TERZA DIMOSTRAZIONE (PROTO-ONTOLOGICA)

Questa dimostrazione definisce Dio come la soluzione dei paradossi dell’esistenza (l’esistenza, includendo se stessa, è identica e diversa rispetto a se stessa), ma manca il metodo per la soluzione di tali paradossi. Essa definisce inoltre Dio (che potrebbe essere concepito come la sintesi duplicata della realtà: cioè, posta la realtà, Dio come pensiero è la doppia-realtà sintetizzata in un punto, e poiché Dio è la realtà stessa, per questo la riflette) come il concetto di tutti i concetti (essendo la realtà: non la realtà stessa, ma la doppia-realtà, cioè la seconda realtà, concentrata in un punto-totale), e poiché Dio è il concetto di tutti i concetti, la terza dimostrazione costituisce l’impianto tra il pensiero dimostrativo dell’esistenza di Dio e l’enciclopedia del sapere (le dimostrazioni, inoltre, devono convergere ad unità: per il principio dell’unicità dimostrativa, il pensiero di Dio – e dell’uomo – è strutturato per pensare l’esistenza di Dio, e poiché questa è unica, la dimostrazione dell’esistenza di Dio, che segue tale pensiero, è anch’essa unica).
Della terza dimostrazione si danno due versioni. Si presenta prima la seconda versione. Dio esiste perché viene ad essere svuotato di senso ogni concetto che non partecipa alla costruzione del concetto totalizzante di Dio, dove per senso si intende la capacità del macro-concetto di Dio di spiegare tutto ciò che esiste. Infatti, ciò che ha senso è razionale, e ciò che è razionale esiste di necessità, perché posto da questa. Una favola è irrazionale per definizione, i suoi elementi sono fantastici. La razionalità del concetto di Dio è data dalla sua capacità di spiegare tutto ciò che esiste. Come ad esempio spiegare l’idea di Dio ? Con l’esistenza stessa di Dio (il concetto di Dio spiega, poi, tutto ciò che esiste). La psicoanalisi di Freud dice che Dio è proiezione del padre, e dunque Dio non esisterebbe. Ma il padre è un uomo, Dio è invece concepito come un essere organico gigantesco (infinito), per cui Dio non può essere la proiezione del padre-uomo, essere limitato. Non si può spiegare il bisogno dell’uomo, che Dio esista realmente (e che quindi Dio non sia una favola), se non come il fatto che questo bisogno esprime Dio come “complemento” dell’uomo, esattamente come il pane è complemento dello stomaco, e il pane “esiste”. Ciò significa che il bisogno umano di Dio dimostra l’esistenza di Dio. All’obiezione secondo cui l’uomo ha bisogno anche delle fantasie, ma queste non esistono, si è già risposto (seconda dimostrazione): anche le favole rispecchiano la realtà. Se fantastiche, la loro struttura invariante è la realtà stessa del soprannaturale. Ma esiste anche il bisogno dell’ateo che Dio non esista. Questo può essere spiegato come proiezione della conflittualità coi propri genitori su Dio. Ma il vero concetto di Dio sta al di là di ogni proiezione dell’uomo, sebbene la sua rappresentazione debba servirsi di categorie umane. E’ difficile ottenere una “buona” rappresentazione di Dio. Appena l’uomo pensa a Dio, si attivano (si scatenano) nella sua mente le proiezioni. E’ a causa delle proiezioni che gli uomini sono atei.
Poiché attraverso l’ipotesi di Dio l’enciclopedia del sapere spiega la realtà, Dio esiste. Ma questa versione della terza dimostrazione è secondaria. La versione primaria è un’altra (quella dell’innesto tra le dimostrazioni e l’enciclopedia del sapere). L’esistenza di Dio è definita come:

1.] esistenza, che esiste per se stessa come esistenza pura: “l’essere è e non può non essere” (Parmenide);
2.] Dio, concetto che viene costruito in termini di esistenza pura;
3.] esistenza di Dio, dimostrata perché l’esistenza in sé esiste per definizione (secondo Parmenide: “l’essere è e non può non essere”), e il concetto di Dio è costruito necessariamente in termini di esistenza pura (che esiste necessariamente, ovvero anapoditticamente).
Il problema è che manca ancora il procedimento della costruzione necessaria del concetto di Dio in termini di esistenza pura (per questo la terza dimostrazione viene assunta secondo la versione secondaria).

Un metodo in realtà può essere il seguente: 

1.] l’esistenza, in quanto auto-principio, produce l’infinito (perché ogni esistenza-prodotto è auto-esistenza producente);
2.] l’infinito è il tutto;
3.] il tutto si auto-include per definizione (ma già ciò avviene per l’esistenza pura. Dio è definito anche come la soluzione logica del paradosso dell’auto-inclusione dell’esistenza pura, la quale, includente e inclusa, differisce da se stessa. Dio è inoltre definito come l’esistenzializzazione-ipostatizzazione dell’auto-identità dell’esistenza pura con se stessa, identità intesa per se stessa);
4.] ciò che si auto-include è insieme identico e diverso rispetto a se stesso;
5.] ma il diverso del tutto è la parte (auto-opposizione del diverso);
6.] questa parte è identica al tutto (perché il tutto è identico alla parte diversa da sé: per la riforma del principio di non contraddizone si rimanda alla sesta dimostrazione);
7.] quando l’identità logico-matematica tra l’esistenza e l’esistenza si fa identità psichica (perché viene esistenzializzata in quanto identità per l’esistenza), e cioè pensiero, la parte-pensiero identica al tutto è Dio, che è appunto la parte-infinita dell’esistenza-totale (Dio come nucleo dell’essere trascendente);
8.] questa trasformazione dell’identità matematica in identità psichica deve essere certamente dimostrata. Si osserva, tuttavia, che il pensiero può essere effettivamente concepito come identità per se stessa (il pensiero e l’identità sono come uno specchio).

Alla luce di tali considerazioni, si comprende come le due versioni della terza dimostrazione convergono ad unità. Il concetto di Dio espresso in termini di esistenza pura racchiude lo sviluppo di questa, e poiché Dio è il suo termine finale, Dio riassume in sé tutte le ipostasi dell’esistenza in-creata. E poichè Dio riassume il tutto (come la parte del tutto, nucleo dell’essere, identica al tutto), la definizione di Dio è enciclopedica, ed è questa la versione secondaria della terza dimostrazione: Dio come concetto di tutti i concetti, che esiste perché capace di spiegare ogni cosa, a partire dalla spiegazione dell’idea stessa di Dio. E’ vero che Dio è la proiezione dei bisogni dell’uomo (come sostengono gli atei), ma si osserva che questa definizione non confuta l’esistenza di Dio, bensì la dimostra. Infatti, questo bisogno non è innanzitutto bisogno di protezione, di amore, di affetto, proiezione del padre, espressione della paura del mondo, della storia, degli uomini e del cosmo, ma è invece specifico “bisogno di Dio”, cioè di ciò che manca attualmente (Dio, di cui l’uomo semplice non ha il concetto, per cui proietta Dio inconsciamente in quelle cose mondane, di cui ha bisogno o paura) (e pertanto rivelativo dell’esistenza di Dio, cioè del complemento dell’uomo), bisogno cioè di una persona pensante dalle proporzioni organiche infinite, costituente un soggetto agapico ed erotico (secondo l’enciclica “Deus caritas est”), che è salvaguardia dell’equilibrio di un uomo (il credente), che desidera unirsi per l’eternità ad un assoluto personale (unione con il Creatore), insieme ai propri affetti e all’intero genere umano. Si precisa che Dio non è il complemento infinito dell’uomo. In Paradiso, l’uomo stesso è infinito, cioè anima paradisiaca, soggetto personale infinito. Dio è il complemento infinito dell’uomo “altro” rispetto all’uomo.

nota (impianto generale dell'episteme)

Dio viene fatto derivaredall'esistenza pura (cioè da un principio esterno a Dio), ma ciò è necessario allo scopo di definire razionalmente/scientificamente la ragione della sua esistenza, consistente nella soluzione logico-matematico-esistenziale delle contraddizioni insiemistiche dell'esistenza pura, che è l'esistenza in sè, la quale, includente e inclusa, è insieme identica e diversa rispetto a se stessa, e ciò determina i paradossi dell'esistenza, di cui l'esistenza di Dio è la soluzione logico-formale.
Si preferisce parlare di "esistenza" e non di "essere", perchè l'essere può venire confuso con il "concreto", mentre l'esistenza pura, che è il principio primo dell'esistenza e della realtà divina (in-creata e trascendente), è "astratta". Dio (astratto: tutto ciò che esiste è astratto, il concreto è la sensazione, che appartiene all'astratto) non trova in se stesso la ragione della propria esistenza, ma la trova nelle strutture della necessità, ovvero dell'esistenza pura. Queste strutture stanno "a priori" rispetto a Dio, ma l'uomo deve adorare Dio e non queste strutture (come l'uno, la diade, eccetera), perchè esse convergono a Dio, che è il centro ("nucleo") dell'esistenza trascendente, la sola parte del reale in-creato dotata di auto-coscienza, causa del reale creato (la "Creazione") e dell'esistenza dell' uomo. L'uomo deve pertanto adorare solo se stesso e Dio, che è trinitario.