DIMOSTRAZIONE_126: GNOSEOLOGICA_PRIMA, DELL’APPARIRE_SECONDA, V_14
 
nel libro “Il frammento e l’Intero”, al capitolo VI della Parte Prima, Vigna scrive [pag.138] [elemento_1 della dimostrazione]: “…: se qualcosa esiste, e qualcosa realmente esiste, la totalità necessariamente esiste. Infatti, o la totalità è quel qualcosa o è l’altro dal qualcosa. Il qualcosa, in effetti, è parte o è tutto [e si intendano i termini dell’alternativa in senso speculativo, non in senso semplicemente matematico, cioè quantitativo], ma una delle due dev’essere necessariamente. Ora, nell’un caso o nell’altro, ossia per trattare il qualcosa come parte o per trattarlo come tutto, la posizione dell’esistenza del tutto o della totalità è necessaria”. precedentemente egli scrive [pag. 138] [elemento_2 della dimostrazione]: “…: affermare che Dio esiste, se con questa affermazione si intende semplicemente asserire che esiste qualcosa di assoluto [la totalità di ciò che esiste], non richiede una dimostrazione in senso proprio [ossia una mediazione dell’immediato]”. Vigna dice questo dopo aver mostrato che il dimostrare conduce da un dato cominciamento del pensiero [ad esempio: credo in dio o non credo in dio] al fondamento della struttura originaria, cioè a ciò che è innegabile [le due immediatezza logica e fenomenologica, ovvero rispettivamente il principi di non contraddizione e il principio di evidenza: pag. 137], e il suo discorso prosegue, dicendo che [pag.140][elemento_3 della dimostrazione] “…, il vero problema metafisico sta nel determinare in certo senso “che cosa è” la totalità. E se chiamiamo la totalità con il nome di Dio, il vero problema metafisico consiste nel sapere in certo senso  “che cosa” è Dio. Chiedersi infatti “chi è” dio, non pare, di primo acchito, corretto; dal punto di vista grammaticale, “chi” è pronome personale. Chiedersi inizialmente chi è Dio significherebbe, perciò, presupporre già che Dio sia un essere personale” [la presente dimostrazione trascura questo punto, rimandandolo a successivo schema sul kantismo]. egli prosegue inoltre, affermando che [elemento_4 della dimostrazione] [pag.140] “… per rispondere a questa domanda sul senso della totalità, a che cosa posso volgermi se non al contenuto presente ? Originariamente, infatti, altro non appare. Ma il contenuto presente come appare ? Ne do una sommaria descrizione. Appare qualcosa”.  precedentemente Vigna scrive [pag. 136] [elemento_5 della dimostrazione]: “… . Il fatto stesso di vivere ci costringe a conferire alla realtà un certo significato, che sporge permanentemente e ampiamente sull’immediatezza dell’esperienza” [questo “sporge” ha suggerito lo schema, che sarà dato, sulle corrispondenze parallele tra le forme della conoscenza: pensiero, linguaggio e percezione]. Infine, Vigna dice [pag. 141] [elemento_6 della dimostrazione]: “… ciò che appare immediatamente è anche l’insieme di tutte queste cose. L’apparire è, in altri termini, l’originaria unità di un molteplice”.
la presente dimostrazione [che si lega alle dim_5 (dell’apparire_prima) e dim_6] è stata la base teorica che ha suggerito le successive dimostrazioni fondate sulla rappresentazione del creato:
 
1.] ciò che appare [all’uomo] è organico, quindi soggettivo [panteismo e pan_psichismo relativi epistemizzati]: è la rappresentazione del mondo da parte dell’uomo o di dio [elemento_4]: se lo è di dio, dio è dimostrato esistente;
2.] ciò che appare è unitario [elemento_6];
3.] ciò che appare è la totalità [elemento_1];
4.] ciò che appare è detto dalla ricerca_epistemica “sfera_solipsistica” o “sfera_del_solipsismo” della percezione/apparire/rappresentazione visiva, umana [tutto ciò che appare è come un (uso di metafora) palloncino che racchiude l’uomo]: io sono tutto ciò che vedo e [dice il nichilismo, ma bisogna dimostrare che questo è nichilismo/errore] niente esiste al di fuori di ciò che vedo immediatamente, qui e ora;
5.] la dimostrazione dell’esistenza di dio è allora data da tale dimostrazione: posto che dio è la totalità_apparente [per il punto 1.], 2.] e 3.], secondo l’elemento_2 e l’elemento_3] [qui interessa che cosa è dio, non chi è dio, per la capacità limitata della dimostrazione], si deve dimostrare che essa [la totalità apparente] è, se non infinita [elemento_1 guadagnato da quanto segue …] …, almeno tale, per cui l’uomo non è l’esaurimento, in quanto sfera_solipsistica dell’apparire, della totalità stessa [elemento_5]: cioè che esiste una realtà che “sporge” [Vigna: pag.136, elemento_5] rispetto all’apparire all’uomo [totalità diversa dall’uomo e identificata, in quanto apparire organico, a dio, ovvero alla sua rappresentazione del creato];
6.] posta la distinzione, di cui alla dim_138 [costruita precedentemente alla presente dimostrazione] tra intuizione_epistemica e intuizione_fenomenologica [da riservarsi all’apparire], si richiama la gnoseologia_epistemica, per la parte di cui a successivo schema epistemico [rapporti tra i parallelismi noumeno/pensiero, percezione e linguaggio e tra questi], e si dice, tramite la mediazione del linguaggio [sempre rapportato al termine del pensiero], che è intuzione_epistemica [e quindi esperienzialmente vera, con immediatezza di tipo_pensiero/sapere originario nel rapporto pensiero/percezione/linguaggio] [l’esperienza è ora quella del pensiero e del linguaggio: l’esperienza non si identifica più solo con la percezione/fenomenologia del pensiero, della percezione e del linguaggio e loro corrispondenze_parallele, anche se forse non interamente biunivoche] che l’uomo non esaurisce la totalità dell’esistenza, la quale sporge dall’uomo [elemento_5]: cioè è intuisticamente evidente che io non sono il tutto esistente;
7.] esempio intuitivo [attenzione: il nichilismo è convinto che nulla esista al di fuori di ciò che il singolo soggetto esperisce in un dato istante]: se esiste solo la mia sfera_solipsistica, ogni uomo che vedo sono io: ma allora perché un uomo mi parla e mi scrive, e mi dice: “io sono io e io non sono te” ? [e me lo dimostra anche violentemente]. l’intuizione immediata [nel senso di immediatezza neo_scolastica], tramite il ponte del linguaggio_significante [mediazione vignana], che è tale perché significa [cioè produce] pensiero e intuzioni [elementi base del pensiero, che le pone in sequenza, sintesi e sistema], dice che “io non sono te e tu non sei me”, e che [uso di metafora] “il palloncino dentro cui io sto viene bucato …”, fino a rottura del solipsismo [collegato (esemplificatamente) alla rottura della teo_sfera che nel dio_focale si apre al sacrificio_creatore, per cui provvisoriamente il paganesimo si fa cristianesimo], “… bucato da soggetti che mi testimoniano che io non sono loro e quindi non sono la totalità”, e poiché la loro esperienza duplica la realtà [nella loro rappresentazione], la totalità è altra a me, e quindi è dio [nella sua unitarietà, elemento_6]. si rileva quanto segue:
 
1.] come già si è detto, attraverso il linguaggio “l’uomo salta fuori dalla propria ombra”, e tale condizione, che pare assurda [lo scavalcamento di cià che è detto intrascendibile], è in realtà la condizione “minima” di ogni realismo e oggettività del pensiero, ovvero di apertura alla verità e alla verità su dio;
2.] tale “salto”, che pare impossibile, in realtà è logicamente possibile [è questo uno dei risultati notevoli della gnoseologia_epistemica]: il pensiero, tramite il linguaggio [e qui già si vede che cos’è il divenire alla percezione] esce da se stesso per riunirsi hegelianamente a se stesso, arricchito di ciò che è esterno alla sfera del soggetto, perché riproduce il rapporto della differenza protologica esistenza/esistenza: esse di auto_fondano, quindi si auto_includono ma, attenzione [paradosso di russell_frege], includente e incluso sono assolutamente identici, e quindi infinitamente permutantesi, e qui sta l’uscita e il divenire, condizione dell’identità, rapporti di cui si dice in successivo schema;
3.] così l’esistenza, nell’atto di auto_esistenzializzarsi, così allo stesso modo il pensiero, quando coglie l’esistenza e se stesso: sembra assurdo, ma lo scavalcamento dell’intrascendibile è la condizione del realismo epistemico [o “perfetto”]: solo così le tre persone divine si conoscono come “altre”, e conoscono come “altro” il loro mondo, il creato e l’uomo. l’idealismo, con il solipsismo, è a sua volta perfetto: perfetta la chiusura conservativa monadica, e quindi chiusa l’identità e l’auto_coscienza.