DIMOSTRAZIONE_135: DELL’APPARIRE_TERZA
 
la presente dimostrazione è collegata alla dimostrazione dim_126. l’apparire è organico [percezione e rappresentazione], e poiché esso non è proprio solo dell’uomo [la cui rappresentazione attiva non è totalmente manipolativa: posso spostare una sedia ed entrare in una stanza, ma non posso spostare una galassia e avvicinarmi al sole/eppure, si rileva (e questa considerazione dovrà essere ripresa, perché potenziale fonte di teoria), la sedia e la galassia appaiono come enti equivalenti, dal punto di vista di una potenziale manipolabilità della seconda], questo apparire è rappresentazione di dio, cioè dio stesso.
 
nota
 
la presente dimostrazione e la dimostrazione dim_132 [e seguenti] sembrano porre una forma di panteismo: dio è il mondo che appare, perché ciò che appare è rappresentazione, questa è sempre soggettiva, e quindi la materia è dio. ciò è vero, ma non comporta un panteismo. è per certi versi difficoltoso ammettere, che si è posto davvero una forma di panteismo: il  tavolo che tocco è dio, essendo la sua rappresentazione del tavolo, ovvero apparire e quindi intra_psichismo organico. ma si devono considerare due tesi, che potrebbero evitare questa difficoltà:
 
1.] per l’episteme, la rappresentazione è la soggettivizzazione conoscitiva dell’oggetto: la prima è esperita dall’uomo, ma l’oggetto simane in_organico, in se stesso esso non è il soggetto, e quindi dio è panteisticamente identificato alla sua [di dio] rappresentazione, non all’oggetto [non apparente/noumenico/astratto] rappresentato; 
2.] si potrebbe dire, per evitare di identificare dio con la “materia apparente” [per l’episteme la materia è struttura/livello/ipostasi di esistenza_astratta, e ciò che appare non è la materia, ma la sua rappresentazione fenomenica, di tipo soggettivo], che la materia appare come prodotto in_organico del processo organico della rappresentazione organica: dio è identificato a quest’ultima [processo], solo testimoniata dall’apparire come “prodotto” [del processo], prodotto che sarebbe quindi apparire in_organico non identico a dio [dio identico al processo di rappresentazione, non al prodotto della rappresentazione, che è l’apparire, forma, oggettiva e in_organica, della rappresentazione stessa] [si rileva difficoltà: ma allora dio non è guadagnato immediatamente come apparire/si dice allora che dio è guadagnato come processo “testimoniato” dall’apparire, fenomenologicamente, perché fenomenica è questa intuizione epistemica fondamentale, per la quale il soggetto_espositore si vede interno non al mondo creato, ma alla sua rappresentazione divina, in quanto altra da quella del soggetto, perché manipolabile e non manipolabile insieme, e anche in questa natura mista della realtà apparente è coontenuta forse una nuova dimostrazione, ripresa della dim_4/se la rappresentazione fosse solo manipolabile, sarebbe dell’uomo, essa lo è e quindi anche le galassie sono manipolabili, ma di fatto non lo sono, e quindi, pur non essendo passiva questa rappresentazione, essa, in quanto attiva, è attiva non solo per l’uomo, ma nella misura in cui è attiva_maniplabile ma non per l’uomo, tale rappresentazione è attiva per dio, e quindi è di dio];
3.] l’episteme in più punti si serve del panteismo e lo introduce, ma non è una forma di pantesimo in senso classico. infatti, per l’episteme l’Intero si dice in molti modi e si riproduce infinitamente. quando, ad esempio, l’episteme vede nella transustanziazione_eucaristica il pantesimo di cristo, intede limitare questo “pan” alla sola particola, e quindi tale concezione non è forma di ubiquitarismo [in paradiso si avrà l’ubiquitarismo, e infatti l’inferno è incendiato dall’edonismo cristico].

nota_2: considerazioni in riferimento alle ultime dimostrazioni
 
per la metafisica_epistemica, la materia creata è strutturata di esistenza astratta: ciò che appare all’uomo non è la materia, ma è la rappresentazione della materia, che, in quanto rappresentazione, è organica, intra_psichica, soggettiva, di un soggetto, e poiché della rappresentazione dell’intero universo si tratta, questo apparire è uno stato percettivo di dio, cioè dio stesso [in una sua dimensione]. si precisa che:
 
1.] non vale quanto dice schopenhauer nel titolo del suo libro “il mondo come volontà e rappresentazione”: per l’episteme il mondo non è la sua rappresentazione: ciò che mi appare non è il mondo [che in sé non può apparire, essendo astratto, e viene “percepito”/conosciuto solo dal pensiero], ma la sua rappresentazione;
2.] si dirà più oltre [nelle teorie epistemiche] che questa rappresentazione, in dio, è anch’essa un “mondo”, sintesi [panteistica] di oggetto e soggetto, ed esso è il verbo;
3.] nella misura in cui l’oggetto, per l’episteme, è distinto dal soggetto [realismo perfetto], l’episteme accoglie il panteismo, come una dimensione di dio [solo una dimensione della natura, verbo e carne], ma non si riduce ad esso [dio è persona distinta dall’oggetto/mondo];
4.] l’episteme si serve strumentalmente del pantesimo, allo scopo di includere tutte le essenze e di non lasciare fuori di sé e di dio nessuna positività concettuale;
5.] l’uomo non vede l’apparire normalmente, ma lo vede perché la configurazione conoscitiva in cui vive è “truccata” [per le condizioni strutturali in cui è possibile il suo venire alla luce per atto generativo genitoriale], ed essendo truccata, capita che l’uomo si trova immerso non nel mondo creato, ma nella rappresentazione [divina, anti_divina, cosmo_adamitica, steleologica e infine umana/utilizzo di scatole cinesi] divina del mondo creato: quindi io vedo l’apparire come “elettricità intra_psichica della mente di dio”, e quindi dio esiste, perché lo tocco [ci cammino sopra, sull’asfalto o sulla spiaggia, o ci nuoto dentro, immerso nel mare o in piscina];
6.] si è consapevoli delle difficoltà di questa teoria, la quale è stata formulata non per introdurre “novità”, ma solo per dimostrare efficacemente l’esistenza di dio, che esiste, perché lo vedo ovunque, essendo l’apparire del mondo sua [del mondo] rappresentazione intra_psichica dentro la mente di dio;
7.] in questo modo l'episteme evita il pan_psichismo [la realtà non si riduce ad attività pscihica, che ne è solo la rappresentazione], ma nel contempo lo epistemizza, incorporandolo nel sistema.

nota_3

l'immediatezza consiste nel fatto che ciò che io vedo è l'attività intra_psichica divina [mondo come rappresentazione divina del mondo creato: il mondo creato in sè non appare, essendo astratto]. ciò dà luogo a panteismo e a pan_psichismo, ma nella loro concezione epistemica:

1.] il "pan" del pantesimo_epistemico non coinvolge tutto dio e tutta la realtà, ma solo il luogo naturale [specifico] relativo a tale applicazione [non normale per l'uomo adesso, esterno al paradiso];
2.]
il "pan" del pan_psichismo_epistemico non coinvolge tutto dio e tutta la realtà, ma solo il luogo naturale [specifico] relativo a tale applicazione [non normale per l'uomo adesso, esterno al paradiso];

lo scopo non è quello di modificare la concezione cristiana della realtà [funzionale, ad esempio, affinchè il sacerdote che celebra abbia tra le mani pane e vino di materia e non "energia psichica"], ma:

1.] posto che a tale energia psichica corrisponde sempre il sostrato materiale [condizione del parallelismo eucaristico: la rappresentazione intra_psichica del mondo fa comunque riferimento al mondo, di cui l'apparire è appunto rappresentazione], ... 
2.] ... lo scopo di tale eventuale modificazione è solo quello di dimostrare l'esistenza di dio [dimostrazione immediate perchè empirica]: dio esiste perchè l'apparire è percezione, e la percezione è quella, non solo dell'uomo, ma anche di dio, apparire a dio, nel quale l'uomo è immerso.

quindi, dio ha creato il mondo, ma ciò che appare all'uomo non è il mondo creato [di cui l'uomo ha sentore inconscio], ma è la sua [del mondo creato] rappresentazione nella mente di dio, e ciò che appare all'uomo ora è tale rappresentazione. 
 

nota_4: possibile obiezione alla dimostrazioni veloci e risposta
 
esse sosterrebbero che l’oggetto del vedere dell’uomo è il vedere di dio. in realtà, dio vede l’astratto [con gli “occhi del pensiero”/utilizzo di metafora gnoseologica] e lo traduce nella rappresentazione, la quale appare ma non vede se stessa, così allo stesso modo, con gli occhi del pensiero l’uomo vede l’astratto [la materia] e lo traduce nella sua rappresentazione, ma non vede quest’ultima, e quindi non vede neppure quella di dio.
possibile risposta:
 
1.] anche la rappresentazione è un oggetto [come lo è il soggetto], astratto, visto e riprodotto;
2.] le tre persone trinitarie hanno un campo percettivo tale, per cui ciascuna ha la sua rappresentazione, e tutte hanno insieme anche il prodotto unitario delle loro rappresentazioni;
3.] quindi:
 
a.] la condizione della standard normalità vede l’uomo partecipare di questo prodotto, cioè l'uomo vede la percezione degli altri soggetti trinitari [ma esso presuppone la trinità, che va dimostrata esistente]
b.] l’uomo vede anche la rappresentazione stessa [la struttura originaria della scuola neo_scolastica: l’apparire come apparire a se stesso e immediatezza fenomenologica]. Cioè, si è detto che la rappresentazione del mondo è un mondo essa stessa [di qui la complessità dei rimandi infiniti del paradigma gnoseologico oggetto/soggetto/rappresentazione], astratto, e quindi anch’esso percepito. infatti, l’apparire è un apparire a se stesso, e le sensazioni percettive sono sentite dall’uomo come oggetti essi stessi: non si distingue tra il sasso e il suo apparire, a livello della rappresentazione come oggetto; li si distingue kantianamente, e l’episteme ha aggiunto [dimostrado dio] che è schema soggettivo anche il tatto, cioè la pesantezza, per cui la rappresentazione di una galassia come ammasso di peso enorme testimonia l’esistenza di un soggetto [dio] di dimensioni tali da permettere una tale rappresentazione [del peso della galassia, dell’universo, degli infiniti universi];
c.] infine, si dice che, secondo il concetto già introdotto della rappresentazione spezzata della realtà apparente, la distinzione tra apparire attivo e passivo dimostra che l’uomo vede l’apparire di dio e a dio: infatti, anche se la stanza è mio apparire passivo e quindi strutturalmente immobile e non manipolabile [passiva riproduzione dell’essere], posso muovermi dentro di essa e manipolarla [anche abbattendola], e allora questo apparire è misto [attivo e passivo insieme], e testimonia di costituire l’apparie del prodotto trinitario, in cui la trinità qui è costruita tra l’uomo e dio insieme: per le dimostrazioni date, si comprende che il fatto che io possa muovermi dentro la stanza, e che quindi non abbia due apparire distinti, attivo e passivo, ma uno solo [dim_132 e dim_133] quasi fuso, ed anzi soprattutto quello attivo ma non manipolabile del tutto, essendo attivo ma non manipolabile [non c’è differenza tra la sedia e la galassia, ma la prima posso muoverla, la seconda no], dimostra che questo apparire è artificiosamente attivo per me, ed è attivo [lo è per l’uomo] anche per un soggetto per il quale si realmente attivo, e solo dio può manipolare una galassia [quest’ultima chiara intuizione (l’apparire all’uomo è attivo_manipolabile, quindi lo è, ma non lo è per l’uomo, quindi lo è per un altro soggetto, dio) chiarisce quanto intuito nelle dimostrazioni immediate, e quindi non costituisce un ulteriore argomento].