DIMOSTRAZIONE_26 [SECONDA_ANSELMIANA: MISTICA_SECONDA: la creatura tocca il Creatore]
 
Essa recita: “l’uomo, che pensa l’esistenza di Dio, in quanto pensa Dio e la sua esistenza, è a contatto diretto con Dio, quindi Dio esiste”.
L’uomo, pensando Dio, pensa un essere diverso da sé, lo concepisce come assoluto, infinito, eterno, personale, vivente. L’uomo, che pensa, si identifica con quello che pensa [Parmenide: “pensare = essere”]. Su tale considerazione si fonda la dim_6, che dissocia Dio dall’uomo facendo leva sul carattere auto_differenziale dell’identità, mediato dal pensiero dell’essere e dalla sua infinità. ora, invece, più direttamente: l’uomo, che pensa Dio, si identifica con l’idea di un’alterità [che poi il desiderio riconosce come Alterità]. Ma [e questa è la dimostrazione] l’alterità non è solo idea, bensì è anche realtà, perché l’idea appartiene al soggetto [l’uomo che pensa l’idea di Dio], ma l’alterità esteriorizza l’idea dal soggetto, “cavando” Dio fuori dall’uomo [e quindi il pensiero dell’alterità, di ogni alterità, è possibile solo se l’io è doppio: due nature dell’uomo, e anche una sola s_doppiata].
La struttura dell’alterità è di essere altra da se stessa. Quindi questa idea si scinde in realtà, ovvero in idea altra dall’idea e dall’uomo che la concepisce: ma un’idea de_soggettivizzata è realtà, altra perché esterna all’uomo. In quanto è sempre pensata, è interna all’uomo, ma è diversa dall’uomo [identificatosi all’idea di Dio pensata], perché “altra”, e quindi è anche esterna all’uomo [si intende dire, severinianamente, ma contro Severino, che l’uomo effettivamente “salta al di fuori della propria ombra”, e può farlo (ma questi sono gli schemi più antichi e più evoluti della ricerca_epistemica), perché si identifica alla doppia_esistenza, la quale è interna ed esterna a se stessa: è l’auto_esistenza che porta l’uomo fuori da sé e lo fa uscire e lo fa uscire dal solipsismo gnoseologico: naturalmente, tutto ciò va applicato a Dio, interno ed esterno a se stesso, e poi trasferito sull’uomo: principio di analogia e rivoluzione_epistemica/vedere schemi nell’archivio della memoria dei dati].
Se Dio è concepito come altro dall’uomo e esterno a lui, l’idea di Dio deve essere altra e esterna dall’uomo, cioè realtà, e poichè è pensata infinita, eterna e assoluta, quella realtà di nome “Dio” deve essere tale [Dio], perché nel pensiero che attribuisce a Dio i suoi caratteri, l’uomo vi si identifica [a livello di idea], e quell’alterità li oggettivizza/oggettualizza, trasferendoli nell’idea/realtà.
A questo punto non c’è alcuna differenza tra l’idea di Dio e la realtà di Dio: ente pensato come diverso dall’uomo, altro dall’uomo, esterno all’uomo [perché così pensato, e pensare significa essere, cioè l’uomo si identifica a quella alterità, propria auto_esteriorità, a livello di idea, ma un’idea “altra”, perché realtiva a un altro, è realtà.
Ci si è chiesti se il desiderio di Dio sia la condizione per trasformare una mera possibiltà di alterità esistente a una sua effettualità. In realtà, ciò non serve: l’alterità è alterità, assoluta alterità, assoluta esistenza anche come assolutamente indipendente da colui che la pensa, perché così pensata. La mera possibiltà dell’altro è la sua assoluta attualità, e poiché questo altro è desiderato e pensato come l’Altro, questa attualità è realtiva a Dio.
Quando penso all’idealità dell’uomo, quest’uomo, concepito come altro, può non esistere. Ma l’uomo, quando pensa a Dio non pensa all’idealità di Dio, ma al Dio_esistente, che esiste perché pensato.
La dimostrazione è definita “mistica”, perché l’uomo che pensa Dio lo può pensare perché, a livello esistenziale puro, lo sta “toccando”, lo tocca col pensiero, nell’inconscio, richiamato dal conscio consapevole. L’uomo, aperto alla possibilità di Dio, è in continuo e diretto contatto con Dio, inconsciamente.