DIMOSTRAZIONE_117: ESSENZIALISTICA, A_5, R_6, V_13, MISTICA_QUARTA
 
la presente dimostrazione integra e completa la dim_3 [che è la dimostrazione più importante, e che riflette la mappa dell’essere metafisico], e trae spunto da un passo del libro del Card. Ruini “Le ragioni della fede”: “La prima e fondamentale questione è senza dubbio quella di Dio, e anzitutto della sua esistenza, quindi delle vie attraverso le quali la nostra intelligenza può giungere a riconoscerla. Tuttavia, la questione dell’esistenza di Dio non può essere posta correttamente senza implicare almeno in termini generali la domanda su che cosa o meglio chi sia Dio [“Le ragioni della fede”, Card. Ruini, pag. 49] [evidenziazione del testo aggiunta] [si osserva che il “che cosa” è dio è dato dal “dio dei filosofi”, l’involucro esterno di dio, o dio_essenza, il “chi” è dio è dato dal “dio della fede”, nucleo e cuore interno al primo, e parte intima di dio: “Io sono”].
già nella dim_3 si è detto che, per dimostrare l’esistenza di dio è necessario sapere che cosa si vuole dimostrare, cioè averne il concetto [= definizione]. allora, si è cercato di definire dio. ma si è capito, che la stessa definizione di dio è il modo con cui dimostrare l’esistenza di dio, perché la definizione di dio si espande nell’essere. per questo la dimostrazione è di definizione anselmiana, perché l’argomento ontologico cerca di trarre l’esistenza di dio dalla sola definizione di dio. la presente dimostrazione è definita anche “vignana” [e tutte le dimostrazioni, in realtà, lo sono], perché il principio che l’ha guidata [e che guida la costruzione del sapere] è il desiderio, il quale, se puro, è in grado di dirigere il pensiero speculativo con la costruzione di proposizioni quasi_perfette, e quindi intrinsecamente mistiche [principio speculativo della verità del desiderio: il desiderio produce la verità. ciò si collega al principio etico_logico_etico: tutto ciò che è errore lo è perché dettato, come la verità, dal desiderio e dalla pulsione; il desiderio puro si riconosce dall’etica_perfetta; si pone la questione di quest’ultima, risolvibile tramite la corrispondenza biunivoca tra logica ed etica, e quindi, ancora una volta, attraverso il rimando della logica, e della presente dimostrazione, al sistema dell’episteme].
la dim_3 dimostra l’esistenza di dio perché l’esistenza in sé è necessaria e dio è, in modo necessario [vincolo logico di necessità, per la costruzione del ragionamento dimostrativo: trasferire a dio la stessa necessità dell’esistenza in sè], costruito in termini di esistenza in sé. da questo punto di vista, definire dio, presupposto per dimostrarne l’esistenza, significa dimostrare l’esistenza di dio, anche perché [presente dimostrazione]:
 
1.] dio è definibile come un soggetto;
2.] … un soggetto, la cui esistenza è definita come [posta la distinzione tra dio e principio, tra dio e essere necessario, e tra dio e necessità, dove dio è parte di essi] funzionalmente necessario alla struttura necessaria dell’essere necessario, cioè [come un gioco di parole …] …
 
a.] soggetto funzionalmente necessario alla necessità dell’essere in sè;
b.] soggetto necessariamente funzionale alla necessità dell’essere in sé [attenzione: non dio come soggetto è tale, ma il soggetto in quanto soggetto, che poi, essendo standard_normale, prende il nome di dio/qui interessa dimostrare l’esistenza necessaria del soggetto (diverso dall’uomo), poi questa, nella necessità, è necessariamente dio].
 
3.] a questo punto, la dimostrazione consiste semplicemente nel definire [già la dim_29 dice che sono necessari, all’essere, un oggetto e un soggetto] che cos’è un [il] soggetto.
 
in via del tutto ipotetica [per questo si dice che le dimostrazioni presuppongono l’episteme, esse sono probabili, ma maggiormente probabili dell’ateismo, e quindi si pone una forma di dogmatismo_epistemico, o “metafisico”, che è espresso dall’autorità del mondo accademico], si dice che il soggetto è pensiero, che, poichè l’oggetto è realtà, anche il soggetto/pensiero sono realtà e oggetto, e che [qui sta l’ipotesi, cioè la preferenza rispetto alla vita …] … la vita è una funzione secondaria e riproduttiva del pensiero [si è cioè posta l’ipotesi di preferire la definzione primaria del soggetto come pensiero, piuttosto che come vita], cioè:
 
a.] oggetto e soggetto sono, rispettivamente, realtà [non pensiero e pensiero] e pensiero [come parte della realtà];
b.] la vita è la riproduzione della realtà nel pensiero, e/o del pensiero stesso dentro se stesso [pensiero di secondo livello].
 
quindi, si è posto/definito il soggetto come pensiero.
per dimostrare che dio esiste, si deve definire il pensiero come funzionale alla necessità: dio esiste perché è tale pensiero. e per farlo, non si fa altro [ripetendo la dim_3, ma ancora meglio la più analitica definizione formale di dio, data negli schemi concettuali] che definire il pensiero come la relazione dispari tra esistenza e identità, con tre esempi, dati in forma di schemi_[].
la dimostrazione è detta mistica, perché offre una rappresentazione di dio. non si intende dire che l’elemento insiemistico è dio e che la rete del mare è dio, ma che lo sono, se l’elemento e la rete sono intesi [nella matrice delle possibilità/effettualità logiche e scalari/dispari] come organici_soggettivi [= pensiero]. è vero che la dimostrazione ha il limite di “credere” che il pensiero sia realmente l’identità tra l’esistenza in sé e l’identità di essa con se stessa, ma è anche vero che:
 
a.] una definizione di pensiero deve pure essere data, e la definizione più perfetta è data dalla relazione di identità [non solo identità tra soggetto e oggetto, secondo parmenide, ma il soggetto stesso come auto_identità, si dice infatti “identità psichica”, mentre la psicologia cognitiva è insoddisfacente e nichilistica: essa, limitandosi da dire che il pensiero è elaborazione del dato, identifica conoscenza e percezione, come anche la neo_scolastica e severino, laddove essi pongono la conoscenza come “apparire”, cioè percezione. essa è invece fusione esistenziale differenziale, tale perché permane la differenza tra soggetto e oggetto, identificati, e il primo è identità in sé, con sé e per sé, questo è il pensiero, pensiero che poi esce da se stesso per “identificarsi”, con l’attività del pensiero, la fusione esistenziale, estatica e erotica];
b.] il pensiero, scalato esemplificatamente nella percezione, ha il pregio di intuire che questa, come sensazione, è appunto terza identità dell’identità con se stessa, perché la sensazione è concentrazione e riflesso dell’essere con se stesso [io sono la mia sensazione, essa è per me una cosa e io sono questa cosa, io sono il mio proprio “identico” a me stesso];
c.] il pregio maggiore della dimostrazione, che è, questo pregio, il suo cuore, e tuttavia lecito speculativamente [non solo auto_referenziale], sta nel fatto che la definzione del pensiero è appunto data attraverso la realtà stessa, scalata nelle sue relazioni dispari [in cui ad essere termine dell’identità è l’identità stessa, scalata da relazione logica posta tra due termini, a termine essa stessa, oggetto che è soggetto, e “cosa” come ente/pensiero];
d.] ecco dunque che il pensiero è identità, ed è lecito trarre questa identità dalle strutture necessarie interne alla realtà dell’essere, in cui, in tali strutture, ci sono molte identità, e una è senz’altro il pensiero [dio].