DIMOSTRAZIONE_113: MELCHIORRIANA
 
Essa recita: “poiché esiste il condizionato, non potendo esistere il condizionato senza l’incondizionato, esiste anche l’incondizionato [Dio]”.
la presente dimostrazione riprende altre dimostrazioni. nel libro “Pensare l’essere. Percorsi di una nuova razionalità” a cura di Virgilio Melchiorre, Melchiorre dice [pag. 8]: “La coscienza della finitezza e della condizione non implicano ad un tempo la coscienza dell’incondizionato ? E l’esistenza [punto_Ba]della prima non implica ad un tempo l’essere [punto_Bb] stesso dell’incondizionato ? [sottolineatura aggiunta]”; [pag. 14] “… il passaggio dal relativo all’irrelativo, dal condizionato all’incondizionato è pur sempre un’inferenza che già presuppone [punto_A] la nozione dell’irrelativo e dell’incondizionato. Come si sa, Kant sottolinea, almeno per un certo aspetto, il carattere puramente ideale di questo presupposto ed è da questo lato che viene a fondarsi la sua critica della teologia: la prova ontologica viene infatti respinta appunto nella sua pretesa di dedurre dall’idea [punto_Bc] dell’incondizionato la realtà [punto_Bd] stessa dell’incondizionato. Senza entrare nel merito di questo rifiuto, si può qui notare soltanto che la sua base sta in una presupposizione di tipo gnoseologistico, quella che in definitiva scinde [punto_Ca] il pensiero dall’essere e che perciò, in seconda battuta, deve esigere il passaggio [punto_Cb] dall’uno all’altro. Va anche rilevato che il presupposto kantiano vive anche su una falsa identità, quella che [punto_D] eguaglia l’asserto dell’essere all’esperienza dell’esistente e che quindi deve affidarsi solo ad un riscontro a posteriori”. [inseriti punti per riferimento al commento seguente].
si osserva quanto segue:
 
1.] riguardo il punto_A, si osserva che l’uomo ha già l’idea non solo dell’incondizionato, ma aqnche del condizionato/limite/finitudine, e che questi elementi sono vissuti/sentiti come fenomeni esistenti;
2.] riguardo al punto_Bc e al punto_Bd, si osserva che esso è già stato risolto da Melchiorre al punto_Ba e punto_Bb: non si può dire che si ha il passaggio dall’idealità dell’incondizionato alla sua realtà, perché il condizionato è realtà, e quindi quella idealità è solo un ponte/passaggio per dire della realtà dell’incondizionato, di cui al punto_Ba e al punto_Bb: se e poiché esiste come realtà il limite, esiste come realtà e non solo come idealità il non_limite [Dio];
3.] il punto_Ca e il punto_Cb è uno dei punti fondamentali della neutralizzazione della critica kantiana data nella dimostrazioni epistemiche: Kant scinde il pensiero dall’essere, ma il pensiero è determinato dall’essere e l’essere pone nel pensiero le proprie strutture, tra cui Dio, idealità come idea, rilfesso della realtà [perché sua riproduzione];
4.] il punto_D vale non solo come nella dim_100, ma anche nel senso che Kant limita il pensiero alla percezione, cioè non sa cos’è il pensiero, che non dice solo ciò che appare, ma anche ciò che esiste e lo dice prioritariamente, e così dice il noumeno, che non pone un limite, perché è fatto per essere pensato, non per essere percepito. Due errori di Kant rilevati nel punto_D:
 
a.] riduzione della conoscenza dell’essere umanamente conoscibile alla sola percezione;
b.] riduzione della conoscenza dell’essere umanamente conoscibile alla sola alla percezione umana [limitata].
 
nota
 
si dirà più oltre che l’uomo non è [mai] neppure limitato: nel limite si proietta il demonio, chiuso/pressato nel suo “carcere” [Gd 6]. Infatti:
 
a.] quello che l’uomo è adesso è “giusto” per ciò che l’uomo deve essere nella dimensione terrena [ad esempio: si può soffrire come Leopardi, ma ci sono uomini e donne perfettamente sereni e appagati, anche cristianamente];
b.] tutto ciò che l’uomo fa è per essere più di ciò che è: ciò è eticamente corretto e necessario in senso morale, oppure [qui nasce il senso del limite] è peccaminoso: allora non si deve dire “sono limitato”, ma si deve dire “voglio essere [erroneamente] più di ciò che è moralmente giusto essere e divenire”.
 
per l’episteme non esiste il limite [come direbbe Hegel, per il quale, come per l’episteme, tutto è infinito, tranne la dannazione, unica forma della finitudine e del limite]: esiste solo l’infinito: se soffro perché non ho l’oggetto amato o desiderato, ciò è moralmente da correggere [non si deve soffrire]; quando agisco in modo eticamente misurato e morale, avrò la percezione di essere già ora incondizionato [= dio]. è una meta da guadagnare con misura.