DIMOSTRAZIONE_100: FONDATIVA, RTZ_3, MASSIMA_RATZINGERIANA, FIDEISTICA_QUINTA,
MASSIMA_FIDEISTICA, NORMALE_QUARTA


la presente dimostrazione si propone di neutralizzare definitivamente il dubbio di fede, posto che la fede non presuppone solo il dubbio di fede, essendo essa una determinazione essenziale della ragione_epistemica [perché mai Dio sarà visibile nella sua interezza, e quindi il pensiero tramite il linguaggio può e deve procedere anche indipendentemente dalla percezione]. essa recita: “la realtà non è limitata solo a ciò che appare all’uomo, perché questo apparire dovrebbe essere normalmente perfetto, e poiché esiste anche un apparire perfetto, questo è il soprannaturale, inteso come realtà perfetta, e in esso, esso esistendo, è probabile che Dio esista”. questo argomento è sintetizzato riprendendo la dim_53 [e le dim_54 e dim_73], ma è assai più complesso di esse, ed è potenzialmente fonte di altre due future dimostrazioni e delle cinque dimostrazioni ad esso seguenti [tomistiche_epistemiche].
tutte le dimostrazioni epistemiche hanno senso se è dimostrato questo presupposto: l’orizzonte attuale dell’apparire, cioè ciò che appare alla percezione umana, definito anche configurazione attuale dell’apparire, con attinenza alla struttura [e questo sarà un punto determinante, perché dal tipo di apparire, imperfetto, si capirà che deve esistere anche un altro apparire, come detto anche in precedenti dimostrazioni (dim_53, dim_54 e dim_73)_], come dice Ratzinger nel suo libro “Introduzione al cristianesimo”, non deve esaurire l’ambito dell’esistenza [l’Intero non è solo ciò che appare all’uomo], o comunque dell’esistenza [tecnicamente/fisicamente] accessibile, di cui cioè si possa dire in senso fisico. affinchè la fede sia prova dell’invisibile, l’invisibile deve [nell’ambito della ragione] almeno essere dimostrato esistente [con ciò, come si vedrà, non si esce dalla fede, ma dalla fede dubitativa]. si deve cioè dimostrare, inizialmente, che esiste tutta una realtà [ed è la vera realtà: immutabile, infinita ed eterna, di un infinito di ordine superiore a quello del mondo fisico, qui detto creato], che all’uomo non appare attualmente, ma che non può apparirgli [realtà anche detta soprannaturale] neanche in paradiso, per cui dimostrarlo esistente non presuppone la sua percezione. successivamente si dimostrerà che in questa realtà esiste un soggetto personale e divino: Dio. in altri termini, [affinchè sia dimostrata l’esistenza di Dio] non deve esistere solo ciò che appare all’uomo, perché Dio all’uomo non appare, e se esistesse solo ciò che appare all’uomo ora, Dio non esisterebbe. È evidente che in paradiso il pensiero umano sfrutta l’innesto cristico, ma rimane il fatto che questo innesto non appare del tutto, e questo innesto viene prodotto ora dall’episteme, in sostituzione di cristo.
Il pensiero ha facoltà di ipotizzare l’esistenza del soprannaturale. questo non si identifica tutto all’invisibile. La fisica non vede le onde/particelle, di cui è costituita la materia, le particelle sono parte della realtà invisibile, ma comunque tecnicamente accessibile, perché ad esempio manipolabile [il neutrino non appare, è invisibile, ma non è detto per questo soprannaturale]. esiste quindi nell’uomo una triplice scissione tra pensiero e percezione [scissione compensata dal linguaggio_ponte, come si vedrà: verbo = episteme = fede = ragione = cristo], cioè un non parallelismo tra pensiero e percezione, laddove la gnoseologia epistemica pone invece un parallelismo per Dio. questa è la triplice scissione per l’uomo [ci saranno altre scissioni e altri parallelismi]:
 
1.] scissione in senso parmenideo e neo_scolastico tra pensiero dell’essere come immutabile e percezione dell’essere come divenire, dell’essere come dell’apparire, con rilevata apparente contraddizione [su cui Bontadini innesta la sua dimostrazione dell’esistenza di Dio, ripresa dall’episteme];  
2.] scissione tra pensiero della realtà fisica invisibile e non percezione della stessa [ad esempio: Einstein che teorizza le onde gravitazionali, ma esse, in quanto onde, non si possono vedere, le si possono solo eventualmente sperimentare];
3.] scissione [se esiste il soprannaturale, che qui si vuole dimostrare esistente] tra pensiero del soprannaturale e sua non percezione [attuale], in cui la possibilità dell’esistenza del soprannaturale è teorizzata non come fantasia. la fantasia è teorizzata non come possibile, perché saputa come falsa. E’ vero che anche una religione mitica antica forse era falsa [la si ritiene falsa anche solo perché superata, e addirittura culturalmente inconsistente agli stessi occhi degli antichi], ma la si riteneva vera con la forza della verità, ma la differenza tra religione mitica e filosofia sta nel fatto che la filosofia teorizza in modo scientifico, e la differenza tra religione mitica e cristianesimo sta nel fatto che questo usa la filosofia [cioè la ragione], sia per sottoporre a critica i propri asserti, sia per comprenderli, fondarli e spiegarli razionalmente.
4.] c’è poi una quarta scissione, riguardante l’essenza della fede, secondo le parole di Ratzinger: mai, neppure in paradiso, l’uomo vedrà Dio com’è veramente [interamente]: Dio, cioè come Dio vede se stesso [di qui l’invidia umana, associata alla pulsione totemico_protonica]. 
 
queste dunque sone le tre scissioni, alcune delle quali, come si vedrà, non sanabili [perché, come forse intende Ratzinger, anche in paradiso Dio, nella sua interezza, rimarrà inaccessibile alla percezione], a meno di teorizzare una funzione percettiva del sistema degli schemi. In ogni caso, la parte di soprannaturale che sarà resa accessibile in paradiso sarà sufficiente per saperlo certo e esistente, e non come simulazione mimetica [questo con riferimento al volto di Dio, ad esempio]: per l’innesto cristico, dove cristo è verbo e linguaggio [tale è appunto l’episteme emergente].
 
analisi delle scissioni:
 
1.] nell’ambito della prima scissione, il pensiero rileva che la scissione, anche detta contraddizione dell’apparire, potrebbe essere solo apparente, frutto di una inadeguata concezione dell’essere, cioè di un pensiero erroneo. in realtà, questa contraddizione è rilevata da un pensiero che vede ciò che non dovrebbe vedere [interferenze reciproche tra pensiero e percezione: infatti, l’esistenzializzazione è essere dall’essere e nell’essere, la creazione è essere dal nulla e nel nulla, e l’apparire umano percepisce attualmente il rapporto tra i due tipi di processi, provvisorio alla dimensione terrena];
2.] nell’ambito della seconda scissione, si dice che gli scienziati non dubitano dell’esistenza del mondo fisico non apparente, perché il pensiero dell’invisibile è qui pensiero che si conosce come scientifico, in quanto pensiero [come episteme di conosce metafisicamente] e la teorizzazione di infiniti universi è detta per scienza, non per fantasia o per mito creduto vero. alcuni filosofi dicono che, distolto lo sguardo, ciò che appare cessa di esistere. Ma, si osserva, una catena di montaggio [come lo scorrere del tempo in un orologio] continua a produrre automobili anche senza essere vista dall’operaio e il suo apporto: cessa di esistere la sua rappresentazione [se si tralasciano qui Berkeley e Severino, qui accolti], non la sua esistenza oggettiva [noumenica];
3.] riguardo all’ambito della terza scissione, si può invece dubitare dell’esistenza del soprannaturale, perché, a differenza del caso della realtà fisica non apparente, che incide sull’apparire, si dice [si crede] che il soprannaturale [presupposto anche come la causa esistenziale del Creato, ad esempio come fede nel Creatore dell’universo] non si manifesta nell’apparire, e per questo se ne può dubitare [vi inciderebbe secondo la fede nella creazione, nel creazionismo, nella provvidenza, nell’incarnazione cristica, nell’apocatastasi e nella ricapitolazione].
 
prosegue dimostrazione   
 
la prima scissione può non essere vera [e va spiegata ad esempio come non_normalità/non_naturalità, nel senso di non_spontaneità dialettica, dell’apparire attuale]. Tenuto conto che le dimostrazioni presuppongono un dato sistema [metafisico] [che andrà dimostrato, ma che già appare plausibile, come super_comprensione/super_spiegazione del reale], si può dire che le altre due scissioni sono apparentemente e provvisoriamente sanate dal seguente principio [generalmente valido, per Dio e per l’uomo]: deve esistere un parallelismo [principio gnoseologico del] tra pensiero e percezione: tutto ciò che esiste ed è anche pensato dal pensiero, deve anche apparire alla percezione. in questo modo la dimostrazione è già in parte guadagnata: il pensiero del soprannaturale è detto mera possibilità, perché non si percepisce l’apparire del soprannaturale. ma, se si dimostra che il pensiero della realtà soprannaturale, posto come possibilità dubitata, è però vero pensiero scientifico, si dice allora che la percezione della realtà contemplata da tale pensiero è sospesa artificiosamente da Dio [giacchè il contenuto del pensiero, qui metafisico, dovrebbe apparire] [Dio che restringe attualmente il campo percettivo dell’uomo, come il proprio, essendo il figlio separato dal padre e in fase di digiuno sensitivo sacrificale], ma è parallela e quindi avverrà, ed è sostituita dall’apparire dell’episteme e dai suoi schemi [dim_7]. In altre parole, si è sanata la scissione. Esiste ciò che appare, ma poiché si pensa ciò che esiste [il soprannaturale], il suo apparire avverrà in un altro momento [dopo la morte]: intanto tale realtà è pensata. Bisogna dimostrare che il pensiero di tale realtà è vero pensiero [connesso all’intuizione dell’essere necessario, che produce per proiezione il proprio pensiero: l’episteme è pensiero necessario], cioè scientifico, non pensiero di una mera possibilità, e non solo perché voluto come vero, ma perché necessariamente correlato [dialetticamente] alle forme e ai modi del pensiero orientato scientificamente al vero reale [dettato dal reale stesso: non perché rivelato, ma perché proiettato]. quest’ultimo pensiero pensa ciò che appare, e appunto il soprannaturale appare negli schemi epistemici, sempre razionalmente giustificati.    
a questo punto si potrebbe dire che tali schemi sono fantasie. invece si dice proprio che un tale apparire, teorizzato dal pensiero, non potrà mai essere dato nell’apparire, ciò che significa che il pensiero deve per l’uomo [e noumenicamente anche per Dio: scissione interna a Dio, per l’in_sovrap_ponibilità del fenomeno al noumeno, purtuttavia strumento per la sua conoscenza, in quanto il fenomento esiste solo perché entizzazione del noumeno] strutturalmente fondarsi [dimostrativamente anche in paradiso] su se stesso, prescindendo dall’apparire percettivo, ma si conferma il parallelismo, per il quale la percezione parallela al pensiero, di un pensiero non coperto dalla percezione, è questa percezione, specificamente noumenica, data dal linguaggio [che è cristo = verbo = parola = episteme]: in altre parole, la gnoseologia kantiana si apre categoricamente alla metafisica in senso scientifico, laddove alla percezione di Kant si sostituisce, nel senso della primarietà conoscitiva, il pensiero, come pensiero del noumeno, e la sua rappresentazione fenomenica, data dal linguaggio [certamente Kant ha inteso nichilisticamente, come anche la neo_scolastica, la conoscenza come “apparire”, cioè come percezione, invece Heidegger capiva di dover puntare sul pensiero: l’episteme è una gnoseologia kantiana, in cui l’importanza non viene più data alla percezione e all’apparire, su cui si fondano le scienze empiriche, ma viene data al pensiero e al linguaggio/il linguaggio è la chiave del superamento del criticismo, cioè dei limiti di scientificità che questo pone alla metafisica, e questo linguaggio, che anche include un suo specifico pensiero = intelletto, in Dio è il verbo = parola, parola non in senso religioso e simbolico, parola nel senso scientifico, come duplicazione del tutto soggettivizzata in un uomo identico all’essere, nella panteizzazione cristica]. Dio, nell’uomo, a differenza che in Dio, essendo Dio dato a se stesso anche nella percezione, nell’uomo non potrà mai apparire come egli è realmente, Dio anche in paradiso rimane strutturalmente inaccessibile alla percezione umana, l’uomo vede uno specifico volto di Dio, “calibrato” alle capacità di commensurazione della creatura, ma non Dio come Dio vede se stesso. quindi, nell’uomo, il pensiero di Dio [l’uomo che pensa Dio] supera la sua percezione, e allora il pensiero, anche qui, nell’episteme emergente, deve riuscire a “stare in piedi da solo”, perscindendo come in paradiso dall’apparire di Dio [certo, il caso specifico è diverso: in paradiso comunque Dio appare/si richiede/si necessita approfondimento]. questa impossibilità di vedere Dio è espressa dalle parole di Ratzinger: “sempre”. prima di riportarle, si aggiunge che il vero pensiero è il pensiero dell’essere e della sua struttura, e questo primo essere non è prioritariamente l’apparire attuale e futuro [ente], ma è l’esistenza [intesa come sostanza astratta], cioè la pre_condizione esistenziale astratta dell’apparire [pre_condizione autonoma dall’apparire, e che detta/proietta il suo proprio apparire nell’apparire], esistenza astratta che strutturalmente, in quanto astratta, non appare, e che viene entizzata, l’esistenza in sé, o principio, non nell’ente che appare, ma nell’apparire come sfondo dell’apparire dell’ente, cioè come il piano/sfondo/orizzonte dell’apparire, la pura sensitività senza oggetti [questi proiezioni esistenziali soggettive delle ipostasi oggettive]. Ovvero: tutto ciò che esiste e che è pensato deve anche apparire [parallelismo esistenziale tra oggetto e sua rappresentazione]. Il principio e il suo pensiero appaiono nella sensazione [estatica] dell’intuizione, componente base_standard del pensiero [l’intelletto produce o contiene intuizioni], ma l’orizzonte della pura esistenza astratta si entizza/entetizza come esistenza apparente dell’orizzonte, orizzonte dell’apparire, come sfondo sensitivo/soggettivo/rappresentantivo di tutto ciò che in esso appare come ente/ipostasi apparente [la “cosa”], così come l’esistenza pura è lo sfondo di tutto ciò che esiste: esistere e apparire non sono la stessa cosa, e il primo precede il secondo, ad esso parallelo.  
 
questo è un risultato importante: l’esistenza si dà all’apparire alla percezione come apparire in sé [orizzonte] [giacchè sempre ciò che esiste deve anche apparire alla percezione e al linguaggio, e se Dio attualmente non appare alla percezione, appare al linguaggio: dim_7] [si è inoltre detto che il noumeno, pensato esistente dal pensiero, appare alla percezione in tre modi: come verbo, come carne, come orizzonte dell’apparire] [e Dio appare a Dio in un modo: come il Figlio, sua duplicazione entizzata], e si dà al pensiero come intuizione [= oggetto, ente] dell’esistenza dell’esistenza [si sta dicendo che l’intuizione è un apparire come sentire, il sentimento della comprensione, la scintilla della convinzione], apparire dell’intuizione, cioè come scintilla [estatica, scientifica, ma anche mistico_filosofica/mistica, nel senso di come una forma può incidere su una percezione allenata alla razionalità epistemica: vedere ad esempio nella mano dell’uomo, uomo immagine della trinità, l’ala dello spirito santo, che è un uccello, o vedere nell’iride dell’occhio l’eden centrato sul sito di Dio, il foro della pupilla/la percezione della cavallinità], e estasi dell’intuizione, se si vuole mistica [come componente di base del pensiero], non solo di Dio ma dell’esistenza in sé [che Heidegger dice essere il ni_ente, e che invece è l’essere puro (astratto): lo dice niente perché, essendo esposto a pulsione totemica protonica, vorrebbe che il principio, l’essere, fosse concreto, cioè la fonte, l’acqua di Talete, l’archè visto (erroneamente) come physis, come fa Severino, per il quale tutto è eterno, perché ogni ente è principio a se stante]. Dice Ratzinger [in “Introduzione al cristianesimo”, pag.42]: “… Dio è e sarà sempre per l’uomo l’essenzialmente invisibile, colui che sta fuori dal suo campo visivo. Dio è essenzialmente invisibile” [sottolineatura aggiunta]. La ricerca_epistemica ha riflettuto su questo “sempre”. si dice comunemente, che Dio non appare ora nell’al_di_qua, ma apparirà nell’al_di_là [come dice S. Paolo: “… ma allora vedremo a faccia a faccia” [1 Cor 13, 12]. Si era riflettuto sull’invidia, che dà le vertigini: “l’uomo non sarà mai Dio, e crede in un Dio, che l’uomo non sarà mai: Dio è superiore all’uomo, e lo sarà sempre e incommensurabilmente” [questo pensiero produce nell’uomo la ripulsa dell’invidia per la condizione di Dio, che non sarà mai accessibile all’uomo/Lucifero ha tentato questo accesso]. si è così capito, dopo quel “sempre”, che l’uomo vedrà sì Dio, ma limitatamente, per cui è scisso il parallelismo: l’episteme attuale ha teorizzato infinità di infinità, e tutte Dio commensura, ma l’uomo potrà vedere solo un parte infinitesimale dello stesso Dio_focale, a sua volta infinitesimale rispetto a un Dio, che non conoscerà mai la creazione e la creatura [anche se in questa, in essa, una parte di Dio è diventato super_Dio: la parte migliore di Dio/si richiede approfondimento/ciò non consola il sentimento di invidia]: gli schemi epistemici descrivono una realtà di tale immensità, che l’uomo non vedrà mai in paradiso, se non a livello schematico: il pensiero viene epistemicamente accompagnato dal parallelo del linguaggio, e questo supera [in proporzione di commensurabilità speculativa] la percezione, a cui appunto Dio apparirà in minima [infinitesimale] parte. Ecco dunque che l’episteme deve cercare di dimostrare se stessa facendo leva sul potere del pensiero stesso e del linguaggio, anche prescindendo dalla percezione [non data nell’al_di_qua, come nell’al_di_là]. la differenza = scissione è non sanabile/compensabile, tra pensiero [che raggiunge l’Intero e l’intero del senso] e la percezione, che in paradiso è detta fede, come ora, perché la ragione presupporrebbe il parallelismo di cui si è detto. In paradiso un fede non dubitata/dubitativa, però: certa in modo assoluto. È chiaro che qui si stanno ponendo differenze nel pensiero terreno e pensiero paradisiaco:
 
1.] in entrambi è la scissione nel parallelismo, ma in paradiso comunque Dio appare alla percezione;
2.] nella dimensione terrena, la fede è di tipo dubitativo.
 
La scissione interna a Dio, che pensa il noumeno e l’esistenza ma non li vede, se non nel verbo [riproduzione soggettivizzata (oggettivizzata/oggettualizzata nella carne, riproduzione a sua volta del verbo nel verbo) del principio in Dio_padre: “il verbo è presso Dio e il verbo è il principio in Dio”] e nella carne, non riguarda l’uomo [qui si sta positivizzando]: vale anche per l’uomo e trova nell’uomo un’equivalente soluzione trinitaria [come detto nelle dimostrazioni ruiniane, di Dio e della trinità come presupposti gnoseologici, l’uomo pensa qualunque cosa perché triangola inconscimente con dio e la trinità], ed è perfettamente compensata nell’uomo come per Dio: non fa problema, la compensazione è per la ragione = verbo = ponte_epi_stemico, posto tra Dio e principio.
Ora invece si dubita e Dio non appare, e l’episteme e i suoi schemi appaiono come possibilità, ritenuti forse possibilmente veri come gli dei della grecia: fantasie credute intenzionalmente vere. Per dimostrare l’episteme, che contempla l’esistenza di Dio come suo nucleo/fulcro teorico, si propongono qui tre vie:
 
1.] spiegare perché, se Dio esiste, l’uomo deve poter dubitare di Dio [non essere sicuro di Dio]: se Dio esiste [ed è immenso], perché la sua esistenza fa problema ? solo eticamente ? per l’esposizione all’infernalizzazione potenziale, e quindi per la costrizione inconscia alla salvezza [a fronte della necessaria condizione soteriologica di libertà] ? capirlo significherebbe togliere questo problema: dimostrare l’esistenza di Dio;
2.] analizzare la struttura [interna all’esistenza] del pensiero e la sua relazione all’esistenza, e ciò è stato fatto in tutte le dimostrazioni e in tutti gli schemi, oltre che nella presente dimostrazione, a rilevanza gnoseologica;
3.] dimostrare che l’apparire non esaurisce il pensiero [= dimostrare che l’Intero non coincide interamente con l’apparire alla percezione umana e accessibile alla tecnica umana].
 
segue a commento:
 
1.] il primo punto lo si affronterà in eventuale altra dimostrazione;
2.] il secondo punto potrebbe essere specificato in eventuale ulteriore dimostrazione;
3.] riguardo al terzo punto: è l’apparire fisico a limitare/esaurire il pensiero, per cui l’episteme è fantasia creduta vera [come la religione dei greci: in questo caso, tolta la verità dell’intenzionalità, quale sarebbe la verità dell’invarianza della fantasia epistemica ? la risposta è l’episteme stesso, che non ammette varianza: tale considerazione, specificazione della dim_2, è un’ulteriore dimostrazione, che deve essere scorporata dalla presente], oppure è il pensiero epistemico a espandere l’apparire ? [per cui questo è ora artificiosamente limitato da Dio, cioè Dio sta chiudendo gli occhi all’uomo, per la ragione di cui al primo punto, agendo sul campo steleologico/né può fare strutturalmente altrimenti/gli chiude gli occhi, perché Dio stesso deve chiuderli a se stesso per creare: problema già visto della base gnoseologica].
 
apertura di macro_parentesi: su Ratzinger/determinazioni sul corpo cosmo_adamitico e sulla percezione spezzata [la deriva del pensiero occidentale rilevata da Ratzinger, che da pensiero dell’essere si fa pensiero del fatto storico e poi del fatto tecnico, di ciò che è prodotto dall’uomo, è una provocazione perché racchiude la verità, si appropria di essa (furto_profano), e così persuade, riflettendo le strutture cristiche della salvezza, di cui si appropria il male in forma capovolta (il materialismo marxista riproduce l’eucaristia, nella quale la salvezza è ciò che l’uomo mangia/qui non si pone una metafora), riguardante cristo e attribuita prometeicamente all’uomo: l’essere è la base ontica della salvezza (nuovo_Dio, come deve ancora esserci/la salvezza è essere anche come clonazione di cristo, della tecnica, dei cosmi della nuova creazione, la clonazione del cosmo attuale, che è la traccia biografica delle anime_paradisiache, le cui menti/dimensioni “divorano” i cosmi); la storia, in senso hegeliano, è il processo evolutivo neo_biografico di Dio (Inri) che, creando l’uomo, evolve storicamente con l’uomo (Inri); la tecnica, il fatto tecnico, è cristo come verbo/logos/matrice, che crea tecnicamente il creato e la nuova creazione salvifica (tale perché clonativa). Ratzinger ha detto che il creato è intelliggibile (conoscibile), perché è un pensiero di Dio. l’episteme rileva che il reale esterno a Dio si riproduce nell’idea di Dio (idea che è il pensiero/mente): questa idea crea poi tanto il reale creato (oggetto) quanto l’idea_creata (iperuranio creato e il soggetto: anti_Dio e cosmo_adamo e uomo). questa creazione è tecnica (verbo = linguaggio = tecnica), è storica (ricalcata sull’azione evolutiva perfetta, ma “truccata” mediante ingegneria del creato specificamente per l’uomo (creazionismo epistemico); è ontica (essere e caos manipolati)_] [chiusa macro_parentesi].
 
prosegue
 
rimane il problema del vero pensiero, pensiero dell’essere in sé e della sua struttura, che è un Intero ben superiore a quello dell’invisibile fisico = infiniti universi [tutti racchiusi nel punto infinitesimale del creato]. esclusa l’ipotesi di un dio_morto = cristo, perché ci si limita a dire che Dio e la sua rappresentazione sono sempre perfetti, si dice che la rappresentazione manipolata per l’uomo [configurazione attuale dell’apparire] è disgregata e quindi il macro_soggetto non può essere Dio/quindi dalla natura imperfetta dell’apparire si comprende che tale rappresentazione virtuale soggettiva [in realtà onirica, come da schema epistemico] non può essere di Dio: è di cosmo_adamo, essere imperfetto.
invece l’altra scissione, tra uomo e Dio, è insanabile: l’uomo non vedrà mai Dio in tutta l’immensità di Dio, come Dio vede se stesso: questo scarto è detto fede [in un senso particolare, non dubitativo], perché prova certa dell’invisibile, fede e non ragione perché forma di ragione [questa fede] non compensata dal parallelismo. In paradiso però questa fede è l’episteme stessa, imposta all’uomo strutturalmente come certezza inconscia, essendo una porzione di cristo connessa/innestata nella mente di Dio [l’episteme simula l’innesto].
 
percezione spezzata
 
la rappresentazione reale del mondo è passiva, e quindi è altra anche per Dio. ma l’uomo la può manipolare e quindi questa è rappresentazione attiva [simile alla realtà virtuale]. ma poichè si hanno limiti nella manipolazione, questa rappresentazione è per un altro soggetto [l’uomo vorrebbe ma non può manipolare la materia, lo può fare solo limitatamente, quindi questa sua rappresentazione è di un altro soggetto/si richiede approfondimento/si rileva che, se l’uomo vede e non controlla questo suo vedere, allora usa il vedere di un altro soggetto]. Questo altro soggetto è o Dio e Adamo [o l’anti_Dio]. in ogni caso l’altro soggetto dovrebbe apparire, ma non interamente: dovrebbe apparire, perché l’apparire del volto di Dio/Adamo/uomo è la configurazione normale dell’apparire conscio: per questo ci si guarda tra essere umani nel volto e ci si guarda davanti allo specchio [la fase dello specchio è standard_ normale: ci si deve staccare da essa solo perché Dio, per creare, si è staccato dal proprio specchio/gli uomini che cercano il riconoscimento sono ancora nella fase dello specchio]. Questa invisibilità [nel senso della seconda scissione] è naturale per adamo, è soprannaturale per Dio [terza scissione e scissione insanabile: quarta scissione]. resta il fatto che adamo, fisicamente, dovrebbe normalmente apparire. Quindi la natura è naturalmente in difetto, e ciò manifesta una non auto_sufficienza della natura. Si deve dimostrare che il soggetto, che non appare [e che dovrebbe normalmente apparire: giacchè ciò che deve apparire normalmente è il volto di sè e di Dio, perennemente: tutto il resto appare nell’inconscio] [appare attualmente solo la sua rappresentazione del mondo, che non è solo dell’uomo, essendo spezzata, perché non manipolabile] è non solo Adamo ma anche Dio, cioè che è Adamo diverso da Dio, e che è Dio diverso da Adamo: il volto soprannaturale.
si deve ora dimostrare che, se esiste un soggetto gigantesco, e questo non è né Dio né l’uomo, allora Dio deve esistere come sua causa esistenziale. Lo si può capire dalla non_normalità della sua esistenza: nella realtà necessaria, ogni soggetto e ogni sua rappresentazione dovrebbero essere perfetti. lo si è già detto in precedenti dimostrazioni. Gli infiniti universi non possono esaurire l’Intero dell’essere, perché per i principii epistemici dell’essere, tutto ciò che esiste deriva da una sola causa, e questi universi, simili a quello apparente imperfetto [in cui le galassie collidono, gli atomi decadono e i bambini manipolano tecnicamente la sabbia], dovrebbero invece essere perfetti. e poiché di essi ne esiste la forma, si dice subito che esistono altrettanti universi perfetti (la realtà soprannaturale). Deve allora esistere una realtà che sia necessaria, matrice formale di questi infiniti universi, tutti imperfetti come quello apparente. e che siano sia non manipolabili sia [duplicati] infinitamente manipolabili [per ogni universo oggettuale oggettivo, non manipolabile, perché base del soggetto, esiste sia la sua rappresentazione soggettiva non manipolabile [passiva], sia la sua rappresentazione virtuale e onirica manipolabile. e poiché nell’invisibile fisico non manipolabile [la materia, creata, cartesiana, di cui gli uomini non hanno attualmente esperienza diretta] esiste cosmo_adamo, come essere gigantesco che non è dio, perché la sua rappresentazione imperfetta riproduce una realtà esterna imperfetta, in quella realtà esiste un soggetto altrettamento perfetto, perché gli infiniti universi perfetti sono la sua realtà, matrice e causa creatrice di cosmo_adamo, dell’uomo, e degli infiniti universi imperfetti [reali, duplicati virtuali, duplicati onirici]. 
questa dimostrazione ripete in parte l’argomento della dim_53 [dell’imperfezione]. Essa è importante e autonoma, perché dimostra che la realtà non può esaurirsi nell’apparire: per la prima scissione, questo dovrebbe essere perfetto: l’essere_soggetto non apparente [di cui non si vede a_normalmente il volto], causa del campo percettivo dell’uomo, non è Dio, e deve allora esistere Dio come causa del campo percettivo perfetto, la cui differenza inconscia con il campo imperfetto [apparire attuale] causa la prima scissione [parmenidea_bontadiniana].
non è il divenire in sé contraddittorio, ma la differenza tra divenire dell’essere dall’essere e divenire dell’apparire dall’apparire, in cui questa differenza va spiegata a livello logico e fenomenologico, trovandosi nel campo della percezione umana l’incidenza dell’origine ex_nihilo dell’essere e dell’apparire, come rilevato nel presupposto alla dimostrazione tipica bontadiniana.
in conclusione, mentre nella dim_53 dell’imperfezione [Dio esiste come unica possibile causa della morfo_imperfezione dell’apparire], Dio è causa dell’essere/mondo imperfetto, perché il mondo dovrebbe essere normalmente perfetto, ora si dice che devono esistere un mondo perfetto e una sua rappresentazione perfetta [e anche, si aggiunge, dato che si esperisce questo mondo, una possibilità manipolativa infinita, in paradiso, limitatamente al mondo standard_normalmente manipolabile: la realtà virtuale e la rappresentazione onirica/attenzione: in quanto io posso manipolare il mondo, questo è il campo della rappresentazione onirica di adamo e di Dio], esistendo necessariamente un soggetto [perché esiste l’uomo, che pensa la necessità], e questo mondo, entizzazione duplicativa/replicativa dell’esistenza estesa come materia eterna, immutabile e perfetta, essendo perfetto, è l’Intero come soprannaturale, in cui l’essere_soggetto, che necessariamente deve esistere in esso, è Dio, soggetto_soprannaturale. in quel mondo soprannaturale deve esistere un soggetto, per varie ragioni già esposte e dimostrate, tra cui quella di essere l’unica causa [come creatore] degli infiniti universi apparenti e fisico_invisibili perfetti_creati e imperfetti_apparenti/teorizzati_invisibili [spezzati nel big bang]. quindi, concludendo, l’apparire alla percezione umana [universo visibile e universi fisici invisibili] non è l’Intero dell’essere [l’episteme li ha posti come concentrati in un punto infinitesimale rispetto a questo: Dio e la sua realtà], perché rispetto alla necessità dell’essere essi, sua [dell’Intero soprannaturale] imitazione, sono esistenzialmente non_normali [perché misti (dim_4), perché manipolabili e non infinitamente tali, perché morfo_imperfetti (dim_53)_]. si è così aggiunta una nuova dimostrazione, che segue nella dim_101.