici in quanto naturali] alla manipolazione dell’uomo. secondo questa concezione, dunque, l’uomo è un ente, le cui reali proporzioni [non apparenti] sono [fisicamente e esistenzialmente] infinite, e in tali profondità dell’essere_uomo avviene la congiunzione tra il pensiero dell’uomo e l’essere_necessario, congiunzione possibile sono in quanto [come detto nelle dimostrazioni] essa è mediata da dio_soggetto_necessario.
 
 
 
DIMOSTRAZIONE_199: DELLA CONNESSIONE_SECONDA
 
l’uomo, che pensa la necessità, è connesso alla necessità. il punto di connessione [“congiunzione”, come detto nella nota della dimostrazione dim_198] tra l’uomo e la necessità deve avere i caratteri dell’uomo e della necessità. esso è quindi la necessità come uomo, e questa è cristo, cioè dio.
 
nota
 
questa dimostrazione di collega alla nota della dimostrazione dim_198, che per la parte richiamata qui si ripete: “l’uomo è un ente, le cui reali proporzioni [non apparenti] sono [fisicamente e esistenzialmente] infinite, e in tali profondità dell’essere_uomo avviene la congiunzione tra il pensiero dell’uomo e l’essere_necessario, congiunzione possibile sono in quanto [come detto nelle dimostrazioni] essa è mediata da dio_soggetto_necessario”.
 
 
 
DIMOSTARZIONE_200: EPISTEMICA_TOMISTICA, DELLA PARTECIPAZIONE
 
premessa
 
secondo la filosofia tomistica dio è l’essere puro, e gli enti creati sono forme ed essenze che non hanno l’essere in se stessi [distinzione tra essere ed essenza], ma lo hanno [per cui esistono] per partecipazione all’essere di dio, il quale solo è unione tra essere ed essenza. secondo l’episteme, questo essere_puro è il principio, cioè la semplice esistenza [che non è dio, dio essendo massima complessità]. vale la distinzione tra essenza [forma] e essere. la forma [l’uno, la diade, la tecnica, dio, la fonte, il paradiso, l’emanazione, l’evoluzione, ecc.], detta nell’episteme “ipostasi”, è la struttura e strutturazione dell’essere_puro [il principio], per cui anche in tali forme, come dio, l’essere è inscindibile dall’essenza, per cui ogni ente [sintesi di essere e essenza] esiste necessariamente. ciò spiega perché nell’episteme si può accogliere il neo_parmenidismo: “tutto [ad esclusione del creato] è eterno”. ma vale sempre quella distinzione, tra forma e essere, per cui dio ha potuto anche aggiungere nuovo essere a forme specifiche [previste dalla necessità/di tipo non_normali] per il creato.
 
dimostrazione
 
ciò posto, è necessario che l’essere dell’uomo_soggetto, perché possa esistere rispetto all’essere_necessario, partecipi dell’essere_puro sono con la mediazione del corrispondente ente_necessario come soggetto, e questo è dio. cioè l’uomo_soggetto può esistere e partecipare all’essere [principio], solo con la mediazione dell’essere_necessario come/in quanto soggetto, e questo è dio. l’uomo esiste perché partecipa non direttamente al principio, ma al principio_come_soggetto, il quale è dio.  
 


DIMOSTAZIONE_201: DELLA BELLEZZA
 
la bellezza è normale e deriva dalla necessità. ma la bellezza, che è sempre carattere necessario, relativamente al creato è di tipo non_normale [come le forme del creato], e quindi rispetto all’essere_necessario_normale, la bellezza [e le forme] del creato è stata progettata e creata da dio. aristotele ha intuito le forme, ma non ha intuito che esse, oltre a essere corruttibili [e quindi create, cioè non eterne], sono anche formalmente non_normali, esse sono cioè manipolate da dio [creazionismo epistemico] rispetto alla necessità.
 
nota
 
questa dimostrazione ripete in parte l’argomento della dimostrazione dim_198.



DIMOSTRAZIONE_202: STATISTICA, PROBABILISTICA_SESTA
 
il fatto che tutte le costanti fisiche fondamentali dell’universo consentano la vita [secondo quanto anche dice il principio antropico], dimostra l’esistenza di dio come causa di tale corrispondenza statistica della natura alla vita [dimostrazione già anticipata da altre dimostrazioni e ricavata anche dal paradigma del bio_logos].    
nota
 
la dimostrazione dim_1, si è detto, si è servita del principio antropico. esso dice che l’universo è fatto in modo che la mente lo pensi, perchè l’universo, così come è fatto, consente la vita, e quindi l’esistenza di un mente che lo pensi. una formulazione del principio antropico dice che "deve necessariamente svilupparsi una elaborazione intelligente dell'informazione nell'universo, e una volta apparsa, questa non si estinguerà mai" [fonte: wikipedia]. questa tesi riflette il modo in cui il principio antropico è stato pensato nella dimostrazione dim_1. si osserva la differenza di tale tesi rispetto all’episteme:
 
1.] rispetto all’esistenza [matrice del cosmo eterno], necessariamente esiste dio, che non appare in un certo momento, ma è eterno.
2.] dio inoltre pensa innanzitutto se stesso [secondo aristotele].
3.] rispetto all’universo eterno, esiste necessarimente il corpo di cristo_uomo, che pensa se stesso e l’universo.
4.] rispetto al creato, la vita umana non è necessaria, ma è creata da dio in aggiunta. essa si estingue nell’universo, e vive eternamente solo in paradiso.



DIMOSTRAZIONE_203: TOLEMAICA_SECONDA, COSMOLOGICA_SESTA
 
poiché l’episteme pone un centro nel cosmo [centro finalizzato alla vita], come il cosmo anche questo centro è troppo grande per essere commisurato solo per l’uomo: esso è dunque commisurato, in ordine di dimensioni crescente: per cosmo-adamo, per l’anti_dio [riproduzione di dio nel creato] e per dio. dio quindi esiste, perché il centro del cosmo è per un organismo vitale [soggetto] grande, e questo è dio.  
 
nota
 
questa dimostrazione trascura di precisare la distinzione tra immanenza e trascendenza, e tra creato [trascendente e immanente] e non_creato/mondo_eterno [trascendente e immanente]. si precisa che, anche indipendentemente dalla configurazione reale del creato e dell’al di qua [parte del creato], il sistema aristotelico_tolemaico è comunque, epistemicamente, possibilmente ancora una valida rappresentazione del cosmo_eterno_non_creato [“eterno”, cioè aristotelico: il cosmo dell’al di là].
 
 
DIMOSTRAZIONE_204: IMMEDIATA_SECONDA
 
nella dimostrazione dim_179 si dice che “sul piano dell’esistenza_necessaria è collocato l’uomo”. questa semplice e diretta considerazione, che cioè nell'essere_necessario è collocato l'uomo inteso come essere_... e soggetto_contingente, consente di intuire in modo immediato l’esistenza di dio, perché in tale considerazione dio, in base a precedenti dimostrazioni, in quanto soggetto_necessario, è il necessario mediatore tra l’uomo [essere/soggetto_contingente] e l’essere_necessario, essendo dio come …
 
1.] rispetto alla necessità, causa dell’esistenza dell’uomo.
2.] rispetto alla necessità, punto di innesto, nella necessità, in quanto dio_soggetto_necessario, dell’uomo_soggetto_contingente.  
3.] rispetto all’essere_necessario, pensiero immerso in esso per la sua pensabilità da parte dell’uomo.
4.] rispetto all’essere_necessario, soggetto le cui forme_soggettive [cioè di “soggetto”/organismo vivente e pensante/ad esempio: mente, pensiero, organi, spirito, anima, occhi, ecc./senz’altro cervello/è dubbio invece, ad esempio, per i polmoni, ecc.], anche appartenenti all’uomo in modo non_normale [e anche corruttibile], sono aristotelicamente eterne.
5.] rispetto all’essere_necessario, soggetto che è mediatore per l’uomo per trasmettere a questo, solo in quanto entrambi soggetti, l’essere/esistenza, per partecipazione.
6.] seguono forse anche altre determinazione che prevedono dio come mediatore tra l’uomo e la necessità, determinazioni di cui qui non ci si ricorda.

nota

tutte le dimostrazione epistemiche si fondano su un presupposto, che costituisce una delle critiche epistemiche più importanti al pensiero moderno, al senso comune, alla scienza contemporanea e alla storia della filosofia: l'uomo non è [come si crede comunemente e come pensano anche gli scienziati] una quantità isolata dall'essere, come se l'uomo, posto in una stanza, fosse tutto racchiuso, in ogni sua determinazione, in quella stanza: l'uomo ha una "corpo", un prolungamento, di tipo esistenziale [base_esistenziale], spirituale e materiale, di estensione infinita, che lo collega al tutto, ma non in modo casuale, bensì in modo strutturale e strutturalmente connesso all'essere e al principio, in modo gerarchizzato, ovvero alla struttura gerarchizzata dell'essere. tale profondità esistenziale, strutturale, non apparente, dell'uomo, fa sì che l'uomo sia connesso con l'essere_necessario [ad esempio, nell'intuizione del pensiero umano dell'essere_necessario: "l'essere è/esiste, e non può non essere", come dice parmenide], e poichè l'uomo è soggetto_contingente [con tutta la sua estensione infinita, ma non eterna: eterna solo in futuro], dal rapporto tra essere_necessario e, in esso collocato, uomo come soggetto_contingente derivano diverse dimostrazioni, come questa, perchè tale rapporto non può essere spiegato senza dio come mediatore tra i due termini del rapporto.  



DIMOSTRAZIONE_205: DEL PENSIERO_TERZA
 
questa dimostrazione riprende gli argomenti delle dimostrazioni dim_6, dim_158 e dim_177:
 
1.] secondo il pensiero comune [accolto dall’episteme e anche dalla teologia_cristiana] l’uomo proviene dal nulla. il pensiero dell’uomo proviene quindi dal nulla.
2.] esso pensa concetti, che non derivano dall’esperienza: l’eterno e l’infinito, il razionale, l’esistente [che non è l’apparente] e il necessario.
3.] questi concetti non sono posti dal pensiero dell’uomo, che proviene dal nulla, ma sono determinati [come la forma del pensiero dell’uomo e del soggetto come uomo] dall’essere_necessario [come dice la dimostrazione dim_177].
4.] questi concetti sono pensati come veri: riguardano infatti la struttura, infinita, eterna, razionale e necessaria, dell’essere_necessario.
5.] occorre ora dimostrare che tali concetti riguardano anche un/il soggetto [dio], il quale è anche pensiero [occorre dimostrare che tali concetti riguardano anche un/il pensiero].
6.] come è stato detto nella dimostrazione dim_6 a proposito dell’essere, che si identifica con il pensiero che lo pensa, il pensiero dell’infinito e dell’eterno comporta [secondo parmenide] l’identità tra pensiero, da un lato, e l’eterno e l’infinito dall’altro.
7.] questo significa [come detto nella dimostrazione dim_158], che è possibile, nell’uomo, il pensiero dell’infinito e dell’eterno, solo se esiste un pensiero che pensi sempre l’infinito e l’eterno, esterni ad esso, e che sia infinito e eterno, che cioè abbia l’infinito e l’eterno dentro se stesso. questo pensiero è dio.



DIMOSTRAZIONE_206: IMMEDIATA_TERZA
 
l’inizio dell’analisi critica della dimostrazione dim_1 [analisi non ancora attuata] ha prodotto una nuova dimostrazione. essa dice che “dio esiste [semplicemente] perché esiste il pensiero o anche il soggetto”, cioè “poiché il pensiero e il soggetto esistono, dio esiste”. infatti, rispetto all’essere_necessario, è razionale e comune la considerazione secondo cui il pensiero è concetto intrinsecamente eterno, razionale, necessario e reale [così come il soggetto], dove reale non significa “presupposto esistente”, ma significa che il pensiero è  concetto che esiste per significare l’esistenza del pensiero come realtà nella realtà. si intende dire che “pensiero” è concetto puro, è forma ed essenza aristotelica, quindi eterna, e poiché anche reale, il pensiero eterno e reale è dio. cioè: anche se l’uomo non esistesse, esisterebbe il pensiero [… ma, in cristo, anche l’Uomo è concetto eterno], e poiché il pensiero esiste per essere pensiero reale, il pensiero_reale_eterno è dio.    



DIMOSTRAZIONE_207: DELLA BELLEZZA_SECONDA
 
la bellezza [che appare, nella natura e nell’uomo] è una forma necessaria, quindi eterna. Se è eterna, precede l’apparire dell’uomo. Ma non può esistere la bellezza eterna, umana, in relazione alla non esistenza dell’uomo, senza che esista un uomo, a cui questa bellezza, che è eterna, appartenga in modo attuale. Quindi, come la bellezza umana è eterna, perché necessaria, esiste anche un uomo eterno, a cui riferire attualmente la bellezza umana, e questo uomo eterno è cristo, cioè dio.
 
nota
 
si osserva che …
 
1.] … questo ragionamento non può essere attribuito a dio direttamente [in quanto idea eterna], perché mentre la bellezza appare, dio non appare.
2.] inoltre questo ragionamento deve fare leva sulla bellezza dell’uomo, e non semplicemente e più direttamente sulla forma dell’uomo, perché questa, essendo non_normale, potrebbe anche essere non eterna [è eterna, ma come eternità dell’idea dell’uomo_creaturale, non esistente in eterno], invece la bellezza della forma umana prescinde dalla non_normalità della forma dell’uomo creaturale, perché è bellezza sia di questo sia dell’uomo, la cui forma è normale, cioè cristo e l’anima_paradisiaca dell’uomo creaturale portato in paradiso.



DIMOSTRAZIONE_208: PERSONALISTICA, RTZ_8
 
questa dimostrazione riprende il tema della dimostrazione dim_39. nella sua autobiografia [J. Ratzinger, “La mia vita”], ratzinger scrive: “… Non saprei indicare una prova della verità della fede più convincente della sincera e schietta umanità che la fede ha fatto maturare nei miei genitori e in molte altre persone che ho potuto incontrare”.
queste parole dicono che …
 
1.] la fede [la credenza nell’esistenza di dio], e soltanto essa, …
2.] … ha causato una determinata “umanità” [“determinata”, ovvero “sincera e schietta”] …
3.] … la cui esistenza dimostra la verità della fede stessa.
 
l’espressione “prova della verità della fede” significa che l’intelletto intuisce, che questa fede non può consistere solo in una credenza, perché questa umanità è tale, per cui essa esiste solo perché causata dalla certezza. l’uomo può credere, illudersi di tale certezza, ma il dubbio non potrebbe generare tale umanità, essa esiste perché è soprannaturale, ovvero perché sostenuta dall’alto, per cui il cielo [dio] esiste, agendo sull’uomo. ratzinger, constatando l’esistenza di tale umanità, non constata solo che alcuni uomini hanno saputo “illudersi bene”, ma che qualcosa di esterno ad essi ha agito in essi sostenendo dall’alto il loro agire ed essere, la loro umanità: credere che dopo la morte ci sia il paradiso, può aiutare a vivere bene, ma ”oggettivamente” solo l’esistenza effettiva del paradiso consente il reale vivere bene [cioè l’amare in senso cristiano]. la dim_39 è richiamata per la corrispondenza tra l’essere etico dell’uomo e la verità logica_speculativa della struttura dell’essere, su cui tale struttura etica si fonda: solo dio può suscitare quel timore di dio e del suo giudizio, da cui solo discende la condotta umana perfettamente ispirata all’amore.
ci si collega quindi anche alla dimostrazione dim_168: il timore di tradire questo amore puro genitoriale suscitato dalla fede, e quindi di tradire la fede, mette in secondo piano, e quindi lo fa anche a livello speculativo, la questione della consistenza speculativa_veritativa di questa fede: è la purezza dell’amore cristiano che è prova della verità della fede: una tale purezza [desiderio], per la quale l’uomo non ha bisogno d’altro: vivendo d’amore, dell’amore di dio come dei propri genitori, la necessità di fondare questo amore su di una dimostrazione speculativa dell’esistenza di dio passa in secondo piano [anche speculativamente]: l’esistenza di questo amore è prova “sufficiente” dell’esistenza di dio, che è sua fonte [causa] soprannaturale, fonte di un amore [umano_terreno], che esiste solo perché causato dall’alto [da dio].


DIMOSTRAZIONE_209: CREAZIONISTICA_TERZA
 
il creazionismo agisce come intuizione a carattere epistemico, la quale intuisce l’esistenza di un progetto intelligente [e quindi di dio], riguardo alle seguenti variabili [che qui sono state allargate]:
 
1.] le variabili dell’universo, tali da consentire la vita.

2.] le variabili del sistema solare [nella galassia “via lattea”], tali da consentire la vita.
3.] le variabili del pianeta terra, tali da consentire e accogliere la vita.
4.] la conformazione dei continenti, tali da consentire lo sviluppo dei popoli.
5.] la distribuzione delle risorse naturali, tali da favorire un equilibrato processo storico, in cui i singoli e i popoli si incontrano.
6.] la struttura organica della vita, calibrata per il pianeta terra.
7.] la forma perfetta e non più perfettibile dell’essere umano.
8.] i prodotti archetipici della cultura [storia della filosofia, letteratura, cinematografia, musica, ecc.].
9.] le forme archetipiche della storia [nomi delle epoche, dei processi storici, delle figure storiche, ecc.] [un articolo di giornale riportava come cambierebbe la storia se le figure storiche avessero il cognome della madre: da tale articolo appariva come questo cambiamento farebbe della storia un processo meno estetico, più casuale, ovvero meno “progettato”].

10.] altre determinazioni.

tutto questo manifesta l’agire nell’universo e sulla terra di un piano intelligente, tale da escludere l’azione del caso nell’esistenza dell’uomo. si osserva che questo insieme di variabili non è solo di tipo quantitativo, ma è l'incrocio di variabili di tipo, insieme, quantitativo e qualitativo, per cui esso non può essere una mera coincidenza.  

 

DIMOSTRAZIONE_210: CRISTOLOGICA, EPISTEMICA
 
questa dimostrazione dimostra l’esistenza di dio_figlio:
 
1.] l’episteme è la conoscenza, quindi è il pensiero-soggetto e la sua rappresentazione.
2.] la conoscenza è conoscenza [rappresentazione] dell’oggetto, oggetto cui appartiene il soggetto.
3.] l’oggetto è l’Intero [di cui una parte è il soggetto].
4] il soggetto-conoscenza dell’Intero è il doppio-Intero-come-soggetto: è l’Intero duplicato nel soggetto.
5.] l’episteme è quindi il soggetto_Intero, ovvero l’Intero-come-soggetto.
6.] il soggetto-come-Intero è dio, ma in particolare è quella parte di dio preposta specificamente al pensiero e alla conoscenza, cioè il verbo-logos: il Figlio.
7.] l’episteme è quindi, all’interno della trinità, il Figlio, inteso come “cervello” del Padre [suoi pensiero, mente e Intelletto].
 
considerazioni
 
la dimostrazione ripete gli argomenti delle dimostrazioni dim_1 e dim_6:
 
1.] essa parte dalla definizione della conoscenza come soggetto_pensante.
2.] poi dice che la conoscenza è conoscenza dell’oggetto, quindi dell’Intero [essendoci un solo oggetto: il tutto].
3.] ma una conoscenza, che è soggetto_pensante, dell’Intero, è il soggetto_pensante_Intero, cioè dio inteso come soggetto_Intero [soggetto “immenso”, la cui proporzione è cioè commensurata al tutto, da esso conosciuto].



DIMOSTRAZIONE_211: ETIMOLOGICA
 
questa dimostrazione continua una ipotesi di definizione del problema teistico, che viene riportata in nota:
 
1.] esiste, come anapodittica [che non ha bisogno di essere dimostrata esistente] necessariamente la necessità [“l’essere è e non può non essere”, secondo parmenide].
2.] la necessità è l’oggetto_necessario [l’oggetto].
3.] l’esistenza di dio sarebbe l’esistenza, all’interno della necessità/oggetto_necessario, di un soggetto_necessario [successivamente di potrebbe dimostrare che, se esiste un soggetto_necessario, che è dio, esso è anche unico: dimostrazione del monoteismo].
4.] l’oggetto è termine che denota, secondo necessità, primariamente la necessità.
5.] il soggetto sarebbe, quindi, il termine che denota, secondo necessità, primariamente il soggetto_necessario, cioè dio.
6.] se la parola “soggetto” è una convenzione tale, per cui alla parola “oggetto” [termine necessario denotante necessariamente la necessità], è solo stata storicamente aggiunta, in modo convenzionale, la “s”, ottenendo “s_oggetto”, allora non è necessaria la denotazione del soggetto a dio, perché la parola “soggetto” non è necessaria. se, invece, si dimostra che la parola “soggetto” ha una sua etimologia, che sia indipendente e co-originaria a quella dell’oggetto, allora il termine “soggetto” è anch’esso necessario [come l’oggetto], e denoterà i termini più comuni espressi dal suo significato [dai quali, che si riportano, sono stati appositamente esclusi quelli dell’uso filosofico della parola].
7] segue l’etimologia delle parole “oggetto” e “soggetto” [dal vocabolario zingarelli, 2004] [si osserva che il significato della parola “oggetto” rimanda al “soggetto”]:
 
a.] oggetto = [lat. obiectu(m) “cosa gettata contro, posta innanzi”, part. pass. nt. di obicere “gettare contro”, comp. di ob- “contro” e iacere “gettare”]. significato: correntemente, ogni cosa, spec. solida, che può essere percepita dai sensi e in particolare mediante la vista o il tatto.
 
b.] soggetto = [lat. tardo subiectu(m) “soggetto”. nt. sost. di subiectus, part. pass. di subicere “sottoporre”/dall’aggettivo … lat. subiectu(m), part. pass. di subicere “sottoporre” comp. di sub “sotto” e iacere “gettare”]. significato: (gramm.) la persona o la cosa che fa o subisce l’azione espressa dal verbo o si trova nella condizione indicata dal verbo; (med.) individuo, persona, in quanto presenta determinate caratteristiche cliniche.
 
8.] come si vede, la parola “soggetto” non è una convenzione nata dalla parola “oggetto”, ma ha una sua etimologia originaria e indipendente dall’etimologia della parola “oggetto”, e i significati rimandano alla vita e al pensiero, cioè a un individuo e a una persona.
9.] è quindi dimostrata l’esistenza di dio: come il termine oggetto denota necessariamente [nel suo significato primario] la necessità, così il termine soggetto denota, all’interno della necessità, necessariamente il soggetto_necessario, cioè dio.
 
nota: ipotesi di definizione del problema teistico
 
un possibile corretto posizionamento del problema teistico potrebbe essere il seguente:

 
1.] [come dice severino nello scritto “ritornare a parmenide”… ] … il piano della necessità dell’essere, immutabile, è anapodittico. si sa, quindi, che l’essere necessario esiste necessariamente. la filosofia moderna e contemporanea [a partire da kant] dubita dell’esistenza di questo piano: ciò è dovuto alla dimenticanza dell’autentico senso dell’essere, per cui l’essere necessario esiste necessariamente, in quanto la necessità è la forma primaria e normale dell’essere. infatti, poiché “l’essere è e non può non essere”, l’essere esiste necessariamente.
2.] la necessità è l’oggetto necessario.
3.] a questo punto, la ragione intuisce che si deve dimostrare che, posto che un soggetto esiste, nell’uomo, sia possibile riferire l’esistenza di un soggetto anche al piano dell’essere necessario, come esistenza del soggetto necessario, il quale è normalmente, convenzionalmente definito “dio”. il problema è questa dimostrazione, ma è naturale la considerazione che, poichè esiste l’oggetto necessario, debba normalmente [cioè necessariamente] esistere anche il soggetto necessario.
4.] è un errore quanto dice la filosofia cristiana tradizionale, che dio è la necessità stessa, cioè l’essere/esistenza semplice, perché dicendo che dio è la necessità …

a.] da un lato, si dimostrerebbe anapoditticamente l’esistenza di dio, perché [come detto] la necessità esiste necessariamente;
b.] ma, dall’altro, l’identificazione tra dio e la necessità, intesa come l’esistenza semplice, non appare plausibile, infatti l’essere semplice non può avere i caratteri di un ente differenziato, cioè complesso, come dio, essendo dio: … amore, trinità [tre persone], persona [auto_coscienza], sostanza [spirito], infinito, eterno, assoluto, logos, vita, conoscenza [e altre determinazioni], per cui, in base ad esse, dio non può essere tutto questo, ed essere anche “semplice”, ma dio appare invece come ente complesso.


DIMOSTRAZIONE_212: DEL LINGUAGGIO_SECONDA
 
è possibile forse ricavare una ulteriore dimostrazione dalla dimostrazione dim_211, in cui si sono dette le seguenti due proposizioni:
 
1.] “l’oggetto è termine che denota, secondo necessità, primariamente la necessità.
2.] “… alla parola “oggetto” [termine necessario denotante necessariamente la necessità] …”.
 
dimostrazione
 
la dimostrazione è così costruita:
 
1.] se “oggetto” è parola che denota necessariamente la necessità, esiste allora il linguaggio [la parola] necessario.
2.] conseguentemente:
 
a.] poiché esiste il linguaggio, esiste un soggetto, perché la parola è per il pensiero [soggetto].
b.] poiché questo linguaggio è necessario ed esiste necessariamente, esso è per un soggetto_necessario, e questo è dio.
c.] poiché, dunque, esiste il linguaggio della necessità, dio esiste, come il soggetto_necessario a cui viene necessariamente riferito l’uso di questo linguaggio [che nel presente testo è anche usato dall’uomo].



DIMOSTRAZIONE_213: ESTETICA_SECONDA
 
nell’antica grecia, il culto della bellezza veniva espresso con l’arte della scultura. ciò comporta una oggettivizzazione del concetto di bellezza, e quindi di ordine intrinseco alla natura, nel corpo umano. il caso è, quindi, escluso nell’evoluzione dell’essere umano, la quale ha condotto alla forma umana e all’idea di bellezza. inoltre, nella bellezza della donna moderna, alcune forme umane sono di pari bellezza a quelle riprodotte dall’arte greca. ma nell’evoluzione esiste anche il caso. essa è, quindi, un processo a carattere misto [di ordine e caso], e perciò su di esso deve aver agito l’intervento di una intelligenza, che lo ha guidato secondo il senso della quarta dimostrazione [DIM_4].



DIMOSTRAZIONE_214: KANTIANA_QUARTA
 
il kantismo comporta il finalismo come congiunzione e soggettivizzazione tra un oggetto, il cosmo, ed un soggetto, la vita animale e umana. questo oggetto, enorme, e questo soggetto, piccolo, anche in quanto calato il soggetto nella realtà virtuale, sono elementi tra loro non commensurati. dio è, invece, commensurato al cosmo, per cui nel cosmo la soggettivizzazione divina è causata dal determinismo. poiché il mondo non è centrato sull’uomo, il soggetto su cui il mondo è centrato è un altro soggetto, ed è appunto dio, soggetto commensurato al mondo. ciò è detto sia con riguardo alle dimensioni del cosmo [cioè del dato kantiano, che nella prospettiva epistemica è già strutturato rispetto al soggetto] sia con riguardo alla realtà e alla tecnologia virtuale, relativa tanto alla vita, animale e umana [piccola], quanto a dio [vita grande, proporzionata alle dimensioni del cosmo].


DIMOSTRAZIONE_215: DEL MALE, FREUDIANA, PLATONICA
 
a causa dell’inerzia [secondo freud] e della resistenza [secondo platone] della materia, la vita [qui intesa come il corpo biologico, in cui si incarna lo spirito] non può essere emersa da sola: quindi dio l’ha fatta emergere.
 
nota
 
in realtà, la scienza moderna non interpreta la vita, come secondo freud, come energia vitale [eros] che si oppone alla materia e alla morte, ma come semplice e casuale aggregato di materia. la dimostrazione è quindi valida secondo freud, per il quale la materia tende a riassorbire la vita, proprio perché la vita resiste alla materia, e questa resistenza origina ad esempio l’aggressività dell’uomo come meccanismo di difesa opposto alla morte.
 


DIMOSTRAZIONE_216: DEL SOGGETTO
 
questa dimostrazione riprende e riformula più chiaramente numerosi argomenti precedenti. l’uomo è un soggetto, la cui mente/pensiero pensa l’essere, e pensa l’essere_necessario [questo esiste intuitivamente secondo parmenide: “l’essere è e non può non essere”]. quindi, questo soggetto, che è l’uomo, è anche soggetto_necessario, e allora esiste il soggetto totalmente necessario, che è dio. fino a qui si è ripetuto un argomento precedente [di tipo scissionale]. lo si precisa. pensare è identificarsi al pensato. pensare l’essere significa essere l’essere pensato. pensare l’essere_necessario significa essere l’essere_necessario. quindi, il pensiero dell’essere necessario è pensiero_necessario [pensiero = essere … comporta che … essere_necessario = pensiero_necessario]. in questo caso, …
 
1.] il pensiero, che è l’essere, è l’uomo che pensa l’essere,
2.] l’uomo è anche pensiero necessario, perché pensa l’essere necessario,
3.] quindi, esiste dio come pensiero totalmente necessario.
 


DIMOSTRAZIONE_217: DELL’INTUIZIONE
 
l’uomo prova il bisogno di dio, perché vuole l’eternità, per legarsi alla vita, rispetto alla morte, e capisce che l’eternità non è gratuita, in quanto l’esistenza dell’uomo è frutto di una volontà, e questa in dio è costata fatica. dio esiste come spiegazione della non gratuità, cioè non necessità, dell’esistenza dell’uomo [rispetto all’essere_necessario e al caso, che non possono aver determianto l’esistenza dell’uomo, il quale, intuendo l’essere_necessario, dimostra di non poter essere stato causato dal caso, essendo anche pensiero necessario, pensante l’essere_necessario].



DIMOSTRAZIONE_218: INTUITIVA_SECONDA, STANDARD_CLASSICA_TERZA, NORMALE_DODICESIMA, SCISSIONALE_SETTIMA, UNDICESIMA_PARADOSSALE

 
questa dimostrazione ripete numerosi argomenti già presentati, riformulandoli in modo maggiormente sintetico e intuitivo:
 
1.] l’uomo è essere contingente, perché ha la forma della contingenza [ad esempio, commette errori].
2.] l’uomo intuisce la necessità. deve allora esistere il pensiero necessario, perché pensare la necessità significa essere, in parte, la necessità [identificarsi ad essa].
3.] il punto 1.] e il punto 2.] [che sono paradossali, in quanto si contraddicono] si conciliano tenuto conto che l’uomo deve essere derivato, in modo libero [contingente] dalla necessità, e deve essere stato previsto dalla necessità. l’uomo cioè, pur derivando dalla libertà [e quindi anche dal caso e dal caos], ha in sé la matrice della necessità, cioè dell’eterno.
4.] esistono quindi [perché intuiti e tra loro identificati] la necessità, il pensiero della necessità [contenuto del pensiero], e il pensiero necessario [il pensiero come organo].
5.] ma un pensiero necessario è già dio.
6.] la dimostrazione ora separa l’uomo, come pensiero necessario [che intuisce la necessità], dal pensiero necessario, normale e primario, che è dio.
7.] una intuizione comune a tutti gli uomini e frequente [quando, ad esempio, ci si vuole guardare allo specchio, perché non si riesce “a credere” di esistere e di vivere], è quella secondo cui l’uomo si meraviglia di esistere, per cui leibniz e einstein si sono chiesti: “perché l’essere anziché il nulla ?”. l’episteme, qui, dice che normale non è il nulla, ma l’essere, ed è anormale invece l’esistenza dell’uomo, come parte dell’essere, contingente/non necessaria. l’essere normale, infatti, è l’essere in sé secondo parmenide, che necessariamente esiste.
8.] l’uomo, quindi, si meraviglia di esistere: questo proprio perché, rispetto alle determinazioni necessarie ipostasi] della necessità, tra cui dio, l’uomo non è una di esse. l’uomo non dovrebbe esistere rispetto alla necessità, proprio perché esiste, in quanto creato da una volontà [di dio], che si sovrappone e si aggiunge rispetto a queste determinazioni [necessarie e indipendenti rispetto alla volontà di dio].
9.] non il mondo non dovrebbe esistere [rispetto alle causazioni dirette della necessità], ma solo quel mondo che è il creato, e insieme al creato, l’uomo.
10.] di qui la meraviglia umana per ciò che esiste e che non dovrebbe esistere, limitatamente al creato [peraltro si rileva, e resta inspiegato, che l’uomo riesce a meravigliarsi anche rispetto all’esistenza della necessità e dio, cioè anche della necessità]. l’episteme è il pensiero che studia e riflette ciò che normalmente esiste e deve esistere secondo necessità.
11.] ora si effettua la scissione tra l’uomo e dio: tolto l’uomo [che non dovrebbe esistere], non rimane solo il mondo necessario [la necessità], ma più specificamente rimane proprio anche il pensiero necessario della necessità, che l’uomo è ma non interamente e perfettamente, e questo pensiero, che stava prima dell’uomo e sta al posto dell’uomo [del suo inadeguato pensiero della necessità] è dio. è come se mi ritraessi dallo specchio, e dicessi che effettivamente non esisto: esiste però un pensiero al posto mio [che rimane al posto mio davanti allo specchio], quel pensiero della necessità [che è dio], che in me, pensando io la necessità, si dimostrava essere necessario, e quindi necessariamente esistente anche indipendentemente da me, essendo esso eterno, perché necessario.


proposizioni su di una possibile dimostrazione dell’esistenza di dio
[23/09/2008]
 
presupposto quanto riportato nel paragrafo “proposizioni su un possibile corretto posizionamento del problema speculativo del teismo”, si può porre il seguente argomento come una possibile dimostrazione dell’esistenza di dio [ricavata da quel paragrafo e suo completamento]:
 
1.] esiste, come anapodittica [che non ha bisogno di essere dimostrata esistente] necessariamente la necessità [“l’essere è e non può non essere”, secondo parmenide].
2.] la necessità è l’oggetto_necessario [l’oggetto].
3.] l’esistenza di dio sarebbe l’esistenza, all’interno della necessità/oggetto_necessario, di un soggetto_necessario.
4.] l’oggetto è termine che denota, secondo necessità, primariamente la necessità.
5.] il soggetto sarebbe, quindi, il termine che denota, secondo necessità, primariamente il soggetto_necessario, cioè dio.
6.] se la parola “soggetto” è una convenzione tale, per cui alla parola “oggetto” [termine necessario denotante necessariamente la necessità], è solo stata storicamente aggiunta, in modo convenzionale, la “s”, ottenendo “s_oggetto”, allora non è [forse] necessaria la denotazione del soggetto a dio, perché la parola “soggetto” non sarebbe in questo caso necessaria. se, invece, si dimostra che la parola “soggetto” ha una sua etimologia, che sia indipendente e co-originaria a quella dell’oggetto, allora il termine “soggetto” è anch’esso necessario [come l’oggetto], e denoterà i termini più comuni espressi dal suo significato [dai quali, che si riportano, sono stati appositamente esclusi quelli dell’uso filosofico della parola, perchè forse convenzionale, ovvero presupponente l'esistenza di un soggetto].
7] segue l’etimologia delle parole “oggetto” e “soggetto” [dal vocabolario zingarelli, 2004] [si osserva che il significato della parola “oggetto” rimanda al “soggetto”: i "sensi", la "vista", il "tatto"]:
 
a.] oggetto = [lat. obiectu(m) “cosa gettata contro, posta innanzi”, part. pass. nt. di obicere “gettare contro”, comp. di ob- “contro” e iacere “gettare”]. significato: correntemente, ogni cosa, spec. solida, che può essere percepita dai sensi e in particolare mediante la vista o il tatto.
b.] soggetto = [lat. tardo subiectu(m) “soggetto”. nt. sost. di subiectus, part. pass. di subicere “sottoporre”/dall’aggettivo … lat. subiectu(m), part. pass. di subicere “sottoporre” comp. di sub “sotto” e iacere “gettare”]. significato: (gramm.) la persona o la cosa che fa o subisce l’azione espressa dal verbo o si trova nella condizione indicata dal verbo; (med.) individuo, persona, in quanto presenta determinate caratteristiche cliniche.
 
8.] come si può osservare, la parola “soggetto” non è quindi una convenzione nata dalla parola “oggetto” [aggiungendovi la "s"], ma ha una sua etimologia originaria e indipendente dall’etimologia della parola “oggetto”, e i significati rimandano alla vita e al pensiero, cioè a un individuo e a una persona.
9.] è quindi dimostrata l’esistenza di dio: come il termine "oggetto" denota necessariamente [nel suo significato primario] la necessità, così il termine "soggetto" denota, all’interno della necessità, necessariamente il soggetto_necessario, cioè dio.

nota

la dimostrazione è stata costruita

1.] come un "ponte": dalla denotazione necessità-oggetto, attraverso il rapporto oggetto-soggetto [il ponte], si è ricavata la denotazione soggetto-dio.
2.] come una "catena", secondo la successione: necessità-oggetto/oggetto-soggetto/soggetto-dio.

successivamente di potrebbe dimostrare che, se esiste sul piano della realtà_necessaria un soggetto_necessario, che è dio, esso è unico [dimostrazione del monoteismo].


proposizioni su di una dimostrazione ricavata dalla precente dimostrazione
[23/09/2008]

è possibile forse ricavare una seconda dimostrazione dalla dimostrazione riportata nel paragrafo precedente, in cui si sono dette le seguenti due proposizioni:
 
1.] “l’oggetto è termine che denota, secondo necessità, primariamente la necessità”.
2.] “… alla parola “oggetto” [termine necessario denotante necessariamente la necessità] …”.
 
la dimostrazione è così costruita:
 
1.] se “oggetto” è parola che denota necessariamente la necessità, esiste allora il linguaggio [la parola] necessario.
2.] conseguentemente:
 
a.] poiché esiste il linguaggio, esiste un soggetto, perché la parola è per il pensiero [soggetto].
b.] poiché questo linguaggio è necessario ed esiste necessariamente, esso è per un soggetto_necessario, e questo è dio.
c.] poiché, dunque, esiste il linguaggio della necessità, dio esiste, come il soggetto_necessario a cui viene necessariamente riferito l’uso di questo linguaggio [che nel presente testo è usato anche dall’uomo].

nota critica [26/09/2008]
 
nella presente dimostrazione si dice che “… questo linguaggio … esiste necessariamente” [punto b.] di 2.] del secondo elenco di punti]. una obiezione a questo punto b.] potrebbe dire che esiste il linguaggio della necessità, ma esso non esisterebbe necessariamente, bensì solo in relazione all’esistenza dell’uomo, la quale è contingente [non eterna e necessaria]. a questa obiezione si risponde [attraverso un ragionamento non tutto dimostrato], che l’esistenza dell’uomo è contingente, ma il linguaggio dell’uomo denota la necessità [e, in essa, l’eternità], quindi la necessità, che non ha determinato necessariamente l’esistenza dell’uomo [avvenuta con la libera mediazione creatrice di dio], ha però determinato necessariamente la possibilità dell’uomo e il linguaggio dell’uomo [e ogni carattere dell’uomo], una volta venuto all’esistenza, ma anche prima, come possibilità di ciò che può venire all’esistenza in un modo unico [essendo l’uomo a immagine di dio]. quindi, il linguaggio dell’uomo esiste eternamente [come possibilità], come la possibilità dell’uomo. questo linguaggio, essendo linguaggio dell’eterno, deve allora appartenere anche a un soggetto eterno [dio], e non solo all’uomo. non è, infatti, possibile [questa impossibilità deve essere dimostrata, ma è già accolta dall’intuizione] che esista la mera possibilità di un linguaggio dell’eterno solo per la possibiltà dell’uomo, a cui unicamente andrebbe riferito questo linguaggio [che è relativo alla necessità, mentre l’uomo è contingente], senza che, riferendosi questo linguaggio alla realtà eterna, che precede temporalmente e eternamente l’esistenza dell’uomo, esso non appartenga anche ad un soggetto che sia eterno [dio], il quale cioè esista dall’eterno parallelamente all’eternità, cui si riferisce questo linguaggio.
riassumendo:
 
a.] la necessità esiste e, con la comparsa dell’uomo, esiste anche, nell’uomo, il linguaggio che denota la necessità.
b.] con la possibilità dell’uomo esiste, dall’eterno, anche la possibilità di questo linguaggio.
c.] ma poiché esso denota l’eterno, che precede eternamente l’esistenza dell’uomo, questo linguaggio, prima dell’esistenza dell’uomo, non poteva costituire solo una possibilità per l’uomo futuro, ma deve essere anche l’attualità [esistenza effettiva] di un linguaggio dell’eterno, da riferire ad un soggetto che sia eterno [dio], come eterno [e precedente l’uomo] è l’oggetto denotato da tale linguaggio.


considerazioni per una dimostrazione intuitiva dell’esistenza di dio associata al finalismo
[26/09/2008]

la terra, dal punto di vista geo_fisico, ma anche dal punto di vista geo_politico, appare come necessaria prova dell’esistenza di dio. infatti, se è vero che un numero elevato di coincidenze nell’universo, favorevoli alla vita sulla terra, non prova l’esistenza di dio [dimostrazione secondo il senso del principio antropico], è anche vero che queste coincidenze non sono solo quantitative, ma sono anche qualitative: il pianeta terra, per il modo in cui è conformato, manifesta una differenza incommensurabile da ogni altro pianeta dell’universo, perché in esso non ci sono solo quantità finalizzate alla vita biologica, ma [come, ad esempio, la precisa corrispondenza della conformazione dei continenti alle razze biologiche umane (popoli) e la distribuzione, nei continenti, delle risorse naturali] esistono sulla terra anche elementi, che paiono essere strettamente finalizzati alla determinazione [di tipo hegeliano] di un ordinato e equilibrato processo di sviluppo storico, come storia dell’incontro tra i diversi popoli della terra [storia, da cui pure dipende la vita sulla terra].


il creazionismo come dimostrazione dell’esistenza di dio
[28/09/2008]

il creazionismo agisce come intuizione a carattere epistemico, la quale intuisce l’esistenza di un progetto intelligente [e quindi di dio], riguardo alle seguenti variabili [che qui sono state allargate]:

1.] le variabili dell’universo, tali da consentire la vita.
2.] le variabili del sistema solare [nella galassia “via lattea”], tali da consentire la vita.
3.] le variabili del pianeta terra, tali da consentire e accogliere la vita.
4.] la conformazione dei continenti, tali da consentire lo sviluppo dei popoli.
5.] la distribuzione delle risorse naturali, tali da favorire un equilibrato processo storico, in cui i singoli e i popoli si incontrano.
6.] la struttura organica della vita, calibrata per il pianeta terra.
7.] la forma perfetta e non più perfettibile dell’essere umano.
8.] i prodotti archetipici della cultura [storia della filosofia, letteratura, cinematografia, musica, ecc.].
9.] le forme archetipiche della storia [nomi delle epoche, dei processi storici, delle figure storiche, ecc.] [un articolo di giornale riportava come cambierebbe la storia se le figure storiche avessero il cognome della madre: da tale articolo appariva come questo cambiamento farebbe della storia un processo meno estetico, più casuale, ovvero meno “progettato”].
10.] altre determinazioni.
 
tutto questo manifesta l’agire nell’universo e sulla terra di un piano intelligente, tale da escludere l’azione del caso nell’esistenza dell’uomo. si osserva che questo insieme di variabili non è solo di tipo quantitativo, ma è l'incrocio di variabili di tipo, insieme, quantitativo e qualitativo, per cui esso non può essere una mera coincidenza.  



due dimostrazioni dell'esistenza di dio "immediate" [già incluse nell'elenco delle dimostrazioni epistemiche]

premessa

 
1.] ogni volta che si esprime una proposizione epistemica, viene utilizzato il concetto di “dio”, perché proprio con questo concetto si riesce a spiegare tutto ciò che esiste [di fenomenico, storico e sociale, relativamente alla dimensione terrena].
2.] può allora sorgere immediata una obiezione [come anche, ad esempio, in ambito di evangelizzazione o pastorale]: “... ma dio esiste ?”.
3.] non si può rispondere a questa domanda/obiezione/punto critico dell’argomentazione dicendo che ci sono le dimostrazioni epistemiche, a causa del loro numero. sorge pertanto l’esigenza di definire una o alcune dimostrazioni dell’esistenza di dio che siano “rapide”, in modo da giustificare l’uso del concetto di dio nell’argomentazione epistemica e porlo come presupposto [dimostrato] ad essa.
4.] seguono due dimostrazioni dette “immediate” [o veloci, o rapide]. la seconda è forse già inclusa nell’elenco delle dimostrazioni epistemiche. forse non vi è inclusa [dovrebbe essere la terza dimostrazione epistemica nell'elenco]. in questo caso essa è una nuova dimostrazione. la prima dimostrazione, che segue, invece, vi è già inclusa. ma essa introduce due novità e approfondimenti: quelli contenuti nel punto 6.] e nel punto 7.] di A.][prima dimostrazione].
 
A.] prima dimostrazione dell'esistenza di dio "immediata"
 
1.] il pensiero umano intuisce la necessità [= l’essere è].
2.] pensare significa essere [non in senso parmenideo, cioè idealista, ma in senso epistemico: l’idea non coincide con il reale, ma coincide con una riporduzione del reale al suo interno].
3.] il pensiero della necessità comporta quindi l’esisenza del pensiero necessario [del pensiero che è la necessità].
4.] quindi dio esiste, perché questo pensiero [il pensiero necessario] è dio.
5.] il pensiero che intuisce la necessità è nell’uomo, è pensiero umano [secondo il punto 1.], ma dall’esistenza/possibilità di questo pensiero si ricava l’esistenza del pensiero necessario [in sè], il quale non è più solo nell’uomo.
6.] questo passaggio dall’uomo a dio è consentito perché l’uomo è anche essere [e pensiero] contingente, ma un pensiero necessario deve esistere anche come pensiero solo e totalmente necessario.
7.] ne consegue che non è dio che deriva qui dall’uomo, ma l’uomo deriva da dio, nel senso che il pensiero necessario, nell’uomo, è reso possibile dalla partecipazione dell’uomo [del pensiero dell’uomo] al pensiero di dio.
 
B.] seconda dimostrazione dell'esistenza di dio "immediata"
 
1.] quando comunemente [ad esempio in ambito pastorale] si parla di dio per giustificare l’uso di dio nel discorso, si dice che, prima di rinunciare a questa idea, occorrerebbe “molta cultura” [sempre l’ateismo si mostra per una limitazione dell’argomentazione, con la sola eccezione del neoparmenidismo, che costituisce il solo argomento “forte” contro l’ipotesi di dio. esso peraltro non ha potuto confrontarsi con l’episteme, in cui la metafisica tradizionale viene radicalmente, ma anche semplicemente, riformata, con la distinzione tra dio e l’essere/questa limitazione dell’ateismo viene denunciata da papa benedetto XVI, quando egli parla della necessità di “ampliare gli spazi della razionalità”/anche severino denuncia il fatto che si crede che la scienza sia la sola forma di razionalità].
2.] quanto detto nel punto 1.] di B.] spiega la presente dimostrazione: essa dice che l’ipotesi di dio è fortemente probabile [e corrispondentemente la negazione di dio è negativamente probabile], perché con essa si può spiegare tutto, mentre senza di essa non si può siegare niente [ad esempio, il ruolo del caso nel darwinismo, darwinismo che viene usato anche in astronomia con il concetto di evoluzione del cosmo orientato a caso e dal caso, questo ruolo non costituisce una spiegazione dell’ordine, ma la sua ipotesi è la rinuncia alla spiegazione dell’ordine/affermare che proprio non esiste alcun ordine e alcuna legge, significa affermare che non esiste niente da spiegare/nel caso e nel caos non possono esserci leggi/inoltre non esiste ordine, perché dal caso può derivare solo il caos/quest’ultimo punto è euristico per nuova teoria, su cui si porrà specifico paragrafo: il caso pone il caos, non l’ordine/la metafisica epistemica riforma la teologia tradizionale perché essa dice che dio pone l’ordine, mentre nell’episteme si distiguono l’ordine creato, posto da dio, e l’ordine necessario, posto dall’essere].
3.] la verità è una spiegazione.
4.] inoltre la verità è dimostrazione di ciò che esiste. quindi una spiegazione non solo è razionale [argomentativa], ma è relativa a ciò che esiste.
5.] se dio è l’ipotesi posta a conclusione di una spiegazione, della spiegazione di ciò che esiste, il cui inizio [inizio dell’argomento/della spiegazione/della scienza] è ciò che esiste, anche dio esiste, per il combinato dei punti 3.] e 4.].
6.] ne consegue che, in quanto dio è ipotesi che spiega, e spiega il tutto, e senza di essa non può darsi spiegazione, anche minima, di qualcosa, poiché la spiegazione è relativa a ciò che esiste l’ipotesi di dio è ipotesi di ciò che "deve" esistere perché possa [tramite l'ipotesi della sua esistenza] essere spiegato ciò che esiste.ciò che esiste [la cui esistenza è attestata dall'esperienza] viene spiegato, l'ipotesi per spiegarlo è l'ipotesi dell'esistenza di dio, che si dimostra vera nella misura in cui tale ipotesi spiega ciò che esiste.
7.] a questo “deve” [punto 6.]] è correlata la necessità dell'esistenza di dio perchè la sua esistenza funzioni come ipotesi esplicativa [spiegazione] del tutto, e quindi è posta la dimostrazione della sua esistenza in quanto funzionale alla spiegazione medesima. non si sta dicendo solo che dio esiste perchè come ipotesi esplicante [spiegante] il tutto funziona, ma perchè è spiegazione di ciò che esiste, e quindi, per spiegare il tutto l'esistenza di dio deve essere collocata nel tutto e collegata ad esso, all'esistenza del tutto. è cioè una ipotesi innestata in ciò che essa deve spiegare.
8.] in sintesi: dio esiste perché con l’ipotesi di dio si spiega tutto, e una spiegazione è legata all’esistenza del tutto: poiché dio appartiene a questa spiegazione, come esiste il tutto [da spiegare], così esiste dio [ipotesi esplicativa del tutto], come parte del tutto e sua ipotesi e parte esplicativa.
 
nota
 
in base a queste due dimostrazioni si compende che esse, in quanto produttive di novità rispetto all’elenco delle dimostrazioni epistemiche, devono essere considerate nuove e in aggiunta ad esso.




terza dimostrazione epistemica dell'esistenza di dio immediata/massima dimostrazione epistemica: scientifica [in tre fasi]

premessa

 
1.] questa dimostrazione riprende la dimostrazione dim_29.
2.] essa si costituisce di tre dimostrazioni, ciascuna autonoma, e nel contempo funzionale alle altre [a quella successiva: quindi la prima fase è la più autonoma].
3.] le dimostrazioni presuppongono il realismo epistemico, definito rispetto all’idealismo classico:
 
a.] per l’idealismo non esiste oggetto fuori/esterno al soggetto. l’oggetto è dentro il soggetto. l’oggetto non può trascendere il soggetto, perché [è il problema del realismo] il soggetto non può sapere dell’oggetto se l’oggetto è esterno al soggetto [come dice severino: “l’uomo non può saltare al di fuori della propria ombra].
b.] nell’episteme, invece, l’oggetto è massimamente esterno al soggetto [così l’essere rispetto a dio][realismo assoluto], e il soggetto può sapere dell’oggetto [della sua esistenza, e della sua presenza esterna al soggetto], perché l’oggetto si riproduce nel soggetto, che così lo conoce, e riproducendosi all’interno del soggetto, l’oggetto vi riproduce anche il suo rapporto [esterno] col soggetto.
c.] quindi: …
 
c1.] per l’idealismo, il soggetto è uguale all’oggetto, l’oggetto è incluso nel soggetto, il soggetto include l’oggetto, non esiste oggetto al di fuori del [esterno al] soggetto.
c2.] per il realismo [epistemico] l’oggetto pone il soggetto, e il soggetto conosce l’oggetto, perché l’oggetto, ponendo il soggetto, pone anche una riproduzione dell’oggetto [cioè di se stesso] dentro il soggetto/infine, l’oggetto pone dentro il soggetto anche il rapporto tra oggetto e soggetto [cioè il fatto che l’oggetto è esterno al soggetto]. dall’autointrospezione interiore, il soggetto conosce ciò che è ad esso esterno. l’oggetto pone il soggetto quando l’oggetto pone l’oggetto.
 
A.] prima fase [prima dimostrazione/massima dimostrazione epistemica dell’esistenza di dio]
 
l’oggetto, che è necessario [l’essere è], non si riprodurrebbe mai dentro/all’interno del/di un soggetto, se il soggetto non fosse [anche] necessario, e quindi [anche] assolutamente necessario [dio: soggetto necessario], come l’oggetto [l’oggetto necessario].  
 
B.] seconda fase [seconda dimostrazione/analitica_prima/analitica_minore]
 
1.] esiste l’oggetto necessario [l’essere è].
2.] se si dimostra che, poiché esiste l’oggetto necessario, esiste necessariamente anche il/un soggetto, questo è necessario, e quindi è dimostrata l’esistenza del soggetto necessario, cioè dio.
3.] quindi, poiché vale la condizione del punto 1.] di B.], posta la condizione che, dato l’oggetto, è dato il soggetto, posta la condizione del punto 1.] di B.], esiste il soggetto necessario, quindi dio esiste.
4.] la dimostrazione che si necessita al punto 2.] è data dalla dimostrazione A.][prima fase] e dalla dimostrazione C.][terza fase].
 
C.] terza fase [terza dimostrazione/analitica_seconda/analitica_maggiore]
 
1.] occorre quindi dimostrare che, posto l’oggetto, è posto il soggetto.
2.] l’oggetto è posto, perché necessario [l’essere è/non l’essere del creato].
3.] l’oggetto è dato indipendentmente dal soggetto [anche se, posto l’oggetto, deve essere posto anche il soggetto/questo lo si deve dimostrare/quindi la mutua dipendenza tra oggetto e soggetto, valida per l’idealismo, è valida anche nel realismo epistemico/si parla qui solo della realtà necessaria].
4.] l’oggetto è pensato dal soggetto [queste considerazioni hanno preceduto la formulazione della dimostrazione massima/prima fase].
5.] se esiste un soggetto, questo pensa l’oggetto.
6.] il soggetto esiste nell’uomo, e l’uomo è soggetto che pensa l’oggetto, che è l’oggetto necessario.
7.] non è possibile che il soggetto [uomo] pensi l’oggetto [necessario], senza che: …
 
a.] il soggetto stesso sia necessario.
b.] il soggetto sia posto dall’oggetto [nel momento in cui l’oggetto pone se stesso].
c.] quindi, posto l’oggetto [quando l’oggetto pone se stesso, ed è oggetto necessario], è posto anche il soggetto [che pensa l’oggetto].
d.] ma un soggetto che è posto dall’oggetto necessario [postovi perché lo pensa] è un soggetto necessario, cioè dio.
 
8.] quindi, l’esistenza dell’oggetto necessario comporta:
 
a.] l’esistenza del soggetto che pensa l’oggetto.
b.] l’esistenza del soggetto necessario [dio], perché esiste l’oggetto come oggetto necessario.

9.] 
il soggetto esiste [come detto nel punto a.] di 8.] di C.], perchè posto dall'oggetto, ed è posto dall'oggetto perchè pensa l'oggetto, e non potrebbe pensare l'oggetto se non fosse posto dall'oggetto, che pone il soggetto come pensiero dell'oggetto.



quarta dimostrazione immediata: dimostrazione scientifica_seconda

1.] esiste l’oggetto necessario [l’essere è].
2.] anche un soggetto/il soggetto è oggetto.
3.] il soggetto appartiene, come oggetto, alla struttura dell’oggetto, perché l’oggetto è tutto l’oggetto e non esiste oggetto che non vi appartenga [escluso il creato].
4.] come l’oggetto è necessario, esiste quindi il soggetto necessario, dio, in quanto, essendo il soggetto oggetto, parte dell’oggetto necessario.
5.] in breve: dio [soggetto necessario] esiste perchè il soggetto, come oggetto [anche il soggetto è un oggetto], appartiene alla struttura eterna [necessaria] dell’oggetto [necessario].
 
nota [a completamento, relativamente al punto 3.]]
 
1.] il soggetto creato [l'uomo] non appartiene all’oggetto necessario.
2.] ma il soggetto creato, come soggetto, ha la forma del soggetto.
3.] la forma del soggetto, come ogni forma del creato [o essenza, o ipostasi], è eterna come appartenente alla struttura dell’oggetto.




quinta dimostrazione immediata: dimostrazione semplice, scientifica_terza

premessa

 
1.] questa dimostrazione è la più immediata e la più semplice, anche se i suoi presupposti, definiti in modo stretto, richiedono alcuni principii della metafisica epistemica, la cui validità è intuitiva e accettabile dal senso comune. qui si individuano nuovi principii.
2.] uno schema mostrerà che l’esistenza, dal piano dell'orizzonte esistenziale puro, anche si riduce e si semplifica al proprio interno [rimanendo inalterata], fino al punto di dio [dio puntiforme], mentre l’esistenza intera stessa, che si concentra in dio, rimanendo anche inalterata, e concentrandosi in dio, produce in dio uno spessore energetico, tradotto in termini dello spessore esistenziale e energetico di dio, anche causa del piacere di dio. questo spessore è dovuto al fatto che in dio/nel punto di dio si concentra il tutto [l'orizzonte, rimanendo inalterato].
3.] l’esistenza necessaria [escluso il creato, che prima della creazione essa non conosce] è un processo complesso e chiuso, che si completa in dio.
4.] la differenza tra orizzonte e dio è detta differenziale esistenziale: dall’esistenza a dio, la prima si riduce, e dio cresce corrispondentemente in senso energetico come densità spirituale, perchè in dio tutta l'esistenza si concentra in un punto.
5.] in altro paragrafo, a cui si rimanda, viene spiegato il rapporto tra caos e caso: il caso non esiste come ipostasi: la traduzione casuale dell’esistenza viene assunta nell’ipostasi [una delle strutture della necessità] del caos: il caos è la traduzione casuale dell’esistenza, o prodotto [protonico] tra esistenza e caso [il caso è causato dall'equilibrio dell'esistenza con se stessa, equilibrio che giunge a una indifferenza nelle determinazioni esistenziali, ai confini dell'essere].
6.] il caos non può produrre nuova esistenza [salto/differenziale esistenziale], ma solo trasformare l’esistenza già data [al proprio interno]. il caos non invade l’essere [come dice, retoricamente, il neoparmenidismo, che non è scienza, ma retorica e letteratura solo "significativa" in termini filosofici], ma, secondo lo “spazio” che compete ad esso nella necessità, determina determinazioni esistenziali casuali al proprio interno.
7.] la creazione del creato da parte di dio avviene anche dal caos, ma il salto esistenziale [differenziale] dal nulla all’essere viene solo filtrato dal caos, e avviene forse anche al suo interno, ma non avviene sullo stesso piano esistenziale del caos e della necessità.
8.] la necessità non produce nuova esistenza che sia contingente: tutta l’esistenza prodotta dall’essere necessario, se nuova esistenza [come la vita di dio, che è sempre novità di vita, cioè biologia e psicologia della vita/”nuova” vita in senso sostanziale, non formale: non esistono in paradiso nuove forme, se non in senso artistico], è esistenza di tipo necessario, e quindi differisce dalla creazione dal nulla, che è nuova esistenza posta una sola volta ad opera del sacrificio di dio: traduzione esistenziale [prodotto protonico], da parte della necessità, dal sacrificio di dio in nuova esistenza.
9.] queste considerazioni [dal punto 1.] al punto 8.]] non sono presupposti di dio, ma sono determinazioni metafisiche che appariranno vere e comuni dal senso della dimostrazione sottostante, e da questa verranno richiamate. questo argomento richiama e completa la dimostrazione dim_4.
 
dimostrazione
 
1.] [definizioni equivalenti] …
 
a.] posto/dato l’uomo, è posto/dato/dimostrato dio.
b.] posta l’esistenza dell’uomo, è posta/dimostrata l’esistenza di dio.
c.] poiché l’uomo esiste, dio esiste.
d.] poiché esiste l’uomo, dio esiste/è dimostrata l’esistenza di dio.
 
2.] l’uomo infatti a volte “sente” che non potrebbe/dovrebbe esistere. a volte io mi chiedo: “ma perché esisto ?/... ma io esisto !, ... com'è possibile ?”.
3.] l’uomo quindi non dovrebbe esistere rispetto al nulla, da cui è tratto, e alla necessità, che da sola non determina l’uomo.
4.] infatti [come riconoscono numerose dimostrazioni, e ora si è in grado di completare l’argomentazione, secondo i punti della premessa]: …
 
a.] o l’uomo viene dal caos.
b.] o l'uomo viene dal nulla.
c.] o l’uomo viene dalla necessità.
d.] o l’uomo viene dal cosmo e dall’evoluzione.
e.] o l’uomo viene da dio.
 
5.] confutazione delle prime quattro ipotesi: …
 
a.][relativamente al punto a.] di 4.] …] … l’uomo, che si interroga sul proprio esistere, si interroga su una esistenza “in più” rispetto al nulla [e anche alla necessità]: secondo il punto 6.] della premessa, il caos non può produrre “salto di esistenza” [differenziale esistenziale] rispetto alla necessità, a cui il caos appartiene [il caos è una forma ipostatica della necessità]. cioè il caos non può produrre nuova esistenza, ma solo trasformare se stesso in altro caos, al proprio interno.
b.] [relativamente al punto b.] di 4.] …] … riguardo al nulla, l’uomo non è determinato da solo dal nulla [ma è creato dal nulla per azione di dio], perché dal nulla non può provenire l’essere [ex nihilo nihil], senza l’azione di dio. con l’azione di dio, nuovo essere [il creato] può provenire dal nulla [una sola volta, essendo le forme del creato non riproducibili continuamente/su questo punto occorre nuova teoria, che non si è in grado di porre attualmente]. 
c.] [relativamente al punto c.] di 4.] …] … neppure la necessità determina l’uomo, perché, come detto nel punto 8.] della premessa, la necessità produce nuova esistenza ma di tipo necessario, e non contingente: la necessità è chiusa alla contingenza: la necessità si sviluppa in modo chiuso [aperto solo replicandosi per la vita di dio/interna al suo spirito]. il differenziale interno alla necessità conduce a dio e non va oltre i confini della necessità, rispetto ai quali il creato è nuova esistenza, non posta dalla necessità. il ciclo delle determinazioni della necessità si esaurisce all'interno della necessità stessa.
d.] [relativamente al punto d.] di 4.] …] … su questo punto si precisa che  quando l’uomo si interroga sulla propria esistenza, si pone la domanda che leibniz e einstein si sono posti: “perchè l’essere anzichè il nulla”]. quindi il salto esistenziale dell’uomo [nuova esistenza] rispetto al nulla non riguarda solo l’uomo, ma anche l'intero cosmo apparente [la cui forma non appare necessaria, e pertanto rivela la propria non necessità, rispetto ai punti a.] e c.] del punto 5.] della dimostrazione, precedenti], e quindi il cosmo non determina né se stesso né l’uomo. inoltre l’evoluzione può trasformare gli elementi, o anche porre un differenziale ipostatico, ma non di tipo esistenziale, perché quello esistenziale è posto solo dalla necessità, non dal cosmo. un processo interno al cosmo [come l’evoluzione] può trasformare gli elementi anche in senso qualitativo [si esclude qui l’analisi dello spirito: peraltro il DNA è un combinato non qualitativo di elementi/atomi: è solo un'architettura quantitativa, per quanto complessa], ma non può creare nuova esistenza. può creare nuova energia, ma non la sua esistenza. la nuova esistenza è il prodotto di un differenziale esistenziale. l’uomo si interroga sull’esistenza di tutto il creato, quindi questa dimostrazione e i punti in elenco al punto 4.] e al punto 5.] della dimostrazione, riguardano l’uomo e anche tutto il cosmo apparente.   

6.] [relativamente al punto e.] di 4.] …] … l’uomo, quindi, viene da dio, unica ipotesi che può spiegare l’esistenza dell’uomo e del creato come nuova esistenza rispetto al caos, al nulla, alla necessità e al cosmo [inteso questo come universo apparente creato]. 



sesta dimostrazione immediata: dimostrazione scientifica_quarta

1.] l’uomo intuisce la necessità [l’essere è].
2.] l’uomo è essere contingente.
3.] come essere contingente, l’uomo non può essere determinato dalla necessità.
4.] l’uomo è stato esistenzializzato, perché l’essere contingente rispetto alla necessità [e al nulla, parte della necessità], non può autonomamente sussistere [esistere][può esistere solo la necessità: la contingenza può essere esistenzializzata, ma poi essa deve essere resa necessaria].
5.] come un sasso, l’uomo potrebbe essere determinato dal caso, come assemblamento di parti. ma l’uomo, a differenza del sasso, può intuire la necessità [punto 1.]], e quindi non è un assemblamento di parti, perché, oltre ad essere contingente, è anche necessario [perché intuisce la necessità].
6.] dal combinato dei punti 1.], 2.] e 4.], discende che l’uomo è stato creato da dio.
7.] infatti, poiché la necessità non può determinare la contingenza, questa è stata prodotta da una volontà, quindi da dio [questo argomento è già stato formulato nelle dimostrazioni precedenti].



settima dimostrazione immediata: dimostrazione scientifica_quinta

premessa

 
1.] questa dimostrazione è originata da una riflessione che viene posta qui anche come paragrafo. nelle precedenti dimostrazioni si è presupposto che esiste l’essere necessario [l’essere è], e che rispetto ad esso l’universo apparente all’uomo non sia l’unica esistenza.
2.] le dimostrazioni quindi presuppongono l’oggetto necessario e il creato, e si pongono come problema quello di dimostrare l’esistenza del soggetto necessario …
 
a.] all’interno dell’oggetto necessario.
b.] soggetto causa dell’oggetto contingente e dell’uomo, il creato.
 
3.] questa dimostrazione nasce come dimostrazione di questo presupposto, che cioè, prima ancora del porblema del soggetto necessario, esiste una differenza tra oggetto necessario e realtà contingente, quale è questa riconosciuta come essenza della realtà apparente. da questo primo problema [il rapporto tra necessità e contingenza] scaturisce qui la dimostrazione dell’esistenza di dio.
 
dimostrazione
 
1.] l’apparire non è l’unica realtà.
2.] esiste l’essere necessario, perché l’uomo intuisce che l’essere è e non può non essere [parmenide].
3.] l’apparire non ha la forma della necessità. secondo la metafisica epistemica [secondo una sua determinazione qui posta per la prima volta, accettabile dal senso comune/per senso comune si intende il livello di accettabilità comune in ambito accademico, non il senso comune della vita quotidiana], ciò che non ha la forma della necessità, non ha neppure la sostanza necessaria, e quindi neppure l’esistenza: è essere contingente.
4.] esiste quindi una differenza tra essere necessario [oggetto] e essere contingente [oggetto-natura-universo apparente e uomo-soggetto]. l’episteme deve dimostare che esiste il soggetto necessario [dio].
5.] si dice qui che, come il soggetto-contingente [l’uomo] appartiene all’essere contingente, così un soggetto-necessario [il soggetto-necessario = dio] deve appartenere all’essere necessario.
6.] il punto di congiunzione tra le due realtà [necessaria e contingente], realtivamente al soggetto, è l’uomo [non certo un animale], perché l’uomo intuisce l’essere necessario nel pensiero.
7.] il punto 6.] è dimostrazione del punto 5.], quindi dio esiste.
8.] infatti, …
 
a.] la contingenza non è separata dalla necessità [come dice la teologia, quando si dice ad esempio che l’uomo è anche essere trascendente la natura, anche perchè spirito e anima/qui è sufficiente il pensiero]: nell’uomo, nel suo pensiero della necessità, è posta la necessità.
b.] ne consegue che deve esistere nella necessità la forma del soggetto, perché questa si possa riprodurre nell’uomo, come pensiero [della necessità]: la necessità, calandosi nel pensiero dell’uomo, vi porta la struttura della propria pensabilità.
c.] esiste quindi nella necessità la forma del soggetto. ma non può darsi forma senza sostanza, e sostenza senza esistenza: il soggetto-pensiero che esiste nella necessità è dio.
d.] quindi l’esistenza di dio è la condizione perché l’uomo possa pensare la necessità.
 
nota

questa dimostrazione potrebbe rimadare alla dimostrazione dell’esistenza di dio formulata dal card. ruini, la quale dice che l’esistenza di dio è condizione per la pensabilità dell’universo da parte dell’uomo.


ottava dimostrazione immediata: dimostrazione scientifica_sesta

1.] si definisce dio come il pensiero che pensa la necessità [e primariamente se stesso], e che è stato determinato dalla necessità.

2.] l’uomo è pensiero, pensa la necessità, ma è contingente e non è stato determinato dalla necessità.
3.] come l’uomo pensa la necessità, così la necessità determina l’uomo.
4.] ma l’uomo non è determinato dalla necessità.
5.] nell’uomo quindi la necessità determina la forma dell’uomo, la forma del soggetto, la forma del pensiero.poichè questa forma è determinata dalla necessità, con cui il pensiero si identifica, essa è necessaria.
6.] ciò che ha quindi forma necessaria, ha sostanza necessaria e quindi esistenza necessaria. quindi dio esiste, essendo dio questa forma e sostanza.
7.] poiché l’uomo [soggetto-pensiero] pensa la necessità, dio [soggetto-pensiero] esiste.


nona dimostrazione immediata: dimostrazione scientifica_settima

1.] si definisce dio come il soggetto che è stato determinato dalla necessità [anche] per pensare la necessità [e primariamente se stesso, anche come soggetto necessario].
2.] quindi dio [se esiste] è pensiero della necessità.
3.] l’uomo è pensiero della necessità.
4.] dio è definito come necessario. l’uomo è contingente. entrambi pensano la necessità
5.] la necessità, quindi, è l’anello di congiunzione tra l’esistenza dell’uomo e la dimostrazione dell’esistenza di dio, perché la definizione di dio è la stessa definizione dell’uomo [entrambi pensiero della necessità], ma l’uomo è contingente, mentre dio è necessario, come deve essere propriamente il pensiero della necessità.
6.] l’argomento di questa dimostrazione è già stato formulato in precedenti dimostrazioni.


decima dimostrazione immediata: dimostrazione scientifica_ottava

1.] l’uomo è pensiero contingente della necessità.

2.] deve quindi esistere dio come pensiero necessario della necessità, perché la necessità impone che il proprio pensiero sia necessario.
3.] questa implicazione presuppone però l’uomo, come pensiero della necessità, e quindi come esistenza di un pensiero che pensa la necessità.
4.] questa dimostrazione ripete l’argomento della dimostrazione scientifica_ottava.



undicesima dimostrazione immediata: dimostrazione scientifica_nona

1.] l’uomo è pensiero della necessità.

2.] l’uomo non è stato esistenzializzato dalla necessità [perché contingente].
3.] l’uomo è stato esistenzializzato da dio, in quanto dio è pensiero [necessario] della necessità.
4.] l’esistenza dell’uomo è causata da un ente che corrisponde alla stessa natura dell’uomo, il soggetto-pensiero, ma da un pensiero [dio] che, essendo causa dell’esistenza dell’uomo, è eterno rispetto alla natura contingente dell’uomo, ovvero è collocato sul piano della necessità, precedente l'uomo.
5.] …
 
a.] l'uomo è contingente ed è pensiero della necessità.
b.] la necessità non determina l'uomo.
c.] l'uomo è esistenzializzato.
d.] la causa dell'esistenzializzazione dell'uomo, non essendo la necessità, deve essere una forma di pensiero, come l'uomo.
e.] l’essere determina dio [se esiste]. ma l’essere non può determinare l’uomo [perché l’uomo è contingente]. in quanto esistenzializzato, quindi, l’uomo può essere esistenzializzato solo da un soggetto [come la procreazione umana, in cui il figlio deriva dal genitore].
f.] dio è il pensiero necessario: …
 
f1.] pensiero come l'uomo [che può essere stato esistenzializzato solo da un altro pensiero-soggetto].
f2.] necessario come la necessità [precedente il piano esisistenza dell’uomo, che è contingente].



rilevamento di un problema in alcune dimostrazioni scientifiche

 
1.] si è detto che alla forma corrisponde la sostanza, e alla sostanza corrisponde l’esistenza. poiché l’uomo è soggetto e il soggetto è forma necessaria, esiste quindi il soggetto come sostanza e come esistenza necessaria, quindi dio esiste [ciò viene detto in alcune dimostrazioni scientifiche/in esse è dimostrato il passaggio dall’uomo-forma con l’uomo contingente, alla forma-umana-necessaria, perché il soggetto-uomo pensa la necessità, e la necessità si fa pensare solo da una forma – il pensiero – necessaria/è naturalmente posta l’equivalenza soggetto-pensiero].
2.] la forma umana è forma [umana: soggetto e pensiero] di un essere contingente [l’uomo].
3.] l’uomo è contingente, ma la sua forma è necessaria [per quanto detto nel punto 1.]].
4.] il problema rilevato è il seguente:
 
a.] nel punto 1.] è stata posta la catena: data la forma, è data la sostanza e quindi l’esistenza.
b.] ma l’uomo è anche forma contingente: infatti l’organismo umano [su questo punto si è pensato di introdurre apposito paragrafo] è strutturato per supportare la malattia [ad esempio, presenza di globuli bianchi nel sangue], e quindi esso è per essenza contingente, perché ciò che è necessario è incorruttibile.
c.] ne consegue che la catena di cui al punto a.] di 4.] è problematica. l’uomo è forma anche contingente, quindi è sostanza contingente, quindi è esistenza contingente: come dalla forma dell’uomo si può giungere all’esistenza di dio ?
 
5.] la soluzione è la divisione/differenza tra forma necessaria e forma contingente:
 
a.] l’uomo, come essere umano, ha forma necessaria, come soggetto-pensiero [ad esempio, si sa che come nell’uomo esiste la mente, così esiste la mente in dio/lo stesso per gli occhi/l’uomo è a immagine di dio, quindi alcune forme dell'uomo appartengono a dio per definizione/come l'uomo è a immagine di dio, dio è a immagine dell'uomo].
b.] l’uomo come organismo vivente è anche contingente [ad esempio: esistenza di forme specifiche per la gravità terrestre/secondo il creazionsimo/ad esempio: presenza di polmoni, apparato scheletrico, sistema immunitario, ecc.].



considerazioni relative al paragrafo PTF354.html_[...] su alcune dimostrazioni scientifiche

 
1.] alcune forme dell’uomo non sono necessarie [come quelle costruite dal disegno intelligente per consentire la vita umana nella dimensione terrena/ad esempio: sistema immunitario, il quale comporta/presuppone che l’uomo è essere contingente].
2.] altre forme invece sono necessarie: come mente, soggetto, pensiero.
3.] infatti, la bibbia dice che l’uomo è a immagine di dio [quindi dio è a immagine dell’uomo].
4.] poiché l’uomo è a immagine di dio, alcune forme dell’uomo sono necessarie, come le stesse forme in dio, ereditate nell’uomo da dio:
 
a.]  come dio è soggetto, così l’uomo è soggetto.
b.] come dio ha una mente, così l’uomo ha una mente.
 
5.] il limite di questa considerazione, che quindi non può rinforzare le dimostrazioni scientifiche fondate sulla catena … forma dell’uomo [necessaria]-sostanza [necessaria]-esistenza di dio …, è che essa è a carattere esegetico, cioè tratta dalla bibbia, e sembra di dover dire che una teologia “esegetica” [che cioè “faccia leva” sulla bibbia] non può dirsi, alle attuali condizioni, ancora scientifica:
 
a.] è scientifico lo studio della sacra scrittura.
b.] non è scientifico usare la sacra scrittura per confermare il sapere speculativo [come si fa ripetutamente in questo sito].  
 


DIMOSTRAZIONE FENOMENOLOGICO-LINGUISTICA

1.] questa dimostrazione riflette sul concetto di dio e sulla parola “dio”.
2.] è già stato detto che [secondo la metafisica epistemica] il linguaggio è [ontologicamente] riproduzione del pensiero/idea, che a sua volta è riproduzione della realtà, per cui il linguaggio riflette la realtà.
3.] ciò accade per il termine “dio”, se e solo se non esistono altri usi di questo concetto, che siano ad esempio fantasiosi.
4.] si osserva l’uso del concetto “dio”: da sempre esso viene inteso come termine per una religione, una teologia, una filosofia: dio è parola che è stata usata per descrivere, quindi, la realtà.  
5.] un’importante osservazione è che quasi mai, se non mai, la parola “dio” è usata per le favole e le fiabe. ovvero, è del tutto inibita nell’uomo la funzione fantasiosa di questo concetto. mai [o quasi mai] una favola usa la parola dio: la favola usa personaggi fantasiosi, come gnomi e elfi, non “dio”. tuttavia è sufficiente perché esista almeno un solo uso realistico della parola dio perché dio sia realtà. corrispondentemente, si osserva che mai personaggi tipici delle fiabe e delle favole sono introdotti per descrivere la realtà. mai si pensa che possa esistere anche realmente “la regina delle nevi”. esistono invece termini sia reali che fantasiosi. per questi esiste quindi la doppia funzione e la realtà.
6.] per dio l’uomo ha sempre inteso [sempre voluto intendere] una realtà.
7.] non vale l’obiezione secondo cui una cosa è desiderare che una realtà esista, altra cosa è la sua esistenza effettiva, perché non si sta parlando di desiderio, ma della parola dio come parte del linguaggio, posto che il linguaggio è riproduzione ontologica della realtà, per cui alla parola-dio corrisponde la realtà-dio. inoltre si aggiunge che è sufficiente che una realtà sia desiderata, perché essa esista realmente [se non esiste nell’al di qua, esiste nell’al di là, e l’al di là esiste perché essa esista, in quanto una parola-realtà non può mai essere fuori campo di esistenza]/questo concetto introduce un’ulteriore dimostrazione, fondata sul desiderio come riproduzione della realtà.
8.] solo l’ateo dice che dio è credenza fantasiosa, ma mai un credente usa dio come credenza fantasiosa. per il credente dio è realtà, e solo per l’ateo esiste la categoria di dio come concetto fantasioso, quasi sia solo l’ateo a creare questa categoria: l’uso di dio come termine per una fiaba e favola. è quindi, il suo, un uso interessato e strumentale del termine "dio". ma è non corretto, perché l’ateo non intende creare questo uso, ma intende dire che dio serve a questo uso, quando storicamente è accertato che la fiaba parla di personaggi fantastici ma non di dio come tale.
9.] questa dimostrazione è già stata formulata in altro modo.



DIMOSTRAZIONE FENOMENOLOGICO-ANTROPOLOGICA

1.] questa dimostrazione riflette sul concetto di dio e sul bisogno/desiderio di “dio”.

2.] viene qui detto che [secondo la metafisica epistemica] il bisogno è manifestazione di una mancanza, la quale è a carattere biologico, richiedendo un complemento per la sua compensazione. non c’è quindi [utilizzo di metafora] …
 
a.] … bisogno di pane se non esiste il pane.
b.] … bisogno di infinito se non esiste l’infinito.
c.] … bisogno di dio se non esiste dio.
 
3.] il bisogno è quindi riproduzione [biologica/psicologica e quindi ontologica] della realtà che serve a compensarlo.
4.] si può dire che lo stato originario dell’uomo è di essere unito a dio. il bisogno di dio nasce dalla separazione da dio, quindi dio esiste, essendo espresso dal suo bisogno, come bisogno di ciò [dio] da cui l’uomo è stato [originariamente] separato [forse con la caduta].
5.] corrispondentemente esistono anche la necessità, la fonte e la tecnica, come il paradiso: eterni e assoluti.



dimostrazione demonica

1.] ci sono dei casi di esorcismo in cui l’esorcista parla col demone che possiede la persona soggetta a questi fenomeni.

2.] è quindi verificato un caso di fenomeno soprannaturale che si manifesta in modo naturale.
3.] i demoni parlano di gesù, maria, degli angeli, di dio, e di loro stessi, offrendone quindi una testimonianza diretta e soprannaturale.
4.] la loro testimonianza è prova sufficiente dell’esistenza di dio.
5.] questa dimostrazione è incentrata su questi fatti:
 
a.] all’interno di un quadro culturale di secolarismo diffuso [in occidente, nel ventunesimo secolo], in cui appare sempre più difficile credere in dio, si verificano fenomeni eclatanti di possessione demonica.
b.] questi fenomeni sono particolari, nel senso che manifestano nel mondo naturale la presenza di un ente, il demone, che, da un lato è ente soprannaturale, dall’altro è ente previsto nel cristianesimo, cioè dalla fede cristiana.
c.] ne consegue che, per la parte in cui la fede parla del demone, e per la parte in cui il demone, in questi fenomeni, parla della fede, la fede è dimostrata come vera.
d.] è dimostrata come vera in modo naturale-soprannaturale, nel senso che, nel tempo dell’ateismo, proprio il demone, ente soprannaturale, rivela/svela le verità di fede, parlando di se stesso, con la sua manifestazione, e degli altri soggetti della fede, di cui lui è a conoscenza [dio, gesù, maria, gli angeli].

dimostrazione psichiatrica

1.] questa dimostrazione si collega alla dimostrazione demonica.
2.] la malattia psichiatrica espone l’uomo a fenomeni soprannaturali, come le voci interiori della schizofrenia, e le allucinazioni, anche dal contenuto horror [che sono proiettate nei film horror], in cui emergono dall’inconscio umano le realtà inferiche e i demoni [che producono queste voci, e le allucinazioni, agendo sul sistema nervoso umano].
3.] la malattia psichiatrica, essendo esposizione al soprannaturale [inferico/essendo il demone ente patogeno], è quindi prova sufficiente dell’esistenza delle realtà inferiche, quindi della fede, che le prevede, quindi di dio, contenuto della fede. 
4.] si osserva che queste voci schizofreniche, realtà inferiche, esposizione psichiatrica ad interfaccia, non potrebbero sussistere se tali realtà inferiche non fossero luoghi in senso “fisico”. per cui, nella misura in cui la teologia contemporanea, che è piuttosto una “sensibilità”, moderna, nega l’inferno come realtà fisica, essa si preclude la conoscenza scientifica e teologica delle realtà inferiche e dei connessi fenomeni di malattia psichiatrica [oltre che l’interpretazione epistemica dei film horror].
5.] la psichiatria collega l’uomo alle realtà inferiori, ma non alle realtà superiori, perché, essendo queste a dimensione energetica e spirituale maggiore [superiore], esse non possono essere raggiunte dall’uomo, se non per rivelazione [dall’alto]. mentre, cioè, l’uomo può decadere naturalmente tramite una malattia psichiatrica e interfacciarsi con il soprannaturale inferico, l’uomo non può invece elevarsi, con le sue forze al soprannaturale celeste, che rimane naturalmente inaccessbile, ed è accessibile solo per iniziativa divina e angelica.
6.] molti fenomeni cosiddetti “mistici” sono manifestazioni demoniche. il demone, come dice san paolo [2 cor 11, 14], riesce a farsi interpretare dall’uomo come angelo. le cosiddette “voci angeliche”, al confine tra schizofrenia e misticismo, possono essere le voci [schizofreniche] dei demoni, che parlano di visioni e rivelazioni “celesti” e “divine” per simulazione.


dimostrazione parapsicologica

1.] questa dimostrazione si collega alle dimostrazioni demonica e psichiatrica.

2.] i fenomeni parapsicologici sono connessi dalla scienza esorcistica tradizionale alle manifestazioni demoniche, e sono quindi sufficiente prova dell’esistenza del demone, delle verità di fede, che parlano dei demoni, quindi di dio, previsto nelle verità di fede.


DIMOSTRAZIONE UNITARIA [costruzione sospesa]

[Problema: la struttura portante della dimostrazione unitaria può essere costituita dalla terza dimostrazione o dalla dodicesima dimostrazione. Quest'ultima è forse la più efficace, ma essa presuppone l'uomo, mentre la terza dimostrazione prescinde dall'uomo].


]]] NOTE, OSSERVAZIONI E CARATTERISTICHE [[[


Note
1. Le dimostrazioni epistemiche definiscono alcuni assi del ragionamento epistemico e quindi della razionalità epistemica.
2. Numero attuale delle dimostrazioni epistemiche: 218 dimostrazioni.
3. La terza dimostrazione è stata integrata da una nota, descrivente l'impianto generale dell'episteme.
4. Le dimostrazioni seconda, terza e settima sono dette anche "processori-dimostrativi" (epistematica, p10), ed hanno consentito la formulazione con concetto di funzione- dimostrativa (epistematica, p6.1). 
5. La quattordicesima dimostrazione (fondata sull'auto-concetto, p11) è stata integrata/spiegata in base alla gnoseologia epistemica, di cui si tratta al link "Episteme (schemi epistemici"): p6; integrata.

Osservazioni critiche sulle dimostrazioni storiche (pre-epistemiche):

- le dimostrazioni di S. Tommaso d'Aquino, per il modo in cui sono storicamente formulate, non sono di definizione epistemica. Infatti, posto lo schema quadripartito (epistematica, p13), per il quale non solo Dio è essere necessario, ma esistono (secondo Platone) numerose altre realtà necessarie (che l'episteme fa convergere su Dio, tra le quali l'Uno e la Diade), tutti i principii individuati da tali dimostrazioni possono essere indifferentemente attribuiti a Dio o a tali realtà necessarie. Infatti, secondo l'episteme:

- l'essere-immobile (o Essere-immobile, perchè può anche essere Dio) può ad esempio essere la fonte, la tecnica, l'iperuranio; 
- la causa-prima può consistere nelle precedenti ipostasi;
- l'essere-necessario può non essere Dio, perchè tutto il mondo-divino, distinto da Dio (schema quadripartito), è necessario;
- la perfezione-somma può non essere Dio, perchè tutto il mondo-divino (fondamento di Dio) è perfetto;
- l'intelligenza-ordinatrice può non essere Dio, perchè nel mondo-divino l'iperuranio è l'intelligenza-artificiale (il computer di Dio, nella cui realtà virtuale Dio ha potuto creare la Creazione, non potendo essere le altre dimensioni della necessità sottoposte a manipolazione, ed essendo la realtà-virtuale-divina il luogo della fase onirica di Dio - cioè delle sue "fantasie" -, associata ad una possibilità infinita di manipolazione dello spazio-tempo).

Si ritiene che, secondo quanto detto dal Card. Ruini (in "Le ragioni della fede. Indicazioni di percorso", 1993), le dimostrazioni tomistiche, rielaborate, siano epistemizzabili;
- la prima dimostrazione di Cartesio è epistemica, cioè incontrovertibile (classificata qui come quindicesima), le altre due non sono epistemiche. Infatti, se l'uomo non ha determinato se stesso, ciò non significa che è stato determinato da Dio (Dio non ha determinato se stesso), lo è stato (secondo l'episteme), ma ciò va dimostrato; per la terza, segue ...;
- la dimostrazione di Sant'Anselmo d'Aosta (cui si rifà la terza di Cartesio) può essere così criticata: non è detto che ciò che esiste sia "maggiore" di ciò che non esiste; infatti, l'esistenza non può essere semplicemente un elemento "aggiuntivo" per essere "maggiore", deve essere anche un elemento "qualitativo" (soprattutto trattandosi dell' esistenza Dio); ora, la non-esistenza del dolore è senz'altro "maggiore" della sua esistenza.
Questa dimostrazione può forse essere epistemizzata;
- si è potuto leggere la dimostrazione di Goedel. Essa non è razionalmente epistemica (anche se l'episteme deve senz'altro esprimersi con la formalizzazione da lui usata. In questo senso può essere considerata "epistemica". La prova cade sui contenuti): non è detto che l'esistenza sia una propietà "positiva" (come dice Sant'Anselmo); non è detto che l'esistenza appartenga senz'altro all'ente divino, perchè solo perchè questo è "positivo".

Caratteri delle dimostrazioni epistemiche

1. Le dimostrazioni sono l'introduzione all'episteme e la sintesi dell'episteme. Esse inoltre presuppongono l'episteme, perchè solo l'episteme può costruire il concetto di Dio.
2. Dio viene dimostrato non solo in base alla sua azione o al Creato, ma in base alla costruzione del suo concetto e della sua esistenza, cioè la dimostrazione della sua esistenza è la spiegazione della ragione della sua esistenza: Dio come funzione e ipostasi della necessità.
Dio è stato definito come l'esistenzializzazione (cioè trasformazione in ente esistente) della relazione astratta dell'identità dell'esistenza con se stessa. Ad esempio: la condizione di un sasso che sta sopra un tavolo è una "situazione relazionale" (la condizione del sasso in rapporto al tavolo); l'esistenza trasforma questa relazione in un ente.
Ciò spiega il rapporto tra spazio-tempo (estensione) (a livello di trascendenza) e organismo vivente (Dio, la cui pirma ipostasi è il penisero, infinito perchè tale è l'estensione, che esso riflette): Dio non è esteso, ma concentrato (è un punto organico, come l'uomo, il quale solo apparentemente è esteso, perchè la correlazione delle forme, che sono le componenti del suo corpo, richiede una certa estensione del corpo): Dio è un nesso grammaticale della logica (la relazione di identità), trasformato in realtà (esistenzializzato). Ma Dio è anche la massima complessità (differenziazione: si pensi al cervello umano), quindi l'ipostasi di Dio è esistenzializzazione anche della relazione di differenza.
3. Il problema metafisico della natura dell'essere-in-sè è il presupposto della dimostrazione (costruzione) dell'esistenza di Dio: cioè, la natura dell'essere (un cui attributo è la necessità) porta a Dio (necessariamente) (determinazione di Dio da parte dell'essere).
4. Il fondamento (principio) dell'esistenza di Dio è posto al di fuori di Dio (tesi puramente speculativa e rigorosamente tale: la tesi, per cui il principio di Dio deve stare in Dio non è scientifica, ma retorica).
5. Se le dimostrazioni costruiscono il concetto di Dio, il concetto di Dio è scientificamente ed univocamente determinato, e tali sono quindi i suoi caratteri, attributi e volontà. Da ciò discende che la dimostrazione dell'esistenza di Dio trae il concetto "scientifico" di Dio, e quindi la religione e l'etica "scientifiche" (che poi sono quelle cattoliche, ma non solo).
6. E' posto il problema del rapporto tra ragione e fede: la ragione si serve della fede, ma, una volta che l'ha usata (e ciò deve essere giustificato), non può, dopo averla razionalizzata, liberarsene, perchè la conoscenza include la conoscenza di Dio, e quindi della sua volontà, che, essendo libera, non è conoscibile, per cui la ragione può conoscere (condizionare) anche la volontà di Dio solo agendo sotto le condizioni poste da Dio, ovvero praticando la fede.
7. Deve essere spiegato cosa si intende per "scientifico" in ambito metafisico. Non ci si limita a dire che l'episteme è il corretto concetto della scienza, che precede la scienza empirica (astronomia e fisica). Anche nell'ambito della metafisica, qualunque forma esistente (lo spirito, l'Uno, ecc.) deve anche "apparire" (empiricamente) a Dio (e all'anima paradisica). Quindi anche l'episteme filosofico e teologico sono saperi di tipo empirico, ma il loro oggetto non appare (per via dei limiti dell'uomo, conseguenza della caduta e delle sue implicazioni "strutturali"). La base empirica su cui può appoggiare il sapere filosofico e teologico, posti i limiti della conoscenza umana, è il linguaggio (in cui l'"Uno", la "trascendenza", "Dio", l'"anima", lo "spirito", ecc., "appaiono" come parole). Si devono quindi stabilire i criteri perchè questo approccio sia scientificamente valido, in senso empirico. 
Come alcuni enti sono la trasformazione di relazioni astratte, così il cosmo stesso (presente anche nella trascendenza) è la trasformazione in ente dell'essere, cioè ogni ente spirituale ha un equivalente nella materia, e ha determinato la struttura di questa. Quindi, anche l'episteme deve costituirsi come sapere di tipo empirico, nel senso della fisica.


nota critica su alcune dimostrazioni
 
1.] la dim_19 è una dimostrazione del senso, ed è forse anzi la maggiore dimostrazione del senso [anche se però si deve osservare che l’uomo cerca il senso non per essere super_uomo, cioè per la potenza, ma per conoscere se stesso. se invece si definisce super_uomo colui che conosce se stesso (e ama stesso), allora questa è senz’altro la massima dimostrazione del senso];
2.] andrebbero raggruppate le dimostrazioni del senso e quelle fondate sul bisogno di dio, e sui bisogni che dio appaga: tra tutti, primo il bisogno stesso di dio, e di dio per appagare [in paradiso] il massimo bisogno dell’uomo: quello di se stesso;
3.] perché l’aver bisogno di dio è una dimostrazione, se anzi ciò era stato inteso nella storia della filosofia come una confutazione della fede ? [si dice: “tu credi solo perché hai paura di questo, e quest’altro, ecc. …”/dice invece l’episteme: “prorpio perché dio mi serve, dio esiste”]. una possibile risposta è la seguente [una spiegazione è una teoria, e una teoria, se e in quanto plausibile spiegazione della realtà, ha un intriseco valore e potere dimostrativo, sia pure probabilistico/le dimostrazioni sono probabilistiche, ma non nel senso che pongono l’ipotesi di dio (questo lo si fa sempre), ma nel senso che dimostrano la verità, o plausibilità, di tale ipotesi, con un certo margine di certezza]:
 
a.] la realtà si riproduce in dio;
b.] dio si riproduce nell’uomo [uomo come dio e dio nell’uomo];
c.] in paradiso, l’uomo è in dio e dio è nell’uomo [inabitazione come normalità del paradiso];
d.] il bisogno di dio è manifestazione dell’assenza attuale di dio nell’uomo [a_normalità della dimensione terrena_mortale];
e.] questa assenza non è normale [è normale solo il paradiso: definito “configurazione definitiva”], e quindi l’uomo evoca dio, perché ora nell’uomo manca dio;
f.] quindi dio esiste in quanto manifestazione di ciò che manca nell’uomo: dio stesso [lo stomaco senza il cibo, essendo il cibo per lo stomaco, evoca il cibo, e il cibo, anche se assente dallo stomaco, esiste].
 
questa è la spiegazione del perché l’uomo ha bisogno di dio: il bisogno di dio, cioè di qualcosa che esiste [perché riprodotto nell’uomo, che evoca la sua assenza, ma questa assenza sta nella matrice chein paradiso sarà colmata], e questo qualcosa è detto dio [manca l’inabitazione, ma c’è lo “spazio” per l’innesto, e questo “spazio”/matrice ha la forma di dio]. attenzione però: il primo bisogno dell’uomo è il bisogno di dio [non dio come tappabuchi di altro, ma dio come necessario "tappabuchi" (Bonhoeffer) di se stesso, dove il buco è dato dall’assenza di dio: dio deve essere tappabuchi, perchè solo dio dà all'uomo, se gli obbedisce, la salvezza], nel senso che ciò, di cui l’uomo deve avere timore/paura, non è la natura, non sono gli uomini, non è la morte, ma è quella dell’assenza attuale di salvezza, data da dio:
 
1.] timore di dio;
2.] paura dell’inferno.

nota  sul criticismo kantiano
 
si è detto che la mente dell’uomo [cosiddetto “microcosmo”] riproduce nel suoi schemi la struttura del cosmo per la giunzione tra oggetto e soggetto [il primo incorpora il secondo e si riproduce esistenzialmente in esso]: cioè la struttura della mente è la stessa struttura della realtà. deve essere precisato che questo non è evidente per l’uomo, perché il cosmo non si riproduce normalmente nell’uomo, ma in dio, nell’anti_dio [micro_duplicazione di dio nel creato] e in cosmo_adamo: questi tre soggetti sono esseri giganteschi, e sono posti al centro della realtà, che in essi si riproduce, duplicandosi nella loro mente [giunzione tra oggetto e soggetto]. l’uomo è invece una derivazione micro_frattalica di cosmo_adamo, a sua volta derivazione micro_frattalica dell’anti_dio. per questo l’uomo appare “disancorato” dall’universo_apparente, scisso da esso e non posto al suo centro, parte microscopica di esso e quindi non certo sua duplicazione. per questo si dice che quella duplicazione, come origine della corrispondenza innatistica tra struttura del cosmo e struttura della mente [apparato categoriale kantiano] vale per l’uomo solo indirettamente:
 
1.] la mente umana non è diretta duplicazione dell’oggetto nel soggetto umano;
2.] la mente umana ricava e riceve la sua struttura come indirettamente riproduttiva della struttura della realtà, perché la ricava e la riceve come fattore genetico da cosmo_adamo e da cristo_episteme;
3.] cioè l’uomo è microcosmo non per riproduzione in lui del cosmo [come in dio], ma per riproduzione in lui di dio, che è riproduzione del cosmo.
 
è evidente in queste considerazioni il collegamento con la dimostrazione dim_147 e la sua schematizzazione.